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Legal design, così rende comprensibili contratti e atti giudiziari



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Il legal design nasce per semplificare e visualizzare i contenuti giuridici senza tradire la norma. L’uso crescente dell’intelligenza artificiale moltiplica le possibilità di progettazione, ma introduce anche rischi di bias, opacità e illusione di conoscenza che richiedono un presidio umano qualificato

Pubblicato il 10 dic 2025

Giacomo Pozzi

ESSE CI Centro Studi



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Il linguaggio giuridico tradizionale, spesso tecnico e complesso, rappresenta una barriera all’accesso effettivo e consapevole alla giustizia per cittadini, consumatori e imprese.

Il Legal Design si propone con un approccio multidisciplinare che integra diritto, design thinking e comunicazione visiva per rendere i contenuti legali più chiari, accessibili e centrati sull’utente. A prima vista, sembrerebbe un compito ideale per l’intelligenza artificiale, a cui dare in pasto questioni e testi giuridici, ottenendo risposte semplici a problemi complessi, tanto perfette da sembrare essere fatte su misura per l’utente. Ma è proprio così?

L’articolo esplora le potenzialità del Legal Design e l’impatto del sempre più diffuso utilizzo di sistemi di intelligenza artificiale, ripercorrendo strumenti e applicazioni pratiche (contratti, atti processuali e informative privacy), anche alla luce delle normative europee sulla trasparenza digitale, senza trascurare le potenzialità – ma anche le criticità e i bias – rappresentate dalla diffusione sempre maggiore dell’intelligenza artificiale.

Il linguaggio giuridico è spesso percepito come farraginoso, complicato e incomprensibile, anche da coloro che hanno una buona istruzione. Si tratta di una complessità talvolta necessaria e derivante proprio dai temi trattati, ma a volte superflua, un vezzo ricercato da professionisti particolarmente amanti della retorica e di un modo di esprimersi dal sapore classicheggiante. In entrambi i casi, il risultato è il medesimo: dall’esterno il mondo del diritto sembra volersi chiudere in un’enclave, escludendo tutti coloro che non sono del settore.

Tra i vari problemi, la complessità del linguaggio genera asimmetrie informative che giungono persino a ostacolare l’accesso alla giustizia e la comprensione dei propri diritti da parte dei cittadini, scoraggiando iniziative per la loro tutela. Nel tentativo di porre rimedio a questa situazione, nel corso del tempo non sono mancate iniziative del legislatore europeo, che, con normative come il GDPR (Regolamento UE 2016/679, art. 12), il Digital Services Act (Regolamento UE 2022/2065) e l’European Accessibility Act (Direttiva UE 2019/882), ha evidenziato la necessità di una comunicazione giuridica più trasparente e inclusiva, che riportasse l’utente al centro, incentivando l’utilizzo di metodi più attuali. In questa scia si sono poi collocati i singoli governi e gli enti nazionali.

Consapevoli del comune sentire, con la diffusione di internet e dei social network, non sono poi mancati professionisti che, calatisi nei panni di divulgatori, hanno esplorato nuovi metodi e canali di comunicazione del diritto. Questi hanno fatto dell’esposizione semplice, immediata e visiva il loro punto di forza, riscuotendo peraltro ottimi risultati in termini di visibilità e diffusione. Questo dimostra il grande interesse della gente “comune” verso i temi del diritto e la ricerca di coloro che sappiano trattarli in modo comprensibile.

A riprova di come venga percepito dalla gente comune il linguaggio giuridico, sempre sui canali social, ci sono professionisti che, ironizzando sul tema, traducono espressioni comuni nel c.d. legalese, una “lingua” infarcita di espressioni latine e farraginose, dove la forma sembra prevalere sul contenuto e le parole assumono un significato differente rispetto alla quotidianità.

Nel quadro generale appena illustrato si colloca il Legal Design, un concetto ancora in evoluzione, che originariamente nasce e si sviluppa nel mondo anglosassone, in particolare nell’ambito del diritto commerciale americano. Infatti, in un contesto globale, non di rado soggetti provenienti da realtà differenti si trovano essere parti del medesimo rapporto contrattuale; da qui l’esigenza di utilizzare metodi che siano in grado di facilitare la comunicazione e di rendere clausole e condizioni più trasparenti.

Il Legal Design consiste, quindi, in un approccio multidisciplinare che combina diritto, design thinking e comunicazione visiva, finalizzato a ridurre le asimmetrie informative e, appunto, a rendere i contenuti legali più comprensibili e accessibili al loro destinatario, con la consapevolezza che spesso questi non è un esperto del settore. Si basa su principi come chiarezza, empatia e centralità dell’utente.

Si tratta di un’ulteriore evoluzione rispetto al più semplice plain language, limitato alla semplificazione del linguaggio, che restringe il messaggio ai soli contenuti essenziali, eliminando tutte le complessità non necessarie. Il Legal Design, invece, interviene anche sulla struttura e sulla presentazione visiva dei contenuti giuridici, curandosi però di preservare il messaggio originale, fedele alla norma che vuole comunicare, pur tradotta in un diverso linguaggio.

Tra gli strumenti del Legal Design troviamo il design thinking basato sul problem-solving creativo, il visual law e il service design. Questi strumenti permettono di creare contenuti giuridici più accessibili attraverso diagrammi di flusso, contratti visuali o informative a fumetti.

Esempi pratici includono le informative privacy illustrate realizzate da enti pubblici italiani (es. Garante Privacy, di cui si parlerà) e contratti visuali adottati da startup legali. Toolkit come “Legal Design Toolbox” e “Visual Law Library” offrono risorse pratiche per studi legali e Pubbliche Amministrazioni, facilitando l’adozione di un linguaggio giuridico più chiaro e visivo.

Visual law, service design e toolkit pratici

Questi toolkit operativi consentono di tradurre principi astratti di legal design in template, matrici e modelli utilizzabili nella pratica quotidiana. In questo modo, studi legali e organizzazioni possono sperimentare soluzioni standardizzate ma adattabili, integrando elementi grafici e percorsi di lettura pensati per l’utente finale.

Il Garante per la protezione dei dati personali, rifacendosi al GDPR e con l’intento di incentivare il ricorso al Legal Design, ha pubblicato diversi White Paper sul tema (tra cui il più recente “Rendere le informative privacy più comprensibili. Il legal design come approccio rivolto all’utente – anno 2025”), evidenziando la necessità di permettere al titolare una maggiore comprensibilità delle informative e una maggior consapevolezza in relazione al trattamento dei suoi dati personali, sempre più preziosi e oggetto di commercializzazione (talvolta a seguito di consensi inconsapevoli da parte degli utenti).

Il Legislatore europeo, in particolare con l’articolo 12 del GDPR, impone obblighi di trasparenza nella comunicazione con gli interessati. Informazioni e comunicazioni devono essere fornite in forma “concisa e trasparente” e in modo chiaro ed efficace per il target da raggiungere, evitando un eccesso di informazioni non necessarie.

Il principio di privacy by design

Come indicato dal Garante, il Legal Design può rappresentare un importante strumento di trasparenza per promuovere il concetto di “privacy by design” (ossia, privacy fin dalla progettazione). Si tratta di un principio fondamentale del GDPR, introdotto per garantire che la protezione dei dati personali sia integrata sin dalle fasi iniziali di progettazione di sistemi, processi, prodotti o servizi. Ma concretamente, cosa significa?

Significa che ogni ente o organizzazione dovrebbe:

  1. Prevedere la protezione dei dati fin dalla progettazione;
  2. Raccogliere solo i dati strettamente necessari allo scopo perseguito;
  3. Permettere l’accesso ai dati raccolti solamente a chi ne ha reale necessità;
  4. Adottare misure tecniche e organizzative adeguate a garantire la protezione dei dati;
  5. Informare in modo chiaro e trasparente gli utenti sulle modalità di trattamento e utilizzo dei loro dati;
  6. Mettere a disposizione dell’utente strumenti concreti per gestire consapevolmente i propri dati e i consensi prestati.

Icone, simboli e informative a fumetti

Per favorire la trasparenza e la comprensibilità delle informative privacy il Garante suggerisce l’utilizzo di icone e simboli grafici, anche interattivi e navigabili. Inoltre, la standardizzazione di simboli e icone permetterebbe una comunicazione ancora più efficace.

Si pensi, ad esempio, all’icona della graffetta per indicare un allegato a un messaggio e-mail, un simbolo ormai globalmente riconosciuto. Allo stesso modo, il Garante ipotizza la creazione di una libreria di simboli relativi all’ambito privacy, universalmente e immediatamente riconoscibili dagli utenti. Progetti come “Privacy Icons” della Commissione Europea e le linee guida del Garante italiano mostrano come la visualizzazione possa migliorare la compliance rispetto agli obblighi normativi.

Su questa linea, in Italia ci sono state alcune iniziative che hanno portato all’introduzione di informative privacy a fumetti, simboli e icone per facilitare la comprensione. Il Legal Design consente quindi di bilanciare chiarezza e tutela legale, rendendo le informative più efficaci e conformi alle normative.

Come si vedrà meglio nel successivo paragrafo, l’intelligenza artificiale può rappresentare un prezioso alleato in questo processo di progettazione di interfacce e modelli costruiti su misura dell’utente, personalizzabili in tempo praticamente reale grazie alla capacità generativa di sistemi sempre più evoluti. Si tratta comunque di strumenti in via di sviluppo, che scontano alcune problematiche di cui si parlerà a breve.

La crescente diffusione dell’utilizzo di strumenti di intelligenza artificiale ha portato un sempre maggior numero di utenti a farvi ricorso per ovviare alle problematiche del linguaggio giuridico, cercando soluzioni semplici per problemi complessi. Non sempre però con risultati ottimali.

L’avvento dell’intelligenza artificiale ha infatti contribuito al Legal Design, potenziandone notevolmente l’efficacia e ampliandone la sfera di applicazione. Grazie a tecnologie come il natural language processing (NLP), il machine learning e i sistemi generativi, l’IA consente di analizzare grandi volumi di testi giuridici, individuare i pattern ricorrenti e semplificare il linguaggio normativo, facilitando la creazione di documenti legali più chiari e accessibili.

Inoltre, l’IA può supportare la prototipazione rapida di interfacce legali interattive, suggerendo soluzioni visive e linguistiche personalizzate in base al profilo e al background dell’utente (si pensi al concetto di privacy by design di cui si è appena parlato). In questo modo, il Legal Design non si limita più alla sola estetica o alla semplificazione grafica, ma diventa un processo dinamico e data-driven, basato su fatti oggettivi e capace di adattarsi in tempo reale alle esigenze dell’utente finale. Tuttavia, l’integrazione dell’IA richiede un’attenta riflessione etica, soprattutto in termini di trasparenza, bias algoritmico e tutela dei diritti fondamentali.

Bias, illusioni di conoscenza e necessità di controllo umano

Sono infatti note le problematiche che minano l’attendibilità dei sistemi di intelligenza artificiale e i loro modelli di machine learning, in grado di reperire informazioni, ma non di ragionare realmente. Si tratta infatti di strumenti che, se non utilizzati correttamente, generano l’illusione della conoscenza; capaci di esprimere in modo convincente concetti sbagliati, talvolta senza riconoscere e anzi amplificando errori e pregiudizi insiti nei dati utilizzati per il loro addestramento.

Per questa ragione, almeno allo stato, non è certamente possibile ipotizzare di sostituire l’uomo e delegare il Legal Design interamente all’intelligenza artificiale, ma è sempre necessaria la presenza di professionisti che sappiano formulare le giuste richieste e, soprattutto, verificare il risultato ottenuto, intervenendo per garantirne correttezza e accuratezza, ma soprattutto che il messaggio originale risulti preservato e non alterato.

Come con l’intelligenza artificiale, l’avvento del Legal Design è stato accolto con sentimenti contrastanti da parte dei professionisti del diritto. Se da un lato non mancano grandi sostenitori della semplificazione e dell’innovazione portate da questo strumento, dall’altro si sono registrate resistenze al cambiamento e la paura di semplificare eccessivamente da parte di altri, magari legati a una visione più tradizionale della professione.

Probabilmente, si tratta dei medesimi professionisti che hanno visto nell’intelligenza artificiale un nemico e un rivale che li avrebbe sostituiti, anziché uno strumento efficace da imparare a padroneggiare e da sfruttare.

È invece sempre più evidente che l’adozione del Legal Design porti vantaggi in termini di fiducia da parte dei clienti, di efficienza nella comunicazione e nella prevenzione di problematiche future. Quale mero esempio, documenti contrattuali più chiari e una più effettiva comprensione delle condizioni inizialmente velocizzano le trattative e, successivamente, riducono le controversie che possono derivare dall’esecuzione dei contratti stessi.

Atti processuali più leggibili e ruolo dell’IA

La necessità di contenuti più comprensibili e di messaggi efficaci non è limitata unicamente all’ambito extragiudiziale di contrattualistica e informative. Diversi studi legali italiani hanno infatti fatto ricorso al Legal Design per ripensare radicalmente i propri atti, per consentirne un esame più agevole e non travisato da parte della magistratura.

A titolo esemplificativo, basti pensare a quanto avvenuto a seguito della sentenza n. 9479/2023 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, che ha onerato i giudici del rito monitorio e i giudici dell’esecuzione di procedere all’esame d’ufficio della vessatorietà delle clausole del contratto stipulato tra professionista e consumatore.

Al fine di consentire tale verifica più comodamente (e limitare le richieste di integrazione), diversi studi legali hanno rivisto i propri modelli di ricorso per decreto ingiuntivo, andando oltre alla tradizionale piatta esposizione testuale, ma ricorrendo a strumenti grafici e visivi di immediata comprensibilità, spesso generati proprio mediante l’ausilio di strumenti di intelligenza artificiale a cui dare in lettura contratti, documenti e dati.

A seguito dell’adozione di questi nuovi modelli e alla maggior chiarezza che ne è derivata, si è osservato un miglioramento nell’efficacia dei ricorsi e una riduzione delle richieste di integrazione da parte dei giudici, grazie alla maggiore leggibilità e trasparenza dei contenuti presentati.

Il Legal Design si configura sempre più come una leva strategica per l’innovazione giuridica, capace di trasformare il modo in cui il diritto viene comunicato, percepito e vissuto. In un contesto normativo europeo che promuove trasparenza, accessibilità e centralità dell’utente, questo approccio multidisciplinare consente di superare le barriere linguistiche e cognitive che spesso ostacolano l’effettivo esercizio dei diritti.

L’integrazione con l’intelligenza artificiale apre scenari ancora più promettenti: la possibilità di generare contenuti legali personalizzati, adattabili in tempo reale e supportati da analisi data-driven, rappresenta un’evoluzione significativa rispetto ai modelli tradizionali. Tuttavia, questa sinergia richiede un presidio umano costante, capace di garantire correttezza, eticità e rispetto dei principi fondamentali del diritto.

Per gli studi legali, l’adozione del Legal Design non è solo una scelta di modernizzazione, ma una risposta concreta alle esigenze di chiarezza, fiducia ed efficienza espresse dai clienti e dagli operatori del sistema giustizia. La semplificazione non deve essere temuta come una perdita di rigore, ma valorizzata come uno strumento di precisione comunicativa e di prevenzione del contenzioso.

Guardando al futuro, è auspicabile che il Legal Design venga integrato nei percorsi formativi universitari e nella prassi quotidiana delle professioni legali, così come nelle policy pubbliche e nei processi normativi. Solo così sarà possibile costruire un ecosistema giuridico realmente inclusivo, dove il diritto non sia solo scritto per pochi, ma comprensibile e fruibile da tutti.

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