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L’AI di Google è un furto agli editori? Che c’è in ballo con l’indagine UE



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L’indagine dell’UE su Google va oltre il rapporto con la stampa: al centro c’è il controllo sui dati per l’intelligenza artificiale. La Commissione valuta possibili effetti anticoncorrenziali e l’impatto delle regole europee su un mercato dominato da pochi grandi player

Pubblicato il 10 dic 2025

Maurizio Carmignani

Founder & CEO – Management Consultant, Trainer & Startup Advisor



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L’Unione Europea ha aperto una nuova indagine antitrust nei confronti di Google per verificare se il colosso statunitense abbia utilizzato contenuti di editori, media e creatori per addestrare i propri modelli di intelligenza artificiale senza un adeguato compenso, e se nel farlo abbia imposto condizioni contrattuali ingiuste o distorsive della concorrenza.

L’indagine si somma a un’altra recente (vedi sotto).

La vicepresidente esecutiva della Commissione con delega all’antitrust, Teresa Ribera, ha spiegato che l’indagine mira a chiarire se Google abbia sfruttato la propria posizione dominante non solo per accedere a grandi quantità di contenuti, ma anche per mettere in una posizione di svantaggio gli sviluppatori di modelli rivali.

Perché il caso Google–editori è cruciale per l’AI generativa

La questione è cruciale perché Google non è soltanto un motore di ricerca, ma una delle principali porte d’accesso globali all’informazione online. Questo ruolo gli consente di monitorare, raccogliere e organizzare miliardi di pagine web, testi, immagini e video.

L’indagine parte da un presupposto semplice: nell’economia dell’AI generativa, chi controlla l’accesso ai dati può ottenere un vantaggio significativo nello sviluppo dei modelli. Per anni la raccolta automatica dei contenuti online è stata considerata una pratica legata all’indicizzazione dei motori di ricerca; con l’AI generativa, quello stesso processo diventa un fattore competitivo centrale.

Il rapporto tra Google e gli editori nell’indagine UE su Google

Il nodo riguarda il rapporto con editori e creatori. Negli ultimi mesi, molti operatori dell’informazione hanno sollevato dubbi sulla trasparenza con cui i contenuti vengono utilizzati per l’addestramento.

L’UE intende verificare se Google abbia imposto termini contrattuali poco chiari o squilibrati riguardo al text-and-data mining, ai diritti d’autore e alle eventuali compensazioni economiche. La questione non riguarda soltanto la remunerazione, ma anche l’accesso alle risorse informative necessarie allo sviluppo dei modelli.

Effetti anticoncorrenziali e rischi per il mercato dell’AI

L’indagine coinvolge anche un secondo fronte: i potenziali effetti escludenti nei confronti degli sviluppatori concorrenti. Secondo diverse fonti internazionali, Bruxelles vuole capire se Google abbia utilizzato i propri servizi, come Search, News, YouTube e Blogger, per ottenere un vantaggio competitivo difficilmente replicabile da nuovi attori.

Il mercato dell’AI generativa è ancora in formazione e la Commissione vuole evitare che un dominio pregresso nei servizi digitali si traduca automaticamente in un vantaggio strutturale nella nuova economia dell’AI.

I potenziali effetti escludenti per i concorrenti

Se Google potesse contare su un accesso privilegiato ai contenuti di editori e creatori, questo potrebbe innalzare le barriere all’ingresso per startup e nuovi player, che non dispongono della stessa capacità di raccolta e gestione dei dati. Il rischio è un mercato dell’AI concentrato in poche mani.

La dimensione competitiva globale dell’AI generativa

La dimensione competitiva è centrale in questo scenario. Il mercato globale dell’AI vede la partecipazione di attori come Google, OpenAI, Meta, Microsoft, Anthropic e altri, impegnati in investimenti significativi.

L’Europa teme che l’accesso privilegiato ai dati da parte delle piattaforme dominanti possa limitare le possibilità di crescita di nuovi operatori. Se la Commissione dovesse riscontrare violazioni, potrebbe imporre obblighi come maggiore trasparenza sulle fonti dei dati, compensazioni per gli editori o limitazioni nell’uso delle informazioni raccolte tramite i propri servizi.

La posizione di Google tra innovazione, accordi e critiche

Google ha risposto sostenendo che l’indagine rischia di rallentare l’innovazione e di limitare l’accesso degli europei alle tecnologie più avanzate. La portavoce del gruppo ha richiamato gli accordi avviati con il settore dell’informazione, presentandoli come prova dell’impegno nel sostenere l’ecosistema creativo.

Secondo l’azienda, la collaborazione con editori e creatori sarebbe quindi parte di una strategia volta a bilanciare interessi economici e sviluppo tecnologico, mentre le critiche dei regolatori rischierebbero di frenare la competitività europea in un settore in cui Stati Uniti e Asia stanno correndo molto rapidamente.

DMA, AI Act e ruolo dell’indagine UE su Google

Per comprendere la portata dell’iniziativa dell’UE, occorre inserirla nel contesto normativo. L’indagine si colloca all’interno dell’attuazione del Digital Markets Act (DMA), che impone obblighi specifici ai gatekeeper in materia di dati, trasparenza e non discriminazione.

Si intreccia inoltre con l’AI Act, che richiede maggiore documentazione sulle fonti dei dati utilizzati per addestrare i modelli. L’Europa mira a garantire un equilibrio tra concorrenza, tutela dei diritti e sviluppo tecnologico, definendo regole del gioco più chiare per chi controlla le grandi piattaforme digitali.

Gli scenari futuri aperti dall’indagine UE su Google

Il caso in esame non riguarda soltanto la correttezza dei rapporti con la stampa. Mette al centro un tema decisivo: la disponibilità e la qualità dei dati necessari per costruire l’intelligenza artificiale. L’indagine dell’UE rappresenta un passaggio rilevante verso la definizione delle regole del gioco nell’era dell’AI generativa, in cui la distinzione tra innovazione e abuso di posizione dominante richiede attenzione e un quadro normativo chiaro.

L’indagine della Commissione Europea potrebbe portare a richieste di maggiore trasparenza sulle fonti dei dati utilizzati da Google, a obblighi di compensazione per editori e creatori, o a condizioni più rigorose sull’uso dei contenuti raccolti tramite i servizi della piattaforma.

In caso di violazioni accertate, l’azienda potrebbe essere soggetta a misure correttive o sanzioni. Se invece l’indagine non rilevasse comportamenti anticoncorrenziali, ciò consoliderebbe la legittimità dell’attuale modello di addestramento dei sistemi di AI basato sul web scraping di contenuti pubblicamente accessibili.


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