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Democrazia partecipata: strumenti e modelli per comunità inclusive



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Bruxelles spinge per una maggiore partecipazione civica. La democrazia partecipata diventa un obiettivo europeo con strumenti che avvicinano cittadini e istituzioni, in un tentativo di rafforzare fiducia e trasparenza nei processi decisionali

Pubblicato il 9 ott 2025

Viola Davini

Centro Ricerche “scientia Atque Usus” per la Comunicazione Generativa ETS

Marta Guarducci

Centro Ricerche “scientia Atque Usus” per la Comunicazione Generativa ETS

Eugenio Pandolfini

Centro Ricerche “scientia Atque Usus” per la Comunicazione Generativa ETS

Marco Sbardella

Centro Ricerche “scientia Atque Usus” per la Comunicazione Generativa ETS

Luca Toschi

Centro Ricerche “scientia Atque Usus” per la Comunicazione Generativa ETS



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La democrazia contemporanea sta vivendo una fase di profonda trasformazione, nella quale i tradizionali meccanismi di rappresentanza appaiono sempre più inadeguati a fronteggiare le complesse sfide sociali, culturali, economiche e ambientali delle nostre società.

La crisi della rappresentanza democratica contemporanea

In questo scenario, i processi partecipativi risultano spesso episodici e limitati nel tempo e nello spazio, generando una crescente disaffezione verso le istituzioni, un’erosione della fiducia nella politica e una frammentazione del tessuto sociale. Da ciò deriva una crisi di legittimità e di partecipazione che investe numerose democrazie mature, sottolineando l’urgenza di ripensare i modelli comunicativi alla base del rapporto tra governance e cittadinanza.

Partendo dall’esperienza del Centro Ricerche “scientia Atque usus” per la Comunicazione Generativa ETS (da ora in poi: Centro Ricerche sAu) – che da oltre trent’anni sviluppa progetti orientati alla costruzione di comunità territoriali attraverso un dialogo capace di rafforzare la collaborazione tra cittadinanza e amministrazioni pubbliche – questo articolo intende mostrare come il modello di Comunicazione Generativa rappresenti un atto politico e sociale in grado di trasformare i contributi di cittadine e cittadini in visioni condivise e pratiche di governance partecipata.

La necessità di rafforzare la democrazia partecipativa si colloca in un contesto più ampio che trova riscontro anche a livello europeo. Le istituzioni dell’Unione, consapevoli della crisi di legittimità e fiducia, hanno promosso strategie per favorire il coinvolgimento civico. In questa direzione si colloca la più recente Raccomandazione (UE) 2023/2836, intitolata Promoting the engagement and effective participation of citizens and civil society organisations in public policy-making processes, che sottolinea il ruolo centrale della società civile e l’importanza di garantire un sostegno tecnico e finanziario, al fine di consolidare la democrazia europea e promuovere un coinvolgimento regolare, significativo e sostanziale nei processi decisionali.

Da queste riflessioni prende forma l’esperienza del Centro Ricerche sAu, che promuove processi di innovazione sociale e istituzionale fondati sulla Comunicazione Generativa. Questo approccio colloca il cittadino e la cittadina al centro, come soggetti attivi, capaci di esprimere bisogni, contribuire alla costruzione delle politiche pubbliche e partecipare consapevolmente – e soprattutto quotidianamente – alla vita democratica della propria comunità (più o meno prossima). Sperimentare la Comunicazione Generativa, in tal senso, significa ascoltare, raccogliere e trasformare i contributi dei cittadini in progettualità condivise, visioni collettive e pratiche di governance partecipata. In altre parole: permettere a tutti e a ciascuno di co-progettare il futuro della propria comunità, con le relative conseguenze in termini di sviluppo delle traiettorie biografiche individuali.

L’approccio metodologico del Centro Ricerche sAu rappresenta un passaggio decisivo nel superamento delle esperienze partecipative tradizionali, troppo spesso ridotte a consultazioni episodiche che faticano a produrre trasformazioni strutturali, con il conseguente e concreto rischio di disaffezione e di frustrazione (sia lato amministratori sia lato cittadini). Al contrario, la prospettiva della Comunicazione Generativa mira a rendere la partecipazione un processo ordinario e quotidiano dell’amministrazione pubblica attraverso strumenti che promuovono una corretta in-formazione. Significa ripensare il ruolo stesso delle istituzioni, che non devono limitarsi a gestire il consenso o informare i cittadini, ma imparare a dialogare, rendere conto e co-costruire politiche pubbliche capaci di rispondere ai bisogni reali (presenti e, soprattutto, futuri) delle comunità. La Comunicazione Generativa rappresenta un ponte tra dimensione individuale e collettiva: consente di mettere in relazione scelte personali (ad esempio in ambito di salute, alimentazione, educazione) e obiettivi pubblici condivisi, restituendo senso e legittimità all’azione civica.

Questa visione assume ulteriore rilievo se considerata nel contesto della crescente complessità delle sfide globali. Crisi climatica, trasformazioni tecnologiche, tensioni geopolitiche e disuguaglianze sociali richiedono risposte che non possono essere elaborate esclusivamente da élite tecnocratiche o decisori politici distanti. È necessario costruire processi di intelligenza collettiva capaci di mettere in rete competenze, saperi ed esperienze diffuse nella società. Per questo la Comunicazione Generativa – applicata all’ambito della governance locale – si inserisce pienamente anche nel quadro degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) dell’Agenda 2030, in particolare rispetto all’SDG 16 – Pace, giustizia e istituzioni solide e all’SDG 11 – Città e comunità sostenibili. Il rafforzamento dei processi partecipativi e dialogici, infatti, contribuisce a costruire istituzioni più trasparenti, inclusive ed efficaci, capaci di rispondere ai bisogni reali delle comunità e di accrescere la fiducia dei cittadini nella governance. Allo stesso tempo, la valorizzazione delle competenze diffuse e delle narrazioni locali promossa dalla Comunicazione Generativa sostiene la creazione di comunità resilienti e coese, in grado di affrontare le sfide legate alla sostenibilità ambientale, sociale ed economica. In questo senso, la Comunicazione Generativa si configura come una vera e propria infrastruttura culturale, in grado di sostenere e orientare l’innovazione democratica.

Essa si propone come alternativa ai modelli comunicativi tradizionali, promuovendo un’interazione dialogica, inclusiva e costruttiva, in cui ogni cittadino possa sentirsi parte di un processo di costruzione del Bene Comune. Non si tratta semplicemente di “comunicare meglio”, ma di ripensare radicalmente il modo in cui istituzioni e comunità si relazionano, restituendo senso e valore all’azione politica come espressione della volontà collettiva. Ciò significa, ad esempio, riconoscere il valore delle narrazioni locali, dei saperi informali, delle conoscenze situate e delle esperienze quotidiane come elementi fondamentali per la costruzione delle politiche pubbliche.

Dal modello deliberativo a quello partecipativo

Parlare di “democrazia partecipata” significa fare un passo ulteriore rispetto alle definizioni di democrazia deliberativa e democrazia partecipativa, che racchiudono entrambe una visione cooperativa per raggiungere decisioni pensate per il Bene Comune e che, tuttavia, non mettono in discussione i ruoli e le responsabilità delle istituzioni. Diventa così indispensabile ripercorrere alcuni degli spunti più rilevanti in ambito sociologico per circoscrivere l’intervento della comunicazione nell’attivazione di processi generativi che permettano, da un lato, di garantire ai cittadini e alle cittadine le giuste informazioni per esprimere un parere consapevole e, dall’altro, di stabilire una relazione diretta con la comunicazione istituzionale, che deve tener conto di ciò che emerge dalla comunità rappresentata.

La democrazia deliberativa si fonda sull’idea che la legittimità democratica derivi da una discussione pubblica tra individui liberi ed eguali, che precede le decisioni politiche (Lewanski, 2007). Essa privilegia un confronto basato su argomentazioni razionali, distinguendo tra deliberazione strategica (negoziale) e non strategica (dialogica). La deliberazione richiede un’organizzazione della comunicazione – attraverso arene formali o spazi meno istituzionalizzati – che faciliti ascolto reciproco, trasparenza e considerazione degli interessi degli altri, per decisioni più giuste e condivise (Bobbio, 2006).

La democrazia partecipativa, strettamente connessa alla deliberativa, amplia i canali di coinvolgimento consentendo ai cittadini di assumere un ruolo attivo nelle decisioni pubbliche, correggendo i limiti della rappresentanza con pratiche di co-decisione ed empowerment (della Porta, 2013; Allegretti, 2007, p. 800). Essa si caratterizza per due elementi essenziali: le sue forme prevedono tecniche per consultare tutti gli interessati da una decisione pubblica e raccogliere le loro posizioni, ma il potere decisionale finale resta sempre nelle mani delle istituzioni competenti. Tale equilibrio permette di ampliare il coinvolgimento senza compromettere l’efficacia dell’azione pubblica, riconoscendo la partecipazione come complemento alla rappresentanza e come arricchimento del dibattito democratico.

A livello internazionale, contributi fondamentali alla teoria della democrazia deliberativa provengono da Jürgen Habermas (1981), John Rawls (1993) e James S. Fishkin (1991). I loro modelli concepiscono la sovranità popolare non come semplice espressione del voto, ma come risultato della qualità della discussione pubblica: la legittimità delle decisioni collettive deriva dalla forza del migliore argomento e dalla partecipazione informata e consapevole dei cittadini. In questa prospettiva, il diritto a essere adeguatamente informati e la necessità di ridurre la distanza tra istituzioni e cittadinanza assumono un ruolo centrale, rendendo possibile un esercizio attivo e diffuso della cittadinanza. La Comunicazione Generativa e le pratiche partecipative contemporanee si inseriscono in questo quadro come strumenti cruciali di rinnovamento democratico, capaci di promuovere un dialogo inclusivo e una deliberazione effettiva all’interno di società complesse e pluralistiche.

Strumenti europei per rafforzare la cittadinanza attiva

Questa prospettiva trova conferma anche a livello normativo, sia in ambito nazionale che europeo. La Costituzione italiana, con l’Articolo 3 sul principio di uguaglianza sostanziale e l’Articolo 118 sulla sussidiarietà orizzontale, riconosce il ruolo attivo dei cittadini nella realizzazione delle politiche pubbliche. L’amministrazione condivisa, promossa da diverse esperienze regionali (tra le altre, le promotrici sono riconosciute nella Toscana, Emilia-Romagna, Umbria e Puglia), si fonda proprio su questa idea: superare la distanza tra istituzioni e cittadinanza e costruire spazi comuni di progettazione, gestione e valutazione dell’azione pubblica.

A livello europeo, la Commissione Europea, con il “Pacchetto Difesa della Democrazia” e in coerenza con i principi sanciti dal Trattato sull’Unione Europea, ha adottato la Raccomandazione (UE) 2023/2836, intitolata Promoting the engagement and effective participation of citizens and civil society organisations in public policy-making processes. In questo quadro si inserisce anche l’Indagine Eurobarometro sulla democrazia (2023), che monitora periodicamente la percezione e la fiducia dei cittadini nelle istituzioni democratiche europee e nazionali, nonché il loro coinvolgimento e interesse nei processi politici. Le evidenze raccolte confermano una forte domanda di maggiore coinvolgimento, trasparenza e dialogo tra istituzioni e cittadini. Fondamentale, in questo senso, è la riflessione sulle competenze necessarie a un impegno civico consapevole. Il Civic Competence Framework, sviluppato a livello europeo, individua conoscenze, abilità e atteggiamenti essenziali, con particolare attenzione ai giovani. Parallelamente, iniziative come il Competence Centre on Participatory and Deliberative Democracy (CC-DEMOS) promuovono la formazione delle amministrazioni pubbliche per progettare e facilitare processi autentici ed efficaci.

La democrazia partecipativa è ormai parte integrante del modello europeo di cittadinanza. L’Unione Europea ha creato una varietà di strumenti per stimolare la collaborazione tra cittadini e istituzioni, favorendo l’espressione di opinioni, la formulazione di proposte e la partecipazione diretta ai processi legislativi e decisionali. Tra i principali strumenti si segnalano:

  • Have Your Say: portale ufficiale delle consultazioni pubbliche, che consente ai cittadini di esprimere feedback su proposte legislative e politiche;
  • Iniziativa dei Cittadini Europei (ECI): consente a un milione di cittadini, provenienti da almeno sette Stati membri, di chiedere formalmente alla Commissione Europea di proporre una nuova legge;
  • Petizioni al Parlamento Europeo: ogni cittadino ha diritto di presentare petizioni su questioni europee;
  • Citizen’s Engagement Platform: spazio digitale per il dibattito e il contributo diretto alle politiche;
  • Panel di Cittadini Europei: forum deliberativi composti da cittadini selezionati in modo rappresentativo, incaricati di discutere e proporre raccomandazioni.

Piattaforme digitali per il coinvolgimento della cittadinanza

Negli ultimi anni si è diffusa una generazione di piattaforme digitali open source progettate per rafforzare la partecipazione civica, la trasparenza e il dialogo tra istituzioni e cittadinanza. Esse costituiscono un tassello fondamentale per costruire ecosistemi democratici inclusivi, capaci di tradurre le istanze collettive in decisioni condivise e verificabili. Tra le più diffuse:

  • Consul Democracy, adottata da oltre 120 organizzazioni nel mondo, si distingue per la varietà delle sue funzioni: dibattiti pubblici, proposte civiche, bilanci partecipativi, votazioni online sicure e revisione pubblica di testi normativi.
  • Decidim, nata a Barcellona e oggi ampiamente diffusa in Europa, rappresenta la piattaforma di riferimento per la democrazia partecipativa digitale. È adottata da enti come il Comune di Barcellona, la Regione Emilia-Romagna ma anche dal governo italiano per PartecipaPA. La piattaforma offre strumenti per consultazioni pubbliche, co-creazione di politiche e monitoraggio civico.
  • OpenDCN – Milano, sviluppata dalla Fondazione RCM con l’Università degli Studi di Milano, è una piattaforma civica per la deliberazione online. Offre spazi di discussione arricchiti da documenti di supporto, è utilizzata per il bilancio partecipativo del Comune di Milano, integra mappe interattive e sistemi di autenticazione forte. Pur integrandosi con “Milano Partecipa”, rimane uno spazio civico indipendente e sperimentale.

Numerosi esempi virtuosi a livello internazionale dimostrano come le tecnologie digitali possano costituire strumenti efficaci che, se integrati adeguatamente con modalità di coinvolgimento diretto, consentono ai cittadini di acquisire informazioni relative al proprio territorio e di partecipare attivamente esprimendo opinioni su temi quali bilanci partecipativi, progettazione urbana, spazi di socialità, e altri ancora.

A titolo esemplificativo, si segnalano alcune esperienze di rilievo:

  • a Nantes, il Grand Débat ha coinvolto migliaia di cittadini nella definizione di una roadmap per la transizione ecologica;
  • a Gdańsk, il piano strategico 2030 Plus è stato sviluppato attraverso un processo multilivello che ha rafforzato la co-governance;
  • a Barcellona, il bilancio partecipativo attuato mediante la piattaforma Decidim ha favorito una maggiore trasparenza nelle decisioni di investimento urbano;
  • ad Amsterdam, infine, si presenta un modello emblematico di smart governance partecipata, caratterizzato dall’integrazione tra piattaforme digitali, dati aperti e coinvolgimento della cittadinanza.

Queste esperienze dimostrano che un’altra democrazia è possibile: non limitata all’atto del voto, ma radicata nella vita quotidiana delle comunità, capace di ascoltare, valorizzare le diversità, costruire alleanze e trasformare i conflitti in occasioni di crescita collettiva.

Tuttavia, la tecnologia da sola non basta. Senza una visione politica e culturale centrata sul cittadino e sul dialogo, anche gli strumenti più avanzati rischiano di rimanere cornici vuote. È perciò indispensabile accompagnare l’uso delle piattaforme digitali con investimenti nella cultura della partecipazione e percorsi di alfabetizzazione civica e digitale.

Il caso “Viareggio Futura” per raccogliere evidenze a livello locale e prospettive future

Il progetto “Viareggio Futura”, promosso dal Centro Ricerche sAu, rappresenta un esempio concreto di ricerca-azione finalizzata a sperimentare un percorso di attivazione territoriale denominato InComuneLab, inserito in questa prospettiva innovativa. Grazie all’Ambiente Integrato Atque, tale percorso crea spazi di ascolto, dialogo e co-progettazione tra cittadinanza e amministratori, trasformando segnalazioni e istanze in azioni concrete e sistemiche, ma soprattutto in progettualità condivise per lo sviluppo futuro della città. Non si tratta semplicemente di raccogliere idee, ma di strutturare un processo metodologico continuo e verificabile, capace di valorizzare competenze diffuse e produrre impatti tangibili sul territorio. Per questo motivo, parte della ricerca in corso riguarda anche l’individuazione, lo studio e la raccolta di altre pratiche a livello nazionale e internazionale, con l’obiettivo di consolidare una rete di esperienze condivise, coinvolgendo il mondo della ricerca, le istituzioni e i rappresentanti delle comunità che hanno partecipato a tali iniziative.

La dimensione sperimentale è fondamentale nella ricerca di soluzioni capaci di produrre effetti concreti a livello locale, valorizzando le molteplici differenze dei territori. La democrazia partecipativa non può essere relegata a slogan o appuntamenti occasionali: essa rappresenta una necessità storica e un’opportunità concreta per rafforzare le istituzioni, rendere più efficaci le politiche pubbliche e costruire comunità coese e resilienti. Perché ciò avvenga, è indispensabile investire nella comunicazione come leva di cambiamento, nella formazione come strumento di empowerment e nella costruzione di alleanze tra cittadini, istituzioni, imprese e terzo settore. Solo così si potrà dar vita a un nuovo patto comunicativo tra governance e cittadinanza, all’altezza delle sfide del nostro tempo: un patto fondato non su promesse astratte, ma su pratiche concrete, partecipate e trasformative, in grado di generare giorno per giorno una democrazia sempre più partecipata.

Bibliografia

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