Ormai è noto che giocare ai videogame faccia bene all’indotto associato, turismo e concerti legati alla colonna sonora.
Indice degli argomenti
L’arte completa del videogioco e la specificità musicale
Il videogioco è un’arte a 360 gradi, che coinvolge arte figurativa, letteratura, musica e si incontra con le scienze e tecniche garantendo in questo modo un’esperienza completa.
Ho già parlato (vedi box in alto) della ricerca e della particolarità dello scrivere una musica per un videogame, che, a differenza della colonna di un film, deve tener conto delle esperienze di gioco e adattarsi alle azioni del gamer che condizionano la trama, all’incedere potenziale.
Il trend relativo ai concerti dei videogame è in crescita e porta introiti di rimbalzo alle software house che concedono le licenze, esattamente come una cover band che faccia Vasco Rossi e compili il borderò.
Festival e format musicali legati ai videogame
Tra gli eventi più conosciuti ci sono il PlayStation | The Concert, che celebra titoli come The Last of Us, God of War, Ghost of Tsushima e Horizon con un’orchestra internazionale e effetti visivi avanzati; Distant Worlds e Final Symphony, dedicati alla saga di Final Fantasy con arrangiamenti orchestrali; il Genshin Concert Tour, che porta nel mondo la colonna sonora di Genshin Impact con spettacoli visivi spettacolari; il Game Music Festival, che propone esibizioni dal vivo da titoli come Baldur’s Gate 3 e The Last of Us; e infine lo Stardew Valley Festival of Seasons, che accompagna il pubblico attraverso le stagioni musicali del celebre gioco indie.dal cinema al
Videogioco: la forza della musica
In realtà non è una particolarità della Game Industry, questa, di dedicare un concerto a una colonna sonora. Lo stesso accade ed è accaduto per le colonne sonore dei film, basti pensare ai numerosi tributi orchestrali a Morricone o anche solo all’evento annuale “Hollywood in Vienna”, che celebra le colonne sonore di Hollywood con esibizioni orchestrali e ospiti speciali.
Trasportare fuori dal videogioco o fuori dal cinema le colonne sonore è indice di gradimento del media stesso; è una comunità di interesse che si ritrova e, complice la nostalgia o la mutua condivisione del bello, va a consolidare la fan base.
Interazione tra musica e ambienti digitali
Il cinema, poi, è diverso dal videogioco, ovviamente. Spesso, nel secondo caso, sugli spalti si può ritrovare un pubblico vestito a tema: cosplayer, oltre a maxischermi su cui vengono proiettati passaggi del videogioco, per accompagnare l’esibizione concertistica.
Musica e videogame: in alcuni casi è la musica che si è servita di piattaforme come Roblox per condividere concerti, muniti di avatar e presenza virtuale. Insomma, la direzione tra musica e spazi videoludici è davvero variegata e mostra quanto sia importante lo scambio tra le due istanze, non una notizia collaterale.
La nostalgia come leva narrativa ed economica
In molti casi, chi assiste al concerto racconta di voler rigiocare al videogioco dopo l’effetto nostalgia dato dall’ascolto della colonna sonora di Final Fantasy, ad esempio. Io, per esempio, ritorno spesso sulle ottave di ToeJam & Earl se faccio una partita, e viceversa: se mi capita di funkeggiare quelle colonne sonore sul basso, mi viene voglia di riaprire il gioco. Il fatto di essere invogliati a riprendere un titolo, ad approfondire un disco o a viaggiare nei territori delle riprese o simulati nel gameplay è abbastanza frequente. Ricordiamo, per esempio, The Witcher, la serie Netflix che ha portato molti a scoprire il gioco del 2015 o a conoscere i libri da cui entrambi i media derivano. Dopo il debutto della serie nel 2019, il gioco ha registrato un aumento delle vendite e un picco di giocatori, raggiungendo numeri simili a quelli del lancio originale.
Colonne sonore e riscoperta artistica
Per quanto riguarda Nick Cave, anche la sua canzone Red Right Hand ha cominciato a riacquisire popolarità (soprattutto tra le nuove generazioni, purtroppo spesso ignare di chi sia King Ink) grazie alla serie Peaky Blinders. Sebbene il brano fosse già stato pubblicato, e Nick Cave sia Nick Cave, la sua associazione con la serie ha portato a una riscoperta da parte di un nuovo pubblico, rafforzando il legame tra musica e narrazione televisiva.
La musica accompagna da sempre le vicende narrative, diventando in moltissimi casi protagonista al di fuori del gameplay, del film o di una pubblicità. Non sono semplici jingle o pavimentazioni di immagini. Ricordo che da qualche anno il tema musicale di Mario è stato inserito tra i “patrimoni storici”: è stato ufficialmente aggiunto al National Recording Registry, un elenco delle registrazioni sonore più importanti per gli Stati Uniti.
Ottimizzazione tecnica e creatività nell’era moderna
Tra l’altro, quella di Mario fu una genialità anche per quanto riguarda l’ottimizzazione dello spazio occupato dal gioco in generale, colonna sonora compresa. Oggi l’ottimizzazione è un optional.
Abbiamo bisogno di schede grafiche sempre più potenti per far girare videogame che, teoricamente, non dovrebbero richiedere così tanta potenza. Il punto è che si risparmia sull’ottimizzazione: si fa il gioco, e che occupi tanta CPU quanta un robot che fa salti mortali dentro a un vulcano… poco importa. Invece Mario fu studiato in ogni aspetto, occupando meno di 40 KB, divisi tra grafica (8 KB) e musica e programma. La strategia? Il riciclo delle forme (per esempio la nuvola e i cespugli sono lo stesso asset, solo colorato e posizionato diversamente) e il riuso della musica stessa, rallentata o accelerata a seconda della situazione.
Devo ammettere che anche per gli scenari in VR che ho preparato per il mio progetto di ricerca ho dovuto affidarmi all’arte del riciclo di molte forme. Non ho un PC particolarmente potente, o almeno non abbastanza per la VR, eppure riesco comunque a far girare gli scenari su un visore non standalone. Questo perché la scelta dell’ambientazione e degli asset che ho creato si è basata proprio sul principio del risparmio: garantire la giocabilità senza rinunciare alla bellezza. È tutta una questione di creatività. So di avere a disposizione uno spazio limitato, bene: allora scelgo in modo tale da non far percepire nessuna mancanza, anzi, faccio sembrare che sia stata una scelta stilistica e non una necessità tecnica. È esattamente quello che l’indie fa da sempre: dalla mancanza di fondi, di risorse, di tempo, nascono soluzioni che finiscono per diventare innovazioni artistiche. Ed è quell’arte che non invecchia mai. La potenza tecnica, invece, invecchia eccome.
Evoluzione storica del rapporto musica-immagine
Tornando alla musica e all’arte visiva, sono due istanze unite da sempre, ancora prima del dialogo degli attori e prima, ovviamente, del colore, anche se non in modo fisso. La musica era più simile a una pratica memica, una diffusione orale come i primi blues nelle piantagioni o improvvisazioni a teatro. Pertanto, le prime espressioni con la cinepresa è come se almeno nel sonoro conservassero quell’aura teatrale, quell’‘hic et nunc’ esperienziale tanto pianto da Benjamin all’arrivo del cinema. I primi esperimenti con la cinepresa o con l’animazione prevedevano sempre l’utilizzo di musiche, certo, ma non preregistrate. La musica veniva scelta dagli espositori che mostravano il film nel momento della proiezione. I film muti di Méliès erano in effetti muti, l’aggiunta avveniva nell’esposizione, oppure aggiunta molto tempo dopo in occasione di restauri.
Funzioni narrative e immersive della musica nei media
La musica è anche oggi fondamentale: quando manca è perché si vuole dare un significato pragmatico particolare. Quando si sceglie il silenzio o pochi suoni, come un frusciare di foglie, si tratta spesso di cinema sperimentale, d’autore, oppure la ragione risiede nel fatto di voler generare effetti emotivi particolari, simili all’inquadratura in soggettiva, attraverso la quale si intende mostrare una visione alterata, uno stato emotivo ansiogeno, o far intuire che ci sia qualcuno — o qualcosa — che spia da uno stipite.
Lo stesso si applica al videogioco, in cui i dialoghi sono previsti solo in certi momenti, spesso quelli più cinematografici negli RPG. Per il resto siamo noi, i nostri pensieri, e la proiezione dei vissuti grazie anche alla musica, che ci sostiene nel ritmo.
Il videogioco è sempre ritmo, nel gesto e nella musica atta a supportarlo. Vincere in un Platform non è così diverso dal suonare uno strumento. Mentre Sonic rotola dobbiamo seguire il ritmo degli slanci. Stessa cosa per un picchiaduro, uno dei gameplay più tecnici che esistano: combinazioni di tasti al tempo giusto, in risposta a quello che l’avversario sta facendo. È tutta una questione di coordinazione, manualità, reazione. In breve, è davvero simile all’essere dentro un’orchestra.
Benefici terapeutici del gaming musicale
Non è un caso che la dislessia possa trovare beneficio anche nel giocare ai videogame (vedi). Chi soffre di questo DSA spesso nota una difficoltà nella sincronizzazione e attenzione fonetica. Uno studio condotto dall’Università Milano-Bicocca in collaborazione con l’Istituto Besta ha evidenziato una correlazione tra dislessia e difficoltà nel percepire e sincronizzarsi con il ritmo.
Insomma, la musica è più di un semplice strumento di marketing o di fidelizzazione della fan base in eventi come Lucca Comics o concerti sinfonici ispirati a Final Fantasy; è una parte essenziale della storia del gioco. Senza di essa, la stessa giocabilità, immersione e narrazione perderebbero il loro impatto. Quando giochiamo, quindi, ricordiamoci che c’è un lavoro scientifico dietro ogni colonna sonora, con studi di registrazione e tecnici del suono professionisti che bilanciano lo stereo, le distanze, affinché in cuffia si possa avere una sensazione ottimale di presenza. Questo lavoro consente di trasformare il gameplay in un’esperienza unica.