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Da onlife a “firtuale”: una risposta educativa alla sfida dell’IA



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L’educazione firtuale rappresenta un modello pedagogico capace di integrare il digitale e il fisico in modo consapevole e progettuale. Questo approccio è essenziale per affrontare la sfida educativa posta dall’intelligenza artificiale, senza sacrificare relazione e senso

Pubblicato il 28 lug 2025

Mirta Michilli

direttrice generale della Fondazione Mondo Digitale



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Sessant’anni fa Umberto Eco pubblicava Apocalittici e integrati, un saggio che ancora può aiutarci a leggere le tensioni tra cultura e tecnologia. Le due categorie, lungi dall’essere superate, continuano a riemergere sotto nuove forme nel dibattito sull’intelligenza artificiale: tra entusiasmi assoluti e timori paralizzanti, tra chi accelera e chi frena.

Abitare la complessità tra tecnologia e cultura

Ma non si tratta di scegliere tra apocalisse e integrazione, ma di abitare criticamente la complessità.

In questo senso, il nostro tempo ci impone di vivere e interpretare il paradosso di essere insieme Achille e la tartaruga.

Di correre alla velocità dell’innovazione, senza perdere la profondità del pensiero.

Di esplorare nuovi spazi educativi digitali, senza dimenticare la corporeità e la relazione.

Di progettare il futuro, senza smarrire il senso. Il modello firtuale nasce proprio da questa consapevolezza: dalla necessità di integrare, senza confondere, il fisico e il digitale.

Di educare all’intelligenza artificiale non come a una tecnica neutra, ma come a una sfida civica e relazionale, perché la tecnologia può diventare anche strumento di consapevolezza e relazione, non solo di efficienza.

Nel mio articolo precedente ho sostenuto la necessità di andare “oltre i divieti”, ripensando l’educazione digitale come spazio di cittadinanza attiva. Oggi provo a fare un passo ulteriore: mostrare come il modello “firtuale” possa offrire una cornice pedagogica solida per accompagnare l’introduzione dell’intelligenza artificiale a scuola. Non come eccezione, ma come parte di una trasformazione più ampia della cultura educativa.

Il concetto di firtuale: distinguere per integrare

Il termine “firtuale” (da physical + virtual, italianizzato da phyrtual) è stato elaborato da Alfonso Molina, direttore scientifico della Fondazione Mondo Digitale, già nel 2004. A differenza dei concetti di “onlife” (Floridi) o “phygital”, che descrivono la fusione tra esperienze fisiche e digitali, il modello firtuale insiste sulla necessità di distinguere per integrare. Il punto non è negare l’interconnessione, ma progettarla consapevolmente. Anche se non è mai stato accreditato come neologismo, nel 2012 è stato inglobato nella descrizione dell’espressione e-innovation environment come lessico del XXI secolo dalla Enciclopedia Treccani. Firtuale significa costruire ambienti educativi in cui il fisico e il digitale non si confondono, ma si rafforzano reciprocamente. Questo implica:

  • riconoscere le specificità educative di ogni spazio (presenza, corporeità, temporalità vs. velocità, interattività, accessibilità);
  • progettare esperienze ibride che favoriscano inclusione, accessibilità e benessere;
  • allenare una nuova competenza: la competenza firtuale.

Nel XXI secolo, non basta saper usare uno strumento. Serve saper abitare ambienti educativi ibridi. La competenza firtuale è la capacità di:

  • riconoscere e interpretare i contesti digitali e fisici;
  • progettare percorsi significativi in ambienti misti;
  • non sostituire il reale con il digitale, ma metterli in dialogo;
  • sviluppare pensiero critico, empatia, capacità collaborativa.

Questa competenza è tanto più urgente quanto più l’intelligenza artificiale entra nella quotidianità educativa. Non è una competenza tecnica, ma civica e relazionale.

Progetti concreti per un’educazione firtuale

Il modello firtuale ha già trovato applicazioni concrete in alcuni progetti della Fondazione Mondo Digitale. Uno degli esempi più avanzati è Interland4All, evoluzione accessibile e multisensoriale del videogioco educativo creato da Google. Con l’aiuto della Scuola Holden, di designer e della Fondazione Don Gnocchi, il gioco è stato trasformato anche in un libro, in un gioco da tavolo e in una stanza esperienziale, con percorsi analogici, aumentati e digitali integrati. La versione Interland4All è pensata anche per bambini con bisogni educativi speciali, rendendo l’apprendimento piacevole, condiviso, universale.

Un altro esempio è Pathway Companion, un progetto che integra un tutor intelligente (Arin) nei percorsi di orientamento. Qui l’IA non sostituisce l’insegnante, ma agisce come facilitatore: suggerisce, ascolta, propone, stimola riflessione. Il tutto all’interno di un contesto firtuale, dove l’incontro con altri, il ruolo del docente, l’esplorazione progettuale sono sempre mantenuti come elementi chiave.

La scuola come spazio di consapevolezza digitale

Il modello firtuale è la struttura più adatta per accompagnare l’introduzione dell’intelligenza artificiale nella scuola:

  • preserva la dimensione educativa dell’IA, evitando automatismi disumanizzanti;
  • promuove progettazione integrata, non adattamento forzato;
  • prevede la co-partecipazione della comunità educante;
  • risponde alla crisi relazionale e non solo tecnologica;
  • coltiva la competenza firtuale come abilità fondamentale per la cittadinanza digitale.

La scuola al centro della transizione

Come segnalano fonti diverse (Ocse, Ambrosetti-Lutech, Banca d’Italia), l’Italia vive una fase critica:

  • solo il 46% degli adulti ha competenze digitali di base;
  • il 19% dei giovani è laureato in materie Stem;
  • il 74% delle famiglie si fida ancora più dei servizi umani che dell’IA;
  • l’analfabetismo funzionale rischia di lasciare in outsourcing anche le ultime competenze residue.

In questo scenario, la scuola è l’unico spazio dove è ancora possibile formare coscienze digitali, non solo utenti. Serve una nuova alleanza tra educazione e tecnologia, tra umanesimo e innovazione. Serve un modello come quello firtuale, capace di dare forma all’incontro tra IA e pedagogia.

Docenti e cultura dell’IA: la vera urgenza educativa

Proprio per fronteggiare le sfide educative dell’era digitale, l’Agcom, in accordo con il Ministero dell’Istruzione e del Merito, ha promosso l’adozione di un patentino digitale per studenti, con l’obiettivo di rafforzare le competenze digitali di base e la consapevolezza critica nell’uso delle tecnologie, inclusa l’intelligenza artificiale. Si tratta di un primo passo importante, ma non sufficiente. Senza un reale investimento nella formazione dei docenti, il rischio è che un’intera generazione finisca per scambiare l’intelligenza artificiale per un semplice chatbot conversazionale. È questa, forse, la deriva più pericolosa: ridurre l’IA a uno strumento di automazione linguistica, senza comprenderne implicazioni epistemologiche, cognitive, etiche. È urgente lavorare non solo su regole e strumenti, ma su una cultura condivisa dell’IA: che formi alla progettazione, all’uso consapevole e alla visione umanistica delle tecnologie emergenti.

Una pedagogia per generare senso

L’intelligenza artificiale interroga non solo cosa sappiamo fare, ma chi siamo. La risposta educativa non può essere tecnica o normativa. Deve essere relazionale, progettuale, condivisa. Il modello firtuale offre una via concreta per trasformare la scuola in un laboratorio di cittadinanza digitale e benessere umano, recuperando in pieno la sua funzione educativa e valoriale.

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