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Deep fake e violenza sulle donne, quando l’IA diventa un’arma potente



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L’uso dell’intelligenza artificiale per creare immagini e video falsi con volti di donne ignare apre una nuova stagione di violenza digitale. La legge interviene con nuove fattispecie di reato, mentre restano fondamentali prevenzione, educazione e segnalazioni tempestive alle autorità

Pubblicato il 17 dic 2025

Elisa Romano

Head of Data Protection & Information Security Automobili Lamborghini S.p.A., Board Member Women for Security



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Il 25 novembre, giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne, istituita dall’ONU nel 1999, la situazione è a tutt’oggi sempre più drammatica, nonostante si stia vivendo un cambio culturale importante che ha comportato una maggiore consapevolezza di una piaga sociale che non conosce confini, essendo purtroppo sempre attuale: quotidianamente leggiamo di tragedie in cui le vittime sono le donne.

Si sta altresì delineando, per mezzo dell’intelligenza artificiale, quella che è una nuova forma di violenza perpetrata tramite il cosiddetto “deep fake”, che si realizza utilizzando la tecnologia dell’intelligenza artificiale generativa per creare immagini e video, di natura pornografica, con i volti di donne del tutto ignare di quanto sta accadendo.

Si realizza dunque una nuova forma di discriminazione, sfruttando l’immagine di una donna e creando contenuti che, grazie ai nuovi strumenti, sono assolutamente verosimili. Le persone ritratte si trovano quindi, loro malgrado, travolte da una forma di violenza che comporta danni psicologici e sociali, posta la diffusione, immediata e velocissima, delle immagini digitali tramite il web.

Deep fake e violenza sulle donne: una nuova forma di abuso digitale

L’uso dell’intelligenza artificiale per creare contenuti falsi, come immagini e video deep fake, rappresenta oggi una grave minaccia alla dignità e alla sicurezza delle persone. Strumenti facilmente accessibili ed economici consentono di realizzare face swap (sostituzione di volti), avatar parlanti e nudità digitali senza il consenso dei soggetti coinvolti, trasformando la tecnologia in un mezzo di discriminazione e violenza. Questo fenomeno è stato definito come una forma di “stupro virtuale”, poiché, pur non essendo realizzato a livello fisico, viola profondamente l’intimità e la reputazione della vittima.

Deep fake, violenza sulle donne e nuove tutele legali

Normativa di riferimento. Per contrastare questa pratica, l’Italia ha introdotto tramite la Legge 132/2025 – norma il cui scopo è quello, sancito dall’art. 1, di “promuovere un utilizzo corretto, trasparente e responsabile, in una dimensione antropocentrica, dell’intelligenza artificiale, volto a coglierne le opportunità” – una nuova fattispecie di reato che punisce la creazione e diffusione illecita di contenuti sintetici con pene fino a cinque anni di reclusione. Dall’altra parte, a livello europeo, l’AI Act impone l’obbligo di etichettare i contenuti generati da IA per garantire trasparenza.

Non si tratta infatti solo di un problema tecnologico, ma di una forma di violenza di genere che richiede risposte integrate sul piano legale, sociale e culturale. Come difendersi? La domanda riguarda non soltanto le vittime dirette, ma l’intera società, chiamata a riconoscere e contrastare queste nuove dinamiche di abuso.

Fin dal 1941, anno di pubblicazione del codice del diritto d’autore, è stato stabilito il principio per cui è necessario il preventivo consenso della persona ritratta prima di procedere con la pubblicazione della sua immagine, richiamato indirettamente dalla nostra Costituzione all’art. 2, che tutela i diritti inviolabili dell’uomo, ivi incluso il diritto all’immagine. La normativa privacy prevede a sua volta come necessario il consenso della persona prima della pubblicazione della sua immagine e, in particolare, quando si tratti di minori, è necessario il consenso di entrambi i genitori o di chi esercita la potestà genitoriale.

Premesso quanto sopra, ossia che, al di là della veridicità o meno del contenuto, ci vuole sempre il consenso della persona, salvo alcune limitate eccezioni quali ad esempio notorietà o pubblico ufficio della persona, rimane comunque vietata ogni pubblicazione che arrechi pregiudizio all’onore, alla reputazione o al decoro della stessa. Il rispetto della dignità personale resta quindi un limite invalicabile all’uso dell’immagine altrui.

A livello nazionale il nostro legislatore ha stabilito il divieto alla pubblicazione di deep fake idonei a creare danno, tramite l’introduzione del suddetto reato, l’art. 612-quater del codice penale, dal titolo “Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti realizzati mediante intelligenza artificiale”, con la finalità di tutelare la privacy e la dignità delle persone, prevenendo forme di violenza digitale. Sono state inoltre introdotte delle circostanze aggravanti laddove a compiere il reato siano il partner o ex partner, se l’attività illecita sia stata posta in essere con finalità di vendetta (il tristemente famoso “revenge porn”, reato disciplinato dall’art. 612-ter del codice penale) o tramite strumenti telematici, quali social network e web. Il nostro legislatore è quindi intervenuto in maniera diretta per arginare queste iniziative criminose, prevedendo che il reato sia punito con la reclusione fino a cinque anni.

Reagire a un deep fake: i primi passi da fare

La prima cosa è quella di agire velocemente, rivolgendosi alle Autorità competenti, quali la Polizia Postale e il Garante della Privacy, denunciando l’accaduto e chiedendo la immediata rimozione del contenuto illecito. La tempestività è fondamentale per limitare la diffusione del materiale e rafforzare la tutela della vittima.

Le piattaforme social prevedono peraltro dei meccanismi specifici per chiedere la rimozione di contenuti illeciti, che dovrebbero essere attivati il prima possibile. È importante seguire le procedure indicate da ciascuna piattaforma, segnalando in modo chiaro la natura abusiva e non consensuale del contenuto.

Bisogna inoltre ricordarsi di conservare le prove, tramite screenshot che possano essere utilizzati successivamente per dimostrare l’accaduto, attività da fare ovviamente prima che i contenuti illeciti vengano rimossi. Sarebbe buona cosa utilizzare strumenti specifici per la raccolta delle prove digitali forensi, così da renderle il più possibile inattaccabili a livello probatorio.

A livello pratico è infatti estremamente difficoltoso provare l’autore del contenuto illecito reso in contesti online, che sono globali. Nel recente caso emerso in Italia, il sito ospitante il materiale pornografico era ovviamente registrato all’estero, proprio al fine di rendere difficoltoso il reperimento delle informazioni necessarie per arrivare alla incriminazione degli effettivi responsabili. Questo dimostra quanto sia complesso perseguire i reati commessi nello spazio digitale.

Prevenire deep fake e violenza sulle donne con l’educazione digitale

A livello preventivo, non si può che ribadire di cercare di evitare di pubblicare in maniera indiscriminata ogni momento della propria esistenza, così da ridurre il materiale disponibile in rete, verificando inoltre sempre bene le impostazioni privacy dei canali social che si utilizzano e chi vi può accedere. Ricordiamoci sempre che, quando un contenuto viene pubblicato sul web, difficilmente si riesce a rimuovere in modo definitivo. Questa premura ovviamente non vale, purtroppo, per le immagini di donne famose, che sono state l’oggetto di queste attività illecite su siti pornografici di cui alle recenti notizie di cronaca, posto che la notorietà comporta automaticamente il fatto che l’immagine delle persone note è accessibile ovunque e a chiunque.

Limitare la condivisione delle immagini online

Ribadiamo, ad ogni buon conto, che la disponibilità dell’immagine non sta ovviamente a significare che si possa usare la stessa come si vuole, posto che, tramite un utilizzo non autorizzato, si può arrivare alla commissione di un reato. È quindi essenziale mantenere un controllo consapevole sui propri contenuti visivi, privilegiando canali sicuri e limitando la cerchia di persone che può accedervi.

Educazione ed etica digitale contro la violenza di genere

Il fenomeno della violenza tramite deep fake deve essere arginato in primis a livello culturale: l’educazione digitale è fondamentale fin dall’infanzia, al fine di essere consci dei rischi e delle conseguenze di quello che facciamo sul web. Generalmente non si ha alcuna consapevolezza dei rischi che si corrono nel porre in essere determinate azioni a livello digitale, come ad esempio pubblicare una fotografia, né tantomeno ci si rende conto delle gravissime conseguenze che possono comportare atti, veloci e immediati, quali ripostare un’immagine, magari rubata, di una persona ignara, facendola diventare virale, arrivando ad essere complici di una attività criminosa. Si parla sempre più di etica digitale, che deve essere insegnata fin dalla più tenera età, i cui principi cardine sono l’equità e la non discriminazione.

Un quadro normativo ancora in evoluzione

Per concludere, la combinazione tra Legge 132/2025 e AI Act crea quindi un quadro normativo integrato: l’Italia interviene sul piano penale, mentre l’Unione Europea impone obblighi di trasparenza e responsabilità. Queste misure non risolvono ovviamente tutto, ma rappresentano un passo decisivo per contrastare violenza digitale e discriminazione di genere, ponendo le basi per una tutela sempre più efficace delle vittime di deep fake.

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