cinema e scienze sociali

Fantascienza, quanto fa paura il futuro “tecnologico” negli ultimi film

Quale idea di futuro emerge da una manciata di ultimi film di fantascienza indipendenti (visti al Trieste Science+Fiction Festival) e da una selezione di altri più noti film? Spoiler: non è proprio idilliaca. Ma racconta molto delle paure di quest’era digitale

Pubblicato il 01 Mar 2019

Nicola Strizzolo

docente associato Sociologia Università di Teramo

Future world (2018)

Un futuro che non renderà il mondo un posto migliore, dominato da una tecnologia che non libererà l’uomo dalle ingiustizie, da macchine ingovernabili che condurranno alla catastrofe in un clima di insicurezza e di paura diffusa, da una natura che prende il sopravvento, in maniera catastrofica e apocalittica, soprattutto quella più pericolosa e diffusa, perché dentro di noi, la natura dell’uomo, aggressiva e distruttrice, anche contro l’uomo stesso.

Questo il quadro di paure e visioni distopiche che emerge da molti degli ultimi film di fantascienza indipendenti (come visto nelle opere proposte all’ultimo Festival Trieste Science+Fiction Festival); idem in altri film simili che abbiamo preso in considerazione.

Film e psicanalisi

Partiamo da un assunto: le proiezioni cinematografiche lette in chiave psicanalitica potrebbero essere intese come una proiezione dei discorsi interiori dell’artista nella sua opera (nella fattispecie cinematografica).

Richiamiamo così, sicuramente in maniera non troppo specialistica, il concetto di proiezione nella psicologia: paure inconsce che non sappiamo affrontare o temiamo di non poter affrontare, contenuti negativi nei quali non ci vogliamo riconoscere vengono proiettati all’esterno trovando un oggetto, simbolo, persona o cosa di quali caricarli, separandoli così da noi, fino a nutrire sentimenti negativi verso ciò che li incarna, per discostarci, distinguerci, proteggerci – è un meccanismo di difesa – da questi, che rappresentano una scissione di parti nostre che non riconosciamo in quanto tali. Su questo concetto si basano i test proiettivi, disegni o storie da completare, immagini da interpretare (es. le macchie di Rorschach), per rilevare, sulla base di come il soggetto percepisce lo stimolo, sue caratteristiche intrapsichiche. Sullo stesso meccanismo si fondano le analisi della personalità degli artisti, ovvero si intende l’opera come una proiezione dell’autore.

Le visioni futuristiche con la lente delle scienze sociali

Possiamo, ancorandoci a concetti utilizzati dalle scienze sociali, classificare così le visioni futuristiche che emergono:

Estremistan

Nicholas Taleb, nel “Cigno nero”, evidenzia come l’attuale mondo planetariamente in rete abbia prodotto una società globale dove alcune qualità non si distribuiscono più in maniera naturale come ad esempio il peso (una persona non potrà mai pesare più di un numero limitato di persone messe insieme). Una volta, secondo l’autore, regnava il Mediocristan: tutti i valori medi rilevabili erano i più frequenti e posizionabili al centro della distribuzione dei casi possibili. Oggi la ricchezza, il successo di un prodotto dell’industriale culturale e di una rete commerciale sono tali che possono superare (e schiacciare) un gran numero, in maniera estrema per l’appunto, tutto il resto dei casi possibili. Questo avviene anche in quegli scenari fantascientifici dove le conquiste tecnologiche, come la vita eterna ad esempio, anziché liberare l’uomo dalle ingiustizie, aumentano invece le differenze sociali, spingono verso un’irraggiungibile status l’élite, il ceto medio verso il basso e creano un’uniforme massa priva di diritti se non quelli legati alla sopravvivenza che genera la ricchezza e garantisce il potere delle élite stesse.

Superamento continuo del presente

Superamento continuo del presente, delle sue definizioni e di fenomeni sociali, inafferrabili nel loro accadere e scomparire: la tecnologia spaziale diventa obsoleta e gli astronauti incontrano difficoltà in un strutture fatiscenti di un futurismo arruginito e decadente, lontano da canoni di bellezza estetica classica e della natura (quella che avrebbe salvato il mondo secondo Dostoevskij). Il futuro così, anche per noi più lontano, è già passato ormai.

Società del controllo

La fruizione continua di informazioni e la informatizzazione di molte delle nostre azioni produce dietro di noi, sua volta, un flusso di informazioni che, trattata, dice tutto su di noi, mettendo così a rischio la nostra libertà. L’anonimato (sotto forma di invisibilità digitale) ci renderà liberi.

Perdita del controllo

Nell’affidarsi a macchine da noi prodotte, ma che si riveleranno ingovernabili e che condurranno perciò alla catastrofe; di noi stessi proiettati nel passato da macchine.

Intelligenza artificiale (IA)

Forse la prima e la più famosa è quella di HAL in “2001 Odissea nello spazio”. Fino a dove si può spingere la relazione tra uomo e IA, quanto di umano o di cane (che è storicamente un animale antropico) vi può essere in un computer? I film oscillano tra l’IA che supera l’uomo e lo annienta a quella in cui anche la macchina sviluppa il primo bisogno umano e di molti animali, quello di essere amati.

Società del rischio (dall’omonimo saggio di Ulrich Beck)

La catastrofe, ambienti mortiferi, l’errore fatale, il pericolo di terroristi alieni o mutanti, nuove forme di malattie e veleni alieni rendono ancora più pericolosa l’esistenza.

Paura liquida (Zygmunt Bauman)

La possibilità di perdita di controllo ed il rischio permanente generano angosce e creano così un clima di diffusa e continua insicurezza, co-alimentato da forme di marketing e comunicazione politica, da cui organizzazioni commerciali e insieme di governo ne traggono benefeci e legittimità dittatoriali.

Bioetica

Mutazioni genetiche per migliorare l’uomo corrono il rischio di porre fine all’umanità stessa o di produrre società aberranti, per come la intendiamo oggi sotto i punti di vista dell’etica, del diritto e della dignità delle persone.

Ambiente e risorse

In molti scenari futuri le risorse vitali per l’uomo ed il pianeta o sono esaurite o irrimediabilmente compromesse, la vita destinata ad estinguersi ed il pianeta terra a diventare un posto totalmente ostile se non completamente invivibile.

Natura

Infine, sembra che anche la natura prenda il sopravvento, in maniera catastrofica e apocalittica, in conseguenza a guerre o ad un suo sfruttamento e stravolgimento così indotto, come la natura in pianeti alieni e soprattutto, la più pericolosa e diffusa, perché dentro di noi, la natura dell’uomo, aggressiva e distruttrice, anche contro l’uomo stesso. Quella che più difficilmente siamo pronti a riconoscere, che per questo proiettiamo al di fuori, negli altri, nelle cose, nella tecnologia, nella natura, nei film sul futuro dell’uomo.

Le opere prese in considerazione

“Await Further Instruction” (Johnny Kevorkian, 2018, UK, 91 min)

Il film dispiega benissimo il concetto di paranoia e paura insita nell’uomo: una famiglia sotto assedio, in casa, da un’oscura e sconosciuta sostanza tra la tenebra e il nulla, segue le istruzioni dallo schermo televisivo che dapprima invitano all’attesa e poi diventano surreali, irrazionali ed eterodirette; in un senso generale di angoscia i protagonisti proiettano sugli altri responsabilità e colpe fino a scenari di una sanguinosa carneficina.

“Ederlezi Rising” (Lazar Bodraza, 2018, Serbia, 85 min)

Il capitalismo è stato sostituito dal socialismo e un astronauta del nuovo blocco sovietico viene, nel 2048, inviato su Alpha centauri per esportare il pensiero comunista. Se questa atmosfera politica potrebbe per molti essere fantascienza estrema, si può comprendere invece dal dato che il regista nasce nel 1983 in Jugoslavia, dove oggi si manifestano espressioni di quella che è chiamata Nostalghia: un rimpianto nei Paesi dell’Est per la vita e la cultura precedente al crollo del muro di Berlino e alla fine della Cortina di Ferro. Durante il viaggio nello spazio, l’astronauta, che alle spalle ha relazioni sentimentali finite male, resetta l’assistente androide dalle fattezze di porno diva e programmata per fare sesso, in maniera che possa esprimere liberamente e sinceramente i suoi sentimenti. La storia non si svolge in un’asettica astronave dal design avveneristico, bensì in un struttura arrugginita dalle condutture cadenti.

“Freaks” (Zach Lipovsky, 2018, Canada, 104 min)

Non è il remake dell’omonimo film del 1932 su un circo di artisti deformi, in questo caso le deformità non sono segni deturpanti ma superpoteri: invisibilità, congelamento del tempo, telepatia, controllo mentale, possibilità di volare e capacità di fare implodere l’aria (con conseguenze devastanti per le persone presenti) con una super forza. Si tratta delle conseguenze di un’evoluzione che rende alcune persone uniche, differenti, pericolose. Per questo, la maggioranza dell’umanità, non mutata, dà loro la caccia e vuole sterminarli con mezzi tecnologici. Quella che traspare è una società con una patina di benessere, di vite appagate e famiglie serene, che vivono in realtà nella paura: paura del diverso che va trattato da terrorista, paura che fa uccidere qualsiasi persona dia segni di essere un freak (utilizzata come stratagemma attraverso il quale i freaks inducono le persone “normali” ad uccidersi tra di loro).

“Man Divide” (Max Kestener, 2017, Danimarca/Svezia, 87 min)

Nel film, il futuro è quello di un’apocalisse climatica che porta gli oceani ad espandersi fino a salinizzare l’intero pianeta, con la scomparsa di ogni pianta e animale. Esistono degli agenti che mandano nel passato “metà” di loro, con i quali rimangono in contatto. Uno di questi, Fang Rung, ha come missione di scovare indietro nel tempo una scienziata per salvare il pianeta, ma la sua “proiezione” nel passato smette di collaborare, per cui anche la seconda “metà” deve viaggiare a ritroso per ritrovare la prima, capire che cosa è successo e portare a termine l’operazione, con tutti i rischi che la presenza contemporanea di entrambe le scissioni può portare nello spazio tempo.

“Periheral” (Paul Hyett, 2018, UK, 90 min)

Una scrittrice si affida ad un sofisticato software di editing, che però prenderà dapprima il sopravvento sulla sua parte letteraria per sconfinare poi, con deliri ossessivi da stalker, nella sua vita.

“Solis” (Carl Strathie, 2018, UK, 88 min)

Il film parla di un moderno e suo malgrado Icaro: un ingegnere si trova dopo un’esplosione in un pianeta minerario scagliato dentro una capsula di salvataggio verso il sole. Unico filo di una salvezza quanto mai disperata, dolorosa e menomante (fino alla cecità), è la voce fioca di una capitano, sostituta di un suo amico appena morto. Vuole parlare con sua moglie, almeno un’ultima volta, con la quale il rapporto si è fatto fragile per la recente morte del figlio. Un viaggio di solitudine e disperazione verso la fine, in una tecnologia usurata e fuori controllo, spazio angusto sempre più infernale.

“Future world” (James Franco e Bruce Thierry Cheung, 2018, USA, 90 min)

Ripropone il mondo desertificato e folle di “Mad Max”, dominato dalla legge del più forte, dove fanno scorribande assassini sovraeccitati in moto e si costituiscono dittature di drogati.

“Prospect” (Zeek Earl e Chris Caldwell, 2018, USA/Canada, 97 min)

Si scontrano, in maniera avidamente barbara, dei cercatori di pietre preziose, che utilizzano strumenti a volte usurati se non vecchi nel contesto della storia, per quanto a noi avveneristici, le diverse prodotte da forme biologiche pericolose per gli acidi che secernano, in pianeti alieni ricchi di una flora lussureggiante che genera pollini che ucciderebbero gli uomini, se non dotati di tute isolanti, rendendoli pazzi.

La visione distopica di  Richard K. Morgan

Tra gli ospiti del Trieste Science+Fiction e nella giuria, c’era Richard K. Morgan. Morgan ha vinto nel 2003 il Premio Philip K. Dick con il romanzo cyberpunk “Bay City”, forse più noto come “Altered Carbon”, titolo dell’omonima serie di fantascienza distribuita da Netflix. La visione distopica di Morgan (in “Bay City”) è quella di un’umanità che può permettersi il lusso di non morire: i più ricchi possono vivere per sempre, utilizzando una tecnologia per conservare e riprodurre la coscienza, cloni di sé stessi e buck up quotidiani della propria memoria protetta in satelliti orbitali.

I più poveri possono solo sperare di acquistare un corpo nelle migliori condizioni possibili nel quale continuare a vivere se non viene danneggiato l’unico supporto di coscienza che posseggono. Tutto è estremamente privatizzato. I ricchi potendo accumulare illimitatamente per secoli, comandano su un mondo rigidamente diviso in classi, dove le élite, immortali nel corpo e nella mente, assurgono a divinità. Anche l’opposizione a questo sistema viene spazzata via grazie ad una traditrice, ricompensata con immensa ricchezza e con la vita eterna tecnologizzata.

Altri film di fantascienza

Riportiamo infine, altri film di fantascienza, usciti nel 2018, che hanno messo in rilevanza altre tematiche:

“A-X-L – Un’Amicizia Extraordinaria” (Oliver Daly, 2018, USA, 100 min)

Narra l’amicizia tra un giovane spericolato motociclista e un cinoide (un robot dall’aspetto di cane e dotato di intelligenza artificiale -IA), che evoca, tematizzandola in chiave moderna, la favola di ET, dove l’interesse militare del creatore di A-X-L (il cane artificiale) va contro l’amicizia e i sentimenti che può provare una macchina e il ragazzo per questa. Se “E l’uomo incontrò il cane-robot” di Lorenz sviluppava il legame storico-antropologico e lo sviluppo culturale e biologico del cane domestico, questo film rappresenta decisamente un’ipotesi interessante: e se si trattasse invece di IA canina?

“Anon” (Andrew Niccol, 2018, Germania, 100 min)

La pellicola riproduce una possibile realtà che preoccupa molti, dove tutti sono collegati ad un sistema di realtà aumentata, diventa parimenti tracciato ogni momento ogni esistenza in un archivio che serve così, come deterrente, per prevenire il crimine, diventando impossibile l’anonimato e nascondere alle autorità, in caso di indagine, qualsiasi azione. A meno di non alterare il database stesso che raccoglie i big data sui cittadini, manomissione in grado di far saltare così l’intera sistema che si è creato. Un’altra anomalia è quella di una donna senza identità che non avendo apparentemente lasciato tracce di sé è riuscita a salvaguardare così il suo anonimato.

“The Titan” (Lennart Ruff, 2018, USA/UK/Spagna, 97 min)

Prodotto da Netflix, racconta delle mutazioni genetiche indotte per rendere un soldato adatto alla vita su Titano, una delle ultime possibilità di sopravvivenza della specie umana a causa delle devastazione sul pianeta terra prodotte dai suoi abitanti, che non modificheranno solamente le sue capacità corporee ma la sua stessa umanità, diventando per questa un pericolo.

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