Se per le donne è difficile trovare sicuro camminare per strada, in piena notte come di giorno, escludendo del tutto la possibilità di molestie, anche fare un giro su internet è rischioso e spesso umiliante. Dopo vent’anni e mazzi di denunce, il portale Phica dove si pubblicavano contenuti porno, tra cui foto di donne date in pasto online senza consenso, ad agosto è stato chiuso, sullo strascico delle ultime segnalazioni da parte di politiche, donne dello spettacolo, professioniste, che hanno trovato le proprie foto sul sito, corredate da commenti sessisti. Due mesi dopo, ad ottobre, emerge un altro sito dove, secondo le segnalazioni tra cui quella di Francesca Barra, foto di professioniste note sarebbero state spogliate con l’AI. La Polizia postale ha avviato così gli accertamenti sul portale, che si chiama SocialMediaGirls.
Decisamente, agosto 2025 ha mostrato la necessità urgente di un cambiamento culturale, normativo ed etico sull’approccio ai contenuti porno su internet. Un cambiamento basato sul semplice, ma a quanto pare non troppo, concetto di consenso. Prima il caso dei video intimi del conduttore Stefano De Martino sottratti dalla videosorveglianza della sua compagna Caroline Tronelli e buttati online, poi la chiusura del gruppo Facebook “Mia moglie” dove uomini pubblicavano foto delle mogli e fidanzate a loro insaputa. E poi, come detto, a ottobre è stato invece individuato il sito SocialMediaGirls, ma non finisce qui: ci sono i gruppi Telegram, le chat canzonatorie tra amici, i commenti sui social, le comunità online Incel fondate sulla misoginia. Bisogna capire perché. Cerchiamo di farlo.
Indice degli argomenti
Il caso Phica: cos’è successo
Phica è una piattaforma online nata nel 2005. C’è un forum dove gli utenti si potevano scambiare commenti e immagini di donne, oltre a pensieri su relazioni e sesso. Il contenuto non può essere definito certamente erotico, tantomeno intimo. Era porno condito da solitudine, machismo e sessismo, comunicato attraverso il linguaggio e l’atteggiamento del branco. Emergeva evidente lo squilibrio tra l’impotenza dei soggetti ritratti nelle foto e chi le commentava. Alla comunità venivano date in pasto persone note, come politiche e donne di spettacolo, ma anche avvocate, giornaliste, mogli, madri e persino nonne e anziane. C’erano thread dedicati a parti del corpo specifiche, a caratteristiche fisiche particolari che potevano solleticare alcuni feticismi.
Come si leggeva nel comunicato di addio dello staff, “Phica è nata come piattaforma di discussione e di condivisione personale, con uno spazio dedicato a chi desiderava certificarsi e condividere i propri contenuti in un ambiente sicuro. Purtroppo, come accade in ogni social network, ci sono sempre persone che usano in modo scorretto le piattaforme, danneggiandone lo spirito e il senso originario. È successo con Facebook, con i gruppi su Telegram, ed è successo anche qui“.

Il comunicato di chiusura di Phica
La denuncia di Alessandra Moretti del PD
Da vent’anni le segnalazioni di contenuti non consensuali andavano avanti, con richieste di rimozione agli admin che, come hanno dichiarato nel comunicato di chiusura, intervenivano in caso di segnalazione. A fine agosto, a pochi giorni dalla chiusura del gruppo sessista “Mia moglie”, l’eurodeputata Alessandra Moretti del PD aveva pubblicato su Instagram un video in cui spiegava di aver denunciato la piattaforma, dopo aver scoperto “centinaia di mie foto a partire dal 2014 modificate e date in pasto a questi animali che le hanno commentate” con “frasi oscene e cariche di brutalità”, rivela la politica dem nel video, spiegando che “il senso della mia denuncia è far chiudere questo sito ma anche spronare tutte le donne vittime di violenza a non fare mai passi indietro ma a denunciare sempre”. Ed è riscoppiato il caso, culminato con la chiusura.
SocialMediaGirls e le foto di Francesca Barra
A Ottobre 2025 la conduttrice e giornalista Francesca Barra ha denunciato di aver individuato alcune sue foto “spogliate” con l’uso dell’AI e pubblicate su un portale. Il suo non è l’unico caso, in quanto sono state individuate numerose immagini modificate di donne note dello spettacolo e di altri settori professionali. “Non sono io, ma qualcuno ha deciso di costruire quella menzogna per ottenere attenzione e insinuare il dubbio che potessi essermi mostrata in quel modo negli ambienti in cui lavoro o ho lavorato – ha dichiarato Barra sui suoi social -. Ho pensato ai miei figli e ho provato imbarazzo e paura per ciò che avrebbero potuto sentire o leggere, se quelle immagini fossero finite nelle mani sbagliate”.
Barra ha spiegato, come riportato da Repubblica, di essere stata avvisata della presenza delle foto online da un uomo.
Tecnologia e porno online
Parlarne ora però è riduttivo: considerando come esempio il caso di Phica, vent’anni sono lunghi. E in due decenni il mondo è cambiato, così come il sentire comune, la società e internet stesso. Diverso è il modo di confrontarsi, di rapportarsi all’altro e di comunicare. Anche online. Come spiega Arije Antinori, professore di Criminologia all’Università La Sapienza di Roma, “parliamo di una comunità e di un fenomeno che si è evoluto in modo importante negli ultimi vent’anni sia genericamente in termini di sviluppo dell’infrastruttura digitale e della cyber-socialità sia per quanto concerne la sessualità e le sue pratiche, l’erotismo e soprattutto la pornografia online, dallo scambismo attraverso bacheche online di incontri trasgressivi nei parcheggi al porno deepfake”.
Insomma, l’innovazione e l’avanzare della tecnologia hanno avuto un impatto su ogni aspetto della vita digitale, porno compreso. Con nuovi rischi: i pericoli non sono ovviamente insiti nella tecnologia in sé, ma nell’uso che se ne fa. Un vecchio adagio che purtroppo trova riscontro in casi come quello del portale Phica, dove numerose donne hanno spiegato di aver visto le proprie foto modificate.
Pubblicazione di foto senza consenso: i motivi
Dare una spiegazione al fenomeno della pubblicazione online di foto di donne senza consenso, come nel caso di Phica, è complesso. In primis, “occorre distinguere tra chi pubblica immagini della propria moglie o compagna con la finalità di condivisione e i soli fruitori di detti contenuti“, spiega il professor Antinori.
Narcisismo ed esibizionismo
Dal punto di vista personale “per i primi emerge sicuramente l’esibizionismo nel mostrare la partner come estensione narcisistica del sé, alla ricerca di conferme e glorificazione personale attraverso lo sguardo altrui – spiega il docente -. Questa attività ha alla base anche la ricerca di eccitazione e un legame col potere, in cui la condivisione non consensuale è mossa da fantasie di dominio, talvolta accompagnata da disinibizione online o giustificata attraverso il disimpegno morale”.
Il branco
Se invece “consideriamo la dimensione cyber-sociale di comunità, emerge una mascolinità competitiva in cui la partner è il capitale simbolico, il trofeo – il corpo delle donne trasformato dall’oggettivazione rituale che rinforza l’alleanza tossica maschile – da esibire tra pari alla ricerca intracomunitaria dell’affermazione di status, con dinamiche di omologazione di gruppo e polarizzazione che spesso possono favorire l’innesco di condotte sempre più estreme e violente“, aggiunge il professore.
Vi è inoltre da tener presente che “in comunità permissive, norme informali legittimano la condivisione, lo scambio come gioco goliardico – acuito oggi dalla gamificazione, dalla storificazione e oversharing – riducendo la percezione della violenza di genere e della vittimizzazione. Ciò acquisisce ulteriore significato quando lo si contestualizza nell’ambito di forme più o meno residuali del cosiddetto patriarcato tossico che si esprime nella concezione proprietaria del corpo femminile, abbassando così le barriere morali all’esposizione”, conclude.
Revenge porn
C’è anche chi condivide foto intime per revenge porn, un caso a parte che punta a ledere la dignità della persona come vendetta per un presunto torto subito – come il non accettare la fine di una relazione.
Gli utenti di Phica e degli altri gruppi: chi guarda i contenuti
C’è poi chi non condivide, ma guarda e passa o commenta: “Per quanto concerne la sola fruizione di tali contenuti, emergono significativamente il voyeurismo e il novelty-seeking che ormai contraddistingue, sia in ambito mainstream che fringe, forme posticce di pseudo-giornalismo (come il true crime, ndr) che può alimentare il comportamento trasgressivo e l’arousal – spiega il professor Antinori -. Alcuni utenti, talvolta non lontani da dipendenza, si spingono in commenti che sono espressione di sadismo, disprezzo empatico e piacere nel vedere l’altra esposta, umiliata, in un ecosistema spesso denigratorio che può degenerare nella normalizzazione cyber-sociale della predazione collettiva, cultura dello stupro e odio online, con la caccia al contenuto o alla persona e alla produzione di meme tossici”.
Capitanio (Agcom): “Portare il caso Phica in Ue”
Il Commissario Agcom Massimo Capitanio è intervenuto sul caso Phica: “Chi ruba foto ruba dignità. Non basta chiudere, chi ha sbagliato non può restare impunito. Non avrei voluto, mi trovo però costretto a tornare sullo stesso tema di qualche giorno fa”, ha spiegato in una nota, riferendosi al precedente caso del gruppo Mia moglie.
È notizia di queste ore che l’oramai noto forum, attivo da oltre vent’anni, nel quale venivano pubblicate e commentate anche fotografie rubate dal web di numerose donne ignare, sia stato finalmente chiuso. Se la vicenda non fosse così drammatica, potremmo sorridere del “rammarico” espresso dallo staff del forum pornografico, che prova a scaricare la responsabilità su presunti utenti “birichini”, accusati di averne “danneggiato lo spirito originario”.
Come ha spiegato Capitanio, “fatico a immaginare uno spirito diverso da quello del mero business: basta scorrere le voci di menu – eloquenti da sole – per comprendere la logica commerciale che lo guidava. Non a caso, accanto al forum, esisteva una piattaforma di condivisione video che replicava lo stesso marchio con l’aggiunta del termine “tube”. È quindi evidente quale fosse la reale natura di questo sito: trarre beneficio dalle bassezze altrui, riducendo le donne inconsapevoli a carne da forum. Sia chiaro: la chiusura non è stata una scelta spontanea o un ravvedimento spontaneo, ma la conseguenza dell’avvio delle indagini da parte della Polizia postale, sommersa da denunce provenienti da tutta Italia. Solo da quel momento è partita la reazione degli utenti, molti dei quali hanno implorato la cancellazione dei propri commenti. Commenti che, va ricordato, non restavano confinati a quel forum: gli stessi utenti potevano contare anche su un canale Telegram e perfino su un profilo OnlyFans, con tanto di servizi a pagamento“.
Aggiunge Capitano che “questa vicenda conferma, ancora una volta, quanto sia urgente un intervento multilivello. L’azione della Polizia postale è un segnale concreto, ma restano sul tavolo questioni rilevanti: la tutela del diritto d’autore, la protezione dei minori, la responsabilità delle piattaforme che lucrano sulla condivisione di contenuti illeciti. Senza dimenticare le nuove tutele introdotte dal Regolamento europeo sui servizi digitali (DSA), che ribadisce un principio semplice ma fondamentale: ciò che è illegale offline lo è anche online. Agcom, in qualità di Digital Services Coordinator Dsc, ha il compito di ricomporre questo mosaico e portare la questione anche a livello europeo, affinché vi sia una reazione convinta e coordinata di tutte le Istituzioni. Perché la libertà digitale non può trasformarsi in terreno fertile per abusi che mortificano la dignità umana”.
Redazione
Le vittime
Non solo donne della propria vita. Comunità come Phica raccolgono foto di persone famose, esposte al pubblico. Come nel caso dell’eurodeputata Moretti: “In riferimento invece alle figure politiche o pubbliche, si può invece individuare un processo di stigmatizzazione, che coinvolge donne note, con l’obiettivo di operare una sorta di punizione simbolica verso chi occupa ruoli o posizioni – non a caso concetto spesso utilizzato volontariamente in modo equivoco – di potere“, ha aggiunto Antinori.
In questo senso è importante non scadere nel victim blaming il fenomeno per cui, banalizzando, si dà la colpa alla vittima di quanto le è accaduto. “Se fosse stata più attenta…se non avesse pubblicato certe foto…se si fosse vestita più accollata” sono pensieri che attribuiscono una responsabilità alla vittima per quanto le è accaduto. E c’è poi la vittimizzazione secondaria, come a dire oltre al danno la beffa: è quando la vittima, che già ha sofferto, soffre ulteriormente perché la società non è in grado di gestire in modo corretto quanto le è capitato.
Phica, Mia moglie e gli altri gruppi: cosa rischia chi commenta e pubblica
Il fuggi fuggi di utenti da Phica dopo l’esposizione mediatica dei contenuti sull’eurodeputata Moretti e non solo, porta a chiedersi se chi pubblica sia conscio delle conseguenze legali. Secondo il codice penale, i reati configurabili sono la diffamazione, la diffusione non consensuale di immagini sessualmente esplicite e il reato di revenge porn, a seconda dei casi.
Cosa dice la legge
Per l’avvocato Marco Cartisano “è importante premettere che ogni illecito (salvo specifici casi) è soggetto a termini di prescrizione stabiliti dal legislatore a secondo se si parla di reato o di risarcimento danni in sede civile. Nel caso specifico si parla di un termine di prescrizione che può andare da un minimo di sei anni per i reati di diffamazione aggravata e di diffusione non consensuale di immagini sessualmente esplicite che non va confuso con il termine per proporre querela che decorre dal momento della conoscenza del fatto (fino a sei mesi per il reato di revenge porn)“.
Dal 10 ottobre 2025 inoltre con la Legge italiana sull’AI è diventato reato il deepfake illecitamente diffuso, tecnologia usata anche per scopi criminali come revenge porn e pedopornografia o sextortion, cioè ricatto sessuale, ai danni di minorenni e non.
Le responsabilità
In ogni caso, precisa il legale, “vanno distinte le condotte di chi posta il messaggio, di chi lo commenta ed gli amministratori del forum tenendo conto che la responsabilità penale è sempre personale. Per esemplificare, la Cassazione in tema di diffamazione mediante blog ha affermato la penale responsabilità del gestore qualora, in caso di segnalazione, ometta di cancellare il post incriminato“.
La Corte, “pur ammettendo che non vi è un preventivo dovere di controllo da parte del gestore, per superare lo stallo ha utilizzato una fictio juris: l’admin, una volta venuto a conoscenza del contenuto diffamatorio e non lo rimuove, commette lui stesso un ulteriore reato di diffamazione mediante condotta omissiva, anche se va detto che la dottrina ha ampiamente criticato quest’ultima interpretazione, in quanto non si rinvengono tracce normative di una specifica posizione di garanzia in capo al gestore”.
A tutela delle vittime invece, oltre a denunciare “si ribadisce, in ogni caso, che la via immediata per potersi tutelare è quella del reclamo a Garante Privacy che può ordinare lo stop immediato del trattamento”.
Articolo pubblicato la prima volta il 28 agosto 2025, aggiornato il 27 ottobre 2025.










