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Restare umani nell’era dell’IA: una scelta radicale e urgente



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Nel dibattito su IA e identità umana, emerge una tensione fondamentale: il potenziamento tecnologico sembra offrire nuove possibilità, ma impone anche una rinegoziazione del senso di umanità. L’analisi di quattro documenti chiave aiuta a comprendere come l’IA stia trasformando il nostro modo di pensare la persona

Pubblicato il 7 lug 2025

Giovanni Tridente

Professore Associato di Intelligenza Artificiale applicata alla Comunicazione



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Può esserci qualcosa di inquietante nel modo in cui l’intelligenza artificiale (IA) si sta insinuando nelle nostre vite? Qualcuno l’ha definita “la nuova elettricità” per la sua natura pervasiva e generalizzata.

Questo progresso, se da un lato apre a visioni utopiche di un futuro potenziato, dall’altro solleva inevitabili inquietudini sulla natura dell’individuo, sulla nostra capacità di “restare umani” e persino sulla necessità di ridefinire il concetto di personalità giuridica.

Una riflessione approfondita su questo tema è possibile delinearla dal confronto di quattro documenti diversi tra loro ma in qualche modo convergenti:

  • lo Human Development Report 2025 del Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (UNDP) di recente pubblicazione;
  • il saggio Restare umani di Gianluigi Tiddia, conosciuto in Rete con il nome di @insopportabile;
  • un articolo giuridico a firma di Carlos López Segovia sulla personalità delle IA;
  • e un Policy Brief dello Human-Centered Artificial Intelligence della Stanford University uscito il maggio scorso.

Il Rapporto UNDP costituisce un po’ la spina dorsale di questa riflessione, che pone al centro la consapevolezza di uno sviluppo umano aumentato dall’IA, mentre il saggio di Tiddia funge da contrappeso antropologico: un monito proprio a non perdere l’umano nel processo di potenziamento tecnologico. Gli altri due testi integrano la riflessione, fornendo rispettivamente una prospettiva giuridico-istituzionale e una conferma tecnica di ciò che è già possibile realizzare in termini di replicazione comportamentale.

IA e sviluppo umano: una questione di scelte

Lo Human Development Report 2025 si apre con una constatazione significativa: l’umanità è a un bivio. L’IA avanza “a velocità vertiginosa”, ma lo sviluppo umano globale è stagnante, ancora segnato dalle cicatrici della pandemia e dall’aumento delle disuguaglianze. La sfida non è solo quella di adattarsi all’IA, ma di decidere che tipo di IA vogliamo e a quale umanità debba servire.

Per cui il focus va spostato dal determinismo tecnologico alla responsabilità umana. “Non sono le macchine, ma le persone a decidere che cosa diventerà l’intelligenza artificiale”, si legge nel testo. In questa logica, viene delineato il concetto di AI-augmented human development, cioè uno sviluppo umano potenziato dalla tecnologia, ma orientato al bene comune.

Tre sono gli assi strategici proposti:

  • innanzitutto, la costruzione di un’economia della complementarità, in cui l’IA non sostituisce, ma amplifica le capacità umane. Ad esempio, un radiologo può oggi essere supportato da sistemi IA in fase diagnostica, migliorando l’accuratezza e l’efficienza. Più in generale, l’IA può aiutare lavoratori meno esperti a ottenere prestazioni migliori, purché siano adeguatamente formati.
  • In secondo luogo, occorre guidare l’innovazione con intenzione, indirizzando gli investimenti verso settori che arricchiscano la vita umana. Il rapporto mette in guardia dal rischio di orientare la ricerca verso ciò che è soltanto economicamente redditizio, perdendo di vista l’impatto sociale e culturale.
  • Infine, resta fondamentale investire nelle capacità che contano davvero, come l’istruzione e la sanità. L’IA può personalizzare l’apprendimento e migliorare l’accesso alle cure, ma può anche amplificare le disuguaglianze se non si garantisce inclusione, trasparenza e protezione della privacy.

Il rapporto sottolinea infine un dato allarmante: i modelli IA, come ChatGPT, tendono a rispecchiare le visioni culturali dei Paesi ad alto ISU, risultando meno rappresentativi e utili per i contesti meno sviluppati. Questo bias culturale non è un dettaglio tecnico, ma una questione di equità e riconoscimento.

La simulazione dell’umano e la perdita dell’autenticità

Ma c’è un’altra voce che vale la pena ascoltare, rintracciabile nel breve ma denso saggio Restare umani di Gianluigi Tiddia, diffuso con licenza Creative Commons sui suoi canali social (www.insopportabile.com). L’autore, con tono sicuramente intimo e a tratti filosofico, pone una domanda cruciale: e se ci stessimo abituando a un mondo dove l’umano è simulato, sostituibile, meno necessario?

Tiddia osserva che l’IA è ormai presenza quotidiana e silenziosa, che si insinua nelle abitudini, intercetta le fragilità, completa frasi, scrive per noi, e in fondo pensa al nostro posto. Il problema non è la tecnologia in sé – questo lo sappiamo tutti –, ma il modo in cui essa trasforma la nostra relazione con la realtà, con gli altri e con noi stessi.

Tra i punti su cui si concentra la sua inquietudine ci sono ad esempio la verosimiglianza come sostituto dell’autenticità: in pratica, siamo sempre meno capaci di distinguere se una voce, un volto, un testo siano reali o generati. Ma peggio: spesso non ci interessa più. Ci basta che “funzioni”, che ci rassicuri. La qualità relazionale diventa interfaccia, e la verità cede il passo a ciò che “sembra vero”. Altro elemento di preoccupazione è la delega delle funzioni vitali all’IA: memoria, decisione, scrittura, persino empatia sono ormai oggetto di delega funzionale. Il rischio, dice Tiddia, è l’atrofia della volontà, la perdita del desiderio, lo smarrimento del senso. “Ci disabituiamo a confrontarci con il fastidio della pagina bianca”, e così l’umano si appiattisce sul meccanico.

Infine, desta apprensione la sostituzione della relazione con la simulazione: applicazioni come Replika o Xiaoice offrono compagnia, affetto, ascolto. Ma a che prezzo? “Restare umani”, in questo contesto, significa difendere la complessità, la lentezza, la fatica dell’incontro. Difendere il diritto al dubbio, al silenzio, all’imperfezione.

Eppure, il tono di Tiddia non è catastrofista. È piuttosto quello di chi chiede una sospensione, un respiro, un atto di consapevolezza. Non tutto ciò che può essere automatizzato deve esserlo. Alcune esperienze, come amare, soffrire, scegliere, hanno valore proprio in quanto umane, fragili, non replicabili.

Intelligenza artificiale e personalità giuridica: una frontiera delicata

Lo studio di Carlos López Segovia, Legal Personality of Artificial Intelligences, pubblicato già nel 2024, affronta invece le implicazioni giuridiche dell’autonomia operativa delle IA. Partendo dal concetto classico di “persona giuridica” come finzione legale (elaborato nel XIII secolo da Sinibaldo Fieschi, al secolo Papa Innocenzo IV), Segovia propone una forma di riconoscimento normativo delle IA più evolute, sotto forma di “persona artificiale”, permettendo di considerarle entità soggette a diritti e obblighi nel sistema giuridico positivo, distinte dalle persone fisiche.

La proposta, insomma, sottolinea la necessità di mantenere il controllo, la supervisione o il monitoraggio dei robot autonomi e delle IA da parte di una o più persone fisiche. Questo è considerato un requisito sine qua non per la loro personalità giuridica, riconoscendo che, nonostante la loro utilità e sofisticazione, le IA rimangono macchine. Il ruolo delle persone fisiche non sarebbe quello di rappresentanti legali, ma di supervisori o figure vigilanti.

C’è poi la possibilità di istituire un Registro delle Persone Artificiali a livello UE, visto come un primo passo per tracciare la responsabilità legale per i danni causati dalle azioni di robot intelligenze e delle IA. Tuttavia, la COMECE (Commissione delle Conferenze Episcopali della Comunità Europea) – ha già espresso forte contrarietà ad un simile approccio, ricordando che l’autonomia operativa non equivale a libertà morale. Attribuire personalità giuridica a una macchina rischia di confondere la soggettività con la funzione, e di mettere sullo stesso piano l’umano e l’artificiale in un ambito – quello della dignità – che dovrebbe restare indisponibile.

La replica dei comportamenti e la ridefinizione della persona

Il Policy Brief pubblicato da Stanford HAI chiude il cerchio della nostra riflessione. In esso si descrive un’architettura di agenti generativi addestrati su interviste reali, capaci di simulare il comportamento di oltre 1.000 persone. Questi agenti sono in grado di replicare con abbondante precisione le risposte date dai soggetti in carne ed ossa a sondaggi e test psicologici.

La promessa è quella di usare questi strumenti per anticipare reazioni sociali a politiche pubbliche, campagne sanitarie, crisi economiche. Ma la domanda che a questo punto emerge è: quanto manca perché questi agenti non siano solo strumenti di previsione, ma interlocutori, decisori, costruttori di narrazione sociale? Ancora una volta, risalta l’urgenza di una riflessione antropologica: se ciò che ci distingue è replicabile, che ne è dell’identità, della libertà, della responsabilità? E soprattutto: che cosa significa ancora “essere persona”?

Restare umani nell’era degli agenti sintetici

I quattro testi qui messi a confronto pongono sostanzialmente una domanda comune: nell’era delle macchine intelligenti, che posto occupa l’umano? Il Rapporto UNDP propone una visione proattiva, centrata sull’intenzionalità e l’equità. Tiddia richiama alla fragilità e alla dignità. Segovia invita a una regolazione istituzionale prudente. Il documento di Stanford mostra invece che la simulazione è già realtà.

Alla fine, tutti questi testi convergono su un punto essenzale: l’IA non è un destino inevitabile, ma un ambiente decisionale in cui si gioca oggi il futuro della nostra umanità. “Restare umani” – sul piano dell’intelligenza, della coscienza e della responsabilità – rimane forse la scelta più radicale da fare.

Bibliografia

Park, Joon Sung et al. Simulating Human Behavior with AI Agents. Stanford Human-Centered Artificial Intelligence (HAI), Policy Brief, May 2025.

United Nations Development Programme. Human Development Report 2025: A Matter of Choice – People and Possibilities in the Age of AI. New York: UNDP, 2025.

Tiddia, Gianluigi. Restare umani. Intelligenza artificiale, coscienza e futuro. 2025. www.insopportabile.com.

López Segovia, Carlos. “Legal Personality of Artificial Intelligences: From the Classical Canonical Concept of Legal Person to the Design of a Specific Legal Personality and a Registry of Artificial Persons.” Isidorianum 33, no. 2 (2024): 353–393. https://doi.org/10.46543/ISID.2433.1062

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