Un dato di tutta evidenza come il progressivo sdoganamento della cura della salute mentale e la riduzione dello stigma che tradizionalmente si abbatteva su chi soffriva di disturbi psichici va analizzato. Quali sono i fattori che stanno determinando questo cambiamento? Un ruolo sicuramente prioritario in questo va riconosciuto alla diffusione inedita dei percorsi di psicoterapia svolti, interamente o parzialmente, da remoto.
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Il persistere dello stigma nella comunicazione del disagio
Nel privato delle proprie stanze, molte persone di giovane età si connettono per effettuare delle sedute di psicoterapia online. Pubblicamente, non sempre si parla della sofferenza psichica senza remore. Si consideri la risposta con frasi di rito alla domanda: “Come stai ?”. Anche quando si avverte dell’angoscia o del dolore psichico, si tende comunque a rispondere: “Bene. Tutto bene!”. Vi sono ancora diversi indugi a manifestare una sofferenza psichica, persino quando si è affranti dentro. In caso di problemi organici, vi sono molte meno remore a rispondere con sincerità: “Mi fa male la schiena” oppure “Ho avuto una distorsione, una frattura” quando non addirittura: “Ho un tumore”. Secondo i dati riportati da Unobravo MINDex, anche fra i giovani nella fascia d’età compresa tra i 18 e i 29 anni, ben il 38% sostiene di aver nascosto più volte il proprio disagio. Vi è un disagio ineliminabile specifico della cultura, della civiltà come scriveva Freud, in quanto ci impone dei limiti, delle regole portandoci a rinunciare a una quota di godimento per stare in un contesto collettivo; eppure, questa sembra piuttosto un’inibizione dovuta allo stigma sociale sul disagio mentale che non è ancora del tutto superato, nemmeno fra i più giovani. Talvolta si nasconde la sofferenza psichica, tuttora si tende a celare il dolore interiore per quanto lo stigma sulla salute mentale si vada attenuando.
L’esplosione della domanda di supporto psicologico
Nessuno credo metterebbe in discussione un dato eclatante specifico di questi ultimi anni, perlomeno in Italia: si è andata incrementando la consapevolezza dell’importanza del prendersi cura di sé anche e soprattutto per quanto concerne la propria salute mentale. Giusto per confermare questa evidenza, riportiamo le cifre rilevate da ENPAP (Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza per Psicologi) e pubblicate da Quotidiano Sanità nel dicembre 2024 secondo le quali la percentuale di persone che chiedeva interventi psicologici di vario tipo ammontava al 29% nel 2020 ed è passata al 39% nel 2024. Oltre il 40% degli intervistati riferiva di aver intrapreso un percorso clinico di tipo psicologico proprio nel cuore dell’emergenza pandemica, in presenza o più frequentemente online date le restrizioni di quel periodo drammatico.
Questo cambiamento si nota anche a livello economico. Un riscontro fra tutti ci pare significativo: secondo gli ultimi recentissimi dati forniti da ENPAP il reddito medio delle psicologhe e degli psicologi italiani, che si attestava prima della pandemia a circa 11.000 euro annui, è attualmente salito a una cifra che supera di poco i 25.000 euro annui. Era già cresciuto fino a 18.400 euro nel 2022. Quanto all’aumento del fatturato degli psicologi italiani, sarebbe ingenuo tralasciare il fatto che le sedute online implicano un pagamento con bonifici bancari e, dunque, vanno a prosciugare un’area importante di evasione fiscale che caratterizza le sedute in presenza. Tuttavia pare inverosimile che questo raddoppiamento del fatturato, a fronte di un continuo incremento del numero di psicologi, sia ascrivibile soltanto alla tracciabilità del pagamento. Peraltro, le nuove colleghe e i nuovi colleghi diventano spesso a loro volta pazienti (o analizzanti, secondo il termine proposto da Lacan che sottolineava il ruolo attivo di chi intraprende una cura psicoanalitica) iniziando o proseguendo giustamente un percorso analitico su di sé, anche in una prospettiva formativa.
I dati sulla percezione delle terapie online
In occasione del mese della salute mentale, a maggio 2025, Unobravo MINDex ha intervistato 1609 membri del proprio staff clinico e riporta come il 71% degli psicologi intervistati afferma che la diffusione delle terapie online ha ampliato in modo significativo l’accesso alla cura e reso meno problematica la richiesta di supporto. Ha intervistato anche 2250 adulti, maggiorenni ma fino ai 50 anni: la psicoterapia viene percepita come un’opportunità imprescindibile per la salute mentale e per la crescita personale dal 42% degli intervistati, con punte del 46% fra i giovani e del 48% fra le donne.
Questa novità epocale risulta peraltro contraddittoria rispetto al progressivo smantellamento delle istituzioni pubbliche e, dunque, sono soprattutto Enti del Terzo Settore, realtà del privato sociale o del privato imprenditoriale a colmare in parte le lacune del pubblico non senza accuse di una mercificazione della clinica.
I fattori che determinano la crescita del settore
L’aumento dei corsi di laurea in psicologia, sia in presenza sia nelle università telematiche, ha certo determinato una diffusione della cultura psicologica in tutta Italia, anche in aree di provincia, di montagna, dell’entroterra che erano restie ad accogliere questi argomenti in precedenza vissuti come un tabù. Le università strutturate sulla storica formula delle lezioni in presenza vengono frequentate da persone all’incirca ventenni sostanzialmente disponibili a una messa in discussione soggettiva su argomenti anche intimi e delicati. I corsi di laurea in psicologia erogati da remoto, in modalità asincrona o anche sincrona, permettono soprattutto a persone non esattamente giovanissime di reinserirsi nel mondo dello studio e poi del lavoro studiando appunto psicologia oppure di conseguire una seconda laurea a persone che già operano in contesti socio-educativi. Entrambe queste forme di insegnamento universitario contribuiscono al radicamento dell’interesse sociale per la salute mentale.
In aree nelle quali i percorsi psicoterapeutici erano ancora poco radicati hanno trovato accoglienza molte domande d’aiuto, di consulenza e di cura grazie al moltiplicarsi delle sedute da remoto e soprattutto delle piattaforme per psicoterapie online. Queste ultime, sorte con una focalizzazione nei confronti di persone espatriate desiderose di effettuare una psicoterapia in lingua italiana, si sono dimostrate appropriate anche per soggetti domiciliati in luoghi isolati dai quali diventava difficile e oneroso raggiungere un centro clinico o lo studio privato di uno psicoterapeuta. Evidentemente hanno conosciuto un’eco imprevista a causa della pandemia: da un lato, il lockdown ha reso indispensabili le sedute online; dall’altro lato le sedute online hanno favorito l’ascesa del valore delle psicoterapie nell’opinione pubblica.
Le criticità delle terapie online e la mercificazione
I suddetti dati indubbiamente positivi andrebbero tuttavia problematizzati.
In un’epoca volta al benessere, stare bene non coincide affatto con il benessere, anzitutto con il benessere economico. Vi è il rischio che venga scambiata per clinica una degradazione della cultura psy che da sovversione soggettiva scade in una psicologia cosmetica dell’io oppure in una mera chiacchierata. Diverse persone mi contattano dopo precedenti esperienze, online ma anche in presenza, intraprese dinanzi a un sintomo o una forma di angoscia esistenziale per le quali hanno inizialmente trovato giovamento salvo poi instaurare una relazione con il clinico accostabile a una sorta d’amicizia, ovviamente a pagamento. Non tutti gli psicoterapeuti in effetti hanno svolto un valido lavoro di introspezione.
La deriva della psicoterapia quale manutenzione
Si è oltretutto imposta fra diversi psicologi la metafora della psicoterapia quale manutenzione: come un’automobile necessita di tanto in tanto di manutenzione, di un tagliando o di una revisione, così anche l’essere umano avrebbe bisogno di ricorrenti manutenzioni ovvero di una serie di cicli di psicoterapia. Quando qualcosa non funziona perfettamente, viene consigliato di avvalersi dell’aiuto di un nuovo terapeuta il quale dovrebbe utilizzare la propria cassetta degli attrezzi come fosse un meccanico che ripara automobili difettose. Siamo in disaccordo con questo accostamento della psiche a una macchina. Un soggetto umano non è una macchina; ha dei legami, degli affetti, dei sentimenti che entrano in gioco pure nei percorsi di cura senza poterli aggiustare come si fa con un’autovettura.
La psicologia clinica rischia di diventare in questa deriva un business propagandato, con astuzia imprenditoriale, grazie alle risorse economiche di aziende e fondi di investimento. La commistione fra clinica e aziendalizzazione solleva delicati interrogativi a proposito della qualità di tali esperienze terapeutiche e rilevanti questioni etiche. Non c’è clinica senza etica: era una celebre frase dello psicoanalista francese Jacques-Alain Miller. Del resto, già Freud sottolineava la coincidenza di ragioni tecniche ed etiche nel campo della pratica della psicoanalisi. Vi è da chiedersi se queste psicoterapie in serie servano davvero; per esempio, abbiamo contezza di otto o nove psicoterapie in persone ancora giovani, alcune delle quali svolte per un brevissimo periodo su piattaforme online e altre in presenza! Figure che hanno posizioni apicali nelle maggiori piattaforme italiane dichiarano esplicitamente che la percentuale di rapide interruzioni di questi percorsi risulta maggiore di quanto avviene in occasione di sedute svolte in presenza. Nulla vieta di cambiare clinico e di sperimentare stili diversi e approcci teorico-clinici vari; io stesso ho ricominciato il mio percorso analitico a Parigi da alcuni anni dopo una precedente analisi in Italia. Tuttavia la regolarità e la continuità di un’esperienza costituiscono uno dei fattori cruciali della sua efficacia. Nessun problema quanto all’intraprendere diverse tranches di cura ma, ogni volta, è fondamentale una certa costanza per un periodo di tempo ragionevole.
Considerazioni finali su privacy e normalizzazione delle terapie online
In conclusione, ferma restando l’importanza dell’abbattimento dello stigma sulla salute mentale, va ricordato come alcune persone abbiano l’esigenza di celare i contenuti della propria sofferenza psichica. In alcuni casi di psicosi, per esempio, il fatto di parlare di sé e di confidarsi risulta problematico proprio per una strutturale sfiducia negli altri, proprio perché si tratta di soggetti poco portati a credere negli altri, a fidarsi degli altri. Parlare di ciò che la maggior parte degli psichiatri tende a catalogare come idee bizzarre, deliri o allucinazioni non è facile sia perché questi argomenti non creano legami con gli altri sia per il rischio di conseguenze discriminanti sia soprattutto perché, dopo averne parlato, questi fenomeni tendono a incrementarsi e ad accentuarsi come intensità. Al contrario, per esempio in casi di nevrosi ossessiva, l’atto di dire attenua la ripetitività dei propri pensieri impulsivi, intrusivi, del proprio incessante rimuginio dubitante.
Si ha diritto alla privacy, alla riservatezza. Non è obbligatorio dire tutto. Va comunque differenziata una giusta ritrosia, una dimensione di pudore dal dover nascondere la propria sofferenza psichica per il timore di discriminazioni, anzitutto in luoghi come l’ambiente lavorativo. In questi termini, la maggior normalizzazione della sofferenza psichica grazie anche alla diffusione delle sedute online e delle università telematiche rimane un punto di pregio inestimabile.










