la nostra inchiesta

Dentro EroMe, dove le teen influencer diventano prede



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Deepfake pornografici e “tributi”, cioè gesti di autoerotismo, sfruttando le immagini di TikToker adolescenti, sono tra i contenuti trovati visitando la piattaforma pornografica EroMe. E dall’analisi emerge una forma di narrazione del porno online che mostra come, nell’ecosistema cybersociale, sessualità, subculture e tecnologia si intreccino in forme complesse di cyberdevianza e cybercriminalità: ecco modus operandi, moventi, chi sono gli utenti e perché fanno così

Pubblicato il 10 dic 2025

Arije Antinori

Professore di Criminologia, Sapienza Università di Roma

Nicoletta Pisanu

Giornalista professionista, redazione AgendaDigitale.eu



deepnude; deepfake; porno; pornografia

“Non ho potuto farne a meno…”, “Ma non ha 15 anni?”. Nelle pieghe della piattaforma pornografica EroMe c’è anche il volto di alcune note teen influencer: tra i contenuti che coinvolgono l’immagine di queste adolescenti, da una ricerca svolta sul sito sono emersi deepnude e i cosiddetti “cum tribute”. Un filone pornografico, quest’ultimo, la cui narrazione possiamo chiamare “tributismo” e che rappresenta un esempio di come, nell’ecosistema cybersociale, la sessualità online, subculture e microculture digitali e le tecnologie emergenti possano combinarsi in forme sempre più complesse di cyberdevianza e cybercriminalità, che oscillano tra pornografia adulta, violenza simbolica e, nei casi più gravi, vero e proprio abuso sessuale digimediato.

Va subito precisato che parlare di tributismo significa necessariamente parlare anche di Gen AI. La tecnologia non crea dal nulla il desiderio o la devianza, ma li rende più facili da mettere in scena, più rapidi da moltiplicare, più difficili da controllare e smentire.

E, non ultimo, il tributismo è anche un tentativo di aggirare la legge.

(I fatti che raccontiamo nelle prossime righe vengono portati a conoscenza dell’Autorità Giudiziaria tramite la pubblicazione di questo articolo per valutare l’eventuale rilevanza penale delle condotte descritte).

Screenshot da un thread individuato su EroMe dagli autori dell’articolo in cui l’immagine pubblicamente accessibile di una ragazza che risulta essere minorenne viene usata in un tributo pornografico.

Piattaforma EroMe, i casi delle teen influencer

Dopo i casi di Phica e SocialMediaGirls, anche EroMe, piattaforma per la pubblicazione di contenuti pornografici, era stata resa nota per la presenza di alcuni deepfake non consensuali di donne note dello spettacolo, come Diletta Leotta ed Elodie, ma anche politiche, come la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Tuttavia, da una ricognizione svolta sul sito sono emerse anche sezioni dedicate a teen influencer, note soprattutto per la loro attività di content creator su TikTok, con account da milioni di follower, che a dicembre 2025 risultano essere minorenni. Le loro date di nascita sono facilmente reperibili online in articoli a loro dedicati.

La nostra analisi su EroMe

Durante l’analisi dei contenuti della piattaforma sono stati trovati due casi in particolare che coinvolgono le giovani TikToker, uno di deepnude e uno di cum tribute. Nel primo caso analizzato, alla ragazza minorenne che indicheremo con A è stata dedicata da un utente una gallery con una decina di contenuti tra reel presi da TikTok, video e fotografie. Si nota l’alternanza tra contenuti genuini e realizzati sinteticamente con l’intelligenza artificiale. In alcuni contenuti viene esplicitato che si tratta di deepnude, in altri no. Svolgendo su un video dal contenuto pornografico un’analisi approfondita utilizzando un tool open, è emerso che si tratta di un deepnude al 97%.

Nel secondo caso preso in esame, un’immagine pubblicamente e liberamente accessibile online della ragazza minorenne che indicheremo con X è stata oggetto di un cosiddetto cum tribute: un video in cui un uomo pratica autoerotismo di fronte a uno smartphone o un tablet con l’immagine della ragazza.

Oltre EroMe: il tributismo e la narrazione del porno online

Possiamo definire “tributismo” il filone pornografico che ruota attorno ai cosiddetti tribute video o cum tribute. Sono condotte in cui un soggetto, prevalentemente di genere maschile, compie atti di autoerotismo davanti all’immagine o al video di una persona desiderata e/o di un suo avatar, e “dedica” l’azione a quella figura, spesso rendendo visibile il gesto sullo schermo del dispositivo o sulla superficie dell’immagine.

Le dinamiche criminologiche dei tributi pornografici

Tale pratica risulta al contempo sessuale-simbolica, in quanto dietro l’apparente “omaggio” si intersecano dinamiche di possesso, contaminazione e umiliazione. Nelle community che gravitano intorno a questo genere i “tribute” diventano performance condivise, valutate, richieste, commentate da altri utenti. Ciò costituisce un gesto che, da privato, si trasforma in rito collettivo e omosociale, strutturato per mezzo di codici, (meta-)linguaggi e micro-gerarchie interne.

Già questo evidenzia quanto il tributismo come fenomeno non si esaurisca nella sfera dell’intimità individuale. Dal punto di vista criminologico, esso pone domande sulla natura dei contenuti prodotti e/o scambiati. A seconda di chi viene rappresentato, per esempio un adulto, un minore o un avatar infantile/infantilizzato, può rientrare nella pornografia legale, oppure sconfinare in aree di rilevanza penale, come la pornografia non consensuale e/o l’abuso sessuale su minori.

Disinibizione e devianza nelle community online

Il fenomeno mette in evidenza i processi di normalizzazione che avvengono all’interno delle community, atti che “fuori” apparirebbero immediatamente scioccanti, al loro interno vengono nominati, ritualizzati e resi oggetto di approvazione collettiva – oggi connettiva – e affermazione status.

Il ruolo della tecnologia

Dal punto di vista mediologico, il device assume un ruolo centrale, lo schermo non è quindi soltanto una finestra su un’immagine, ma superficie su cui si “scrive” il gesto sessuale, fondendo il corpo dell’altro con il supporto tecnologico, su cui “materializzare” i pattern di fantasia, come dominio, disprezzo del consenso, eventuale attrazione verso minori e/o figure child-like, e il loro impatto sulle vittime, reali o simboliche. L’eiaculazione è qui atto rituale di marcatura-appropriazione in cui volto, schermo, liquido seminale divengono componenti di un testo che mette in scena possesso e cancellazione dell’Altro.

Le quattro configurazioni del tributismo nella pornografia online

Sulla base del materiale individuato ne corso dell’inchiesta, si possono distinguere almeno quattro configurazioni del tributismo, che differiscono radicalmente per oggetto rappresentato, per struttura fantasmatica e per ricadute criminologiche.

Tributi su soggetti adulti

La prima configurazione è il “Tributo umiliante su soggetto adulto”. In questo caso il riferimento visivo è quello di donne adulte, reali o deepfake, spesso nude o in intimo. L’orizzonte rimane formalmente adultocentrico, l’oggetto del desiderio è un corpo adulto, in continuità con l’immaginario della pornografia mainstream. Se il materiale è legale, consenziente e la pratica rimane privata, il tributismo può essere letto come una forma estrema di pornografia umiliante, che esprime una grammatica di potere marcata in cui il corpo femminile è ridotto a supporto per un gesto di dominio, lo schermo diventa piano-gabbia trasparente su cui imprimere un marchio.

La dimensione deviante riguarda soprattutto la violenza simbolica e l’oggettivazione. La situazione cambia però profondamente quando il tributo si rivolge a immagini non consensuali, foto rubate, nudi scambiati in relazione di fiducia, volti montati in deepfake pornografici. Qui il tributo smette di essere solo script erotico, divenendo parte di una violenza più ampia, pornografia non consensuale, distruzione della reputazione, annientamento dell’autonomia della persona ritratta. Qui, infatti, l’atto masturbatorio, registrato e talvolta diffuso, si integra con un sistema di abuso dell’immagine e della dignità della vittima.

Tributo di abuso sessuale minorile

La seconda configurazione individuata è il “Tributo di abuso sessuale minorile mediato”. Qui le immagini mostrano ragazze minorenni, reali o riprodotte via deepfake. Non siamo più di fronte a una variante aggressiva della pornografia adulta, ma all’interno del campo dell’abuso sessuale su minori mediato dalla tecnologia. Se il materiale è reale, ogni tribute è legato a un abuso concreto già avvenuto, la circolazione del video prolunga e amplifica la violenza originaria, trasformando la vittima in oggetto di consumo ripetuto.

Se le immagini sono sintetiche, il volto di un minore viene comunque espropriato e trascinato in uno scenario sessuale non voluto; anche senza contatto fisico, la persona viene esposta al rischio di stigma, cyberbullismo, ricatto, e di profonda ferita identitaria. In entrambi i casi, l’elemento decisivo è che la fantasia erotica si organizza attorno a sembianze minorili. Qui il tributismo assume una forma pedofilica/ebefilica, con il digitale che fornisce all’utente una falsa rassicurazione – perché “in fondo è solo qualcosa online” -, che in realtà abbassa i freni inibitori e rende più pervasivo il pattern. Detta configurazione appartiene alla zona di massima gravità, produzione, detenzione e diffusione di tali contenuti sono reati particolarmente rilevanti nella maggior parte degli ordinamenti, e le community che li normalizzano diventano ambienti che alimentano la domanda di materiale minorile, reale o pseudo-reale.

Tributo su avatar infantili

La terza configurazione è il “Tributo avatarico infantile”, dove l’oggetto non è più una persona in carne e ossa, ma un avatar sessualizzato tratto da ambienti di gioco – qui in particolare Roblox -, che hanno un’estetica e un target apertamente infantile/preadolescenziale. Apparentemente il terreno sembra più astratto, nessuna vittima identificabile, nessun volto reale. Tuttavia, la scelta dell’avatar non è neutra, si tratta di figure progettate per bambini e ragazzi, in mondi virtuali che li hanno al centro. Portare su questi avatar il gesto del tributo significa collocare la fantasia sessuale in un immaginario esplicitamente child-like.

Il danno non è indirizzato a una persona specifica, ma alla rappresentazione sociale dell’infanzia e dell’adolescenza; l’atto contribuisce a normalizzare l’idea che corpi e/o personaggi di quell’universo siano bersagli legittimi di sessualizzazione, dominio, umiliazione. Dal punto di vista psicologico e culturale, possono funzionare come:

  • zona di confine o materiale ponte, per alcuni, un modo percepito come meno rischioso di agire fantasie, considerate socialmente inaccettabili;
  • una “palestra mentale” che lega in modo sempre più stretto eccitazione, violenza simbolica e figure infantili stilizzate.

Tributo ibrido

La quarta configurazione, ancora più ibrida, è il “Tributo ibrido pseudo-corporeo infantile”. In questo scenario l’autore non si limita a compiere autoerotismo davanti a un avatar Roblox sessualizzato, ma combina l’immagine con un feticcio anatomico in lattice che riproduce organi genitali femminili, posizionato sullo schermo in modo da completare il corpo della figura digitale. La parte superiore è l’avatar child-like, la parte inferiore è un simulacro genitale realistico. L’insieme produce un corpo ibrido, pseudo-corporeo; il tributo non è più solo un atto di contaminazione dello schermo, ma una simulazione di rapporto sessuale con una figura che, per stile grafico e contesto, appartiene a un universo infantile.

Rispetto al tributo avatarico semplice, qui diminuisce la distanza tra fantasia e messa in scena poiché la penetrazione del feticcio sovrapposto a un avatar digitale chiude il cerchio di uno pseudo-rapporto sessuale. Dal punto di vista simbolico, si tratta di una rappresentazione non fotografica di abuso che sfrutta sia il capitale ludico-affettivo di un mondo pensato per bambini, sia la materialità del sex toy. Questo tipo di tributismo viola in modo evidente i tabù incorporati nelle piattaforme che cercano di desessualizzare gli avatar infantili proprio per proteggerli, (re-)introducendo la genitalità attraverso un cortocircuito fra digitale e oggettistica.

Avatar di Roblox sessualizzato, individuato dagli autori dell’articolo su EroMe e inserito nel contesto di un video tributo.

Come funziona il mercato del porno illecito

Su tutte queste configurazioni si innestano alcune potenziali dimensioni trasversali che riguardano il mercato, l’engagement di minori e i rischi di sextortion. Il tributismo adulto, quando si limita a soggetti consenzienti, è già in parte monetizzato nella forma di contenuti personalizzati venduti da performer su piattaforme pornografiche o di content creation: il cliente commissiona video in cui la propria persona, il proprio nome o il volto di una celebrità fungono da oggetto di un tributo tailored proprio sulle sue fantasie di possesso e umiliazione.

Nei segmenti più oscuri, invece, la monetizzazione assume forme tipiche dei mercati grigi e neri:

  • accesso a cartelle criptate,
  • server chiusi,
  • scambi in criptovalute,
  • abbonamenti informali a canali che promettono materiale sempre più raro e “forte”, spesso con una componente minorile o child-like.

Piattaforme e contenuti porno illeciti, i rischi per i minori

In tale scenario, piattaforme di chat e/o gaming online come Discord – che durante la ricognizione su EroMe è risultato essere richiamato più volte nei commenti al margine dei contenuti prima citati – giocano un ruolo cruciale come infrastruttura cybersociale, in quanto non necessariamente il luogo dove il video è ospitato, ma lo spazio-tempo sociale in cui la community si organizza, scambia link, condivide anteprime, costruisce reputazione, coordina richieste e offerte di tributi su specifiche persone e/o avatar.

Per quanto concerne il potenziale coinvolgimento di minori, il rischio è triplice. In primis, i giovani possono essere esposti come spettatori a contenuti di tributismo tramite link condivisi in chat di gioco, server collegati a community gaming, gruppi di amici che veicolano tali video come materiale scioccante e/o “divertente”. Così vengono introdotti precocemente a script sessuali che combinano eccitazione-derisione-degradazione, interiorizzando l’idea che sia del tutto “normale” ridere di un tributo fatto su una compagna di classe, su una streamer coetanea o su un avatar infantile.

In secondo luogo, i minori possono diventare oggetto diretto di tributismo, attraverso foto prese dai social, screenshot di video innocui, immagini rubate in contesti scolastici e/o di gruppo possono essere sessualizzate e usate come base per tributi che poi circolano in maniera incontrollabile, generando umiliazione, bullismo, isolamento.

Inoltre, gli stessi minori – soprattutto ragazzi – possono essere ingaggiati come autori, imitare ciò che vedono e partecipare alla produzione e/o condivisione di tributi su compagne, figure pubbliche o avatar, con scarsa consapevolezza delle implicazioni legali e del danno che possono produrre.

EroMe e tributi porno illeciti: cosa dice la legge

Il tributismo è anche un metodo per cercare di aggirare le normative relative alla violenza sui minori e all’uso illecito dell’AI. Manca infatti una precisa disposizione di legge sul fenomeno specifico. Tuttavia, si rischia comunque, in quanto i casi vengono valutati per analogia: “I tributi con atti di autoerotismo potrebbero ricadere nella fattispecie di cui all’articolo 612 ter del codice penale (reato di revenge porn, ndr), in quanto diretti a diffondere contenuti sessualmente espliciti senza il consenso della persona rappresentata – spiega l’avvocato Fulvio Sarzana -. Tuttavia, in diritto penale vige il divieto di analogia in malam partem, il che significa che senza una disposizione esplicita, e, a meno che la giurisprudenza non ritenga di non trattarsi di una interpretazione analogica, non si potranno estendere a queste fattispecie le tutele di cui all’art 612 ter”.

Nel caso della violenza sessuale virtuale, per esempio, “la giurisprudenza ha ritenuto che il compimento di atti sessuali a distanza potesse integrare anche la fattispecie di violenza sessuale in presenza”, precisa Sarzana.

Tributi porno online, sextorsion e danni reputazionali

Da considerare in quanto penalmente rilevante, c’è anche il nodo della sextortion, poiché il tributismo fornisce materiale estremamente compromettente che può essere usato come leva di ricatto, un video di tributo su una persona identificabile, reale o simulata, diventa facilmente strumento per minacciare la vittima con la diffusione del contenuto tra amici, familiari, contatti scolastici, in cambio di denaro o di nuovi contenuti sessuali. In un contesto in cui la reputation cybersociale pesa sostanzialmente a livello identitario, soprattutto per gli screenagers, la possibilità che “gli altri” vedano un video anche solo apparentemente reale è spesso sufficiente a spingere la persona a cedere alle richieste del ricattatore.

Quando in gioco ci sono minori, la spirale è particolarmente pericolosa, il timore della reazione dei genitori e del giudizio dei pari rende più probabile l’obbedienza alle minacce, alimentando una catena di invio di immagini sempre più esplicite e di crescente vulnerabilità psicologica.

Violenza sessuale su minori online: l’impatto della Gen AI

In tale scenario, l’avvento e la diffusione della GenAI agiscono come moltiplicatore del fenomeno in quasi ogni sua dimensione. Sul versante del tributo su soggetto adulto, la generazione automatica di deepfake pornografici riduce drasticamente le barriere tecniche, rendendo più facile e diffusa la violenza dell’immagine. Nell’ambito del tributo di abuso sessuale minorile mediato, la GenAI segna un cambio di paradigma ancora più inquietante.

Modelli generativi possono produrre pseudo-CSAM su richiesta, combinando volti minorili e corpi adulti, o generando da zero figure child-like iper-realistiche inserite in scenari sessuali. Il produttore di questi contenuti può convincersi di muoversi in una zona più “sicura” perché non parte da materiale reale, mentre in realtà sta alimentando fantasie e mercati che rafforzano la domanda di rappresentazioni sessuali di minori. In prospettiva, è plausibile l’emergere di modelli addestrati illegalmente su dataset di materiale di abuso, in grado di generare immagini e video iperrealistici, prodotti e scambiati all’interno di reti chiuse, ma avvolte da una normalizzante nebbia cybersociale mainstream.

Le tecniche

Anche nelle configurazioni avatariche e ibride il ruolo della GenAI è tutt’altro che marginale. Strumenti di generazione grafica e video possono trasformare avatar infantili stilizzati in versioni più realistiche e sessualizzate, spingendo l’immaginario verso una zona grigia in cui il confine tra cartoon, fictionalizzazione, e rappresentazione di un minore diventa sfumato. Modelli 3D e video generativi possono produrre animazioni in cui avatar child-like compiono o subiscono atti sessuali, sui quali poi l’utente può sovrapporre la propria performance di tributo.

Al tempo stesso, la progettazione e customizzazione di feticci fisici può essere supportata da strumenti generativi che aiutano a creare sex toys ispirati a estetiche infantili o universi ludici, con il rischio di una integrazione sempre più stretta fra fantasia digitale e oggettistica pseudo-corporea. Sul piano del mercato, la GenAI facilita la nascita di micro-economie decentralizzate, piccoli produttori in grado di generare su commissione tributi deepfake, pacchetti di immagini su misura, animazioni personalizzate basate su volti e avatar forniti dal cliente, il tutto distribuito via piattaforme come Discord, Telegram o server privati.

Per i minori, la stessa tecnologia amplifica sia il rischio di essere rappresentati in scene sessuali senza aver mai prodotto nudi reali, sia il rischio di essere ingaggiati come creatori di contenuti, perché gli strumenti generativi sono spesso pensati per essere intuitivi e “giocosi”. Nel campo della sextortion, infine, la GenAI rende possibile una forma di ricatto basata su materiale interamente o quasi interamente falso, ma socialmente devastante, non importa più che il video sia autentico, conta la sua plausibilità nella percezione del gruppo.

L’importanza del monitoraggio costante

Considerando quanto spiegato e quanto individuato su EroMe, è evidente che per chi si occupa di tutela, prevenzione, e anticipazione della minaccia, la principale sfida del presente-futuro sarà comprendere il tributismo come fenomeno socio-culturale complesso, distinguere con precisione le sue diverse configurazioni in termini di gravità e danno, e allo stesso tempo sviluppare strumenti educativi, giuridici e tecnici in grado di arginare gli usi più distruttivi delle tecnologie generative, soprattutto quando in gioco ci sono minori, reali o rappresentati.

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