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Video Game Therapy: quando giocare diventa terapia per mente e relazioni



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L’approccio terapeutico con videogiochi favorisce regolazione emotiva e sviluppo di strategie adattive sfruttando il potenziale immersivo del medium ludico in setting controllati

Pubblicato il 10 giu 2025

Marco Lazzeri

Esperto di psicologia dei videogiochi, realtà virtuale e AI; cyberpsicologo, membro della Società Scientifica SIPSIOL e consulente certificato in Videogame Therapy per l’Ausl VdA SerD



Sessio di consulenza rilassata

Negli ultimi anni, la tecnologia digitale ha assunto un ruolo sempre più rilevante nella vita quotidiana, influenzando profondamente le modalità con cui le persone interagiscono, comunicano ed entrano in relazione. In questo contesto, l’uso intenzionale e progettato delle tecnologie a favore del benessere psicologico e sociale ha dato origine a un’area di studio e intervento definita tecnologia positiva (Riva et al., 2012).

Questo approccio mira a modulare l’esperienza personale mediante strumenti digitali, non solo per ridurre sintomi psicopatologici, ma anche per promuovere emozioni positive, esperienze significative e connessioni sociali.

I tre domini principali della tecnologia positiva

La tecnologia positiva si articola in tre domini principali:

  • quello edonico (legato alla promozione di emozioni positive),
  • quello eudaimonico (finalizzato allo sviluppo personale)
  • e quello interpersonale (orientato al miglioramento delle relazioni sociali) (Riva et al., 2012; Wu et al., 2016; Wiederhold, 2020).

In particolare, la Video Game Therapy (VGT) rappresenta un’applicazione concreta dei principi della tecnologia positiva. Si tratta di un approccio terapeutico innovativo che integra videogiochi commerciali all’interno della relazione d’aiuto, con finalità di supporto al benessere emotivo, cognitivo e sociale. Questo utilizzo strutturato e consapevole del videogioco, inserito in una cornice clinica, consente di favorire lo sviluppo di competenze trasversali, promuovere l’attivazione emotiva e potenziare le dinamiche cooperative all’interno di setting individuali o di gruppo.

La VGT si propone quindi come un laboratorio esperienziale che valorizza la dimensione relazionale e affettiva mediata dal gioco, attraverso la costruzione di alleanze terapeutiche che facilitano la crescita personale e la rielaborazione narrativa del sé (Bocci, 2022).

Empatia come elemento centrale nella video game therapy

Un elemento centrale nella riflessione sull’uso terapeutico delle tecnologie è il ruolo dell’empatia. L’empatia, intesa come la capacità di comprendere e condividere lo stato emotivo dell’altro, è stata ampiamente studiata in psicologia, sia come processo neuropsicologico, sia come costrutto relazionale. Gli studi di Decety e Jackson (2004) evidenziano come l’empatia sia supportata da un insieme integrato di processi affettivi e cognitivi che coinvolgono l’attivazione di circuiti neurali specifici, tra cui l’insula, la corteccia cingolata anteriore e le aree prefrontali.

A livello interpersonale, l’empatia può essere intesa anche come “riconoscimento empatico” (Zahavi, 2014), ossia la capacità di cogliere l’altro nella sua intenzionalità e nella sua unicità esperienziale. Nel contesto della Video Game Therapy, l’empatia assume un ruolo fondamentale non solo nella relazione terapeuta-paziente, ma anche all’interno delle dinamiche di gioco condivise. I videogiochi cooperativi e narrativi, in particolare, offrono spazi di interazione simbolica che possono stimolare l’assunzione di prospettiva, la condivisione emotiva e il senso di agency condiviso. In questo senso, il videogioco può diventare un potente “dispositivo relazionale” capace di facilitare esperienze empatiche mediate, contribuendo alla co-costruzione di significati e al rafforzamento del senso di connessione con l’altro.

Empatia digitale e mediazione tecnologica

Un ulteriore aspetto di rilievo riguarda la dimensione dell’empatia digitale, ovvero il modo in cui le capacità empatiche si esprimono e si modulano nei contesti di comunicazione mediata dalla tecnologia. Le ricerche su questo tema hanno evidenziato due prospettive opposte: da un lato, la “teoria dell’empatia ridotta” suggerisce che la comunicazione digitale, a causa dell’assenza di segnali paralinguistici e del contatto visivo, possa compromettere la qualità della comprensione empatica (Carr, 2021); dall’altro, la “teoria iperpersonale” (Walther, 1996) sostiene che la comunicazione mediata, se gestita consapevolmente, possa favorire una maggiore riflessività, permettendo interazioni più intime e accurate. McLaren (2022) parla di “accuratezza empatica” (empathetic accuracy) per descrivere la capacità di inferire correttamente i pensieri e i sentimenti altrui anche in ambienti digitali, enfatizzando l’importanza della presenza empatica online.

Questa dialettica evidenzia come le tecnologie digitali non siano intrinsecamente ostative all’empatia, ma possano al contrario rappresentare strumenti capaci di amplificarla, se progettate e utilizzate in modo intenzionale. In questo senso, la Tecnologia Positiva si configura come una cornice teorica e applicativa utile per interpretare e orientare l’uso delle tecnologie nei contesti di relazione e di cura. L’obiettivo non è quello di sostituire la relazione umana, ma di potenziarla, valorizzando le possibilità offerte dalla mediazione tecnologica per favorire connessioni emotive autentiche e generative.

La Video Game Therapy, in quanto declinazione operativa di questi principi, si propone dunque come uno spazio d’incontro tra soggettività, narrazione e tecnologia. Attraverso l’uso consapevole del videogioco in setting terapeutici e formativi, è possibile promuovere non solo il benessere individuale, ma anche la crescita relazionale e sociale, restituendo centralità all’esperienza empatica come fulcro della trasformazione.

Videogiochi prosociali per l’educazione empatica

Nel solco di questo crescente interesse scientifico per i videogiochi a contenuto prosociale, è emersa una serie di ricerche che si sono concentrate sul potenziale dei videogame nel promuovere competenze empatiche e comportamenti di supporto sociale. Un esempio emblematico è rappresentato dal progetto Crystals of Kaydor, sviluppato per approfondire l’impatto dei videogiochi sull’accuratezza empatica (Empathic Accuracy, EA) in età adolescenziale. Creato dai ricercatori dell’Università del Wisconsin-Madison e ottimizzato per dispositivi iPad, Crystals of Kaydor si presenta come un’esperienza ludica altamente strutturata e immersiva, pensata specificamente per studenti delle scuole medie.

Il videogioco integra tecnologie avanzate di animazione emotiva basate sul sistema di codifica delle espressioni facciali ideato da Ekman e Friesen (1978), con l’obiettivo di guidare i giocatori nel riconoscimento di sei emozioni di base (rabbia, paura, felicità, sorpresa, disgusto, tristezza) osservando le espressioni dei personaggi virtuali.

Il gameplay prevede l’utilizzo di uno slider per attribuire un livello di intensità alle emozioni percepite, stimolando così una comprensione sfumata del continuum espressivo emotivo. Il feedback immediato e la possibilità di ripetere le sezioni empatiche del gioco rafforzano l’apprendimento e facilitano il trasferimento delle abilità socio-emotive acquisite nel contesto videoludico alla vita quotidiana (Greitemeyer & Osswald, 2010).

A ogni risposta empatica corretta, gli avatar reagiscono visivamente, generando un meccanismo di rinforzo positivo che rende l’interazione significativa e coinvolgente. Il gioco progredisce attraverso sfide gradualmente più complesse, incentivando i partecipanti a supportare attivamente i personaggi virtuali in missioni prosociali. Lo studio sperimentale condotto da Tammi et al. (2018) ha indagato gli effetti di Crystals of Kaydor su un campione di 74 adolescenti (età 11–14), confrontando i risultati con quelli di un gruppo di controllo che ha giocato a Bastion, un videogioco commerciale privo di focus empatico.

I dati raccolti attraverso risonanza magnetica funzionale (rs-fMRI) e test di accuratezza empatica hanno mostrato che, sebbene non vi fossero differenze significative generali tra i gruppi, un’interazione intensa con gli elementi formativi di Crystals of Kaydor era associata a un aumento dell’attività nella giunzione temporoparietale destra (TPJ), area cerebrale implicata nella distinzione tra sé e altri e nel processing empatico (Abu-Akel & Shamay-Tsoory, 2011).

Questi risultati offrono due importanti spunti di riflessione. Da un lato, confermano l’efficacia dei videogiochi prosociali nel sostenere lo sviluppo emotivo e relazionale nei più giovani; dall’altro, suggeriscono che esperienze digitali immersive, se progettate con finalità educative e strutturate su basi neuroscientifiche, possono determinare modifiche cerebrali funzionali, aprendo prospettive promettenti nell’ambito della formazione e del benessere psicologico.

Video game therapy: metodologia clinica e applicazioni

Proprio a partire da tali evidenze, si è andata delineando una nuova frontiera clinica che integra l’uso intenzionale dei videogiochi in contesti terapeutici. Nasce così la Video Game Therapy, un approccio innovativo alla psicoterapia che sfrutta il potenziale immersivo, simbolico e relazionale del medium videoludico per facilitare l’esplorazione di sé, la regolazione emotiva e lo sviluppo di nuove strategie adattive. Nel panorama delle tecnologie digitali orientate al benessere psicologico e alla crescita personale, la Video Game Therapy (VGT) si configura come una proposta clinica innovativa e profondamente coerente con i principi della Tecnologia Positiva.

Lungi dall’essere un semplice passatempo o un’attività ricreativa, il videogioco – se adeguatamente selezionato e integrato in un setting terapeutico condotto da professionisti formati – può trasformarsi in uno strumento potente per favorire l’espressione emotiva, la regolazione affettiva e il rafforzamento delle competenze socio-relazionali. Il contesto ludico, fortemente immersivo e motivante, consente infatti ai pazienti di sperimentare nuove modalità di azione e di relazione, in un ambiente percepito come sicuro e non giudicante.

Tale coinvolgimento è favorito da elementi tecnici quali la qualità grafica, la coerenza narrativa e il realismo ambientale: aspetti che, come dimostrano studi ormai classici (Welch et al., 1996; Witmer & Singer, 1998; Slater et al., 1995), incidono significativamente sulla profondità dell’immersione e, di conseguenza, sull’efficacia dell’intervento terapeutico.

Meccanismi di azione e benefici terapeutici della VGT

Una delle caratteristiche distintive della VGT è la capacità di favorire l’accesso allo stato di flow (Csikszentmihalyi, 1990), una condizione di intensa concentrazione e gratificazione che si verifica quando la persona è completamente assorbita in un’attività che percepisce come sfidante ma gestibile. In tale stato, che ricorda le esperienze ludiche descritte da Huizinga (1970) come “cerchi magici” di senso, si attivano risorse cognitive ed emotive fondamentali per l’apprendimento di nuove strategie di coping e per il rafforzamento della resilienza psicologica.

All’interno del videogioco, il paziente può sperimentare comportamenti adattivi, esplorare emozioni complesse e mettersi alla prova senza il timore reale del fallimento: un contesto privilegiato per il cambiamento.

Videogiochi narrativi ed esplorazione morale in terapia

L’efficacia della Video Game Therapy si manifesta su più livelli:

  • Comportamentale, attraverso la ripetizione di azioni che potenziano abilità motorie e cognitive;
  • Emotivo, grazie alla possibilità di esplorare e gestire emozioni intense in modo simbolico e protetto;
  • Percettivo, tramite la stimolazione sensoriale che favorisce attenzione, concentrazione e consapevolezza corporea.

Livelli di efficacia e caso studio Detroit: become human

Un esempio particolarmente emblematico è rappresentato dal videogioco Detroit: Become Human, ampiamente impiegato nei percorsi di VGT per la sua struttura narrativa complessa e fortemente interattiva.

Il giocatore è chiamato a prendere decisioni moralmente significative, confrontandosi con dilemmi etici, tensioni sociali e prospettive emotive che richiedono empatia e riflessione.

Uno studio condotto da Bocci, Ferrari e Sarini (2023) ha mostrato come le scelte dei giocatori siano spesso guidate da principi morali, con una predominanza di comportamenti legati alla tutela dell’altro e al rispetto dell’autorità.

Queste dinamiche, secondo quanto evidenziato anche da Holl e Meltzer (2022), sono influenzate da variabili come il tempo disponibile per decidere, il grado di umanità percepita nei personaggi e il livello di identificazione con l’avatar.

Attraverso la relazione con i personaggi e la narrazione, il giocatore può sperimentare una sorta di allenamento emotivo che favorisce la comprensione delle emozioni altrui e stimola un’introspezione critica sulle proprie reazioni. In questo senso, la VGT non solo promuove il potenziamento di abilità relazionali e comunicative, ma si configura anche come una metodologia clinica capace di accompagnare il paziente nella costruzione di una dimensione etica e valoriale più solida e consapevole.

La video game therapy come tecnologia positiva

Alla luce di queste evidenze, appare chiaro come la Video Game Therapy rappresenti una declinazione concreta della Tecnologia Positiva, capace di coniugare gli aspetti ludici del videogioco con obiettivi terapeutici profondi.

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