approfondimento

Bitcoin, energia e trasparenza: la svolta regolamentare europea sulle cripto



Indirizzo copiato

Il consumo energetico del Proof-of-Work ha spinto il tema ESG al centro del dibattito sulle cripto-attività. Tra innovazioni tecniche, passaggi a modelli più efficienti e nuove strategie energetiche, l’UE consolida un approccio basato sulla trasparenza e su obblighi informativi standardizzati

Pubblicato il 19 dic 2025

Giovanni Luca Andriolo

Junior Associate Osborne Clarke

Nunzia Melaccio

Partner, Osborne Clarke



criptovalute norme usa; MiCAR venerdì nero crypto; hot wallet cold wallet; cripto sostenibilità
AI Questions Icon
Chiedi allʼAI Nextwork360
Riassumi questo articolo
Approfondisci con altre fonti

Il dibattito sulla sostenibilità delle cripto-attività ha attraversato negli ultimi anni una trasformazione radicale: da questione tecnica marginale a priorità strategica per regolatori, investitori e operatori di mercato. La tecnologia blockchain, concepita come spina dorsale di Bitcoin, comporta un costo ambientale significativo: il Proof-of-Work (PoW), il meccanismo di consenso che caratterizza la blockchain di Bitcoin, richiede ai minatori di risolvere puzzle crittografici attraverso calcolo intensivo, consumando quantità strabilianti di energia.

Il consumo energetico annuale di Bitcoin supera i 200 terawatt-ora (TWh) – più dell’uso di elettricità di paesi come la Svezia o l’Ucraina – mentre genera circa 108 milioni di tonnellate di emissioni di CO₂ annualmente (Cambridge Bitcoin Electricity Consumption Index).

Questa criticità ha innescato una reazione a catena: l’industria ha risposto con innovazioni tecnologiche significative, mentre l’Unione Europea ha costruito un quadro regolamentare che trasforma la sostenibilità da elemento reputazionale a requisito informativo obbligatorio. Il Regolamento 1114/2023 (MiCA) e il Regolamento Delegato (UE) 2025/422 rappresentano il culmine di questo processo, introducendo obblighi di disclosure ambientale per le cripto-attività.

Quando l’innovazione tecnologica diventa criticità ambientale

Il cuore del problema risiede nel meccanismo di consenso Proof-of-Work, che ha reso possibile la nascita di Bitcoin ma ha creato un’impronta ambientale difficile da giustificare nell’era della transizione ecologica. Secondo l’Indice di consumo di elettricità Bitcoin di Cambridge (CBECI), la rete BTC da sola consuma circa 228,41 TWh all’anno, più del consumo annuale di molti paesi, inclusi Finlandia, Belgio, Danimarca e Sri Lanka.

Il confronto con altre attività economiche rende ancora più evidente la sproporzione: il consumo energetico di BTC è quasi il doppio di quello dell’estrazione dell’oro, che consuma 131 TWh all’anno, mentre la capitalizzazione di mercato di BTC si aggira intorno ai 2 trilioni di dollari (Coinmarketcap) rispetto ai 27 trilioni di dollari dell’oro (Companies Market Cap). Ne deriva che BTC utilizza quasi il doppio dell’energia annuale per alimentare un settore che è, attualmente, pari a meno di un decimo del valore.

La disparità tra tecnologie blockchain e consumi energetici

Non tutte le blockchain sono uguali dal punto di vista ambientale. Esistono infatti disparità significative tra diverse blockchain a livello di consumo: la rete Bitcoin consuma più di 200 TWh annui; Ethereum pre-Merge consumava intorno ai 93,0 TWh (EU Blockchain Observatory), mentre ora Ethereum 2.0 consuma solo 4,06 GWh annui (CBECI).

Questi dati dimostrano che il problema non è intrinseco alla tecnologia blockchain, ma dipende dalle scelte strutturali e dai meccanismi di consenso adottati. La disponibilità di alternative efficienti ha spostato il dibattito: non si tratta più di accettare o rifiutare in blocco le cripto-attività, ma di distinguere tra soluzioni sostenibili e tecnologie energivore.

L’impatto reputazionale della sostenibilità sulle cripto-attività

Le conseguenze reputazionali sono state significative. Le statistiche sembrano negative e quasi certamente contribuiscono al problema di immagine di BTC e del settore delle cripto-attività più in generale, che a sua volta può essere percepito come ostacolo alla sua applicazione di massa per risolvere i problemi ESG.

Questo paradosso è particolarmente evidente: mentre la tecnologia blockchain potrebbe abilitare soluzioni per la tracciabilità ambientale, i mercati del carbonio e la gestione sostenibile delle supply chain, il suo stesso consumo energetico può comprometterne la credibilità come strumento per la transizione ecologica.

La risposta del mercato: innovazione e modelli più sostenibili

Di fronte alle critiche crescenti e alla pressione reputazionale, l’industria delle cripto-attività ha reagito su molteplici fronti, dimostrando una capacità di innovazione che ha trasformato radicalmente il panorama tecnologico del settore.

PoW e PoS: la migrazione verso meccanismi di consenso meno energivori

In risposta alle preoccupazioni sull’uso energetico, ci sono stati crescenti sforzi per sviluppare soluzioni blockchain più sostenibili, con una delle innovazioni più notevoli rappresentata dal passaggio dai meccanismi di consenso PoW a quelli Proof-of-Stake (PoS), molto meno energivori.

Il caso più emblematico è rappresentato da Ethereum. ETH, la seconda criptovaluta più grande per capitalizzazione di mercato, ha compiuto progressi significativi nel passaggio da PoW a PoS con il lancio di Ethereum 2.0, un aggiornamento presentato come un passo significativo verso la riduzione dell’impronta di carbonio di Ethereum di circa il 99,95% (EU Blockchain Observatory).

Questa transizione, completata nel settembre 2022 con il cosiddetto “Merge”, ha dimostrato che anche reti consolidate e di grandi dimensioni possono effettuare cambiamenti radicali nella propria architettura. Il successo di Ethereum ha creato un precedente importante, mostrando che la sostenibilità non richiede necessariamente il sacrificio della sicurezza o della decentralizzazione.

Soluzioni Layer-2, rollup e sharding per migliorare efficienza e scalabilità

L’ecosistema blockchain sta affrontando la sfida della sostenibilità non solo attraverso nuovi meccanismi di consenso, ma anche mediante innovazioni architetturali che ottimizzano l’uso delle risorse computazionali. Le soluzioni di scaling di secondo livello (Layer-2) rappresentano un approccio fondamentale: tecnologie come i rollup elaborano le transazioni al di fuori della blockchain principale, registrando sulla blockchain di base solamente prove crittografiche o riepiloghi aggregati. Questo modello consente di alleggerire significativamente il carico computazionale del Layer-1, con benefici diretti in termini di efficienza energetica.

Sul fronte dell’architettura di base, lo sharding costituisce una strategia complementare che suddivide la rete in partizioni parallele (shard), ciascuna responsabile di un sottoinsieme di dati e transazioni. Questa distribuzione del carico riduce i requisiti computazionali per singolo nodo e migliora la scalabilità complessiva del sistema, come dimostrato dall’implementazione prevista in Ethereum 2.0.

Parallelamente, l’industria ha sperimentato meccanismi di consenso alternativi e ibridi progettati per bilanciare prestazioni e sostenibilità. Chia Network, ad esempio, ha sviluppato il Proof of Space, che sostituisce il lavoro computazionale intensivo con l’allocazione di spazio di archiviazione, spostando il consumo energetico dalla fase operativa continua a quella iniziale di preparazione.

La transizione energetica del mining verso le fonti rinnovabili

Accanto all’efficienza tecnologica, l’industria ha investito nella transizione verso fonti energetiche pulite. Nel 2025, i miner di Bitcoin stanno sempre più attingendo a fonti di energia rinnovabile: solare, eolica e idroelettrica rappresentano ora oltre il 52,4% dell’hashrate di Bitcoin secondo i recenti rapporti del settore (Cambridge Digital Mining Industry Report), con paesi come l’Islanda e il Canada, che dispongono di abbondante energia verde, diventati hotspot di mining.

Questa evoluzione mostra che anche le blockchain energivore possono ridurre il proprio impatto ambientale attraverso la scelta delle fonti energetiche, sebbene questo approccio non risolva il problema del consumo assoluto di energia.

Green tokens e nuovi modelli di business legati alla sostenibilità

La crescente sensibilità ambientale ha dato impulso a una nuova generazione di cripto-attività orientate alla sostenibilità, i cosiddetti “green tokens”: strumenti digitali che canalizzano capitali in progetti ambientali. Tra questi emergono i carbon removal tokens, legati a progetti di cattura del carbonio il cui valore può essere anche correlato alla quantità di CO₂ rimossa dall’atmosfera, e i waste management tokens, che incentivano il riciclo e lo smaltimento responsabile dei rifiuti attraverso sistemi di ricompensa.

Questi strumenti stanno attirando un numero crescente di investitori retail interessati a coniugare rendimento e impatto ambientale.

La strategia europea tra valori e mercato delle cripto-attività

Mentre il mercato innovava, l’Unione Europea costruiva un quadro strategico e regolamentare che avrebbe trasformato la sostenibilità da scelta volontaria a requisito obbligatorio. L’approccio europeo si distingue per il tentativo di guidare l’innovazione tecnologica verso obiettivi di sostenibilità attraverso una combinazione di infrastrutture pubbliche, standard comuni e obblighi informativi.

L’UE vuole essere leader nella tecnologia blockchain e web3, diventando un innovatore importante e una sede per piattaforme, applicazioni e aziende significative. Questa ambizione, però, non si traduce in un’accettazione acritica di qualsiasi innovazione tecnologica.

La strategia della Commissione supporta l’uso e lo sviluppo di aree chiave di blockchain/web3 in aderenza ai valori e alle normative europee, includendo: servizi di fiducia potenziati, sostenibilità ambientale (la tecnologia blockchain dovrebbe essere sostenibile ed efficiente energeticamente), protezione dei dati, identità digitale, cybersecurity e interoperabilità.

La sostenibilità ambientale emerge quindi come uno dei pilastri fondamentali della strategia europea, al pari della protezione dei dati e della cybersecurity. Questo approccio riflette la convinzione che l’innovazione tecnologica debba essere compatibile con gli obiettivi del Green Deal europeo e con gli impegni climatici dell’Unione.

MiCA e sostenibilità delle cripto-attività: trasparenza invece di divieti

La traduzione operativa di questa visione strategica è rappresentata anche dal Regolamento 1114/2023 (MiCA). Nel tentativo di unificare l’approccio tra gli Stati membri e prevenire la frammentazione normativa, la Commissione Europea ha introdotto un pacchetto legislativo progettato per portare maggiore chiarezza rispetto al mercato delle cripto-attività.

Il Regolamento MiCA non si limita a disciplinare gli aspetti tecnico-finanziari e di tutela degli investitori, ma integra fin dall’origine la dimensione ambientale. A riguardo, MiCA non vieta i meccanismi di consenso energivori, ma impone la trasparenza sui loro impatti ambientali, permettendo agli investitori di effettuare scelte consapevoli e creando incentivi di mercato verso soluzioni più sostenibili.

Dal principio alla pratica: gli obblighi di trasparenza ambientale UE

Il Regolamento Delegato (UE) 2025/422 rappresenta un importante tassello del quadro regolamentare, traducendo i principi generali di MiCA in requisiti operativi dettagliati. Questo strumento normativo trasforma la sensibilità ambientale in obblighi informativi strutturali, creando un sistema di accountability che collega problema, reazione del mercato e governance.

White paper e impatti ambientali: cosa deve essere dichiarato

Il white paper, il documento informativo introdotto da MiCA in relazione all’emissione di cripto-attività, deve includere, tra l’altro, informazioni sui principali impatti negativi legati all’ambiente del meccanismo di consenso utilizzato per emettere le cripto-attività, assumendo così la natura di un documento non solo finanziario, ma anche di uno strumento di informazione in chiave ambientale.

MiCA introduce specifici obblighi informativi anche per i prestatori di servizi per le cripto-attività (CASP), i quali sono chiamati a rendere pubbliche, in un’apposita sezione del loro sito web, informazioni sui principali impatti negativi sul clima e su altri effetti negativi connessi all’ambiente del meccanismo di consenso utilizzato per emettere ciascuna cripto-attività in relazione alla quale prestano servizi. Informazioni che, ovviamente, possono derivare dallo stesso white paper delle cripto-attività.

Questo duplice intervento – sugli emittenti e sui prestatori di servizi – rende dunque possibile l’accesso a informazioni di natura ambientale in ogni punto di contatto con gli investitori.

Indicatori obbligatori e soglia annua

A riguardo, il cuore del framework informativo è rappresentato dall’indicatore chiave obbligatorio, il quale esprime il consumo annuo di energia, considerato l’indicatore più idoneo a suscitare negli investitori la consapevolezza dell’impatto ambientale dei meccanismi di consenso.

La soglia critica è fissata a 500.000 kWh all’anno: se il consumo annuo per la convalida delle operazioni e il mantenimento dell’integrità della blockchain supera i 500.000 kWh, i white paper devono essere corredati anche dagli indicatori supplementari previsti dalla Tabella 3 del Regolamento Delegato relativi, tra l’altro, al consumo di energia rinnovabile, alle emissioni di gas a effetto serra e all’intensità di dette emissioni.

Conclusioni: dalla critica ambientale alla trasparenza regolamentare europea

Il percorso che ha portato dalla critica ambientale al quadro regolamentare europeo rappresenta un caso di studio significativo su come le sfide di sostenibilità possano incidere anche nel campo dell’innovazione tecnologica. La sequenza logica – problema, reazione del mercato, posizione istituzionale, soluzione regolamentare – mostra un processo di co-evoluzione tra industria e regolatori.

Il problema del consumo energetico delle blockchain Proof-of-Work ha innescato una risposta articolata da parte del mercato: migrazione verso meccanismi di consenso efficienti, innovazioni architetturali, transizione verso energie rinnovabili e creazione di nuovi prodotti fintech “green”. Questa reazione ha dimostrato che la tecnologia blockchain non è intrinsecamente insostenibile, ma che le scelte progettuali determinano in modo decisivo l’impronta ambientale.

L’Unione Europea ha risposto costruendo un quadro strategico e regolamentare che trasforma la sostenibilità da elemento reputazionale a requisito strutturale. Il Regolamento MiCA e il Regolamento Delegato (UE) 2025/422 introducono obblighi di trasparenza dettagliati, standardizzati e verificabili, creando le condizioni per scelte di investimento consapevoli e incentivi di mercato verso soluzioni sostenibili.

Il successo di questo approccio dipenderà dalla capacità di bilanciare tre obiettivi: protezione ambientale, innovazione tecnologica e competitività del mercato europeo.

guest

0 Commenti
Più recenti
Più votati
Inline Feedback
Vedi tutti i commenti

Articoli correlati

0
Lascia un commento, la tua opinione conta.x