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L’AI come architettura di crescita: la lezione delle Frontier Firms



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Non basta “avere l’AI”: conta dove e come applicarla. Le imprese leader trattano l’AI come piattaforma di crescita, collegandola a dati, processi e cultura. Risultato: innovazione continua, migliori ricavi e differenziazione del brand

Pubblicato il 19 nov 2025

Andrea Benedetti

Senior Cloud Architect Data & AI, Microsoft



small language models nelle aziende

Negli ultimi mesi il dibattito sull’intelligenza artificiale si è spostato dalla sperimentazione all’impatto reale. Le aziende non si chiedono più se adottarla, ma come trasformarla in una leva di vantaggio competitivo.

Eppure, tra chi ottiene risultati straordinari e chi resta impantanato in progetti pilota, si sta aprendo un divario sempre più evidente.

Intelligenza artificiale strategica: lo studio sulle Frontier Firms

A esplorare le ragioni di questa distanza è IDC, una delle principali società internazionali di analisi di mercato e trend tecnologici, con un nuovo studio sponsorizzato da Microsoft: “What Every Company Can Learn from Frontier Firms Leading the AI Revolution”.

L’obiettivo è comprendere come le organizzazioni più avanzate — le cosiddette Frontier Firms — stiano guidando la rivoluzione dell’AI e quali scelte le distinguano da chi è ancora in una fase di adozione sperimentale.

I risultati offrono una fotografia nitida del momento che stiamo vivendo: l’AI non è più un tema di produttività, ma di strategia. È una linea di confine che separa chi usa l’AI per ottimizzare ciò che già esiste da chi sceglie di impiegarla per reinventare il proprio modo di creare valore.

Impatto economico globale e riposizionamento del vantaggio

Secondo IDC, l’intelligenza artificiale genererà 22,3 trilioni di dollari di impatto economico entro il 2030, pari al 3,7% del PIL mondiale. Non si tratta di un semplice incremento di efficienza, ma di una redistribuzione del vantaggio competitivo tra chi saprà integrare l’AI nella propria strategia e chi deciderà di restare ancorato a modelli del passato. Le Frontier Firms trattano l’AI non come un insieme di strumenti, ma come l’architettura stessa su cui costruire la propria crescita. Non la usano per fare più cose, ma per fare cose nuove, ridisegnando i propri meccanismi di valore.

Intelligenza artificiale strategica nei processi core

In queste organizzazioni l’AI è integrata nei processi chiave – produzione, decisione, relazione con il cliente – sostenuta da una governance solida e da un piano di scalabilità. Diventa motore di innovazione continua e di crescita economica, non solo di efficienza, ed è strettamente collegata ai dati, alla cultura aziendale e alle competenze.

È per questo che le Frontier Firms stanno già registrando ritorni fino a tre volte superiori rispetto agli adottanti più lenti. Non perché utilizzino più modelli, ma perché collegano l’AI ai processi core del business, ne misurano l’impatto e la fanno evolvere in modo coordinato con tutte le funzioni aziendali.

ROI, GenAI e Agentic AI nelle funzioni aziendali

I numeri parlano da soli e raccontano bene questa evoluzione. Oggi il 68% delle aziende utilizza soluzioni di intelligenza artificiale generativa, con un ROI medio di 2,8x, mentre il 37% ha introdotto forme di Agentic AI con un ROI medio di 2,3x. Ma non basta “avere l’AI”: serve decidere dove e come usarla.

Le Frontier Firms portano GenAI e Agentic AI dentro i processi più critici, monetizzano casi d’uso verticali e sviluppano soluzioni personalizzate sui propri dati, diffondendo l’impatto in media su sette funzioni aziendali — dal marketing alla supply chain, dal customer service alla cybersecurity. Nei prossimi due anni l’uso dell’Agentic AI è destinato a triplicare: significa passare da assistenti che rispondono a sistemi che ragionano, pianificano e agiscono, con supervisione umana e governance integrata. È un cambiamento che non riguarda solo la tecnologia, ma il modo stesso di lavorare e prendere decisioni.

Investimenti, ownership e collaborazione cross-funzionale

Questa maturità tecnologica produce effetti immediati anche sul piano organizzativo. Nel 71% dei casi le aziende prevedono di aumentare gli investimenti in AI, e non più solo a carico dell’IT. Una quota crescente dei budget arriva infatti da funzioni come marketing, HR e operation.

È un segnale forte: l’AI non è più un progetto tecnico, ma una piattaforma di trasformazione condivisa, in cui tecnologia e business collaborano per generare crescita, innovazione e resilienza. Dove l’AI scala, emergono risultati ricorrenti: maggiore differenziazione del brand, efficienza operativa, crescita dei ricavi e migliore esperienza cliente.

Man mano che i casi d’uso maturano, il ROI tende naturalmente a stabilizzarsi: è il segno del passaggio dai “quick win” iniziali a una trasformazione strutturale, in cui il valore si misura non solo in ore risparmiate ma in qualità dei contenuti, accuratezza, riduzione degli errori e impatto sull’esperienza complessiva.

Intelligenza artificiale strategica, governance e rischio

Ogni salto di scala porta però con sé nuove complessità. Le aziende più mature riconoscono che senza governance, sicurezza e competenze adeguate, l’AI non può crescere in modo sostenibile.

Le barriere principali restano la privacy, la compliance e il controllo umano. Con l’arrivo dell’Agentic AI diventano imprescindibili anche trasparenza, spiegabilità e supervisione costante. In sostanza, l’AI che serve davvero al business non è una magia, ma ingegneria e responsabilità. Vince chi prepara i dati, definisce policy chiare, traccia le decisioni dei modelli e misura in anticipo il rischio operativo. Solo su queste basi si costruisce fiducia e si porta l’AI al cuore delle decisioni aziendali.

Traiettoria operativa: dagli use case al ridisegno del valore

Per chi vuole accelerare con razionalità e metodo, la traiettoria è chiara: mettere in ordine la propria infrastruttura decisionale, partire da pochi casi d’uso ad alto impatto, costruire soluzioni personalizzate basate su dati proprietari, introdurre agenti governati dove servono processi autonomi e, soprattutto, misurare l’impatto reale in termini di valore, accuratezza e riduzione del rischio. La produttività individuale è stata l’apripista; il prossimo orizzonte è l’innovazione dei modelli operativi e di offerta. Le Frontier Firms non giocano con l’AI: la usano per ridefinire le catene del valore, lanciare nuovi servizi e supportare decisioni in tempo reale.

O quello che emerge da questa ricerca non è solo una fotografia dello stato dell’arte, ma una chiara direzione di marcia. L’AI è ormai una leva di competitività sistemica: chi la tratta come un acceleratore tattico rischia di restare indietro, mentre chi la trasforma in una strategia integrata di innovazione costruisce vantaggio duraturo. Alla fine, non basta provarla: serve usarla bene.

Ref: “What every company can learn from Frontier firms leading the AI revolution”
https://aka.ms/IDCstudy2025

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