Il recente annuncio di un bando da 20 miliardi di euro destinato all’intelligenza artificiale, con il progetto pilota di Leonardo ed Eni per un centro di calcolo “distribuito” tra Lombardia e Puglia, segna una svolta concettuale nel dibattito sullo sviluppo delle infrastrutture digitali in Italia.
E’ un progetto con cui il Governo italiano vuole candidarsi a ospitare una delle cinque gigafactory europee per l’Intelligenza artificiale, in una prossima gara europea.
Questo modello, che potremmo definire di “gigafactory divisa”, non è un semplice espediente tecnico ma una strategia territoriale che riconosce finalmente il potenziale del Mezzogiorno come protagonista della transizione digitale europea.
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Un nuovo paradigma: dalla concentrazione alla distribuzione intelligente
La scelta di distribuire la potenza di calcolo su due poli geografici distinti non risponde soltanto a logiche di accesso ai fondi comunitari, ma riflette un approccio che coniuga resilienza infrastrutturale, ottimizzazione dei costi e sviluppo territoriale equilibrato.
Si tratta di un approccio che coniuga resilienza infrastrutturale, ottimizzazione dei costi e sviluppo territoriale equilibrato. Il Sud Italia, e la Puglia in particolare, offre una combinazione vincente di fattori: disponibilità di ampie superfici a costi competitivi, infrastrutture di connettività in rapida evoluzione grazie ai cavi sottomarini che attraversano il Mediterraneo, e una crescente attenzione da parte delle istituzioni locali verso questi investimenti strategici.
Dalla mia esperienza quotidiana nell’analisi dei costi di realizzazione e gestione di data center, posso testimoniare come il differenziale economico tra Nord e Sud non sia trascurabile. I costi immobiliari, le spese per le utenze e persino la disponibilità di personale tecnico qualificato a condizioni più favorevoli rendono il Meridione particolarmente appetibile per investitori che ragionano in termini di Total Cost of Ownership su un orizzonte temporale di lungo periodo.
Il bando da 20 miliardi Leonardo Eni e il modello nord-sud
Il bando da 20 miliardi rappresenta un’occasione straordinaria, ma solleva anche interrogativi sulla capacità del sistema-Paese di trasformare le risorse finanziarie in infrastrutture realmente operative e competitive. La collaborazione tra Leonardo ed Eni, due colossi con competenze complementari nel calcolo ad alte prestazioni e nella gestione energetica, evidenzia un aspetto cruciale: la realizzazione di data center per l’intelligenza artificiale richiede un approccio multidisciplinare che integri competenze tecnologiche, energetiche e di gestione della complessità.
Il modello distribuito Nord-Sud proposto risponde inoltre a una necessità tecnica fondamentale: la ridondanza geografica. Distribuire la potenza di calcolo su più siti non solo mitiga i rischi operativi legati a eventi imprevisti, ma permette anche di ottimizzare il bilanciamento dei carichi di lavoro in funzione della disponibilità energetica e delle condizioni climatiche. Un data center in Puglia può beneficiare di temperature medie più elevate per sfruttare sistemi di free cooling in determinati periodi dell’anno, mentre la vicinanza al polo lombardo garantisce connettività a bassa latenza con l’ecosistema finanziario e industriale più dinamico del Paese.
Il mezzogiorno come nodo strategico dell’economia digitale
Tuttavia, sarebbe riduttivo leggere questa opportunità solo attraverso la lente dell’efficienza economica. Il Mezzogiorno si trova di fronte alla possibilità di ridefinire il proprio ruolo nell’economia digitale europea, passando da area periferica a nodo strategico di una rete infrastrutturale continentale. Le dorsali in fibra ottica, i collegamenti sottomarini con il Nord Africa e il Medio Oriente, e la crescente disponibilità di energia da fonti rinnovabili – particolarmente nel settore fotovoltaico ed eolico – configurano un quadro di potenzialità che attende solo di essere valorizzato attraverso una governance efficace e coordinata.
È fondamentale, tuttavia, non cadere nella retorica dell’automatismo: un data center non genera sviluppo per il semplice fatto di esistere. L’effetto moltiplicatore si attiva solo quando l’infrastruttura diventa il fulcro di un ecosistema che coinvolge attivamente università, centri di ricerca, fornitori locali di servizi specializzati e imprese innovative.
La Puglia, come altre regioni meridionali, dispone di atenei con competenze avanzate in ambito informatico, ingegneristico e gestionale. La sfida consiste nel creare ponti operativi tra mondo accademico e realtà industriale, trasformando la ricerca in applicazioni concrete e formando le competenze che il mercato richiede.
Ostacoli strutturali e fabbisogno energetico dei data center
La realizzazione di data center ad alta intensità computazionale, necessari per l’addestramento di modelli di intelligenza artificiale, pone sfide energetiche di proporzioni considerevoli. Un singolo data hall può richiedere diversi megawatt di potenza continua, e la disponibilità di energia affidabile, economica e sostenibile diventa il fattore abilitante fondamentale. In questo contesto, il Mezzogiorno deve accelerare lo sviluppo delle fonti rinnovabili, superando le resistenze burocratiche e territoriali che ancora rallentano l’installazione di impianti fotovoltaici ed eolici su larga scala.
Parallelamente, i processi autorizzativi rappresentano un altro collo di bottiglia critico. La frammentazione delle competenze tra diversi livelli amministrativi, le sovrapposizioni normative e la frequente assenza di interlocutori specializzati nelle pubbliche amministrazioni locali possono dilatare i tempi di approvazione, erodendo la competitività degli investimenti. È imprescindibile che le regioni meridionali interessate a questi progetti istituiscano task force dedicate, con competenze tecniche specifiche, capaci di accompagnare gli investitori attraverso l’iter autorizzativo in modo trasparente ed efficiente.
Sostenibilità, integrazione e valore per i territori
Un data center moderno non deve configurarsi come un’enclave tecnologica isolata dal contesto territoriale, ma come un elemento integrato nel tessuto economico e sociale. Questo principio assume particolare rilevanza nel Meridione, dove la fiducia verso grandi investimenti industriali si costruisce dimostrando benefici tangibili per le comunità locali. Il recupero del calore di scarto per alimentare reti di teleriscaldamento, l’utilizzo di fornitori locali per servizi di manutenzione e sicurezza, la creazione di programmi di formazione continua in collaborazione con scuole e università: sono tutti elementi che trasformano un investimento privato in un bene comune, generando consenso e sostenibilità sociale.
La dimensione ambientale, inoltre, non può essere trattata come un vincolo da superare, ma deve diventare un’opportunità di differenziazione competitiva. I data center che oggi si posizionano come pionieri della sostenibilità, integrando fonti rinnovabili certificate, sistemi di raffreddamento a basso impatto e tecnologie per il recupero energetico, costruiscono un vantaggio competitivo duraturo in un mercato sempre più attento alle credenziali ambientali.
Governare la trasformazione digitale nel mezzogiorno
L’esempio del progetto Leonardo-Eni dimostra che, quando esistono visione strategica, competenze complementari e disponibilità di risorse, il modello distribuito può funzionare. Tuttavia, perché questa singola iniziativa si trasformi in un trend strutturale, è necessario un salto di qualità nella governance complessiva dello sviluppo delle infrastrutture digitali nel Mezzogiorno.
Serve una regia capace di coordinare pubblico e privato, favorire l’incontro tra grandi investitori e imprese locali, e garantire stabilità normativa e prevedibilità dei processi. Il rischio, altrimenti, è che anche questa opportunità si disperda in iniziative frammentate, incapaci di generare quella massa critica necessaria per innescare un cambiamento strutturale.
Verso una nuova geografia digitale europea
Il modello della gigafactory distribuita tra Nord e Sud rappresenta più di una soluzione tecnica: è una metafora della possibile evoluzione del Paese verso un’integrazione territoriale più equilibrata e sostenibile. Il Mezzogiorno ha l’opportunità di affermarsi non come destinazione passiva di investimenti, ma come polo attivo di innovazione e competenza nell’ambito delle infrastrutture digitali per l’intelligenza artificiale.
Dalla mia prospettiva di consulente, osservo quotidianamente come la differenza tra progetti di successo e iniziative che faticano a decollare risieda nella capacità di pianificare strategicamente, mantenere sotto controllo i costi operativi e sviluppare un ambiente stabile e attrattivo nel lungo periodo. Il Meridione dispone degli ingredienti necessari: spazi, connettività, potenziale energetico rinnovabile e competenze in crescita. Ciò che serve ora è la capacità di orchestrare questi elementi in una visione coerente, trasformando la geografia da vincolo percepito in leva strategica per la competitività nazionale.
Se il Paese riuscirà a cogliere questa fase di sviluppo con la determinazione e la lungimiranza necessarie, il Mezzogiorno potrà evolversi da area di destinazione degli investimenti a vero e proprio laboratorio della nuova geografia digitale europea, dimostrando che l’innovazione tecnologica e lo sviluppo territoriale equilibrato non solo sono compatibili, ma reciprocamente indispensabili.












