Negli ultimi anni il cloud computing ha ampliato l’offerta di servizi database fino a includere soluzioni altamente specializzate, plasmate su tipologie di dati e carichi di lavoro sempre più variegati. Se un tempo il database relazionale rappresentava la scelta quasi obbligata, oggi l’architetto cloud dispone di un vero ecosistema di strumenti, ciascuno ottimizzato per esigenze specifiche.
Comprendere le differenze tra questi modelli – relazionale, NoSQL, a grafo e data warehouse – è diventato essenziale per progettare applicazioni scalabili, performanti e sostenibili. Nei miei corsi all’Open Institute of Technology (OPIT) insisto proprio su questo punto: non esiste un database “migliore” in assoluto, esiste semmai la soluzione più adatta al problema da risolvere.
Indice degli argomenti
Relazionale: transazioni e consistenza al centro
I database relazionali gestiti – Amazon RDS, Azure SQL Database, Google CloudSQL – offrono la potenza del modello SQL classico con la comodità dell’amministrazione delegata al provider.
Sono la scelta naturale quando le transazioni ACID e la coerenza forte dei dati sono requisiti imprescindibili, come accade nei sistemi gestionali, negli e‑commerce o nei moduli ERP.
Nel cloud, tali servizi eliminano gran parte della complessità operativa (backup, patch, high‑availability) e introducono opzioni di scalabilità verticale e, in molti casi, orizzontale grazie al read‑replica. Il vantaggio competitivo sta nella rapidità di provisioning: in pochi minuti si ottiene un RDBMS pronto all’uso, lasciando agli sviluppatori la libertà di concentrarsi sulla logica applicativa piuttosto che sulla manutenzione dell’infrastruttura.
NoSQL: flessibilità di schema e scalabilità orizzontale
Quando i dati crescono in volume o cambiano frequentemente struttura, la rigidità degli schemi relazionali diventa un limite. I servizi NoSQL come Amazon DynamoDB, MongoDB Atlas o Google Bigtable offrono archivi key-value, documentali o colonnari che privilegiano la flessibilità e la scalabilità orizzontale.
In scenari ad alto throughput come IoT, logging, session store o analisi in tempo reale, la possibilità di scalare i nodi senza dover evolvere lo schema con interruzioni è fondamentale.
Il compromesso consiste nel rinunciare alle transazioni su più record in favore di una consistenza eventuale o selettivamente forte, ma il guadagno in elasticità e prestazioni compensa spesso questa rinuncia. Si tratta della soluzione tipica per applicazioni in rapida evoluzione, che non possono permettersi lunghi cicli di refactoring del database.
Grafo: modellare relazioni complesse
Le applicazioni che ruotano attorno a reti di relazioni – social network, motori di raccomandazione, supply chain, cybersecurity – traggono vantaggio dai database a grafo, progettati per eseguire in modo efficiente query di “traversal” su nodi e archi. Servizi gestiti come Amazon Neptune o la modalità grafo di Azure Cosmos DB consentono di rappresentare le connessioni tra entità con una naturalezza impossibile da eguagliare in SQL o nei modelli documentali, dove join complessi o map‑reduce annidati impattano pesantemente sulle prestazioni. In un progetto OPIT, un gruppo di studenti che sviluppava un’app sociale ha scelto proprio un database a grafo per calcolare percorsi di amicizia e suggerimenti di connessione, ottenendo risposte in millisecondi rispetto ai secondi richiesti da un RDBMS tradizionale. Il vantaggio si manifesta soprattutto quando la profondità delle relazioni – “amico dell’amico dell’amico” – diventa parte integrante della logica di business.
Data warehouse as a service: la BI nell’era dei big data
Per le analisi su grandi volumi di dati storici, i data warehouse cloud come Amazon Redshift, Google BigQuery o Snowflake offrono motori di query colonnari, compressione avanzata e calcolo massicciamente parallelo. Queste piattaforme ottimizzano i tempi di scansione e aggregazione, rendendo possibile elaborare miliardi di record in pochi secondi.
Un altro team OPIT, dedicato all’analisi delle vendite, ha importato dieci anni di dati in Redshift e ha avviato dashboard BI quasi in tempo reale senza preoccuparsi di partizionare manualmente le tabelle o di dimensionare i cluster. L’approccio “as a service” garantisce anche qui scalabilità elastica e tariffazione a consumo, con il vantaggio di ridurre drasticamente il time‑to‑insight rispetto a un tradizionale data mart on‑premise.
Soluzioni multi‑modello e servizi innovativi
Il confine tra categorie si sta sfumando: Azure Cosmos DB, ad esempio, supporta modelli documento, key‑value, colonnare e grafo nello stesso servizio, permettendo di utilizzare l’API più indicata senza cambiare piattaforma. Amazon Aurora integra estensioni serverless e funzionalità multi‑master che riducono il divario con il mondo NoSQL.
Queste soluzioni ibride rispondono alla crescente domanda di flessibilità, ma implicano una valutazione attenta in termini di costi, curva di apprendimento e lock‑in tecnologico.
Come scegliere il database giusto: parametri decisivi
Selezionare la tecnologia più adatta richiede un’analisi multidimensionale dei requisiti. La tipologia del dato (strutturato, semi‑strutturato, relazionale o gerarchico) e il pattern di accesso (transazionale, analitico, streaming) orientano subito la scelta. Seguono la latenza tollerabile, la necessità di transazioni forti, il volume previsto, la frequenza di picchi e la distribuzione geografica degli utenti. Anche la maturità del team gioca un ruolo: introdurre un modello di database sconosciuto può rallentare il progetto se non accompagnato da formazione adeguata. Infine, occorre misurare l’impatto economico lungo tutto il ciclo di vita: licenze, traffico rete, storage, backup, oltre ai costi di eventuali migrazioni future.
Nel laboratorio OPIT proponiamo un esercizio comparativo: gli studenti mappano i requisiti di due casi d’uso, uno di e‑commerce transazionale e uno di analisi real‑time di log, e valutano come si comportano diversi servizi database in termini di prestazioni, facilità di sviluppo e costi. L’esercizio dimostra sul campo che “one size fits all” è un’illusione: l’architettura ottimale raramente coincide con un singolo motore di dati.
Il database come decisione strategica
Nel cloud la scelta del database non è più un vincolo tecnologico ma una decisione strategica che influenza agilità, costi e possibilità di innovazione. Relazionale, NoSQL, grafo e data warehouse rappresentano ognuno una risposta a esigenze precise; combinarli saggiamente, in un approccio polyglot persistence, è spesso la chiave per costruire soluzioni moderne e scalabili. Investire tempo nella valutazione iniziale e adottare servizi gestiti che riducono il carico operativo permette alle organizzazioni – e ai professionisti che le guidano – di concentrare le energie dove conta di più: creare valore dai dati.
| Modello | Caso d’uso | Servizi AWS (esempi) | Punti di forza | Compromessi |
| Relazionale | Dati strutturati, transazioni | Amazon RDS, Aurora | Conformità ACID, SQL, affidabilità | Schema meno flessibile, limiti nella scalabilità verticale |
| NoSQL | Elevata scalabilità, schema flessibile | DynamoDB, Keyspaces | Scalabilità, scritture rapide | Modelli di consistenza più deboli |
| Grafo | Query basate su relazioni complesse | Neptune | Traversing relazionale, latenza inferiore al secondo | Casi d’uso di nicchia, modellazione dati complessa |
| Data Warehouse | Analisi, big data | Redshift | Elaborazione massiva parallela, storage colonnare | Non ottimizzato per OLTP in tempo reale |












