tecnologie e creatività

Dati, marketing e IA: perché le idee restano centrali



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La tecnologia offre al marketing possibilità enormi, ma rischia di appiattire linguaggi e creatività. A fare la differenza non saranno gli strumenti, bensì cultura, qualità degli input e capacità dei professionisti di guidare l’intelligenza artificiale invece di farsene guidare

Pubblicato il 10 dic 2025

Massimiliano Moschin

Dottore di ricerca in sociologia e internet studies, IUSVE



IA e creativitià (1) competenze crative

Nel dibattito su intelligenza artificiale e creatività, la tecnologia viene spesso vista come una soluzione miracolosa. Eppure la storia del marketing, dalle sue origini allo sviluppo accademico recente, mostra quanto restino centrali le strategie umane di valorizzazione e scambio, oggi accelerate ma anche messe alla prova dagli strumenti digitali.

Alle origini del marketing

Il marketing è oramai una disciplina affermata con più di 60 anni di storia accademica a partire dai primi studi pionieristici di McCarthy e Kotler, anche se, a ben vedere, le sue origini sono da ricercare ben più in là nel tempo (Earle, 2009), praticamente da quanto esiste l’interazione umana e lo scambio di merci. In qualche modo la strategia di valorizzazione di un bene in una dinamica di scambio è entrata a far parte del nostro DNA.

Se quindi è qualcosa che ci portiamo dentro, mai come in tempi recenti questo ambito sta subendo trasformazioni a una velocità sempre più crescente (Bist, Agarwal, Aini, Khofifah, 2022), per cui serve ripensare il rapporto tra mente umana e cibernetica. Il rischio infatti è che, senza fondamenta culturali solide, la nostra “torre del sapere” crolli o, peggio, diventi una sorta di Babele al contrario, dove gli unici che ne comprendono il linguaggio sono gli abitanti reclusi nell’edificio, mancando la volontà di comprendere il mondo oltre alla limitazione di un muro virtuale.

Marketing intelligenza artificiale e creatività nel recinto digitale

Il pensiero creativo imbrigliato in un recinto digitale è il senso di questa metafora, spiegabile attraverso un paradosso in cui chi si occupa di marketing spesso ricade. La tecnologia digitale, dal punto di vista delle potenzialità che assicura a livello di conoscenza di un vasto patrimonio informativo e di realizzazione operativa, dovrebbe rappresentare sulla “carta” (mi si perdoni l’allusione agli old media) un enorme strumento accrescitivo di idee ed espressività (Shugan, 2004).

Nella pratica questo si verifica solo in parte, dato che l’eccessiva praticità delle soluzioni che offre spesso diventa una gabbia creativa (Vakratsas, Wang, 2020), facendo ricadere l’espressione in linguaggi molto simili, su cui il modellamento di partenza di ambienti e piattaforme digitali ha un ruolo non secondario (Hearn, 2020), che si esprimono attraverso immagini e aspetti visivi stereotipati (Runco, 2015).

Qualche esempio? Il trend di utilizzare immagini e video stock da banche dati, magari con contenuti accessibili a livello gratuito o in licenza creative commons, ha standardizzato talmente tanto la pubblicità online e, a cascata, quella offline, che sono nati addirittura fandom dedicati a una modella che appare in una percentuale altissima di queste fotografie di uno dei più celebri fornitori di contenuti (Ramish, Bashir, Jalees, 2019).

Se quindi buona parte della creatività parte dagli stessi spunti visuali, alla lunga il linguaggio rischia di appiattirsi ed essere autoreferenziale: ecco quindi la nostra Babele al contrario erigersi anche sul pensiero, con un recinto creativo auto-imposto.

Creatività e algoritmi nel lavoro di chi fa marketing

In questo modo, se l’utilizzo della tecnologia fino adesso per certi versi è stato un’arma a doppio taglio per la comunicazione e il marketing, l’intelligenza artificiale generativa, la grande novità che ha sconvolto il mondo della comunicazione negli ultimi anni, rischia di essere un altro strumento controverso (Grewal, Satornino, Davenport, Guha, 2025).

Se è tanto semplice creare contenuti con questi strumenti attraverso la formulazione di prompt efficaci, dai più generalisti come il noto ChatGPT di OpenAI a quelli verticali come Midjourney per contenuti visuali, è altrettanto facile cadere nei cliché espressivi. Basti pensare ai vari trend derivati dal primo ciclo di video non-sense di “SkibidiBoppy” con l’uscita di Veo3 di Google, strumento per la generazione di video.

Le bacheche dei nostri social si sono riempite di filmati che, nella loro non linearità semantica, seguono lo stesso schema narrativo con personaggi abbastanza ricorrenti. La morale? È diventata una forma di linguaggio, cosa non infrequente online, ma a forza di replicarlo l’effetto saturazione è dietro l’angolo (Atienza-Barthelemy, Losada, Benito, 2025).

Fin qui nulla di terribile: il problema è che, se tutti iniziano a usare gli stessi strumenti, con risultati uniformi, la comunicazione tenderà ad appiattirsi e omologarsi, perdendo di efficacia. Sia chiaro che la questione non è assolutamente la tecnologia, ma il suo utilizzo e soprattutto la conoscenza da cui attinge.

Se infatti il bagaglio di conoscenza è il patrimonio visuale riversato online in questi anni, che abbiamo visto non brillare per forza per unicità, i risultati espressivi non potranno che essere piuttosto standardizzati. Soprattutto, forse l’aspetto più preoccupante, è che se deleghiamo le idee alla macchina oltre all’esecuzione, le soluzioni non potranno che essere rivisitazioni, anche bellissime, di cose già fatte.

Come si può superare questo impasse? Con la qualità dell’input che viene dato all’intelligenza artificiale, elemento su cui forse la mente umana può ancora superare quella digitale.

L’intelligenza artificiale nel marketing delle PMI italiane

Guardando al settore della comunicazione e del marketing in Italia appare evidente come i professionisti non possano permettersi di subire l’Intelligenza Artificiale, ma debbano cavalcarne in prima persona l’onda. Siamo il Paese delle PMI e questa conformazione si riverbera anche sul comparto delle aziende della comunicazione e del marketing, che, assommando a sé le diverse vocazioni più o meno digitali, generano un settore di più di 40.000 aziende, di cui la maggior parte è costituita da massimo tre dipendenti, con un livello di fatturato che per la metà si attesta entro i 100.000€ (Fonte: Camere di Commercio).

Che legame esiste fra questi numeri e le potenzialità e i rischi dell’Intelligenza Artificiale? Se le aziende top si appoggiano ad agenzie di alto livello, spesso multinazionali, significa che tutto il grande comparto di imprese più piccole si appoggia ad agenzie di minor cubatura, ma non per forza con idee non altrettanto valide.

Il problema con cui i più piccoli si scontrano però sono i budget. La tentazione quindi per le imprese, in costante necessità di ottimizzare i costi, è quella di far da sé attraverso strumenti che oggi, grazie all’interfaccia uomo macchina semplificata, sono estremamente intuitivi per generare prodotti credibili, un po’ meno per idee davvero innovative.

Dati, marketing e intelligenza artificiale al servizio delle idee

Infatti ci si sta concentrando sempre di più sulla semplicità e immediatezza degli strumenti e sull’accuratezza visiva del risultato a discapito di pensare al motore principale su cui la sofisticata tecnologia dell’intelligenza artificiale si basa, ovvero i dati (Brodie, 1989).

Se i processi infatti possono essere resi estremamente veloci e precisi, quello che fa ancora la differenza è il database di partenza e la richiesta che si fa interrogando lo strumento che deve analizzare questi dati. Su questo terreno la creatività può ancora giocare le sue carte, non solo continuando a cercare nuove strade, ma migliorando al massimo il proprio strumento di orientamento: le informazioni.

L’intelligenza artificiale quindi non va né demonizzata ma neppure presa come panacea e usata in modo acritico: è necessario per tutti i professionisti imparare a padroneggiarla ma soprattutto a utilizzarla in parallelo alle proprie modalità di lavoro, in modo che non sostituisca, ma potenzi le mansioni che fanno le persone.

Solo in questo sarà possibile ancora differenziare i professionisti dagli “amatori”, soprattutto a livello di cultura creativa necessaria a generare grandi idee con budget relativamente piccoli. Altrimenti, legittimamente, qualcun altro userà l’AI per sopperire a contenuti banali e standardizzati, accontentandosi e non trovando necessità a rivolgersi ad esperti.

La storia della pubblicità e del marketing ci insegna che una comunicazione efficace ha il potere di durare nel tempo spesso più a lungo dei brand e dei prodotti stessi che rappresenta. Per cui, largo alla tecnologia se potenzia le idee, invece di soppiantarle.

Dato quindi che è nel DNA di noi creativi il marketing, ricordiamoci che dobbiamo andare oltre lo standard, altrimenti ci ritroveremo chiusi in una torre bellissima, ma che scricchiola.

Bibliografia

McCarthy, E. J. (1965). E. Jerome McCarthy. The Concept of the Marketing Mix.

Kotler, P. (1965). Behavioral models for analyzing buyers. Journal of Marketing, 29(4), 37-45.

Earle, T. (2009). Exchange systems in prehistory. In Trade and exchange: archaeological studies from history and prehistory (pp. 205-217). New York, NY: Springer New York.

Bist, A. S., Agarwal, V., Aini, Q., & Khofifah, N. (2022). Managing Digital Transformation in Marketing:” Fusion of Traditional Marketing and Digital Marketing”. International Transactions on Artificial Intelligence, 1(1), 18-27.

Shugan, S. M. (2004). The impact of advancing technology on marketing and academic research. Marketing Science, 23(4), 469-475.

Vakratsas, D., & Wang, X. (2020). Artificial intelligence in advertising creativity. Journal of Advertising, 50(1), 39-51.

Hearn, G. (2020). The future of creative work: Creativity and digital disruption. In The future of creative work (pp. 1-12). Edward Elgar Publishing.

Runco, M. (2015). The Real Creativity Crisis. Creativity & Human Development.

Ramish, M. S., Bashir, A., & Jalees, T. (2019). Visual appeal of stock photographs affecting the consumers’ attitude towards advertising. GMJACS, 9(1), 15-15.

Grewal, D., Satornino, C. B., Davenport, T., & Guha, A. (2025). How generative AI Is shaping the future of marketing. Journal of the Academy of Marketing Science, 53(3), 702-722.

Atienza-Barthelemy, J., Losada, J. C., & Benito, R. M. (2025). Modeling Information Diffusion on Social Media: The Role of the Saturation Effect. Mathematics, 13(6), 963.

Brodie, M. L. (1989). Future intelligent information systems: AI and database technologies working together. In Readings in artificial intelligence and databases (pp. 623-641). Morgan Kaufmann.

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