ecommerce

Vendere su ChatGpt: merchant al bivio, ecco cosa valutare



Indirizzo copiato

OpenAI introduce ChatGPT Instant Checkout e un protocollo per integrare cataloghi e pagamenti in chat. La funzione promette meno frizioni, ma trasferisce controllo e dati alla piattaforma. Valutare quando convenga dipende da margini, priorità di brand e capacità operative

Pubblicato il 9 ott 2025

Alberto Caschili

Consulente Legale per il mondo Digitale



ecommerce cina (1)

OpenAI ha recentemente presentato Instant Checkout, una funzionalità che permette agli utenti di ChatGPT di acquistare prodotti da Etsy e da alcuni merchant Shopify senza mai uscire dalla conversazione.

La possibilità di completare acquisti direttamente nella chat, senza passare per il sito del merchant, promette frizioni ridotte e conversioni più rapide. Ma questa comodità nasconde implicazioni profonde sul controllo dei dati, sulla relazione con i clienti e sull’autonomia strategica dei venditori online.

Come funziona Instant Checkout e cosa promette ai merchant

Il meccanismo sembra essere attraente: chiedi un consiglio su un prodotto, il chatbot ti mostra i risultati più pertinenti, selezioni quello che ti interessa e completi l’acquisto inserendo i dati di pagamento. Tutto, dentro la chat.

Per ora il servizio è disponibile solo negli Stati Uniti e supporta l’acquisto di singoli articoli, ma l’intenzione è chiara: trasformare ChatGPT in una sorta di agente di commercio a tutti gli effetti che promuove l’acquisto di determinati prodotti.

A conferma di ciò, OpenAI ha anche presentato Agentic Commerce Protocol, uno standard tecnico open source che consente ai merchant di integrare i propri cataloghi con ChatGPT. I risultati sarebbero organici, non sponsorizzati, classificati solo per rilevanza (l’azienda promette trasparenza sul punto) e ai merchant è richiesto di pagare solo una piccola commissione sugli acquisti completati, ma il servizio è gratuito per gli utenti e non influenza i prezzi o i risultati di ricerca.

Sulla carta, sembra un’opportunità per aumentare la visibilità e abbattere le frizioni del percorso d’acquisto. Ma è davvero così semplice e conveniente?

La cessione di sovranità dietro la promessa di conversioni facili

Il tema ci espone, in verità, a diverse riflessioni. La prima che mi sento di condividere è che dietro la promessa di conversioni più facili si nasconde una cessione di sovranità che molti merchant sembrano sottovalutare. Quando deleghi il check-out a una piattaforma terza, infatti, non stai solo esternalizzando un processo tecnico, ma stai cedendo il controllo dell’ultimo passo della relazione con il cliente. E, lo sappiamo, chi riesce a controllare il check-out, alla fine è anche colui che ha in mano il cliente.

La dinamica non è certa nuova. Lo hanno sperimentato con successo Shopify e Amazon, incrementando i tassi di conversione per i merchant che hanno abbracciato questa modalità. Ma in entrambi i casi la contropartita è sempre la stessa: i dati restano alla piattaforma, non al venditore.

Quando i dati valgono più delle vendite immediate

Con ChatGPT il meccanismo si radicalizza ulteriormente, perché l’interfaccia è una conversazione che avviene su un terreno che il merchant non può controllare, moderato da algoritmi che non vede, e regolato da logiche che non può influenzare.

Di fatto, i dati di pre-acquisto (quelli che dicono come un utente ha cercato, cosa ha confrontato, dove ha esitato) spariscono del tutto dagli occhi del merchant, così come le sfumature comportamentali che alimentano strategie di prodotto e comunicazione. Quel che rimane al venditore è una notifica di vendita, ma senza informazioni sul contesto o altri spunti informativi.

E c’è un’altra questione, meno evidente ma altrettanto centrale. L’AI sta già cambiando il comportamento d’acquisto, ritardando l’intento di conversione perché gli utenti ottengono risposte senza dover visitare i siti di vendita. Se ChatGPT diventa anche il punto di check-out, il traffico verso l’e-commerce rischia di ridursi ulteriormente. Pertanto, non solo perdi dati, ma anche visibilità sul brand, la possibilità di costruire una relazione diretta, di proporre cross-selling o raccogliere feedback.

Il rischio dell’algoritmo non trasparente

Inoltre, per quanto OpenAI lo descriva come neutrale, è difficile pensare che lo sia realmente. Essendo addestrato, moderato e filtrato sulla base delle indicazioni del proprietario, l’algoritmo domani potrebbe modificare la scelta dei prodotti sulla base di criteri che i merchant non conoscono, escludere chi prima era consigliato, premiare chi offre condizioni ritenute migliori o altre valutazioni di carattere soggettivo.

Insomma, oltre a non sapere perché un cliente ti cerca, e perché ha smesso di trovarti, e presumibilmente che non si avranno neanche strumenti chiari per contestare le decisioni.

I casi in cui delegare il checkout ha senso economico

Detto questo, sarebbe ingeneroso e scorretto demonizzare ogni forma di check-out esterno. Ci sono infatti contesti in cui delegare questo passaggio ha senso, anche economico. Per esempio, le soluzioni di pagamento gestite da terze parti possono effettivamente abbattere costi significativi legati alla prevenzione delle frodi, alla gestione della compliance, alla manutenzione di infrastrutture tecniche complesse. Per piccoli merchant, costruire un sistema di pagamento proprietario può essere proibitivo, sia in termini di competenze che di risorse.

Il check-out esterno può inoltre accelerare l’ingresso su nuovi mercati, riducendo le barriere tecniche e normative. Se non hai un team IT strutturato, affidarsi a un provider consolidato può essere l’unica via praticabile per vendere online in modo sicuro e conforme. In questi casi, la cessione di controllo è un trade-off consapevole: rinunci a qualcosa in cambio di una capacità operativa che altrimenti non avresti.

Il checkout rapido come soluzione agli abbandoni del carrello

Inoltre avere un check-out rapido consente di superare uno dei colli di bottiglia più sottovalutati nel commercio elettronico. Le statistiche sono piuttosto chiare: una percentuale significativa degli abbandoni del carrello (secondo vari studi tra il 20 e il 30%) avviene proprio quando il sistema impone la creazione di un account prima del pagamento. L’obbligo di creare una password, confermare l’email e compilare dati anagrafici aggiuntivi è percepito come una perdita di tempo, un’interruzione nel flusso di acquisto. In un contesto dove l’attenzione e la pazienza del consumatore sono ai minimi storici, bastano pochi clic in più per trasformare una vendita certa in un abbandono.

Le piattaforme che hanno introdotto check-out rapidi o guest checkout mostrano tassi di conversione più alti proprio perché eliminano questa barriera. Soluzioni come PayPal, Klarna o Stripe, consentono di completare un ordine in pochi passaggi, spesso senza dover digitare nuovamente i dati di pagamento o di spedizione. È un modello che riduce al minimo l’attrito e porta l’utente direttamente dal desiderio all’acquisto, mantenendo continuità e fiducia nel processo.

Dove si traccia il confine tra utilità e perdita di identità

A mio modo di vedere, il vero punto di rottura arriva nel momento in cui la piattaforma non si limita a gestire il pagamento, ma diventa l’interfaccia principale di relazione con il cliente. Quando il tuo brand scompare dietro un’esperienza standardizzata, quando il cliente non sa più se sta comprando da te o da ChatGPT, quando la piattaforma intermedia ogni singolo punto di contatto. A quel punto non sei più un brand, sei un fornitore intercambiabile, privo di identità e di voce.

Ecco dunque mostrata la differenza tra un check-out esterno utile e uno che minaccia la tua attività.

Le domande strategiche che ogni venditore deve porsi

Ciò premesso, prima di attivare Instant Checkout ogni merchant dovrebbe porsi alcune domande.

Il criterio decisionale non dovrà infatti essere cosa funziona meglio ma quanto margine di controllo sei disposto a cedere per quella comodità e se i dati che perdi valgono più dei costi che risparmi.

La risposta non è certa semplice, poiché dipende dal modello di business, dalla fase di sviluppo dell’azienda, dal tipo di prodotto. Per chi vende prodotti a basso margine, dove il volume conta più della relazione, il calcolo può pendere verso la delega. Per chi costruisce brand, per chi investe in customer experience, per chi ha bisogno di capire il proprio pubblico per innovare, la cessione del check-out può essere nociva.

La dipendenza da piattaforme e il rischio di cambio delle regole

C’è poi una dimensione strategica ancora più ampia. Se domani ChatGPT o qualsiasi altra piattaforma AI decidesse di modificare le regole del gioco, cambiare i criteri di ranking, introdurre pubblicità a pagamento per la visibilità, cosa succederebbe? Saresti in grado di reagire, o saresti completamente dipendente? Avresti ancora un canale diretto con i tuoi clienti?

Lezioni dal passato: Facebook, Google e Amazon insegnano

Le riflessioni che ho voluto condividere in questo approfondimento riguardano tutti i merchant, anche quelli che ritengono che lo scenario sopra tracciato possa essere lontano da loro. D’altronde, non è la prima volta che molti merchant scoprono troppo tardi di aver costruito il loro business su una piattaforma che non controllavano.

È successo con Facebook, quando ha cambiato l’algoritmo e ha portato a un calo del traffico organico. È accaduto con Google, quando ha modificato più volte i suoi criteri di posizionamento, determinando l’implosione di alcuni modelli di business. Ed è avvenuto con Amazon, che ha introdotto i prodotti propri in competizione diretta con i seller che operano sulla piattaforma.

La legittimità della monetizzazione e l’importanza della consapevolezza

In questo scenario, è del tutto lecito che OpenAI stia cercando di ampliare il proprio business in un contesto di ricerca della migliore marginalità. L’e-commerce è certamente una delle vie per raggiungere la sostenibilità economica e questo non significa che l’iniziativa debba essere intrinsecamente negativa. Piuttosto, dovrebbe far riflettere, perché quando una piattaforma ha bisogno di monetizzare, le priorità cambiano e, spesso, a farne le spese è colui che non ha saputo cogliere le innovazioni con la giusta consapevolezza.

guest

0 Commenti
Più recenti
Più votati
Inline Feedback
Vedi tutti i commenti

Articoli correlati