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DMA, Ue all’attacco: cosa cambia dopo le maxi sanzioni a Apple e Meta



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Le prime maxi-sanzioni del Digital Markets Act colpiscono Meta e Apple, segnando una svolta nell’enforcement europeo. Tra pubblicità, app store e libertà di scelta, la Commissione inaugura una nuova fase di controllo sui giganti tech

Pubblicato il 6 mag 2025

Umberto Gambini

Partner Forward Global

Alessandro Massolo

Senior Director Forward Global

Francesco Ricchi

Luiss Guido Carli



sanzioni dma

Il 23 aprile 2025, la Commissione europea ha emesso le prime sanzioni nell’ambito del Digital Markets Act (DMA) nei confronti di due giganti tecnologici statunitensi: Meta e Apple. Le decisioni rappresentano un passaggio cruciale nell’attuazione del regolamento europeo pensato per garantire mercati digitali più equi, aperti e contestabili.[1]

Meta è stata multata per 200 milioni di euro per aver violato le disposizioni del DMA tramite l’introduzione del controverso modello “pay or consent” su Facebook e Instagram. Questo schema obbligava gli utenti a scegliere tra due opzioni:

  • Accettare il tracciamento pubblicitario personalizzato (autorizzando Meta a raccogliere e usare i propri dati per annunci mirati);
  • Pagare un abbonamento mensile (tra i 10 e i 13 euro) per continuare a usare le piattaforme senza pubblicità.

Meta ha sostenuto che il modello offrisse agli utenti una “vera scelta”. Tuttavia, la Commissione ha rilevato una grave violazione del principio di consenso libero previsto dal GDPR e dal DMA stesso, secondo i quali il consenso deve essere “libero, informato, specifico e inequivocabile”.

Il punto critico, secondo la Commissione, è che molti utenti – pur di non pagare – si sentono costretti ad accettare il tracciamento, compromettendo l’autenticità del consenso. Inoltre, l’assenza di un’opzione “intermedia” – ad esempio, ricevere pubblicità non personalizzata senza dover pagare – ha ulteriormente aggravato la posizione dell’azienda. Questa terza opzione è stata altresì raccomandata nelle Linee guida del Comitato Europeo per la Protezione dei Dati (EDPB) proprio per garantire una scelta realmente libera agli utenti di Facebook.

Nel novembre 2024, Meta ha introdotto una versione rivisitata del modello dichiarando una riduzione dell’uso dei dati personali, ma la Commissione ha avviato una verifica formale per valutarne l’effettiva conformità. Se entro 60 giorni non saranno adottati rimedi efficaci, Meta rischia sanzioni giornaliere fino al 5% del fatturato globale medio.

La Commissione ha anche escluso Facebook Marketplace dall’elenco dei servizi regolati dal DMA (i cosiddetti core platform services), poiché nel 2024 non ha raggiunto la soglia dei 10.000 utenti commerciali attivi.

Apple: multa da 500 milioni per restrizioni agli sviluppatori

Apple ha ricevuto una multa da 500 milioni di euro per aver imposto restrizioni agli sviluppatori, impedendo loro di informare liberamente gli utenti su offerte alternative disponibili al di fuori dell’App Store, spesso a costi inferiori. Tali restrizioni, secondo la Commissione, hanno limitato la libertà di scelta sia degli sviluppatori che degli utenti, violando l’art. 5(4) del DMA[2], che tutela il diritto degli sviluppatori a comunicare direttamente con i propri clienti.

Apple non è riuscita a fornire giustificazioni oggettive per queste pratiche, considerate discriminatorie e anticoncorrenziali. Anche in questo caso, Apple ha 60 giorni per conformarsi e ha annunciato l’intenzione di ricorrere contro la decisione.

Parallelamente, è stata chiusa un’indagine separata sulla libertà di scelta per gli utenti tra store alternativi, grazie agli sforzi proattivi finora messi in atto da Apple. Tuttavia, restano preoccupazioni: secondo la Commissione, Apple starebbe ancora scoraggiando l’uso di canali alternativi attraverso:

  • l’introduzione della nuova Core Technology Fee;
  • criteri di ammissibilità eccessivamente restrittivi;
  • un’esperienza di installazione complicata e disincentivante per le app distribuite fuori dall’App Store.

Reazioni politiche e tensioni transatlantiche

Le sanzioni hanno acceso il dibattito politico internazionale. Joel Kaplan (Meta) ha parlato di una “tariffa da miliardi di euro” imposta alla propria azienda, accusando Bruxelles di voler penalizzare le tech americane a vantaggio di concorrenti europei e cinesi.

La Casa Bianca ha rincarato la dose, definendo il provvedimento una forma di “estorsione economica”, che mina la libertà di espressione, soffoca l’innovazione e ostacola le relazioni commerciali. Secondo l’amministrazione USA, il DMA rappresenterebbe una regolazione extraterritoriale mirata contro le aziende statunitensi.

Nonostante tali dichiarazioni, le indagini avviate dalle agenzie federali americane nel 2024 in merito a potenziali pratiche anticoncorrenziali da parte di Google, Meta e Apple proseguono.

Con riguardo a Google, recentemente, la giudice Leonie Brinkema ha accertato che Google ha illegalmente monopolizzato i mercati dei server pubblicitari per editori e degli ad exchange, arrecando un pregiudizio rilevante alla concorrenza, agli editori e ai consumatori. Non ha tuttavia ritenuto sussistente un comportamento monopolistico da parte di Google nel mercato delle reti pubblicitarie per inserzionisti. Il Dipartimento di Giustizia (DOJ) ha richiesto che Google sia obbligata a dismettere le proprie attività nei mercati dei server pubblicitari per editori e degli ad exchange, al fine di ristabilire condizioni concorrenziali nel settore della pubblicità digitale. Inoltre, il DOJ propone l’obbligo di condivisione in tempo reale dei dati con i concorrenti, al fine di garantire una maggiore equità nel mercato[3].

Cosa aspettarsi: tra enforcement e compliance design

Se le aziende non si adegueranno entro 60 giorni, la Commissione potrà imporre sanzioni giornaliere fino al 5% del fatturato globale medio del gatekeeper. Questo segna un cambio di passo nell’enforcement europeo. Come ha dichiarato Andreas Schwab, relatore del DMA al Parlamento europeo “Le grandi piattaforme digitali non sono al di sopra della legge […] le violazioni future saranno sanzionate in modo ancora più severo”.

Anche Filomena Chirico, capo dell’unità DMA presso la DG CNECT, ha indicato che il prossimo passo sarà il “compliance design”: un processo di dialogo regolatorio volto a trovare soluzioni sostenibili e strutturalmente conformi al nuovo quadro normativo.

Tale indicazione è coerente con la recente relazione sulle attività condotte dalla Commissione nel 2024 in relazione al DMA, nella quale si fa più volte riferimento al dialogo regolatorio intrapreso dagli uffici con i gatekeeper, al fine di favorire una migliore conformità al DMA[4].

Conclusioni: quali prospettive si delineano per il DMA?

Il Digital Market Act (DMA) è stato concepito non per imporre sanzioni immediate, ma per stimolare un dialogo regolatorio con i gatekeeper, con l’obiettivo di migliorare la loro conformità e promuovere una maggiore equità nel mercato digitale.

Tuttavia, sarà solo il tempo a dirci se questa strategia riuscirà a produrre risultati concreti. La situazione geopolitica, con le tensioni derivanti dalle relazioni con la nuova amministrazione Trump, non facilita certamente il processo, ma negli Stati Uniti si parla già di ‘break-up’, un’opzione che in Europa non è mai stata presa in considerazione con la stessa serietà.

Sebbene il DMA preveda misure drastiche come la separazione delle attività solo in caso di reiterate inadempienze da parte dei gatekeeper, ci si interroga sulla necessità di un approccio più deciso da parte della Commissione. In effetti, con comportamenti monopolistici che perdurano da oltre 15 anni, come nel caso Google Shopping avviato nel 2010, sarebbe forse il momento di chiedersi se la Commissione debba dimostrare maggiore coraggio nel prendere decisioni forti.

La Corte Europea non dovrebbe essere un freno agli interventi della Commissione, che andrebbe messa alla prova, considerando le evidenti violazioni da parte dei principali attori del mercato. Il dialogo regolatorio, pur essendo fondamentale, non deve escludere una strategia che non tema di usare la forza quando necessario.

Se l’Unione Europea ha capito l’importanza di agire con determinazione in ambito militare, perché non applicare la stessa logica anche a difesa della nostra sovranità digitale?

Note


[1] https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/ip_25_1085

[2] L’articolo stabilisce che “Il gatekeeper consente agli utenti commerciali, a titolo gratuito, di comunicare e promuovere offerte, anche a condizioni diverse, agli utenti finali acquisiti attraverso il proprio servizio di piattaforma di base o attraverso altri canali, e di stipulare contratti con tali utenti finali, a prescindere dal fatto che, a tal fine, essi si avvalgano dei servizi di piattaforma di base del gatekeeper”.

[3] https://storage.courtlistener.com/recap/gov.uscourts.vaed.533508/gov.uscourts.vaed.533508.1410.0_5.pdf

[4] Commission Europea, Relazione annuale sul regolamento (UE) 2022/1925 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo a mercati equi e contendibili nel settore digitale e che modifica le direttive (UE) 2019/1937 e (UE) 2020/1828 (regolamento sui mercati digitali), COM(2025) 166 final, Bruxelles, 24 Aprile 2025.

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