C’è una proposta di legge, il Ddl Amorese, che rischia di soffocare la Wikipedia italiana. E non solo. L’allarme serpeggia in questi giorni, portato da Wikimedia e varie associazioni per il diritto alla conoscenza. La proposta mira a estendere la durata del diritto d’autore sulle cosiddette “fotografie semplici” da 20 a 70 anni dopo la morte dell’autore.
Per capire quanto questo faccia male non solo a Wikipedia ma anche alla circolazione della conoscenza, bisogna capire il presupposti della legge.
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Diritto d’autore e fotografia
Si dice spesso che il diritto d’autore italiano (Legge 22 aprile 1941, n. 633) distingua tra “opere fotografiche” e “fotografie semplici“, con le prime che godono di pieno diritto d’autore, includendo diritti morali e una durata della tutela di 70 anni dalla morte dell’autore, secondo la Direttiva 93/98/CE che ha armonizzato la durata del diritto d’autore per la maggior parte delle opere a 70 anni post mortem auctoris (dalla morte dell’autore); le “fotografie semplici” invece, contrariamente a quello che potrebbe far pensare il loro nome, dispongono comunque di una tutela, sebbene ridotta e basata su un mero diritto connesso, senza diritti morali e con una durata di 20 anni dallo scatto.
Quelle che non sono tutelate dal diritto d’autore, in quanto riproduzioni puramente documentali, sono invece tutte le altre fotografie, quelle cioè che riguardano scritti, documenti, carte geografiche, disegni tecnici, cataloghi, etc.
La normativa italiana tutela quindi una serie di foto, le cosiddette “foto semplici”, che generalmente non vengono tutelate dagli ordinamenti di molti paesi europei; questi non conoscono la così bizantina distinzione tra “opera fotografica” e “fotografia semplice”: se una fotografia è considerata un’opera, gode della piena tutela autoriale per 70 anni post mortem, mentre, se non raggiunge la soglia di originalità/creatività, non è tutelata dal diritto d’autore, salvo tutele sui generis specifiche e di durata limitata per le fotografie prive di creatività ma che richiedono un rilevante investimento oggettivo e documentato in termini di attrezzature e di ricerca e sviluppo.
La proposta di legge Amorese
Il legislatore ha quindi individuato queste criticità e ha avanzato l’idea, nella proposta di legge n. 2353, DDl Amorese, “Modifiche alla legge 22 aprile 1941, n. 633, e altre disposizioni per la tutela e la valorizzazione della fotografia“, non di eliminare l’anomalia della tutela a vent’anni, ma di equipararne la tutela a 70 dalla morte dell’autore, tipica delle foto artistiche.
La situazione naturalmente non è così semplice e certamente una ridotta minoranza delle fotografie semplici potrebbe rientrare nella maggior tutela, ma è chiaro come il Parlamento, nello specifico la Commissione Cultura della Camera, sia soprattutto intenzionato a concedere diritti di sfruttamento alle categorie a scapito dei diritti di accesso dei cittadini.
Le categorie che hanno caldeggiato la riforma anti-Wikipedia
Il cosiddetto DDL Amorese intende quindi eliminare la distinzione del 1941 e riconoscere che ogni atto fotografico implica scelte espressive e una forma di interpretazione creativa del reale, assecondando la consueta ebbrezza italica che sembra ormai avere sposato la presunzione di trasformare ogni artigianato in arte, sia esso la produzione di ceramiche d’arte o l’essiccazione di un prosciutto, la lavorazione di gioielli d’autore o la modellazione di una chioma.
La piena protezione del diritto d’autore sarà quindi per entrambi i tipi di fotografia, a prescindere dalla loro qualità estetica (del resto chi siamo noi per giudicare?) o dalla notorietà dell’autore (illustre sconosciuto non sarà più considerato un ossimoro), riconoscendo il valore creativo e tecnico intrinseco di ogni scatto professionale, anche quello di nostro nipote alle prese con la fotocamera giocattolo ricevuta nel suo quinto compleanno.
Le associazioni di categoria hanno trovato facilmente il supporto dei pezzi migliori della scacchiera. Nell’audizione del 6 maggio la prof.ssa di diritto comparato alla Bicocca, Alessandra Donati, ha caldeggiato una tutela specifica per le “fotografie semplici qualificate”, come se quella a vent’anni non fosse già, e ha proposto di collocare la disciplina di queste fotografie nel Titolo Secondo della legge sul diritto d’autore (diritti connessi), anziché nel Titolo Primo (opere dell’ingegno). La Donati ha poi espresso perplessità sulla definizione dei parametri di valutazione della riproduzione non autorizzata e ha suggerito di ridefinire il perimetro del diritto patrimoniale di riproduzione e di prevedere la tutela del diritto esclusivo di elaborazione e un diritto limitato di tutela della paternità e integrità in relazione al processo tecnico, senza innalzare la soglia di creatività e originalità richiesta per qualificare l’opera fotografica.
L’avv. Lorenzo Attolico esperto di diritto d’autore ha inoltre contestato l’aggiunta di riferimenti alla cosiddetta “impronta autore frutto di elaborazione rappresentativa dello spirito creativo dell’autore” nell’articolo 2, temendo che possa implicare una necessità di autorialità e creatività solo per le opere fotografiche.
Il prof. di diritto costituzionale Michele della Morte, dell’Università del Molise e l’avv. Antonio Bellastella hanno poi rilevato che la proposta di legge mira a rafforzare la protezione del lavoro fotografico, riconoscendone la natura originale, tecnica e creativa e hanno richiamato l’orientamento della Corte di Giustizia Comunitaria sull’originalità come requisito per la tutela del diritto d’autore. Infine, e questo ci riporta alla raztio principale della modifica di legge, hanno suggerito una riforma che distingua tra professionisti e non professionisti, estendendo la tutela solo alle fotografie semplici qualificate da elevata professionalità, senza incidere sullo status autoriale.
Questo ci apre alla vera attività di lobbying operata direttamente dalle associazioni di categoria che per il tramite dei loro rappresentanti hanno ringraziato per l’iniziativa legislativa, hanno apprezzato il superamento della distinzione tra opera fotografica e foto semplice e soprattutto hanno apprezzato l’estensione della durata della tutela da 20 a 70 anni, ma non contenti, hanno suggerito che i 70 anni possano decorrere anche dalla prima pubblicazione postuma, una sorta di veste legale al luogo comune del nipote che conserva la nonna morta in congelatore per continuare a fruire della sua pensione. Come se non bastasse, hanno anche contestato l’esclusione normativa per gli oggetti nel capo quinto della legge, poiché la fotografia di un oggetto può (ovviamente!) rappresentare un’opera degna di tutela.
In un’altra audizione del 13 maggio, Conflavoro Assofoto ha anche proposto proposto un progetto per la certificazione della professione fotografica, potenzialmente tramite un albo o un sistema di certificazione. Ma un’altra audizione, quella offerta il 22 maggio alle associazioni dei reporter ha brillato su tutte le altre per la fantasia sfrenata delle proposte suggerite, non necessariamente a proposito della legge, tra le quali spicca il seguente stralcio molto divertente:
“…praticamente avevamo proposto, appunto una tracciabilità con blockchain, almeno per le foto professionali. Perché chiaramente nel mondo ci sono come sapete flussi di miliardi di foto giornaliere, quindi è impensabile creare una blockchain per un flusso del genere; però c’è la tecnologia per farlo se non altro per le foto professionali; è una questione chiaramente legislativa, cioè se c’è la volontà politica di farlo si può fare! La tecnologia c’è, è costosa, però come vediamo i prezzi si sono abbassati; quindi è possibile chiaramente poi qui si apre un mondo enorme di cui io ne so veramente poco“
Andrea Venturini, consigliere della Fotoreporter professionisti associati – FPA, all’audizione del 22 maggio presso la Commissione Cultura della Camera dei Deputati
La rivolta delle associazioni per il diritto alla conoscenza
Il 10 giugno, presso la Commissione Cultura, si è finalmente tenuta un’audizione che ha coinvolto le organizzazioni che raccolgono gli interessi dell’utenza, dei cittadini fruitori e delle associazioni che si occupano di difendere e proteggere il diritto alla conoscenza: l’ANAI, l’associazione che riunisce gli archivisti italiani, il capitolo italiano della ICOM International council of Museum, l’AIB in rappresentanza dei bibliotecari e la Creative commons Italia e la Wikimedia Italia che oggi rappresentano le realtà che verrebbero più penalizzate dal provvedimento. I rappresentanti di tutte queste realtà hanno espresso gravi preoccupazioni riguardo alla proposta di legge.
Mirko Modolo in rappresentanza dell’Associazione Nazionale Archivistica Italiana – ANAI, ha sottolineato che la proposta di legge potrebbe mettere a rischio le attività di preservazione e valorizzazione del patrimonio archivistico nazionale: milioni di fotografie conservate negli istituti archivistici, specialmente negli enti pubblici, non hanno infatti valore creativo ma sono puramente documentarie e spesso non si conosce l’identità del fotografo o le clausole contrattuali.
L’attuale termine di protezione di 20 anni per le “fotografie semplici” è stato proprio il volano che ha incoraggiato la digitalizzazione intrapresa attraverso diversi progetti, ma l’estensione a 70 anni paralizzerebbe questa attività e l’accessibilità al patrimonio culturale.
Mantenere inalterata la distinzione tra opera fotografica e fotografia semplice è quindi l’unico modo per non limitare il pubblico dominio e il diritto al patrimonio culturale.
Anche Cristina Manasse dell’International Council of Museum – ICOM Italia, ha espresso preoccupazioni sull’eliminazione della distinzione tra opere fotografiche e semplici fotografie. Ha ricordato che la normativa vigente prevede tre e non due categorie: opere fotografiche (piena tutela autoriale), semplici fotografie (diritti connessi) e fotografie documentali. La creatività implica novità e originalità, non un pregiudiziale pregio estetico o la fama dell’autore; la giurisprudenza richiede infatti un’attività intellettuale preponderante rispetto alla mera abilità tecnica per qualificare una fotografia come creativa. Le stesse direttive europee richiedono che le opere siano creazioni intellettuali che esprimano la volontà dell’artefice e già la direttiva 2019-790 ha negato la tutela autoriale per le riproduzioni fedeli di opere cadute in pubblico dominio senza apporto personale.
Il poblema principale tuttavia è che l’estensione della tutela a 70 anni renderebbe il patrimonio fotografico inaccessibile e impedirebbe le attività di digitalizzazione dei musei.
Laura Balestra dell’Associazione Italiana Biblioteche – AIB ha condiviso la volontà di valorizzare la professionalità dei fotografi, ma ha espresso preoccupazione che le modifiche possano compromettere l’equilibrio tra tutela dell’autore e accesso alla conoscenza: le biblioteche infatti conservano e valorizzano la memoria collettiva, spesso tramite donazioni di fotografie da enti privati e pubblici, e sostengono costi per catalogare e organizzare queste raccolte, con lo scopo di favorire la ricerca e la costruzione della memoria collettiva. Orbene, inserire le fotografie semplici tra le opere di ingegno creativo imporrebbe un aggravio per le biblioteche nella ricerca degli autori o degli aventi diritto e nel pagamento dei compensi. Oltretutto l”identificazione degli autori è spesso incerta, difficile e costosa, e questo costringerebbe le biblioteche ad alzare il livello di cautela e di evitare di riprodurre e divulgare le fotografie, con un danno per la crescita culturale.
Debora De Angelis (con Laura Sinigallia che però non ha potuto praticamente parlare) di Creative Commons Italia ha spiegato la funzione di Creative Commons, un’organizzazione che offre licenze gratuite per condividere opere in modalità aperta e sostiene la tutela del pubblico dominio, e ha anch’essa espresso perplessità giuridiche e culturali sulla proposta, che a suo parere non rafforza la tutela del fotografo ma la impoverisce, minando gli interessi della società civile e degli istituti culturali. Hanno poi contestato la validità del concetto di esposizione a terzi, che a dire il vero ha lasciato perplessi anche i rappresentanti dei professionisti, in quanto non può essere considerato un elemento per la tutelabilità: l’inserimento delle fotografie semplici nell’articolo 2 non elimina la distinzione e genererebbe problemi sistematici, estendendo la tutela delle opere creative anche a quelle con prevalente realizzazione tecnica.
Anche Deborah De Angelis ha sottolineato che l’impostazione normativa contrasta in toto con la direttiva europea 2019-790, che vieta l’attribuzione di nuovi diritti su riproduzioni fedeli di opere cadute in pubblico dominio e ha ribadito l’importanza di mantenere la distinzione tra opere fotografiche e semplici fotografie, basata sull’apporto creativo riconoscibile, anche per distinguere le creazioni umane da quelle prodotte da dispositivi tecnici o intelligenza artificiale.
La protesta di Wikimedia
L’intervento di Ferdinando Traversa e di Gabriele Dini Ciacci di Wikimedia Italia è stato sicuramente quello con il maggior impatto comunicativo.
L’illustrazione dell’uso delle fotografie su Wikipedia e Wikimedia Commons, un archivio con oltre 120 milioni di file multimediali con licenza libera, è servita a far capire quanto le “fotografie semplici” siano decisive per illustrare voci, diffondendo immagini del patrimonio culturale italiano a livello globale. Questo utilizzo non crea pregiudizio all’autore, anche perché la sfruttabilità economica già a vent’anni riguarda una minoranza esigua di foto, ma d’altra parte valorizza la creazione originale, consentendo il raggiungimento di un pubblico più ampio.
L’approvazione della norma renderebbe invece inutilizzabili per 70 anni molte immagini storiche e documentarie, riducendo la capacità di raccontare la storia d’Italia per un’intera generazione.
Hanno concluso infine con una riflessione sull’intelligenza artificiale, esprimendo preoccupazione che l’estensione della tutela possa rendere difficile l’uso di immagini create da umani, spingendo verso l’uso di strumenti di intelligenza artificiale.
Ad oggi, sono oltre 80.000 le fotografie semplici disponibili su Wikimedia Commons. Immagini che illustrano circa 140.000 voci enciclopediche in tutte le lingue, con milioni di utenti che ogni mese accedono a tali risorse.
Tra le immagini semplici figurano documenti storici insostituibili, come: la costruzione del Viadotto Polcevera (Ponte Morandi) nel 1966;
la celebre contestazione a Bettino Craxi davanti all’Hotel Raphael nel 1993;
le foto di una chiesa madre provvisoria dopo il terremoto del Belice (1969).
A differenza di quanto avvenuto nelle sedute precedenti, quelle con gli esponenti delle associazioni di categoria, la commissione non ha lasciato spazio per la discussione e le domande dei membri della commissione ai soggetti auditi e si è limitata a invitare tutti gli intervenuti a far pervenire proposte emendative e memorie scritte.
Perché è la legge su diritto d’autore delle foto è un attacco alla conoscenza
Come esposto nel condivisibile comunicato delle associazioni audite lo scorso 10 giugno, siamo di fronte a un attacco al diritto alla conoscenza.
Questa proposta di legge presenta tutti gli elementi che caratterizzano molte leggi che recentemente vengono promosse da governi a prescindere dal loro colore politico: tutelare il più possibile i diritti acquisiti delle lobby e se possibile aumentare la durata delle rendite; il tutto a scapito dei diritti dei cittadini, degli utenti, dei lavoratori e di tutte quelle individualità troppo frammentate per poter esercitare un controllo pubblico di carattere mediatico o una rilevanza elettorale decisiva.
Il tutto mentre le associazioni di tutela delle professioni editoriali e fotografiche, per usare un’espressione colorita, si sono fatti portar via anche le mutande dai più grandi conglomerati industriali dell’industria dell’intelligenza artificiale statunitense e cinese che ha già addestrato i propri modelli generativi su quei contenuti. Conglomerati che non potranno che essere avvantaggiati da questa legge, semmai dovesse entrare in vigore: infatti, come ricordato da Gabriele Dini Ciacci di Wikipedia, l’utente che non potrà utilizzare una foto vera, se la farà realizzare da un qualsiasi sistema locale o cloud di intelligenza artificiale generativa.
Urge correggere il vecchio detto “deus dementat quos perdere vult” in un più concreto “l’elettore impreparato che elegge legislatori incapaci, rende folle la democrazia”.