L’intelligenza artificiale non sta “arrivando” nel marketing: è già qui, e sta riscrivendo le mansioni quotidiane prima ancora dei job title.
Mentre le piattaforme di business intelligence evolvono da strumenti di visualizzazione a veri assistenti analitici, l’AI entra nel cuore dei processi operativi, automatizza compiti che fino a ieri assorbivano ore di lavoro umano e ridisegna l’equilibrio fra analisi, creatività e strategia.
Il risultato? Meno tempo passato a pulire dati e costruire report, più tempo — per chi saprà coglierlo — dedicato all’interpretazione critica, alla narrazione e alle decisioni di valore.
Ma questo nuovo paradigma non è neutrale: riduce il bisogno di ruoli junior, alza l’asticella delle competenze richieste e apre una frattura tra chi saprà governare l’AI e chi ne resterà schiacciato. In questo scenario, capire dove e come l’intelligenza artificiale stia già cambiando il lavoro non è più un esercizio teorico: è la condizione per restare rilevanti.
Indice degli argomenti
Strumenti di BI: da visualizzatori a assistenti intelligenti
Gli strumenti di business intelligence e reporting non sono più semplici visualizzatori: sono assistenti attivi che sanno interrogare dataset complessi, sintetizzare trend, generare insight e perfino produrre narrazioni di base.
Piattaforme come Tableau lo strumento di Salesforce epr reimmaginare il futuro dell’analisi dei dati e del consumo di insight su larga scala e Google Looker Studio (collegate all’ecosistema Google Cloud) permettono di passare dalla semplice descrizione dei dati alla loro interpretazione strategica sempre più capillare.
Ne deriva che compiti che richiedevano ore o, addirittura, giorni ora si eseguono in minuti: per un junior di reparto marketing ciò significa che gran parte del “mestiere” – estrarre dataset, unire sorgenti, eseguire analisi descrittive – può essere affidata a pipeline automatiche. Questo libera tempo per compiti di maggiore valore: contestualizzazione, verifica qualitativa degli insight, costruzione di narrazioni strategiche e traduzione degli insight in azioni commerciali.
Le previsioni degli analisti sul futuro del marketing
L’idea che una buona parte delle funzioni di marketing sarà gestita da agenti IA entro pochi anni non è solo provocatoria: è già la previsione degli analisti. Secondo l’International Data Corporation, entro il 2028 “tre dei cinque ruoli o funzioni di marketing saranno ricoperti da lavoratori dell’intelligenza artificiale, spostando gli esseri umani e le loro competenze verso la strategia, la creatività”. Non solo: l’istituto prevede che, entro il 2027–2028, circa il 30% delle attività tradizionali di marketing (SEO, ottimizzazione dei siti, analisi dei dati clienti, segmentazione, lead scoring, SEO) vengano totalmente automatizzate.
Questo cambiamento ha una conseguenza evidente: la funzione “analista junior di mercato” è destinata ad accorciarsi, trasformarsi o sparire. Se l’attività ripetitiva e basata su regole fisse può essere affidata all’IA, che cosa resta per l’analista? Resta la parte di giudizio critico, interpretazione, creatività strategica.
Valutare l’impatto dell’AI sul proprio ruolo professionale
Secondo Jasmine Escalera, esperta di carriere per LiveCareer, piattaforma online per aiutare gli utenti nella ricerca di un lavoro, che ha recentemente presentato un’indagine sui 10 lavori che saranno sostituiti dall’intelligenza artificiale: “È importante che i professionisti del marketing valutino come l’AI venga già utilizzata nei loro ruoli e nelle loro organizzazioni attuali.
Domande come: ‘Quali parti del mio lavoro sono già supportate dall’AI e in quali aree questo supporto potrebbe ampliarsi nel prossimo futuro?’ possono aiutare a orientarsi. Questo tipo di valutazione, insieme a conversazioni con manager, mentori e colleghi del settore, può aiutare i professionisti ad anticipare l’evoluzione dei propri ruoli e a individuare le nuove competenze necessarie per restare rilevanti e competitivi”.
Le quattro fasi dell’automazione nel marketing analysis
Il processo è chiaro:
- Prima fase: le routine vengono automatizzate. Analisi descrittive, pulizia dati, report standard, segmentazione di base diventano domini dell’IA.
- Seconda fase: la velocità migliora e il volume dei deliverable cresce senza proporzionale aumento del personale.
- Terza fase: le aziende, constatando che la “macchina” può sostenere carichi crescenti con minori risorse umane, riducono gli headcount per i profili più operativi.
- Quarta fase: i profili operativi si riducono e restano quelli capaci di supervisionare l’IA, interpretarne gli output, tradurli in strategia e comunicare con il top-management.
“Lavoro per una grande agenzia di digital marketing… Questi tipi di posti di lavoro continueranno a diminuire in numero e in retribuzione e il ritmo con cui ciò sta accadendo sta aumentando su una scala inimmaginabile”.
Su Reddit, ad esempio, si leggono decine di commenti come questo. Ciò non significa che tutte le posizioni spariranno, ma che il gradino “entry” – basato sull’analisi standardizzata – diventerà molto più competitivo e meno numeroso in termini di unità ricercate dalle aziende e dai loro brand.
Competenze strategiche per distinguersi nell’era dell’AI
Pe Escalera di LiveCareer “Per i professionisti alle prime armi, ciò non dovrebbe generare timore, ma piuttosto stimolare la voglia di essere proattivi e di cogliere le opportunità per migliorare le proprie competenze.
Ad esempio, sviluppare competenze in analisi strategica, creatività e storytelling aiuterà qualsiasi professionista del marketing a distinguersi e a integrare efficacemente l’uso dell’AI nel proprio lavoro. Per i professionisti di livello intermedio o senior, l’AI sta ridefinendo il modo in cui vengono sviluppate le strategie.
Chi saprà sfruttare gli insight forniti dall’AI unendoli al giudizio umano, all’empatia e all’innovazione sarà molto richiesto”.
Nuovi profili e governance per manager e entry-level
Per gli entry-level la transizione è duplice: da un lato alcune attività routinarie scompaiono; dall’altro emergono nuove opportunità. I profili richiesti diventano ibridi: capacità analitiche, alfabetizzazione ai modelli di IA, competenze narrative (data storytelling) e soft skill per lavorare in team trasversali.
Per i marketing manager la sfida è strategica: non basta adottare tecnologie; occorre definire politiche di governance dei dati, criteri etici per l’uso dell’IA e modelli organizzativi che valorizzino l’IA come leva di decisione, non come scatola nera. In pratica, il capo del marketing diventa un “architetto della governance” – strutturando processi, definendo metriche condivise e costruendo ponti con IT e funzioni di compliance.
Il ritardo italiano nell’adozione dell’intelligenza artificiale
Il contesto italiano accentua la sfida: l’adozione dell’IA non è ancora capillare. Il Government AI Readiness Index 2024 redatto dal think tank Oxford Insight colloca l’Italia al 25° posto nel panorama europeo, dietro 13 nazioni del continente. Questo gap infrastrutturale e organizzativo rallenta la diffusione delle soluzioni IA nei processi di marketing e nelle analisi di mercato.
Il risultato: molte aziende italiane rischiano di perdere il treno della “ricerca di mercato accelerata dall’IA”, restando con processi manuali più lenti, costosi e meno competitivi.
Esempi di successo: Unilever e Dove guidano l’innovazione
Gruppi globali come Unilever hanno già investito in iniziative che sfruttano l’IA per accelerare processi di analisi, produzione di contenuti e adattamento locale delle campagne, registrando riduzioni significative nei tempi di go-to-market e miglioramenti nell’efficienza decisionale. Questo tipo di approccio segnala che l’IA è particolarmente efficace quando connessa a processi chiari: modelli predittivi per la domanda, segmentazioni dinamiche del consumatore, strumenti di attribuzione multicanale che integrano dati di vendita e advertising.
“L’intelligenza artificiale facilita l’interazione con i trend social. In meno di 30 giorni, la campagna ‘Change the Compliment‘ di Dove ha raggiunto 700 milioni di impression e un sentiment positivo del 94%” ha scritto la multinazionale britannica di beni di consumo titolare di 400 marchi sul blog aziendale.
Le aziende che invece restano con dataset non organizzati, silos informativi e governance marketing debole rischiano di non beneficiare appieno delle opportunità legate all’AI.
Rischi, infrastrutture e necessità di governance responsabile
Le piattaforme software (come Tableau, Looker e analoghi stack cloud) sono potenti ma non risolvono tutto. Ci sono rischi concreti: output fuorvianti se i dati non sono puliti; bias algoritmici che riflettono dati storici distorti; dipendenza da vendor che può limitare trasparenza.
Le aziende e i loro brand devono investire su tre fronti:
- infrastrutture dati (cataloghi, semantica dei KPI),
- competenze (training, reskilling) e
- governance (linee guida per uso responsabile dell’IA). Solo così il cambio di paradigma sarà sostenibile.
Se ben governata, l’adozione diffusa dell’IA nelle analisi di mercato può trasformare il marketing in un motore strategico: non più solo leva commerciale ma nucleo di intelligence strategica per il top management. Questo richiede però un salto infrastrutturale e culturale, particolarmente urgente in contesti dove l’adozione è lenta.
L’AI come motore strategico: opportunità e responsabilità
L’immagine più utile non è quella di un’IA che “ruba posti di lavoro”, ma di un’IA che riallinea responsabilità e competenze. Per le aree marketing delle aziende e dei loro brand questo significa meno tempo speso a produrre report e più tempo a progettare esperienze cliente, testare ipotesi e costruire strategie basate su insight in tempo reale o quantomeno tempestivi.
Tuttavia, è innegabile che ci sarà una riduzione di posizioni tradizionali – specie quelle entry-level –, perché le funzioni operative del passato sono destinate all’automazione. Le aziende che sapranno governare dati, processi e competenze trasformeranno l’automazione in vantaggio competitivo; quelle che sottovaluteranno la sfida rischiano invece di restare indietro.
In sintesi: l’IA non cambia il marketing, lo rende più veloce e più potente – a patto che sia integrata in un’architettura organizzativa e culturale che metta al centro governance, interpretazione e responsabilità umana, perché l’intelligenza artificiale è uno strumento non un sostitutivo tout court dell’uomo.














