I Comuni sono tra gli attori protagonisti nei processi di procurement, perché regolano l’erogazione di una molteplicità di servizi pubblici: si pensi, per esempio, al trasporto locale, alla raccolta dei rifiuti, al servizio di polizia municipale. La realizzazione di ciascun servizio necessita di beni e risorse di cui il Comune non dispone e che deve quindi acquistare sul mercato.
Alcuni di questi servizi possono essere affidati in toto ad attori privati, con i quali il Comune stipula contratti di entità e durata variabile. I municipi (così come gli organismi inter-comunali e le società municipalizzate) possono del resto appaltare cose molto diverse: servizi (ovvero la realizzazione di un’attività di interesse collettivo, come i servizi socio-assistenziali, ambientali ecc.), lavori (che concernono progettazione, costruzione e manutenzione di infrastrutture e impianti, ad esempio asili nido, un depuratore o strade) e forniture (ossia beni indispensabili per il corretto funzionamento di strutture e servizi, come cancelleria, computer, mobili da ufficio ecc.).
Indice degli argomenti
Appalti comunali e public procurement: perché contano per i servizi locali
La rilevanza del public procurement per i conti pubblici è confermata dalla sua entità. Tra il 2014 e il 2023, considerando solo i bandi comunali sopra i 40.000 euro, sono state aperte oltre 3 milioni e mezzo procedure di bando, per un importo complessivo di quasi 380 miliardi di euro [Fonte: ANAC]. Va inoltre considerato che tra questi ultimi, in particolare il 2021 e il 2023, figurano anche 7 miliardi di euro banditi dai Comuni ricorrendo ai fondi PNRR/PNC, ovvero ai fondi europei del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e alle risorse nazionali del Piano Nazionale Complementare.
Il progetto Open Government Data e i dati ANAC: cosa permettono di vedere
Alla luce di questa rilevanza, il progetto Open Government Data dell’Università Milano-Bicocca – che mira a osservare la società attraverso i dati della Pubblica Amministrazione – ha dedicato una linea di ricerca all’evoluzione degli appalti comunali, per comprendere meglio il mutamento organizzativo dei Comuni e degli enti a essi collegati. Data l’enorme disponibilità di dati, la scelta di focalizzarsi sul decennio 2014-2023 è legata al fatto che esso ha costituito un periodo di intensa trasformazione della macchina comunale e del public procurement, ad esempio attraverso la pubblicazione di due successivi Codici degli Appalti (nel 2016 e nel 2023).
Fondamentale in questo senso è stata la collaborazione con l’Autorità Nazionale anti Corruzione (ANAC), dato il suo ruolo di “collettore” centrale dei bandi pubblici per finalità di controllo e trasparenza. I dati dei bandi di tutte le pubbliche amministrazioni italiane, raccolti in maniera più sistematica dal 2010, sono messi da ANAC a disposizione del cittadino in forma open e – seppure complessi da trattare proprio in ragione della loro mole e del livello di dettaglio – aprono la strada ad analisi potenzialmente molto approfondite.
Come crescono gli appalti comunali: numeri e importi nel decennio 2014-2023
Le proporzioni del fenomeno
Tra il 2014 e il 2023 gli appalti comunali sono cresciuti significativamente (Tabella 1), sia in termini di importi complessivi sia di dimensioni medie dei singoli bandi, tanto che né l’inflazione né i fondi PNRR sono in grado di spiegare da soli questa crescita. Una crescita trasversale che ha riguardato tanto i lavori quanto le forniture e, seppure in misura minore, i servizi.
Tabella 1. Bandi/lotti sopra i 40.000 euro pubblicati dai Comuni italiani tra il 2014 e il 2023.
| Anno | servizi (n.) | lavori (n.) | forniture (n.) | TOTALE (n.) | servizi (mln €) | lavori (mln €) | forniture (mln €) | TOTALE (mln €) |
|---|---|---|---|---|---|---|---|---|
| 2014 | 49,402 | 301,810 | 16,955 | 368,167 | 15,989 | 8,655 | 2,259 | 26,903 |
| 2015 | 40,775 | 275,998 | 14,638 | 331,411 | 19,453 | 7,959 | 2,802 | 30,214 |
| 2016 | 34,530 | 270,611 | 11,713 | 316,854 | 17,629 | 5,016 | 3,422 | 26,067 |
| 2017 | 38,814 | 284,507 | 12,292 | 335,613 | 22,122 | 6,008 | 2,365 | 30,495 |
| 2018 | 38,853 | 292,277 | 11,692 | 342,822 | 21,140 | 7,356 | 6,508 | 35,004 |
| 2019 | 42,911 | 299,116 | 12,429 | 354,456 | 19,928 | 9,175 | 3,248 | 32,351 |
| 2020 | 44,018 | 286,285 | 12,457 | 342,760 | 19,867 | 10,609 | 3,252 | 33,728 |
| 2021 | 69,758 | 290,574 | 13,774 | 374,106 | 30,254 | 12,858 | 4,154 | 47,266 |
| 2022 | 77,763 | 256,265 | 17,319 | 351,347 | 25,671 | 19,752 | 7,182 | 52,605 |
| 2023 | 126,963 | 279,401 | 25,730 | 432,094 | 24,714 | 33,041 | 6,783 | 64,538 |
| Totale | 563,787 | 2,836,844 | 148,999 | 3,549,630 | 216,767 | 120,429 | 41,975 | 379,171 |
Per questo, quando aumenta la posta in gioco diventa interessante osservare come evolvono le dinamiche competitive tra i potenziali fornitori per accaparrarsi le commesse. L’ipotesi più lineare sarebbe che maggiori stanziamenti attirino un numero maggiore di offerenti ma, come vedremo, la linearità non è il criterio più utile a comprendere il complesso mondo degli appalti, in particolare quello dei grandi appalti.
Dati incompleti e trasparenza: il limite nascosto degli appalti comunali
Gli open data delle pubbliche amministrazioni sono molto voluminosi e indubbiamente utilissimi, ma tutt’altro che completi e perfetti. Nel nostro caso abbiamo, ad esempio, escluso dall’analisi i bandi sotto i 40.000 euro perché, pur essendo presenti nei dataset, riportano informazioni troppo limitate.
Il nodo cruciale è però un altro: i Comuni, per legge, dovrebbero trasmettere ad ANAC tutte le informazioni relative ai propri appalti lungo l’intero ciclo di vita – dalla pubblicazione del bando (su cui i progressi sono significativi) fino all’aggiudicazione, alle eventuali varianti contrattuali e alla chiusura dell’appalto. Di fatto questo avviene solo in parte: dei 3,5 milioni di bandi analizzati, gli esiti e le aggiudicazioni risultano comunicati in meno della metà dei casi.
Questa lacuna limita il potenziale e la precisione dell’analisi, perché il numero di offerte ricevute per ciascun bando è disponibile soltanto per questa quota di appalti. Inoltre, la reticenza nel comunicare le aggiudicazioni non è distribuita in modo uniforme, ma si concentra in specifiche aree geografiche, settori di attività e tipologie di gara.
In questa sede ci limitiamo a prendere atto che la mole di dati è enorme e preziosa, ma allo stesso tempo significativamente ancora incompleta. Ed è anche per questo che (attenzione, spoiler) il ragionamento sulla competizione negli appalti comunali porterà, più che a conclusioni definitive, a nuove domande e sfide analitiche.
Procedure e competizione negli appalti comunali: aperte, negoziate, dirette
Un primo elemento per saggiare il livello di competitività degli appalti è certamente il tipo di procedura adottata per assegnare i fondi. In Italia ne esistono oltre 40 tipi che ai nostri fini possiamo distinguere per il livello di apertura (chi può partecipare, se tutti o solo alcuni) e di discrezionalità (quanto il committente può esercitare il suo arbitrio nella scelta o quanto invece questa sia esito della formalità della procedura).
Dal massimo dell’apertura al minimo della concorrenza
A un capo del continuum troviamo la procedura aperta, alla quale potenzialmente possono partecipare tutti; dall’altro l’affidamento diretto, nel caso in cui un appalto sotto specifiche soglie economiche possa essere assegnato direttamente dal committente a un aggiudicatario di sua scelta, di fatto in assenza di competizione. Negli altri casi abbiamo procedure con differenti regole e condizioni di partecipazione, ma che possiamo classificare, insieme a quelle aperte, come procedure competitive: è il caso delle procedure negoziate e delle procedure ristrette, così come del dialogo competitivo, alle quali si affiancano altre forme di procurement più innovative, sebbene meno diffuse.
Perché qui si escludono accordi quadro e convenzioni
Escludiamo per il momento dalle analisi gli accordi quadro e le convenzioni, che sono molto diffusi, in particolare nel campo delle forniture, perché in quei casi la competizione si esprime secondo logiche e meccanismi differenti, che vanno oltre la procedura stessa. Concentriamoci invece su questo aspetto: di tutti i miliardi di euro banditi dai Comuni ogni anno nel perimetro dei bandi di importo superiore ai 40.000 euro, quale quota viene bandita attraverso procedure competitive (aperta, negoziata, ristretta ecc.) e quale invece attraverso l’affidamento diretto?
Il grafico 2 mostra chiaramente che:
- prevalgono sempre le procedure competitive, seppure tra il 2020 e il 2022 (in particolare) sia cresciuta la quota di importi affidati senza competizione;
- le procedure aperte hanno lasciato negli anni spazio alle altre procedure competitive, pur marcando un brusco ritorno nel 2023.

In sintesi, in uno scenario di crescita della spesa per il procurement, la quota degli importi banditi con procedure competitive non è aumentata, seppure esse vengano impiegate di fatto per assegnare una larga maggioranza di fondi comunali.
Quante offerte arrivano: segnali sulla competizione negli appalti comunali
Restringiamo però ora lo sguardo alle procedure competitive aggiudicate nel corso del decennio, per osservare più da vicino la competizione in termini di numero medio di offerte ricevute per ciascuna procedura negli anni.

Il grafico mostra un primo trend piuttosto chiaro: il numero medio di offerte ricevute dalle stazioni appaltanti comunali ha visto un calo costante fino al 2021, passando da oltre 6 a meno di 4, per poi rimanere stabile. Osserviamo anche che il calo si annida principalmente nei bandi dedicati ai lavori (ovvero principalmente nel settore delle costruzioni), dove un tempo la competizione risultava molto più vivace che nei servizi o nelle forniture.
In parte lo è ancora, ma dal 2021 al 2023 il numero medio di proposte pervenute per un bando dedicato a lavori è rimasto inferiore a cinque. Per servizi e forniture non si è invece mai saliti sopra alle 3 offerte.
Questo di fatto segnala che all’aumento degli importi stanziati non è corrisposto un aumento dei competitor, ma si è anzi associato un calo significativo del numero di offerte pervenute.
Single bidding negli appalti comunali: quando la gara resta senza gara
Se abbiamo visto come la quota percentuale di importi aggiudicati dai Comuni attraverso procedure competitive risulti comunque elevata, quel dato non tiene conto del diffuso fenomeno del single bidding, ovvero dell’aggiudicazione di una procedura competitiva (aperta, negoziata, ristretta ecc.) a seguito della ricezione di un’unica offerta.

I dati ANAC rivelano infatti che oltre un quarto (27.8%) delle procedure competitive bandite dai Comuni italiani nel decennio 2014-2023 è stata aggiudicata a fronte di una unica offerta, di fatto in assenza di competizione tra fornitori (o tra loro raggruppamenti). Se guardiamo al numero di procedure aggiudicate in questo modo sul totale delle procedure competitive aggiudicate, la quota di single bidding è cresciuta sensibilmente nel corso del decennio: da poco più del 19% nel 2014 all’oltre 36% del triennio 2021-2023 (da oltre 4,000 a oltre 9,000 casi all’anno).
Il fenomeno è quindi assolutamente rilevante e in crescita sia in termini assoluti (numero di bandi e importi aggiudicati), sia in termini relativi (proporzione sul totale delle procedure competitive). Sappiamo inoltre che esso si annida prevalentemente nell’ambito delle forniture (tra il 40 e il 49%) e dei servizi (tra il 32 e il 49%), mentre è più limitato, seppure in crescita, tra i lavori (tra il 10 e il 25%).
Esso riguarda peraltro i bandi riferiti a tutte le fasce di importo, ma mostra incidenza maggiore tra le gare d’appalto sotto i 250,000 euro, così come tra quelle più grandi sopra i 5 milioni di euro. Infine, osservando gli appalti comunali aggiudicati tra il 2021 e il 2023, vediamo come il fenomeno riguardi il 30% delle aggiudicazioni relative a fondi PNRR/PNC, mentre salga al 36.9% tra quelle non legate a questo tipo di finanziamento.
Rischi e interpretazioni: cosa può ridurre la concorrenza
Affermare che all’aumento degli importi banditi dai Comuni italiani nel corso del decennio osservato non sia corrisposto un maggiore ricorso a procedure competitive, né una maggiore vivacità in termini di numero di offerte ricevute dalle stazioni appaltanti, non significa però decretare una caduta libera della competizione. D’altra parte, come affermato sin da subito, il mondo del public procurement è complesso e soggetto a evoluzioni che necessitano di essere comprese, e che difficilmente lasciano spazio a risposte univoche e lineari.
Occorre invece provare a cogliere le diverse sfaccettature soggiacenti a questi dati, che per questo saranno oggetto di analisi future. Sulla scorta di numerosi studi già svolti, vanno infatti tenuti presenti una serie di fattori che, in questa sede, ci limitiamo a elencare:
- come visto, le procedure aperte – quelle a cui solitamente partecipano più concorrenti, ma che sono anche molto rigide e costose – sono state progressivamente affiancate, e in diversi casi sostituite, da altre procedure competitive più snelle e adatte a gestire progetti e servizi sempre più complessi: procedure negoziate, ristrette, dialogo competitivo, partenariati per l’innovazione, ecc. Queste contemplano già in partenza la ricezione di un numero limitato e preselezionato di offerte;
- a fronte di appalti sempre più complessi e innovativi, anche i fornitori si stanno evolvendo nella direzione di una maggiore specializzazione sia nei contenuti delle proprie offerte (questo riduce il campo dei competitors) sia nelle forme di cooperazione (unendosi sempre più in reti e consorzi per portare avanti un’offerta congiunta).
- dal canto loro, i Comuni, specie nell’affidamento di servizi specialistici (sociali, ambientali, trasporto pubblico, ecc.), tendono a privilegiare fornitori già sperimentati, capaci di garantire continuità ed elevati standard di qualità ed efficienza, e che nel tempo hanno sviluppato specifiche competenze e know-how.
Questi elementi non escludono tuttavia una serie di rischi legati alla ridotta competizione: infatti, tra gli stessi indicatori elaborati da ANAC, e messi alla prova da una vasta letteratura, il single bidding e la ridotta presenza di offerte valide sono considerati segnali di potenziale rischio corruttivo. È peraltro plausibile che alcune stazioni appaltanti possano limitare intenzionalmente la concorrenza, riducendo la visibilità e i tempi di pubblicazione dei bandi, o predisponendo requisiti “su misura” per favorire o escludere determinati operatori economici.
È importante anche riflettere sul fatto che, in alcuni casi, gli importi troppo esigui possano scoraggiare la partecipazione: ciò sia perché molti Comuni sono piccoli e dispongono di risorse limitate, sia perché si registra talvolta un dumping aggressivo nelle basi d’asta. Su questo fronte, si possono presumere delle differenze territoriali significative, laddove in alcune aree manchi una platea sufficiente di potenziali fornitori specializzati. Infine, di fronte ad appalti sempre più grandi e complessi, le piccole e medie imprese rischiano di essere tagliate fuori non riuscendo a rispettare onerosi requisiti amministrativi, tecnici o finanziari.
Perché studiare la competizione negli appalti comunali resta centrale
Per questi e altri motivi, la questione è aperta e lo studio di queste dinamiche risulta centrale, data anche la posta in gioco in termini di entità di risorse pubbliche e di centralità dei servizi e delle infrastrutture gestite attraverso queste procedure. Sarà quindi necessario un ulteriore chiarimento e aggiornamento dei significati che possiamo attribuire alle dinamiche competitive e un’analisi approfondita delle scelte organizzative innescate dal mutamento in atto.
Bibliografia
ANAC (2024), Il rischio di corruzione negli appalti. Validità degli indicatori. https://www.anticorruzione.it/documents/91439/39343313/Scheda_INDICATORI_RISCHIO_CORRUTTIVO_APPALTI.pdf/ea4ddb99-bbb1-7000-29cf-280a853bbb0c?t=1658141962383
Baldi S., Bottasso A., Conti M. e C. Piccardo (2016), To bid or not to bid: That is the question: Public procurement, project complexity and corruption, in European Journal of Political Economy, vol.43/2016, pp.89-106.
Bosio E., Djankov S., Glaeser E. e A. Shleifer (2022), Public Procurement in Law and Practice, American Economic Review, vol.112 (4)/2022, pp.1091-1117, American Economic Association, Nashville (USA).
Cavallini I. (2023), La gestione delle società a partecipazione pubblica, Giappichelli Editore, Torino (IT).
Crouch C. (2004), Post democracy, Wiley, Hoboken.
De Carolis F. (2014), Awarding Price, Contract Performance, and Bids Creening: Evidence from Procurement Auctions, American Economic Journal: Applied Economics, vol.6/2014, pp.108-132, Benjamin Olken, Massachusetts Institute of Technology, Cambridge.
Fazekas M. e Nishchal S. (2020), Uncovering High-Level Corruption: Cross-National Objective Corruption Risk Indicators Using Public Procurement Data, in British Journal of Political Science , Volume 50 , Issue 1.
Fazekas M., Nishchal S. e T. Soreide (2025), The Impact of Emergencies on Corruption Risks: Italian Natural Disasters and Public Procurement, in Regulation & Governance, vol.1/2025.
Fazekas M. (2017), Assessing The Quality Of Government At The Regional Level Using Public Procurement Data, Working Papers, vol.12/2017, European Commission, Luxemburg.
Gao, Y., Janssen M. e C. Zhang (2023), Understanding the evolution of open government data research: towards open data sustainablity and smartness, in International Review of Administrative Sciences, vol.89, pp.59-75, Sage Publications, Thousand Oaks.
Grimshaw D., Vincent S. e Willmott H. (2002), Going Privately: Partnership and Outsourcing in UK Public Services, Public Administration, vol.80 n.3, pp.475-502, Blackwell Publishers Ltd, Oxford and Malden.
Rota F. (2016), Qualità e innovazione nella disciplina dei contratti pubblici fra concorrenza e buon andamento, in Amministrativamente, vol.9-10/2016, pp.1-18, Università degli Studi di Roma “Foro Italico”, Roma.













