Al netto della doverosa solidarietà a Sigfrido Ranucci per l’attentato del 15 ottobre, non si può dire che il giornalista, front man della trasmissione Report, abbia avuto parole misurate nei confronti dell’Autorità Garante per il Trattamento dei dati personali (o Garante Privacy).
Solo per aver dato una pesante – 150 mila euro – quanto giustificata sanzione alla Rai per per l’illecita diffusione dell’audio tra Gennaro Sangiuliano e la moglie Federica Corsini, in merito alla vicenda con protagonista l’ex ministro e Maria Rosaria Boccia.
Scendiamo nel dettaglio per capire in punto di diritto come stanno le cose.
Indice degli argomenti
Lo scontro tra Ranucci ed il Garante Privacy
Dopo aver ricevuto il provvedimento sanzionatorio del 23 ottobre 2025, Sigfrido Ranucci si è espresso in modo molto duro nei confronti del Garante privacy.
Le parole di Ranucci
In particolare: “”In questi giorni raccolgo solidarietà bipartisan, ma si sta rivelando ipocrita: da una parte solidarietà, dall’altra qualcuno sta armando il Garante della Privacy per punire Report e dare un segnale esemplare a altre trasmissioni
“Ciò che dico lo affermo con cognizione di causa – aveva detto ancora Ranucci -, e lo si vedrà nelle prossime ore. Chiedo che il Garante europeo verifichi come sta operando il Garante della Privacy italiano, perché sembra agire come un’emanazione del governo”.
Il giornalista ha poi pubblicato un video in cui si vedeva Agostino Ghiglia, membro dell’Autorità Garante, entrare in una sede del partito di Fratelli d’Italia.
Ghiglia ha poi chiarito di essersi recato nella sede del partito politico “per incontrare il direttore de Il Secolo d’Italia, Italo Bocchino, in merito a una presentazione a Torino e a Roma di due nuovi libri”.
Da qui l’accusa al Garante di non essere indipendente.
La risposta del Garante
Accusa a cui il Garante privacy ha risposto altrettanto duramente, ribadendo, in due distinti comunicati stampa “l’assoluta indipendenza e trasparenza del proprio operato a difesa della legalità”, riservandosi “ogni necessaria iniziativa a propria tutela”, e ricordando gli “oltre 28 anni di attività svolta nell’esclusivo rispetto della legge, delle funzioni e dei compiti di tutela affidati all’Autorità, con la garanzia costante della massima trasparenza del proprio operato”.
Ghiglia ha anche detto di essere stato pedinato e che denuncerà.
Il provvedimento del Garante Privacy su Ranucci-Report
Ma le pesanti accuse mosse da Ranucci al Garante sono fondate, in punto di diritto, o il Garante ha comminato una sanzione pesante su basi solide?
Letto il provvedimento (Registro dei provvedimenti , n. 621 del 23 ottobre 2025, link), il Garante sembra aver agito con piena cognizione della situazione e con scrupolosa attenzione al dettato normativo, oltre che alle pronunce giurisprudenziali in materia.
La tesi per cui non vi sarebbe violazione della privacy perché il competente Ordine dei giornalisti non ha rinvenuto violazioni disciplinari – la tesi di Ranucci e della rai – semplicemente, non tiene, perché le cose non sono in relazione biunivoca.
Giova qui riprendere testualmente parte del provvedimento, per fare chiarezza sulle motivazioni addotte.
“- in prima battuta, la piana disciplina dell’art. 6 esplicita che la divulgazione di dati personali non determina una violazione della normativa privacy soltanto se “sia indispensabile in ragione dell’originalità del fatto o della relativa descrizione dei modi particolari in cui è avvenuto, nonché della qualificazione dei protagonisti”; tale disposizione, rubricata “essenzialità dell’informazione”, ha, pertanto, correlato il carattere dell’essenzialità al carattere dell’indispensabilità, quest’ultimo rimasto del tutto indimostrato nella specie;
– la valutazione dell’essenzialità dell’informazione deve seguire parametri di maggior rigore ogniqualvolta siano coinvolti dati personali ai quali l’ordinamento accorda una tutela rafforzata, quali quelli espressivi del diritto alla libertà e segretezza delle comunicazioni, di cui all’art. 15 della Costituzione: una disposizione che, ad avviso della giurisprudenza, “protegge (…) qualsiasi forma di “corrispondenza” e di “comunicazione”, che, nella realtà sociale odierna, comprende evidentemente anche le comunicazioni telefoniche, per messaggi – sms o tramite applicativi (whatsapp, telegram, ecc.)” (cfr. Corte di Cassazione, sez. V, 25 ottobre 2021, n. 46076). Tali dati sono, peraltro, attualmente oggetto di una disciplina più restrittiva anche sul piano della circolazione endoprocessuale (cfr. art. 114, c.2-bis, c.p.p.), a dimostrazione della particolare protezione loro accordata dall’ordinamento;
– a tal riguardo, nella sentenza 27 luglio 2023, n. 170 la Corte Costituzionale ha ribadito che “la stretta attinenza della libertà e della segretezza della comunicazione al nucleo essenziale dei valori della personalità – attinenza che induce a qualificare il corrispondente diritto “come parte necessaria di quello spazio vitale che circonda la persona e senza il quale questa non può esistere e svilupparsi in armonia con i postulati della dignità umana” (v. sent. n. 366 del 1991) – comporta un particolare vincolo interpretativo, diretto a conferire a quella libertà, per quanto possibile, un significato espansivo» (sentenza n. 81 del 1993)”;
– la particolare estensione applicativa riconosciuta, dalla giurisprudenza costituzionale, all’art. 15 Cost. è, del resto, particolarmente espressiva della tutela peculiare accordata dall’ordinamento a questo diritto di libertà. E’, in tal senso, significativo come la Corte Costituzionale, con orientamento consolidato (sentt. nn. 81/1993, 281/1998, 372/2006), abbia ricompreso anche i dati esteriori delle comunicazioni nell’alveo dell’art. 15 Cost.: sarebbe a dire “l’ampiezza della garanzia apprestata dall’art. 15 della Costituzione alle comunicazioni che si svolgono tra soggetti predeterminati entro una sfera giuridica protetta da riservatezza è tale da ricomprendere non soltanto la segretezza del contenuto della comunicazione, ma anche quella relativa all’identità dei soggetti e ai riferimenti di tempo e di luogo della comunicazione stessa” (cfr. Corte Costituzionale, 11 marzo 1993, n. 81);
– in favore del maggior rigore nello scrutinio di indispensabilità, a fini informativi, della pubblicazione di dati inerenti a conversazioni telefoniche depone, del resto, anche una consolidata giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’Uomo. Essa, infatti, con la nota sentenza CRAXI contro ITALIA del 17 luglio 2003, n. 25337/94, ha avuto modo di precisare come la pubblicazione sulla stampa degli estratti di conversazioni di natura strettamente privata, in quel caso di un personaggio pubblico con la moglie, non corrispondesse ad alcun bisogno sociale imperativo e non potesse ritenersi misura proporzionata in una società democratica”.
Da qui la parte di merito:
“- la valutazione di funzionalità sottesa alla scelta di diffondere l’audio di una conversazione telefonica privata ha risposto ad una esigenza niente più che utilitaristica, frontalmente incompatibile con i tassativi caratteri (indispensabilità della divulgazione per l’essenzialità dell’informazione) di un’attività giornalistica della cui illiceità, per violazione della disciplina sulla protezione dei dati, la redazione “Report” era perfettamente consapevole al momento di mandare in onda l’audio in questione;
– tale affermazione rende conto di una finalità che ha platealmente esulato dal limite legislativo costituito dalla “essenzialità dell’informazione”, sostanziandosi in una consapevole violazione della sfera di riservatezza del Ministro Sangiuliano e della moglie, Federica Corsini, in chiave di realizzazione di un risultato giornalistico”.
I precedenti che confermano l’illecito privacy di Report e Ranucci
Il Garante, infine, ripercorre ancora dei precedenti giurisprudenziali a sostegno della tesi dell’illiceità della diffusione della registrazione, in materia di giornalismo di inchiesta: “In altri termini, in via pretoria si è affermato l’indirizzo secondo cui affinché possa ritenersi integrata la fattispecie del giornalismo d’inchiesta sia richiesto che il giornalista ponga in essere una mera valutazione critica di dati e notizie anche già noti ed esistenti, senza che vi sia la necessità di svolgere in prima persona le attività investigative, come ad esempio l’ascolto di conversazioni ritenute rilevanti, l’assunzione diretta di testimonianze di persone informate sui fatti o la ricerca e l’utilizzo di documenti inediti, anche se questi siano stati acquisiti da terzi”.
Nella specie, la diffusione dell’audio – che, sulla scorta di quanto rilevato, integra la violazione della normativa sulla protezione dati, secondo gli specifici profili sopra indicati – si è, ulteriormente, sostanziata, da parte della redazione di “Report”, in una consapevole reiterazione della violazione della protezione dati oggetto di coartata captazione da parte della dott.ssa Boccia.
Si tratta di un rilievo di cui la redazione di “Report” ha dimostrato di essere perfettamente a conoscenza, sol che si consideri che nella trascrizione del segmento del servizio (dal minuto 22:12 al minuto 27:15), risultante nella memoria procedimentale del 20.1.2024, si riporta la dichiarazione dell’avv. Silverio Sica, il quale, alla domanda posta dal giornalista Luca Bertazzoni, ossia “Nell’intervista al Tg1 Sangiuliano dice che forse esiste una registrazione di una conversazione con sua moglie, come lo sa?”, ha risposto “Perché la Boccia chiede, pretende ed ottiene che il ministro riferisca a telefono aperto della sua relazione con la Boccia alla moglie e questo è uno degli episodi più sgradevoli dell’intera vicenda”.
Da qui si comprende perfettamente come la posizione di Ranucci appaia debole, infondate e, verosimilmente, pretestuosa.
Il provvedimento, infine, impone anche la sanzione accessoria della cancellazione dell’audio dagli archivi informatici e storici.
Report e Garante Privacy: cosa ci colpisce
Qualcuno potrebbe dire: non guardare la pagliuzza negli occhi altrui se nei tuoi c’è una trave.
La posizione di Ranucci, alla luce della lettura del provvedimento appare, effettivamente, fuori misura e non c’è ragione di pensar che costituisca un’intimidazione.
Comprensibile che, in un momento molte delicato, il giornalista possa vedere aggressioni anche dove non ci sono; d’altra parte, Report “costa” al contribuente italiano parecchio denaro in termini di sanzioni e si cause perse ogni anno.
Che l’Autorità Garante per il trattamento dei dati personali – organi collegiale – si prenda la briga di emettere una sanzione politica alla Rai, peraltro, appare tesi tirata per i capelli.
Ciò che colpisce è come si possa ritenere lecito pubblicare in prima serata conversazioni private che non abbiano la minima attinenza con la commissione di reati gravi e pensare che questo non violi la normativa sulla privacy.
Da qualche anno si è registrata una sana e doverosa “stretta” su ciò che è lecito pubblicare per dovere di cronaca e su cosa viene dato in pasto all’opinione pubblica per ottenere ascolti o lettori: anche i giornalisti dovrebbero fare la loro parte come categoria e iniziare a sensibilizzare i colleghi sul tema.
Su questo va interrogato l’ordine professionale di riferimento: ma anche in questo settore, come in tutte le professioni ordinistiche, si registra un indebolimento dei corpi intermedi, ormai non più efficienti nella gestione dei rapporti con i propri iscritti.


































































