l’analisi giuridica

Video intimi rubati: tanti i reati, anche per gli utenti



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La vicenda dei video intimi rubati via videocamera a De Martino e Tronelli merita un’analisi giuridica per via delle tante fattispecie di reato in questione, in capo sia a chi ha fatto la violazione informatica sia a chi a vario titolo ha fatto circolare i video o comunque ha commentato sulla vicenda

Pubblicato il 20 ago 2025

Marco Cartisano

Studio Polimeni.legal



video intimi rubati
Set of 7 studio shot light leaks and lens flares.

La cronaca estiva ci restituisce un nuovo capitolo della saga della violazione della privacy in danno di personaggi famosi con la denuncia, presso la Procura della Repubblica di Roma, del noto volto televisivo Stefano Di Martino e della compagna Caroline Tronelli a cui hanno rubato video intimi presi dalle videocamere. Poi condivisi su social e sul web.

Una vicenda che merita un’analisi giuridica per via delle tante fattispecie di reato in questione, in capo sia a chi ha fatto la violazione informatica sia a chi a vario titolo ha fatto circolare i video o comunque ha commentato sulla vicenda.

Caso De Martino – Tronelli: che è successo

In buona sostanza, ignoti dopo aver violato il sistema di videosorveglianza di Tronelli, si sono impossessati di alcune immagini dei due malcapitati in atteggiamenti intimi, per poi diffonderli in rete.

Stante alle fonti stampa, i video intimi sarebbero circolati fra le principali piattaforme di messagistica istantanea quali whatsapp o telegram, cagionando un gravissimo ed irreparabile danno alla sfera della riservatezza della coppia.

L’hacking delle IP camera, un problema mai risolto

In realtà, invece di un attacco diretto, sembrerebbe un “pesca a strascico”, dove i cybercriminali cercano immagini e video privati da vendere a siti specializzati: spesso l’identità delle vittime viene scoperta in seguito, aumentando così il valore dei dati rubati.

Quali sono le tecniche utilizzate per accedere abusivamente alle IP Camera o alle Web Cam, quest’ultimo denominato “camfecting” dagli esperti di sicurezza informatica?

Le vulnerabilità sono molteplici e possono riguardare sia l’hacking della rete locale su cui si appoggia il decoder digitale del sistema di video sorveglianza, sia la violazione delle credenziali di accesso del portale del produttore per la consultazione in remoto delle immagini.

Difficile tutelarsi

In entrambi i casi, non potrebbero bastare i classici rimedi come il cambio periodico della password (o meglio, la combinazione user/password) o l’attivazione dell’autenticazione a due fattori, in quanto la stragrande maggioranza dei prodotti sul mercato utilizza software non aggiornati o non conformi alle specifiche di sicurezza informatica EU.

Fra l’altro, esistono da tempo siti che indicizzano le web cam non protette da password o con password di sistema, con una stima in Italia di circa diecimila dispostivi non correttamente configurati o con bug che consentirebbero la facile violazione della privacy dell’utilizzazione.

L’ultimo caso potrebbe essere quello di un installatore o di un dipendente infedele, contro cui, purtroppo ben poco si può fare se non tutelarsi richiedendo una verifica da parte di un esperto di cybersicurezza in caso di dubbio.

Video intimi rubati, condivisi: quali ipotesi di reato

Prima di capire le conseguenze penali dei fatti denunciati dalle persone offese, occorrerebbe distinguere diverse posizioni, il che rende l’inchiesta assai complessa dal punto di vista della ricostruzione delle responsabilità personali.

Accesso abusivo

In primo luogo, la condotta di chi si è procurato le immagini è, senza ombra di dubbio, è ascrivibile alla fattispecie di cui all’art. 615 ter c.p. (Accesso abusivo a sistema informatico) che è punibile, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a tre anni, ovvero fino a dieci anni se si configurano le aggravanti per cui si procede d’ufficio (per es. fatto commesso da P.U. o su dati di interesse militare, ovvero se da fatto derivi l’inaccessibilità al sistema o la distruzione dei dati ivi contenuti).

Interferenze illecite nella vita privata

L’altra fattispecie è quella prevista dall’art. 615 bis c.p. (interferenze illecite nella vita privata) che punisce con la reclusione da sei mesi a quattro anni (da un anno a cinque anni, se aggravato) chiunque, mediante gli strumenti di ripresa audiovisiva, si procura indebitamente notizie o immagini della vita privata che si svolgono dei luoghi di privata dimora o assimilati; alla stessa pena soggiace chi, salvo più grave reato, diffonde il materiale mediante qualsiasi mezzo di informazione.

La norma, infatti, non parla di strumenti di ripresa necessariamente “propri”, pertanto, potrebbe ben attagliarsi al caso di specie.

Detenzione dati personali per profitto

La detenzione al fine trarre profitto (per esempio la vendita delle immagini a terzi) configura, invece, il reato di cui all’art. 167 D. Lgs. 196/2003 (Codice Privacy) che punisce, con la reclusione da sei mesi ad un massimo di tra anni (nel caso si cagioni un nocumento alla persona offesa) il trattamento dei dati personali in violazione del Codice e del Reg. Privacy EU.

Revenge porn

Qualora le immagini trafugate contengano scene dal contenuto sessualmente esplicito, entra in gioco il reato più grave rispetto a quelli citati, ovvero la fattispecie di cui all’art. 612 ter c.p. (Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti, il c.d. revenge porn) che prevede, nel caso di specie, la pena della reclusione da uno a sei anni con la multa da euro 5.000 a euro 15.000.

Difatti, il legislatore al fine di fornire un’ampia tutela alla vittima (ed anche, in un certo senso, per educare all’uso consapevole degli strumenti informatici) punisce con la medesima pena sia l’autore del materiale, sia chiunque lo diffonda, per esempio mediante social network o sistemi di messaggistica.

Diffamazione

Il fatto, fra l’altro, ha ingenerato anche una disgustosa campagna di insulti nei confronti del figlio minore del De Martino, per questo i responsabili (unitamente a chi ha comunque diffuso le immagini intime) potranno essere chiamati a rispondere di diffamazione aggravata dal mezzo informatico (art. 595 c.p.) punita con la reclusione da sei mesi a tre anni, o multa non inferiore a 516 euro

Intercettazione

Potrebbe, oltretutto, configurarsi la fattispecie di cui all’art. 617 quater c.p. qualora si accertasse l’intercettazione fraudolenta del flusso telematico delle IP Cam; la fattispecie indicata comporta la pena della reclusione da un anno e sei mesi a cinque anni(ed è applicata anche nei confronti di chi diffonde il materiale acquisito, salvo che il fatto non costituisca un più grave reato.

Il termine “fraudolentemente” significa che il reato sia posto in essere con modalità tali da rendere non percettibili o riconoscibili le modalità di esecuzione, che avvengono all’insaputa del soggetto che è parte della comunicazione (Cass. pen., Sez. V, 29/09/2020, n. 30735).

Infine, in caso di richiesta di danaro per non diffondere il video (prospettazione del male ingiusto), si configura la tentata estorsione (art. 56 e 629 c.p.) punita con la reclusione da 5 a 10 anni diminuita da un terzo fino a due terzi.

L’intervento del Garante Privacy

Fermo restando l’aspetto penale, va precisato che il Garante Privacy, a seguito di reclamo del 13 agosto 2025 presentato dall’avvocato di Stefano De Martino in relazione alla divulgazione di filmati estratti illecitamente dal sistema di videosorveglianza, ha imposto, ai sensi dell’art. 58, par. 2, lett. f) Reg 2016/679 la limitazione definitiva al trattamento, sotto forma di divieto di trattamento, del filmato e/o delle immagini avvertendo «che l’eventuale ulteriore diffusione delle immagini e/o filmati sopra descritti può verosimilmente configurare una violazione delle disposizioni della richiamata normativa e comportare l’adozione dei conseguenti provvedimenti, anche di carattere sanzionatorio. ».

Come prevenire questi casi

Va doverosamente precisato che le indagini sono ancora in corso e che l’individuazione dei responsabili delle condotte dovrà, giocoforza, passare da complesse indagini telematiche (anche con l’ausilio della cooperazione internazionale in tema di lotta al cybercrime).

Tuttavia, permangono i dubbi e le incertezze sull’uso diffuso di sistemi di videosorveglianza basati su IP Camera che, se non adeguatamente configurati e manutenuti, possono diventare un vero e proprio boomerang in danno di chi ha pensato di tutelarsi, magari a basso costo.

Sarebbe necessario, ad avviso della scrivente, prevedere certificazioni di sicurezza specifiche per questi strumenti, oltre al fatto che andrebbe aggiornata, con un capitolo dedicato alla cybersecurity la normativa riguardante le certificazioni per gli installatori degli impianti di videosorveglianza.

In ogni caso, regola di buon senso sarebbe quella di fare installare le telecamere in corrispondenza degli ingressi e/o delle finestre, evitando di inquadrare le aree interne della dimora, in quanto, anche in caso di hacking, le immagini non avrebbero per oggetto la vita privata.

Se, come nel caso specifico, l’installazione è stata resa necessaria in quanto si erano verificati furti da parte delle colf, dovrebbe essere consento all’utente di poter spegnere facilmente ed efficacemente la telecamera.

Fonti:

1. https://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/10158795

2. https://www.fanpage.it/innovazione/tecnologia/come-hanno-fatto-a-registrare-i-video-intimi-di-stefano-de-martino-e-della-compagna-caroline-tronelli/

3. https://www.repubblica.it/spettacoli/people/2025/08/13/news/stefano_de_martino_colpito_dagli_hacker_rubate_immagini_private_con_caroline_tronelli-424787858/

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