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Videosorveglianza nei negozi: regole, limiti e obblighi privacy



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Nei negozi l’uso di telecamere è consentito solo nel rispetto della normativa sulla privacy. L’informativa deve essere chiara e visibile, i tempi di conservazione limitati e il controllo dei dipendenti soggetto ad accordi o autorizzazioni

Pubblicato il 29 ago 2025

Francesca Niola

Research Fellow Legal manager @ Aisma srl



Videosorveglianza nei negozi (1) videosorveglianza e diritti

La videosorveglianza nei negozi rappresenta uno strumento sempre più diffuso per garantire la sicurezza degli esercizi commerciali, ma il suo utilizzo deve rispettare rigorose normative privacy che bilanciano le esigenze di protezione con i diritti fondamentali dei clienti.

Principi giuridici della videosorveglianza nei negozi

L’utilizzo dei sistemi di videosorveglianza nei negozi è disciplinato da un insieme preciso di norme, che mirano a bilanciare le esigenze di sicurezza con il diritto fondamentale alla protezione dei dati personali.

L’installazione di telecamere deve avvenire nel rispetto dei principi sanciti dal Regolamento (UE) 2016/679 Gdpr e dal Codice Privacy, con particolare riferimento a liceità, necessità, proporzionalità e minimizzazione. Ciò significa che le riprese devono limitarsi agli spazi strettamente pertinenti all’attività commerciale, senza estendersi ad aree pubbliche o a proprietà altrui, salvo casi eccezionali espressamente autorizzati.

Fondamentale è la presenza di una cartellonistica chiara e visibile, collocata prima dell’area videosorvegliata, che indichi l’identità del titolare, le finalità del trattamento, i diritti dell’interessato e i recapiti di contatto.

L’assenza di tale informazione costituisce una violazione autonoma, spesso oggetto di provvedimenti correttivi e sanzionatori. Un ulteriore aspetto riguarda i tempi di conservazione delle immagini: la regola generale prevede un limite di 24 o 48 ore, con possibilità di estensione fino a sette giorni solo in presenza di specifiche esigenze documentate, ad esempio episodi di furto o atti vandalici oggetto di indagine. La registrazione audio, invece, non è consentita, poiché comporta un’ingerenza sproporzionata nella sfera privata delle persone riprese.

Videosorveglianza nei negozi e rapporti di lavoro

La videosorveglianza incide anche sui rapporti di lavoro. L’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori stabilisce che le telecamere non possono essere utilizzate per il controllo a distanza dei dipendenti, se non a seguito di accordo sindacale o, in alternativa, di autorizzazione rilasciata dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro. La mancata osservanza di questa procedura espone il datore di lavoro a sanzioni sia sul piano privacy sia sul piano giuslavoristico.

Negli ultimi provvedimenti, il Garante ha richiamato l’attenzione sui casi di uso improprio della videosorveglianza nei negozi: telecamere installate senza informativa, sistemi che riprendono zone eccedenti rispetto all’esigenza di sicurezza, conservazione eccessiva delle immagini, monitoraggi non dichiarati dei dipendenti. Questi episodi sono stati ritenuti gravi e passibili di sanzioni pecuniarie rilevanti. L’Autorità ha sottolineato che i commercianti devono adottare un approccio di “privacy by design”, configurando i sistemi in modo conforme già in fase di installazione, con logiche di responsabilizzazione e tracciabilità delle scelte.

Informativa privacy nei negozi e videosorveglianza

Infatti l’informazione dei propri clienti è l’elemento centrale e la base solida del corretto trattamento dei loro dati. L’informativa costituisce il primo strumento di trasparenza che un negozio deve offrire ai propri clienti quando raccoglie e tratta dati personali. Il Regolamento (UE) 2016/679 stabilisce in modo dettagliato i contenuti minimi obbligatori, che devono essere presentati in maniera chiara, accessibile e comprensibile a chiunque entri in contatto con l’attività commerciale. L’obiettivo è consentire all’interessato di sapere chi utilizza i suoi dati, per quali scopi e con quali garanzie di tutela.

Ogni informativa deve innanzitutto identificare il titolare del trattamento, cioè il soggetto che decide finalità e mezzi della gestione dei dati. Nei negozi si tratta generalmente del titolare dell’attività o della società che gestisce il punto vendita. Occorre specificare le finalità per cui i dati vengono raccolti: ad esempio la sicurezza mediante videosorveglianza, la gestione di fidelity card, l’invio di comunicazioni promozionali, l’adempimento di obblighi fiscali o contabili. Accanto alla finalità va indicata la base giuridica che legittima il trattamento, che può essere l’adempimento di un obbligo di legge, l’esecuzione di un contratto o il consenso libero e informato del cliente.

L’informativa deve chiarire i tempi di conservazione: non è lecito conservare indefinitamente le informazioni, ma solo per il periodo necessario alla finalità dichiarata. È inoltre necessario illustrare i diritti dell’interessato, tra cui accesso, rettifica, cancellazione, limitazione, opposizione e portabilità dei dati, con l’indicazione di un recapito concreto (indirizzo fisico, email o PEC) a cui il cliente possa rivolgersi.

Consenso marketing e comunicazioni promozionali: regole privacy

Un aspetto cruciale riguarda il consenso per il marketing. Non è sufficiente una formula generica: occorre predisporre una sezione separata, distinta e inequivocabile, che permetta al cliente di accettare o rifiutare l’utilizzo dei propri dati per finalità promozionali. Il consenso deve essere documentato e sempre revocabile senza difficoltà. Anche la raccolta di contatti per newsletter o comunicazioni tramite social network deve rispettare lo stesso principio di granularità e libertà.

Posizionamento informative privacy: visibilità e accessibilità

L’informativa deve essere infine sempre disponibile. Nei negozi va collocata in posizione ben visibile, accanto al registratore di cassa o all’ingresso, e può essere integrata con versioni digitali accessibili tramite QR code o sito web. L’assenza di un’informativa adeguata è una delle violazioni più frequenti contestate dal Garante, poiché priva i clienti della possibilità di esercitare consapevolmente i propri diritti e determina opacità nel trattamento dei dati.

Raccolta dati e videosorveglianza nei negozi

La raccolta dei dati personali in un punto vendita deve rispettare la regola della stretta necessità. Questo significa che l’attività commerciale individua prima di tutto le finalità per cui i dati vengono acquisiti e calibra di conseguenza la quantità e la tipologia di informazioni richieste. Per un acquisto con fattura, ad esempio, sono legittimi solo i dati fiscali indispensabili; per l’invio di una newsletter può bastare l’indirizzo di posta elettronica. Ogni informazione ulteriore, non collegata in modo diretto alla finalità dichiarata, costituisce trattamento eccedente e dunque illecito.

Finalità trattamento dati: necessità e proporzionalità

Questo principio di minimizzazione è tutt’altro che un divieto astratto, ma in una regola concreta che costringe il titolare a chiedersi, prima ancora di predisporre un modulo o una fidelity card, quale dato sia davvero necessario per la finalità perseguita. La scelta di acquisire un indirizzo e-mail per l’invio di offerte, ad esempio, è giustificata se collegata a una comunicazione commerciale chiaramente spiegata; l’inserimento di dati ulteriori e non indispensabili, invece, manca di fondamento giuridico e rischia di trasformare la raccolta in una pratica sproporzionata.

Trasferimento dati tra finalità diverse: consenso specifico

Questo vincolo si intreccia con quello della finalità, che stabilisce il perimetro entro cui il dato può circolare. Le informazioni raccolte per emettere una fattura o registrare un acquisto restano confinate a quello scopo. Trasferirle in un diverso contesto, come il marketing, non è un passaggio neutro: richiede una nuova base giuridica e, nella maggior parte dei casi, un consenso distinto e documentato. L’assenza di questo secondo passaggio espone a contestazioni dirette, perché l’uso non conforme incrina la fiducia del cliente e integra una violazione sostanziale.

Programmi fedeltà e videosorveglianza nei negozi

La questione si fa ancora più evidente nei programmi di fidelizzazione, dove la raccolta punti comporta inevitabilmente una forma di profilazione. Analizzare frequenza e valore degli acquisti significa elaborare un quadro delle abitudini del cliente e, di conseguenza, è necessario un livello più alto di trasparenza. L’informativa deve spiegare non solo che i dati verranno utilizzati, ma come, per quanto tempo e con quali criteri. La medesima logica vale per le comunicazioni elettroniche: il consenso per la newsletter o per i messaggi promozionali non può essere inglobato in formule generiche, ma deve tradursi in una scelta autonoma e revocabile in ogni momento.

Registro attività trattamento: documentazione obbligatoria

Se la raccolta e l’uso dei dati trovano la loro legittimità nella corrispondenza tra finalità dichiarata e trattamento effettivo, il passo successivo consiste nel garantire che questa coerenza sia tracciata e verificabile. È in questa logica che si colloca il registro delle attività di trattamento.

Ciò che nel momento della raccolta viene promesso al cliente – la finalità, la durata, le modalità di utilizzo – deve essere documentato in un atto formale, capace di restituire un quadro organico dell’intera gestione. Il registro diventa così la prova scritta della disciplina applicata e il punto di riferimento attraverso cui dimostrare all’Autorità di controllo, o allo stesso interessato, che le regole fissate in sede di informativa vengono rispettate.

Gestione diritti clienti: accesso, rettifica e cancellazione dati

Questa documentazione diventa il presupposto per l’esercizio dei diritti riconosciuti al cliente. L’accesso ai dati, la rettifica, la cancellazione, la limitazione e la portabilità presuppongono la possibilità di individuare con precisione dove l’informazione sia conservata, a quali soggetti sia stata comunicata e quale durata sia stata definita per la sua archiviazione. Il registro fornisce la base operativa che consente di rispondere a tali richieste in modo puntuale e documentato, evitando genericità e assicurando coerenza tra quanto dichiarato nell’informativa e quanto effettivamente praticato.

Audit e controlli sulla videosorveglianza nei negozi

Il percorso di conformità richiede una fase di verifica continua che accompagna l’intera vita del trattamento. Dopo la raccolta dei dati, la predisposizione dell’informativa e la registrazione delle attività, diventa necessario un sistema di audit che assicuri coerenza tra regole dichiarate e pratiche effettive. Ogni controllo interno ha il compito di verificare la durata della conservazione, la proporzionalità dei dati gestiti, la corrispondenza tra finalità e utilizzo, la correttezza delle procedure di risposta ai clienti. Questo processo non si riduce a un adempimento formale, ma costituisce una forma di responsabilizzazione permanente che consolida la posizione del titolare davanti all’Autorità di controllo.

Piano ispettivo Garante 2025: controlli videosorveglianza e marketing

Il piano ispettivo predisposto dal Garante per il 2025 accentua l’urgenza di tale attività. L’attenzione viene rivolta ai sistemi di videosorveglianza, ai trattamenti in ambito lavorativo, alle pratiche di marketing basate sulla profilazione e all’impiego di dati biometrici. Un negozio che utilizza telecamere, programmi di fidelizzazione e strumenti digitali di promozione rientra quindi nelle aree più sensibili. Gli ispettori verificano la completezza delle informative, la correttezza dei consensi, la coerenza dei tempi di conservazione e la legittimità degli accordi con fornitori esterni.

Preparazione ai controlli del Garante: audit preventivi e formazione del personale

La conseguenza pratica è un obbligo di preparazione preventiva. Audit periodici, aggiornamento delle informative, revisione delle procedure interne e formazione del personale costituiscono la linea di difesa più efficace. L’adeguamento continuo riduce il rischio di sanzioni, ma soprattutto dimostra la capacità del negozio di gestire i dati con disciplina e trasparenza, trasformando la conformità in un elemento strutturale della propria organizzazione.

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