diritti

Riparare gli oggetti connessi: un percorso ancora a ostacoli in Ue



Indirizzo copiato

La direttiva UE sul diritto alla riparazione promuove la riparabilità dei dispositivi elettronici ed elettrodomestici. Restano però aperti nodi critici come costi, software restrittivi e libertà dei consumatori di intervenire sui prodotti. Le critiche della coalizione “Right to Repair Europe”

Pubblicato il 3 dic 2024

Jacopo Franchi

Social media manager, saggista, autore del sito "Umanesimo Digitale"



diritto alla riparazione (1)

Se è vero che ogni Giornata Internazionale della Riparazione è unica a modo suo, quella di quest’anno è stata particolarmente importante perché si è tenuta poche settimane dopo l’entrata in vigore della tanto attesa direttiva UE 2024/1799. Il provvedimento, pubblicato il 10 luglio 2024 sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, istituisce norme comuni per promuovere la riparazione di alcune categorie di oggetti nei Paesi membri dell’Unione, oltre ai limiti previsti dalla garanzia legale e a un costo “ragionevole” per il consumatore.

Obbligo di riparabilità: i benefici per consumatori, ambiente, lavoro

Le aspettative, come è giusto che sia, non potrebbero essere più elevate, come testimoniato anche dall’ampio dibattito suscitato dalla nuova direttiva (che dovrà essere recepita negli ordinamenti nazionali entro il 31 luglio del 2026). Rendere obbligatoria la riparabilità degli oggetti può avere conseguenze importanti dal punto di vista dei benefici finanziari per i consumatori, benefici per l’ambiente e creazione di nuovi posti di lavoro specializzati. Inoltre, il diritto alla riparazione può fornire ai consumatori un maggiore controllo rispetto agli oggetti che utilizzano e che sono connessi alla Rete: oggetti che, come ho approfondito anche nel mio libro “L’uomo senza proprietà” – possono riconoscere e impedire in maniera del tutto automatica l’utilizzo di pezzi di ricambio non autorizzati dal produttore.

“I software che impediscono la riparazione degli oggetti connessi tramite pezzi di ricambio di terze parti hanno tuttora un impatto molto significativo sul diritto alla riparazione, ma anche per tutto quello che riguarda il mercato dei prodotti ricondizionati” afferma a tal proposito Cristina Ganapini, coordinatrice della coalizione europea per il diritto alla riparazione – Right to Repair Europe, da me raggiunta telefonicamente alcuni giorni dopo la chiusura delle attività per la giornata internazionale. Ed è proprio questa ricorrenza che ha permesso alla “coalizione” di rilanciare il dibattito sulle lacune della nuova direttiva europea, attraverso un webinar pubblico che ha riunito alcuni esperti e attivisti del settore insieme a rappresentanti delle istituzioni europee, tra cui il Commissario Didier Reynders.

The state of EU right to repair: missing pieces to a thriving repair economy in Europe

“La giornata internazionale della riparazione è stata la più partecipata di sempre, con oltre duemila eventi organizzati in tutto il mondo – prosegue Ganapini durante la nostra conversazione – L’evento, quest’anno, ha offerto anche l’occasione per portare le critiche sollevate dalle organizzazioni di Right To Repair Europe all’attenzione delle autorità di Bruxelles, che hanno riconosciuto alcune delle lacune presenti nella direttiva, come il fatto che la maggior parte dei prodotti non sono protetti da nessuna legge, e, anche quando lo sono, spesso la mancata disponibilità dei pezzi di ricambio e il costo eccessivo rischiano di costringere i consumatori ad acquistare prodotti nuovi, anziché riparare quelli danneggiati”.

Come spesso accade, quando si tratta di norme europee, l’entrata in vigore di una direttiva o regolamento è solo l’inizio di un percorso dai risultati incerti e dai ritorni non facilmente preventivabili. Nel caso della direttiva sulla riparazione i prossimi anni saranno decisivi non solo per estendere le categorie e il numero di prodotti tutelati dalle nuove norme, ma anche per definire meglio che cosa si intende per prezzo “ragionevole” di un pezzo di ricambio, lasciato volutamente indefinito. Il diritto alla riparazione, infatti, rischierebbe di trasformarsi in un diritto privo di una reale applicabilità, se il rapporto tra il costo dei pezzi di ricambio e il costo della sostituzione dei vecchi oggetti con i nuovi dovesse mantenersi su proporzioni “irragionevoli” per il consumatore.

Ostacoli alla riparabilità degli oggetti connessi

Una volta definito “cosa” sarà possibile riparare e “quanto” costerà farlo, sarà inevitabile affrontare il “come“: la possibilità di riparare un oggetto è oggi fortemente limitata dalla disponibilità di tecnici specializzati, di centri di raccolta e riparazione autorizzati, dal design e dalle caratteristiche dei beni, oltreché dalla presenza di limitazioni decise dal produttore e applicate in maniera automatica tramite software presenti all’interno degli oggetti connessi. Aspetti che la nuova direttiva ha, nuovamente, il demerito di non definire con precisione, e su cui si attende da qui ai prossimi anni un animato dibattito fra tutti i portatori di interesse.

Non è tutto: la riparabilità degli oggetti connessi potrebbe essere fortemente ostacolata da modalità di comunicazione non trasparenti o fuorvianti da parte dei produttori. Alcuni di questi, infatti, sono soliti giustificare le restrizioni imposte tramite software all’utilizzo di pezzi di ricambio non originali con presunti rischi riguardanti la sicurezza e la privacy dei clienti. “Tutto questo – afferma Ganapini – non è supportato dai fatti. All’interno del nostro network le segnalazioni di questo tipo di problematiche si contano sulle dita di una mano rispetto a migliaia di interventi di riparazione eseguiti da operatori indipendenti, mentre il rischio maggiore per la sicurezza delle persone che usano oggetti connessi deriva da tecniche di obsolescenza programmata che possono rapidamente renderli insicuri e inutilizzabili”.

La vera posta in gioco, dal punto di vista individuale, è la ridefinizione dei limiti sul controllo delle persone nei confronti degli oggetti di loro proprietà. Ostacolare la riparabilità di un oggetto, sia esso connesso o analogico, tramite tecniche di obsolescenza programmata, politiche commerciali aggressive, limitazioni del software o indisponibilità di centri di riparazione autorizzati sul territorio sono pratiche che limitano fortemente il diritto delle persone a decidere se, quando e come dismettere un bene in proprio possesso. Non poter riparare, o poterlo fare solo a determinate condizioni, significa non poter decidere in libertà circa il destino delle proprie “cose”, anche a distanza di pochi mesi dall’acquisto.

Rescindere il legame di controllo fra produttori e oggetti

L’estensione del diritto alla riparazione a tutte le categorie di oggetti connessi è ancora più cruciale, perché le merci digitali sono in grado di impedire automaticamente l’innesto di pezzi di ricambio e di segnalare qualsiasi possibile violazione al proprio produttore. Rescindere questo legame di controllo fra produttori e oggetti, o perlomeno ricondurlo entro limiti più “ragionevoli”, rappresenterebbe a mio giudizio un ulteriore passo per rallentare quella “disgregazione” della proprietà delle persone sugli oggetti, che il digitale ha esponenzialmente accelerato nel corso degli ultimi anni. O, almeno, avrebbe come effetto quello di porre il problema al centro delle preoccupazioni e degli interessi dei consumatori.

Riparabilità e ambiente: come cambiano i consumi delle nuove generazioni

Da economica a legale, da legale a tecnologica, la questione se sia fattibile estendere ulteriormente il diritto alla riparazione assume inevitabilmente anche connotati generazionali e culturali. Nel libro “L’uomo senza proprietà” sono giunto alla conclusione che è molto difficile prevedere quali saranno le volontà delle nuove generazioni in merito al rapporto con gli oggetti: a oggi non è dato sapere se la maggior parte dei giovani chiederà a gran voce maggiori diritti e maggiori possibilità di riparare liberamente i propri oggetti, o se essi si limiteranno a sostituirli a un ritmo ancora più veloce di quanto non avvenga già ora. Non è dello stesso parere, tuttavia, Cristina Ganapini: “se da un lato le nuove generazioni non possiedono le medesime competenze né il medesimo impulso alla riparazione che avevano quelle precedenti – conclude, al termine del nostro scambio – dall’altro lato esse sono molto più consapevoli delle conseguenze dell’attuale modello di consumo sull’ambiente. Nella nostra esperienza, i più giovani si dimostrano molto ricettivi quando sono messi nelle condizioni di poter esercitare un diritto che, solitamente, non sanno neanche di avere”.

EU Stories - La coesione innova l'Italia

Tutti
Iniziative
Social
Analisi
Video
Finanza sostenibile
BEI e E-Distribuzione: investimenti per la sostenibilità energetica
Professioni
Servono competenze adeguate per gestire al meglio i fondi europei
Master
Come formare nuove professionalità per governare e gestire al meglio i fondi europei?
Programmazione UE
Assunzioni per le politiche di coesione: prossimi passi e aspettative dal concorso nazionale. Il podcast “CapCoe. La coesione riparte dalle persone”
innovazione sociale
Rigenerazione urbana: il quartiere diventa un hub dell’innovazione. La best practice di San Giovanni a Teduccio
Programmazione europ
Fondi Europei: la spinta dietro ai Tecnopoli dell’Emilia-Romagna. L’esempio del Tecnopolo di Modena
Interventi
Riccardo Monaco e le politiche di coesione per il Sud
Iniziative
Implementare correttamente i costi standard, l'esperienza AdG
Finanziamenti
Decarbonizzazione, 4,8 miliardi di euro per progetti cleantech
Formazione
Le politiche di Coesione UE, un corso gratuito online per professionisti e giornalisti
Interviste
L’ecosistema della ricerca e dell’innovazione dell’Emilia-Romagna
Interviste
La ricerca e l'innovazione in Campania: l'ecosistema digitale
Iniziative
Settimana europea delle regioni e città: un passo avanti verso la coesione
Iniziative
Al via il progetto COINS
Eventi
Un nuovo sguardo sulla politica di coesione dell'UE
Iniziative
EuroPCom 2024: innovazione e strategia nella comunicazione pubblica europea
Iniziative
Parte la campagna di comunicazione COINS
Interviste
Marco De Giorgi (PCM): “Come comunicare le politiche di coesione”
Analisi
La politica di coesione europea: motore della transizione digitale in Italia
Politiche UE
Il dibattito sul futuro della Politica di Coesione
Mobilità Sostenibile
L’impatto dei fondi di coesione sul territorio: un’esperienza di monitoraggio civico
Iniziative
Digital transformation, l’Emilia-Romagna rilancia sulle comunità tematiche
Politiche ue
Fondi Coesione 2021-27: la “capacitazione amministrativa” aiuta a spenderli bene
Finanziamenti
Da BEI e Banca Sella 200 milioni di euro per sostenere l’innovazione di PMI e Mid-cap italiane
Analisi
Politiche di coesione Ue, il bilancio: cosa ci dice la relazione 2024
Politiche UE
Innovazione locale con i fondi di coesione: progetti di successo in Italia
Finanza sostenibile
BEI e E-Distribuzione: investimenti per la sostenibilità energetica
Professioni
Servono competenze adeguate per gestire al meglio i fondi europei
Master
Come formare nuove professionalità per governare e gestire al meglio i fondi europei?
Programmazione UE
Assunzioni per le politiche di coesione: prossimi passi e aspettative dal concorso nazionale. Il podcast “CapCoe. La coesione riparte dalle persone”
innovazione sociale
Rigenerazione urbana: il quartiere diventa un hub dell’innovazione. La best practice di San Giovanni a Teduccio
Programmazione europ
Fondi Europei: la spinta dietro ai Tecnopoli dell’Emilia-Romagna. L’esempio del Tecnopolo di Modena
Interventi
Riccardo Monaco e le politiche di coesione per il Sud
Iniziative
Implementare correttamente i costi standard, l'esperienza AdG
Finanziamenti
Decarbonizzazione, 4,8 miliardi di euro per progetti cleantech
Formazione
Le politiche di Coesione UE, un corso gratuito online per professionisti e giornalisti
Interviste
L’ecosistema della ricerca e dell’innovazione dell’Emilia-Romagna
Interviste
La ricerca e l'innovazione in Campania: l'ecosistema digitale
Iniziative
Settimana europea delle regioni e città: un passo avanti verso la coesione
Iniziative
Al via il progetto COINS
Eventi
Un nuovo sguardo sulla politica di coesione dell'UE
Iniziative
EuroPCom 2024: innovazione e strategia nella comunicazione pubblica europea
Iniziative
Parte la campagna di comunicazione COINS
Interviste
Marco De Giorgi (PCM): “Come comunicare le politiche di coesione”
Analisi
La politica di coesione europea: motore della transizione digitale in Italia
Politiche UE
Il dibattito sul futuro della Politica di Coesione
Mobilità Sostenibile
L’impatto dei fondi di coesione sul territorio: un’esperienza di monitoraggio civico
Iniziative
Digital transformation, l’Emilia-Romagna rilancia sulle comunità tematiche
Politiche ue
Fondi Coesione 2021-27: la “capacitazione amministrativa” aiuta a spenderli bene
Finanziamenti
Da BEI e Banca Sella 200 milioni di euro per sostenere l’innovazione di PMI e Mid-cap italiane
Analisi
Politiche di coesione Ue, il bilancio: cosa ci dice la relazione 2024
Politiche UE
Innovazione locale con i fondi di coesione: progetti di successo in Italia

Articoli correlati

Articolo 1 di 3