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Ue, basta elettrodomestici e tech usa e getta: riparare è un diritto e fa bene al Pianeta



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La nuova normativa europea sul diritto alla riparazione mira a estendere la vita dei prodotti elettronici e degli elettrodomestici. Prevede l’obbligo per i produttori di fornire pezzi di ricambio e assistenza per un periodo minimo dopo l’acquisto, facilitando le riparazioni anziché la sostituzione dei dispositivi. Questo approccio promuove la sostenibilità e riduce i rifiuti

Pubblicato il 16 mag 2024

Angelo Alù

studioso di processi di innovazione tecnologica e digitale



repair

La Direttiva europea sul “Diritto alla Riparazione” rappresenta un passo importante nel cammino dell’Unione europea verso una transizione verde e sostenibile. Questa nuova normativa, che mira a favorire l’economia circolare e a promuovere un consumo più responsabile, segna una svolta fondamentale nel rapporto tra consumatori, produttori e servizi di riparazione.

A right to repair for the new circular economy in Europe | René Repasi

L’introduzione di un obbligo di riparazione a carico del fornitore rappresenta uno strumento normativo significativo per orientare i comportamenti dei produttori e indirizzare il mercato verso la produzione di beni durevoli e facilmente riparabili. In questo nuovo contesto, la creazione di una piattaforma online dedicata alle riparazioni potrebbe facilitare il compito dei consumatori e incentivare l’adozione di pratiche più sostenibili. Tuttavia, le implicazioni socio-economiche della riforma sono ancora tutte da esplorare.

La nuova direttiva Ue sul “Diritto alla Riparazione”

Il Parlamento europeo ha recentemente approvato, in via definitiva, la proposta di direttiva recante norme comuni che promuovono la riparazione dei beni e che modifica il regolamento (UE) 2017/2394 e le direttive (UE) 2019/771 e (UE) 2020/1828  (cd. direttiva “Right to repair” – R2R), ad integrazione del quadro giuridico predisposto in materia di progettazione ecocompatibile e responsabilizzazione dei consumatori per la transizione verde mediante il miglioramento della tutela dalle pratiche sleali e dell’informazione, in diretta attuazione degli obiettivi formalizzati dal cd. “Green Deal Europeo”, nell’ottica di regolare, con effetto cumulativo, le varie fasi che caratterizzano il complessivo ciclo di vita dei prodotti di consumo immessi sul mercato.

Le motivazioni della riforma: economia circolare e transizione verde

Il pacchetto di riforme predisposto dalle istituzioni euro-unitarie esprime la visione formalizzata nel Piano d’azione per l’economia circolare, ove sono definite una serie di azioni trasversali finalizzate a garantire, in una prospettiva di graduale neutralità climatica da raggiungere entro il 2050, lo sviluppo di prodotti sostenibili, la circolarità dei processi produttivi e la riduzione dei rifiuti.

In attesa della conclusione formale della procedura, che richiede ancora l’approvazione del Consiglio per l’effettiva entrata in vigore della legge, la citata disciplina di diritto derivato (che necessita, comunque, di un atto di recepimento interno nel diritto nazionale entro 24 mesi dal completamento dei relativi adempimenti legislativi euro-unitari, trattandosi appunto di direttiva europea), introduce un innovativo corpus di disposizioni dirette a tutelare i consumatori, nonché a stimolare la crescita economica sostenibile e circolare, mediante la prescrizione di stringenti obblighi posti a carico dei fabbricanti, tenuti ad effettuare, con modalità facili e vantaggiose per gli acquirenti, le necessarie riparazioni dei beni prodotti a un prezzo conveniente entro un termine ragionevole oltre il periodo della garanzia legale.

Il campo d’applicazione: quali prodotti sono coinvolti?

Nel novero dei prodotti soggetti alla riparazione (la cui ricognizione positivizzata dal legislatore europeo, lungi dal costituire un “numerus clausus” statico e fisso, è suscettibile di progressivo ampliamento delle categorie meramente esemplificative ivi contemplate), rientrano, tra l’altro, gli smartphone e, in generale, svariati ulteriori beni tecnologici.

In particolare, l’ambito di applicazione delle nuove regole è circoscritto alla specifica nozione di “bene”, così come definita dall’art. 2, punto 5 della direttiva (UE) 2019/771, secondo cui, con tale accezione terminologica, viene identificato “qualsiasi bene mobile materiale” (esclusi l’acqua, il gas e l’energia elettrica) che, altresì, “incorpora o è interconnesso con un contenuto digitale o un servizio digitale in modo tale che la mancanza di detto contenuto digitale o servizio digitale impedirebbe lo svolgimento delle funzioni del bene (beni con elementi digitali)”.

Più nel dettaglio, secondo l’Allegato II alla proposta di direttiva, l’elenco dei beni riparabili comprende lavatrici e lavasciuga biancheria per uso domestico, lavastoviglie per uso domestico, apparecchi di refrigerazione con funzione di vendita diretta, display elettronici, apparecchiature di saldatura, aspirapolvere, server e prodotti di archiviazione dati, telefoni cellulari, telefoni cordless e tablet.

La “ratio” della riforma normativa va individuata nell’intento di incentivare la scelta consumeristica di privilegiare la riparazione tempestiva ed economica dei beni, piuttosto che ricorrere alla relativa sostituzione “tout court” dei medesimi, consentendo, peraltro, durante il periodo di attesa necessario per la restituzione del prodotto difettoso, la possibilità di ottenere “medio tempore” in prestito un similare dispositivo da utilizzare o, in alternativa, di un apparecchio ricondizionato.

La piattaforma online per facilitare le riparazioni

Al fine di facilitare il processo di riparazione, viene prevista la creazione di una piattaforma online (ex art. 7), dedicata ad assicurare la conoscenza di complete e dettagliate informazioni sui servizi fruibili dagli utenti, nell’ottica di facilitare l’individuazione dei negozi locali di riparazione (tra cui, ad esempio, i cd. repair cafè), nonché le strutture preposte alla vendita dei beni ricondizionati, ponendo, altresì, a carico dei singoli Stati membri UE il compito di predisporre una specifica strategia nazionale integrativa della generale disciplina euro-unitaria per rendere effettivo il diritto alla riparazione, mediante la concessione di buoni d’acquisto e l’erogazione di appositi fondi destinati alla fornitura di pezzi di ricambio da sostituire, unitamente alla promozione di campagne comunicative e di corsi formativi veicolati nell’ambito delle comunità locali.

Più specificamente, la piattaforma online, da implementare con l’intervento operativo degli Stati membri UE include: funzioni di ricerca riguardanti i beni, il luogo di fornitura dei servizi di riparazione, le condizioni di riparazione, compresi i tempi necessari per completare la riparazione, la disponibilità di beni sostitutivi temporanei e il luogo in cui il consumatore consegna i beni per la riparazione, nonché la disponibilità e le condizioni dei servizi accessori offerti dai riparatori, compresi la rimozione, l’installazione e il trasporto, le norme di qualità europee o nazionali applicabili. Inoltre, la piattaforma telematica consente ai consumatori di richiedere il modulo europeo di informazioni sulla riparazione e deve, altresì, risultare accessibile per le persone con disabilità, nonché, attraverso i siti web nazionali collegati allo sportello digitale unico istituito dal regolamento (UE) 2018/1724 (cfr. art. 7).

L’obiettivo: orientare verso un consumo sostenibile

Alla base della direttiva approvata dal Parlamento europeo vi è l’obiettivo di orientare la collettività generale dei consociati verso un consumo sostenibile, riducendo gli effetti collaterali provocati dallo smaltimento prematuro dei beni difettosi, ancorché riparabili, da cui discendono rilevanti criticità per la salvaguardia del complessivo ecosistema ambientale a causa di svariati fattori di inquinamento riscontrabili nella prassi (come ad esempio: aumento di rifiuti, emissioni di gas a effetto serra, ecc.): per tale ragione, viene stabilito un sistema armonizzato di norme al fine di promuovere la riparazione dei beni acquistati dai consumatori, imponendo agli Stati membri UE il recepimento delle regole introdotte con conseguente eliminazione di qualsivoglia disposizione nazionale contrastante con la disciplina euro-unitaria ivi prescritta (cfr. art. 3).  

Poiché le divergenti normative nazionali possono, infatti, ostacolare il corretto funzionamento del mercato interno, rendendo complesse e poco trasparenti le relative transazioni transfrontaliere, i consumatori sono indotti a rinunciare ai servizi di riparazione anche laddove disponibili. Pertanto, nell’intento del legislatore europeo, si rende indispensabile uniformare il quadro normativo vigente in materia, armonizzandone alcuni specifici aspetti regolatori, mediante l’emanazione di una direttiva “ad hoc”, soggetta a trasposizione attuativa, in sede di recepimento, all’interno degli Stati membri UE.

Le implicazioni socio-economiche della riforma

La portata della riforma assume implicazioni socio-economiche rilevanti: la proposta di direttiva mira, infatti, a promuovere il consumo sostenibile, un’economia circolare e la transizione verde, determinando un aumento dell’occupazione, degli investimenti e della concorrenza, sia a beneficio dei consumatori (secondo una stima pari a circa 176,5 miliardi di euro di risparmi conseguiti in 15 anni), sia per la protezione dell’ambiente (generando una riduzione di 18,4 milioni di tonnellate di CO2 in 15 anni), come si evince dalle indicazioni riportate nel preambolo dell’iniziativa legislativa formulata dalla Commissione europea.

Il “diritto alla riparazione” nel quadro delle normative europee

Le novità introdotte a tutela del diritto alla riparazione vanno sistematicamente inquadrate alla luce delle complessive fonti di riferimento vigenti in materia: se un prodotto diventa difettoso in una fase successiva all’avvenuto acquisto già perfezionatosi, la direttiva (UE) 2019/771 (direttiva sulla vendita di beni) consente ai consumatori di azionari gli ordinari rimedi che possono essere fatti valere entro un periodo di responsabilità di almeno due anni, optando alternativamente tra riparazione e sostituzione senza spese, a meno che la scelta sia concretamente impossibile o imponga costi sproporzionati.

Tale disciplina viene ricostruita, secondo un approccio applicativo complementare e cumulativo, in combinato disposto con la proposta di regolamento sulla progettazione ecocompatibile dei prodotti sostenibili e con la proposta di direttiva sulla responsabilizzazione dei consumatori per la transizione verde (prima richiamate), cui si aggiunge l’ulteriore riforma predisposta dal legislatore europeo (oggetto del presente contributo), da cui si evince la qualificazione del diritto alla riparazione come rimedio utilizzabile nella fase d’uso dei beni acquistati dai consumatori, sia nell’ambito della garanzia legale prevista dalla direttiva sulla vendita dei beni che al di fuori di essa. Peraltro, nell’ottica di incentivare il ricorso alla riparazione dei prodotti, se il consumatore opta per tale scelta, viene prevista una copertura aggiuntiva della garanzia legale di ulteriori 12 mesi con conseguente estensione del periodo di responsabilità per il venditore.

La presente proposta normativa, elaborata dalla Commissione europea, recentemente approvata dal Parlamento europeo, è stata definita all’esito di un ampio processo di consultazione “multistakeholder”, esteso ai portatori di interessi coinvolti su larga scala, in rappresentanza di consumatori, imprese, organizzazioni ambientali, enti accademici e autorità nazionali.

L’ambito di operatività della relativa disciplina si applica alla riparazione dei beni acquistati dai consumatori in caso di difetto del bene che si verifica o si manifesta al di fuori della responsabilità del venditore ai sensi dell’articolo 10 della direttiva (UE) 2019/771 (cfr. art. 1, par. 2).

L’obbligo di riparazione a carico del fornitore

Sulla base di una preliminare analisi costi-benefici effettuata dal legislatore europeo ai fini della predisposizione della menzionata disciplina, fondata sull’adozione di svariati criteri stabiliti all’esito di una valutazione qualitativa d’impatto conforme al principio di proporzionalità, è stato sancito, ex art. 5, l’obbligo di riparazione a carico del fornitore. In particolare, su richiesta del consumatore, il produttore è tenuto a riparare, gratuitamente o a fronte di un corrispettivo in denaro o di una controprestazione di altro tipo, i beni elencati nell’allegato II, che prevedono specifiche di riparabilità, a meno che la riparazione sia impossibile.

Inoltre, tra gli adempimenti prescritti per il produttore vi è, altresì, quello di fornire, su richiesta, un preventivo con i prezzi e le condizioni per la riparazione, usando, a tale scopo, un modulo standard (cd. modulo europeo di informazioni sulla riparazione).

A tenore dell’art. 4, il modulo europeo di informazioni sulla riparazione specifica, in modo chiaro e comprensibile, l’identità del riparatore, il relativo indirizzo geografico, il suo numero di telefono, il suo indirizzo di posta elettronica e, ove disponibile, qualsiasi altro mezzo di comunicazione elettronica che consenta al consumatore di contattare il riparatore e comunicare con lui in maniera rapida ed efficiente, il bene da riparare, la natura del difetto e il tipo di riparazione proposta, il prezzo o, se questo non può essere ragionevolmente calcolato in anticipo, le relative modalità di calcolo e il prezzo massimo per la riparazione, il tempo stimato necessario per completare la riparazione, la disponibilità di beni sostitutivi temporanei durante il periodo di riparazione e gli eventuali costi a carico del consumatore per la sostituzione temporanea, il luogo in cui il consumatore consegna il bene per la riparazione, se del caso, la disponibilità di servizi accessori, quali la rimozione, l’installazione e il trasporto, offerti dal riparatore e gli eventuali costi a carico del consumatore per tali servizi.


Le opinioni espresse nel presente articolo hanno carattere personale e non sono, direttamente o indirettamente collegate, in alcun modo, alle attività e funzioni lavorative svolte dall’Autore, senza, quindi, impegnare, in alcun modo, l’Amministrazione di appartenenza del medesimo.

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