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Startup e scaleup, così il “ventottesimo regime europeo” può rivoluzionare il mercato



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Il ventottesimo regime europeo punta a creare un quadro opzionale unico per startup e scaleup, semplificando diritto societario, lavoro e fiscalità. Una riforma ambiziosa che intreccia politica industriale, tutela dei lavoratori e competitività globale

Pubblicato il 9 dic 2025

Daniele Tumietto

Dottore commercialista



digital omnibus e ricerca (1); vida IVA; ventottesimo regime europeo

Negli ultimi anni, la Commissione europea ha lanciato un ambizioso pacchetto di misure per trasformare l’Europa nel luogo ideale per avviare, far crescere e far espandere le imprese innovative. Al centro di questa strategia si trova il concetto di “ventottesimo regime europeo”, un nuovo schema normativo opzionale che mira a semplificare la vita delle startup e delle scaleup che operano a livello europeo.

Cerchiamo di ricostruire, nel modo più aggiornato e completo possibile, quali siano le motivazioni, che cosa prevederebbe il regime e quali criticità emergono.

Ventottesimo regime europeo e il sogno di un mercato unico per le startup

Perché l’Europa ha deciso di intervenire? Secondo la Commissione europea, le startup e scaleup rappresentano una componente essenziale del futuro economico dell’Europa: sono, infatti, motore dell’innovazione, della crescita sostenibile e della creazione di occupazione qualificata.

Tuttavia, nonostante l’Europa ospiti già decine di migliaia di startup, cui fa seguito un ecosistema di ricerca e innovazione forte, numerosi ostacoli ne rendono difficoltosa l’espansione sul piano europeo (e globale). Tra questi: la frammentazione normativa, fiscale e societaria tra i diversi Stati membri; la difficoltà di attrarre e trattenere talenti; la presenza di regole diverse in materia di lavoro e di opzioni azionarie per i dipendenti; e la difficoltà di ottenere finanziamenti sufficienti per le scaleup tecnologiche.

In questo contesto, la Commissione ha annunciato che intende presentare, entro il primo trimestre del 2026, una proposta legislativa per introdurre un quadro europeo armonizzato per le imprese innovative, spesso definito appunto “ventottesimo regime”.

L’obiettivo principale è chiaro: rendere l’Europa una “potenza delle startup” (startup powerhouse), cioè un luogo dove fondare un’impresa tecnologica, farla crescere e farla operare in tutti gli Stati membri con il minimo attrito.

Come funziona in pratica il ventottesimo regime europeo per le imprese innovative

Il termine “ventottesimo regime” si riferisce all’idea di aggiungere, oltre ai 27 regimi nazionali (uno per ciascun Stato membro dell’UE), un’opzione europea unica per le imprese innovative.

Al momento, non si tratta di sostituire i regimi nazionali, ma di offrire un’alternativa opzionale: le imprese potrebbero scegliere se operare secondo la “norma europea” oppure restare sotto la normativa nazionale.

L’intento è fornire un pacchetto normativo unico e armonizzato che riguardi diverse aree: diritto societario, diritto dell’insolvenza (fallimenti e crisi d’impresa), diritto del lavoro, diritto tributario e fiscalità.

Per esempio, una startup che sceglie il regime europeo potrebbe costituirsi, operare e fare business in più Paesi dell’UE senza dover adeguarsi a 27 sistemi di regolamentazione diversi. In particolare, si parla di costituire una “società europea” per startup/scaleup — un’entità digital-first con registrazione via internet, norme societarie semplificate e tutela degli azionisti e dei dipendenti adeguata al contesto innovativo.

In sostanza, l’Europa propone una società – un registro – un mercato (“one company, one registry, one market”) a scala europea, riducendo burocrazia, duplicazioni e incertezze.

Perché l’Europa vuole semplificare la vita a startup e scaleup

Le ragioni per cui si spinge verso questo regime sono molte e ben documentate. L’attuale paesaggio europeo vede normative societarie, fiscali e del lavoro molto diversificate da Paese a Paese: “scaling across Europe means adapting to 27 different sets of corporate tax and employment law”.

I costi di compliance, in termini di tempo e risorse, per una startup che vuole operare a livello paneuropeo possono essere significativi: si va da incorporazioni multiple, traduzioni dei documenti, necessità di registrazioni in diversi registri, adempimenti diversi per le stock option e la governance.

Senza un quadro europeo armonizzato, molte imprese europee preferiscono registrarsi o operare altrove (ad esempio negli USA) oppure limitare la propria espansione internazionale. Un regime semplificato migliora non solo la nascita, ma anche la scalata (scale-up), cioè far crescere una startup fino a diventare un’impresa globale, riducendo gli ostacoli tra il “garage” e l’“IPO”.

Nel caso concreto, si parla anche di poter costituire un’impresa in tempi rapidi (spesso indicato come “apertura in 48 ore”), grazie alla digitalizzazione e all’armonizzazione delle procedure. Anche se questa cifra è soprattutto un obiettivo simbolico, più che una promessa oggi garantita.

Il quadro giuridico e le aree coperte dal ventottesimo regime europeo

Quali sono le aree specifiche che il ventottesimo regime dovrebbe coprire? Di seguito una panoramica con dettagli e riflessioni.

Le principali aree normative interessate

Diritto societario: norme sulla costituzione della società, governance, diritti degli azionisti, modelli societari flessibili (ad esempio azioni con diritto di voto differenziato, partecipazione degli investitori) e registrazione digitale.

Diritto dell’insolvenza/crisi d’impresa: procedure armonizzate in caso di difficoltà aziendali, per consentire una gestione efficiente della crisi o il riassetto cross-border.

Diritto del lavoro: tema particolarmente delicato, che include, ad esempio, la tutela dei lavoratori, le stock option per i dipendenti, le regole sull’impiego transfrontaliero e il lavoro remoto/distribuito.

Diritto tributario/fiscalità: armonizzazione o quantomeno coordinamento delle principali norme fiscali che influenzano le imprese innovative, incluse le opzioni azionarie, la tassazione degli utili reinvestiti e la fiscalità del lavoro; tuttavia, affrontare la fiscalità è tra le parti più complesse.

Le caratteristiche operative del nuovo regime

Tra le caratteristiche chiave previste vi è una registrazione digitale unica (online) e l’operatività in più Stati membri tramite un’unica entità.

Le norme dovrebbero essere su misura per startup e scaleup: ad esempio, prevedere che la struttura societaria sia adatta anche al fondatore singolo, che la governance sia agile, che le opzioni azionarie siano riconosciute ovunque.

È centrale la possibilità di “opt-in”: le imprese possono adottare il regime europeo, pur mantenendo la possibilità di restare soggette alla normativa nazionale. L’obiettivo è creare maggiore certezza giuridica, attrarre investitori e ridurre l’attrito transfrontaliero.

La forma giuridica del regime e il nodo direttiva vs regolamento

Per quanto riguarda la tabella di marcia, secondo le informazioni attualmente disponibili, la Commissione europea intende presentare la proposta legislativa relativa al ventottesimo regime nel primo trimestre del 2026.

La consultazione pubblica, avviata per raccogliere i contributi degli stakeholder, si è nel frattempo conclusa, almeno nella sua prima formulazione, il 30 settembre 2025, segnando un passaggio importante nella fase preparatoria dell’iniziativa.

Uno dei nodi più delicati e controversi riguarda però la forma normativa con cui il regime dovrebbe essere introdotto. Se si optasse per una direttiva, gli Stati membri sarebbero tenuti a recepirla nei rispettivi ordinamenti nazionali, con il rischio concreto di divergenze applicative, proprio ciò che il ventottesimo regime mira a superare.

I critici sottolineano che questa scelta potrebbe portare alla creazione di ben 27 versioni del “regime europeo”, compromettendone l’effetto di armonizzazione. Al contrario, un regolamento europeo garantirebbe un’applicazione diretta e uniforme in tutti gli Stati membri, senza bisogno di recepimenti nazionali, assicurando maggiore certezza giuridica e coerenza complessiva; per questa ragione molti stakeholder lo considerano lo strumento preferibile.

La base normativa

Nonostante ciò, la Commissione sembra orientata a fondare l’intervento su una direttiva basata sugli articoli 50 e 114 del TFUE (Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea). Secondo alcuni osservatori, uno dei motivi di questa prudenza risiederebbe nel timore che l’adozione di una normativa diretta e vincolante, come un regolamento, possa richiedere l’unanimità dei 27 Stati membri in sede di Consiglio, un passaggio politicamente complesso e ad alto rischio di stallo.

Su questo punto, il dibattito politico e istituzionale resta particolarmente acceso. Da un lato, startup, scaleup e associazioni imprenditoriali spingono con decisione per l’adozione di un regolamento, ritenendo che solo uno strumento direttamente applicabile possa garantire una vera logica di “one-stop shop” europea.

Dall’altro lato, alcuni Stati membri e vari ambienti nazionali mantengono un atteggiamento più cauto, temendo che un intervento troppo incisivo possa comportare una perdita di sovranità in settori sensibili come la fiscalità e il diritto del lavoro.

A ciò si aggiunge una preoccupazione di fondo: se il regime non verrà progettato con sufficiente chiarezza e coerenza, esiste il rischio che si trasformi in un semplice ulteriore strato normativo sovrapposto alle legislazioni nazionali, anziché in un reale strumento di semplificazione.

Strategia UE per startup e scaleup oltre il ventottesimo regime europeo

Il “ventottesimo regime” non rappresenta un intervento isolato, ma si colloca all’interno di una strategia organica di più ampio respiro, denominata “EU Startup and Scaleup Strategy” e presentata dalla Commissione europea il 28 maggio 2025 con il titolo “Choose Europe to Start and Scale”. Tale strategia si articola in cinque assi principali di intervento.

Finanziamenti e fondi per la crescita

Il primo riguarda i finanziamenti, con la prevista istituzione dello Scaleup Europe Fund, operativo dal 2026, un fondo multimiliardario destinato a sostenere lo sviluppo delle tecnologie deep tech e delle startup nella fase di crescita su scala europea, affiancato dal potenziamento dell’European Innovation Council (EIC) attraverso regole più snelle, ispirate al modello dell’agenzia statunitense ARPA.

Talenti, mercato e adozione dell’innovazione

Un secondo pilastro è dedicato ai talenti, attraverso l’iniziativa “Blue Carpet”, finalizzata a facilitare l’ingresso in Europa delle competenze globali, a ridurre le disparità nel trattamento fiscale delle stock option per i dipendenti e a favorire il lavoro distribuito transfrontaliero.

Il terzo ambito di azione riguarda l’adozione e l’espansione sul mercato, con il programma “Lab to Unicorn”, che mira a colmare il divario tra ricerca universitaria e mercato, semplificando l’accesso delle startup agli appalti pubblici e accelerando le procedure per le gare di ricerca e sviluppo.

Regolazione pro-innovazione e infrastrutture

La strategia interviene inoltre sul piano della regolamentazione favorevole all’innovazione, che, oltre al ventottesimo regime, prevede la creazione di un portafoglio europeo per le imprese (European Business Wallet) per semplificare le interazioni digitali con le amministrazioni e l’introduzione di sandbox normativi con il futuro atto europeo sull’Innovazione.

Infine, un’attenzione specifica è rivolta all’accesso alle infrastrutture, attraverso l’istituzione di una Carta europea di accesso per gli utenti industriali, volta ad armonizzare le condizioni contrattuali di utilizzo delle infrastrutture tecnologiche e di ricerca, e mediante un sostegno finanziario dedicato alle startup per l’accesso alle strutture di elaborazione dei dati basate sull’intelligenza artificiale.

Impatto del ventottesimo regime europeo sull’Italia e sui registri imprese

L’Italia, come altri Paesi UE, guarda con attenzione (e qualche prudenza) all’istituzione del ventottesimo regime.

Registri imprese e rischi di forum shopping

In Italia, ad esempio, Unioncamere (che gestisce i registri delle imprese) ha espresso timori circa la possibilità che, in assenza di un’adeguata vigilanza, il regime europeo possa favorire fenomeni di forum shopping, ovvero imprese che scelgono la sede di registrazione in base solamente alla burocrazia più snella o alla regolamentazione fiscale più favorevole, indipendentemente da una reale presenza economica nel Paese.

Unioncamere sottolinea che i registri nazionali sono fondamentali per garantire trasparenza, legalità e affidabilità dell’attività economica — e che il trasferimento della competenza a un livello sovranazionale non deve indebolire gli strumenti di prevenzione contro frodi, riciclaggio e comportamenti opportunistici.

Coordinamento tra livello nazionale ed europeo

Ci sarà bisogno di garantire l’interoperabilità tra il registro europeo (se istituito) e i registri nazionali, per evitare duplicazioni, conflitti o falle di trasparenza. Le responsabilità di controllo e vigilanza devono essere chiaramente definite: quale autorità sovranazionale? Quale autorità nazionale?

In Italia, un tema sensibile sarà quello della fiscalità: se una startup opta per il regime europeo, come si concilia con le normative italiane e con le imposte locali/regionali? Quale sede fiscale? Quale responsabilità?

Semplificazione, tutele e timori dei lavoratori

Se da un lato la semplificazione è necessaria — per liberare il potenziale innovativo europeo — dall’altro è indispensabile che le norme di tutela del lavoro, della concorrenza e della fiscalità non vengano indebolite in nome dell’efficienza. Alcuni sindacati e associazioni temono che un regime troppo permissivo possa ridurre i diritti dei lavoratori o creare condizioni normative più sfavorevoli per le imprese nazionali.

In altri termini: semplificare non significa abbassare gli standard, ma renderli più efficaci, uniformi e interoperabili.

Come possono prepararsi le startup italiane

Per le startup italiane, o per chi intende avviare un’impresa innovativa con respiro europeo, diventa fondamentale adottare fin da subito un approccio strategico e consapevole all’evoluzione del quadro normativo.

È innanzitutto essenziale monitorare costantemente gli sviluppi legislativi dell’Unione europea, poiché la proposta sul ventottesimo regime è ancora in fase di definizione e la consultazione pubblica ha già prodotto contributi rilevanti da parte delle associazioni di settore.

Sarà altrettanto importante valutare con attenzione se e quando potrà risultare conveniente aderire, una volta approvato, al regime europeo, in alternativa alla normativa nazionale, tenendo conto di variabili quali la distribuzione geografica delle attività, la presenza di investitori internazionali, l’utilizzo di strumenti di incentivazione come le stock option e l’impiego di personale in più Paesi.

In questa prospettiva, è opportuno prepararsi già oggi a una governance societaria “EU-friendly”, progettando strutture societarie idonee a operare in contesti normativi differenti, prevedendo strumenti di partecipazione per i dipendenti e favorendo modelli organizzativi flessibili e compatibili con il lavoro transfrontaliero.

Allo stesso tempo, è strategico tenere in considerazione anche gli strumenti di supporto previsti dalla strategia europea, come lo Scaleup Europe Fund, le misure per l’attrazione dei talenti e la semplificazione dell’accesso agli appalti pubblici, che rappresentano opportunità concrete di crescita.

Dal punto di vista specificamente italiano, resta centrale curare con attenzione la compliance con il Registro delle Imprese, valutare in modo coerente la sede fiscale e societaria in funzione del piano di espansione europeo e confrontarsi con professionisti con esperienza internazionale.

Infine, è importante non basarsi esclusivamente sull’obiettivo simbolico della costituzione “in 48 ore”: sebbene rappresenti un traguardo ambizioso e comunicativamente efficace, la realtà operativa continuerà a richiedere un attento presidio degli aspetti fiscali, giuridico-lavoristici e di governance.

Opportunità, rischi e scenari futuri per le startup europee

L’introduzione del ventottesimo regime europeo apre scenari di grande interesse, ma comporta anche alcune criticità che meritano un’attenta valutazione.

Le principali opportunità

Sul piano delle opportunità, un regime opzionale ben progettato potrebbe innanzitutto ridurre in modo significativo i costi di compliance, semplificare l’espansione transfrontaliera e aumentare la visibilità e competitività delle startup europee sui mercati internazionali.

Un quadro normativo uniforme e stabile favorirebbe inoltre una maggiore attrattività degli investimenti, poiché gli investitori, soprattutto istituzionali, privilegiano contesti caratterizzati da certezza giuridica, regole omogenee e mercati integrati.

In prospettiva più ampia, un ecosistema europeo dell’innovazione più solido potrebbe contribuire a ridurre il divario competitivo con Stati Uniti e Cina nel settore tecnologico, rafforzando l’autonomia strategica dell’Unione.

Non meno rilevante è la possibilità, per i fondatori europei, di evitare la “migrazione” verso giurisdizioni estere, in primis gli Stati Uniti, per trovare condizioni più favorevoli sotto il profilo normativo, fiscale e finanziario.

I rischi da non sottovalutare

Accanto a queste opportunità, tuttavia, permangono rischi strutturali che non possono essere ignorati. Se il regime dovesse essere adottato in forma di direttiva e recepito in modo disomogeneo dagli Stati membri, vi è il concreto rischio che esso finisca per generare una nuova frammentazione normativa, anziché superare quella esistente.

Inoltre, ambiti delicati come la fiscalità e il diritto del lavoro restano politicamente molto sensibili: una gestione inadeguata potrebbe alimentare conflitti tra imprese e rappresentanze dei lavoratori, oltre a creare asimmetrie concorrenziali tra i diversi Paesi.

In assenza di adeguati presidi di controllo, non si può escludere il rischio di delocalizzazioni societarie e fiscali o di fenomeni di “forum shopping”, con registrazioni opportunistiche in Stati con regolamentazioni più permissive.

Infine, la tempistica e l’effettiva implementazione del regime restano incerte: eventuali ritardi, compromessi politici o un ridimensionamento della proposta potrebbero lasciare le startup in una fase prolungata di attesa, con un livello di incertezza operativa poco compatibile con le esigenze di crescita rapida tipiche dell’innovazione.

Conclusioni operative per fondatori e investitori

Il “ventottesimo regime europeo” è tra le iniziative più interessanti e potenzialmente trasformative per le startup in Europa. Se ben realizzato, potrà aiutare a far decollare la “seconda generazione” di imprese europee globali — quelle che nascono in Europa, crescono in Europa e competono a livello globale, senza trasferire la sede altrove.

Tuttavia, come per tutte le grandi riforme, il diavolo è nei dettagli: forma giuridica (direttiva vs regolamento), efficacia dell’armonizzazione, bilanciamento tra semplificazione e tutela, tempi effettivi di attuazione, coordinamento nazionale ed europeo sono tutti elementi che determineranno il successo o meno dell’iniziativa.

Per startup, scaleup, investitori e fondatori italiani (e non solo) vale la pena prepararsi fin da ora: capire le implicazioni, partecipare (ove possibile) alle consultazioni, strutturarsi in modo “Europe-ready” e mantenere un occhio sulle misure complementari (finanziamenti, talenti, infrastrutture).

Il regime non è ancora attivo, ma l’opportunità lo è già.

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