I RAC-CORTI

La caccia al tesoro

Il secondo dei quattro “Rac-corti”. Racconti dalla Corte dei conti. Racconti digitali sul digitale, seri e faceti, a cura di due noti autori- pardon burocrati, pardon esponenti di spicco- della Corte dei conti. Perché ci sono tanti modi per raccontare- e fare- innovazione. A volte, ci si può anche divertire

Pubblicato il 20 Nov 2015

Luca Attias

Commissario Straordinario per l'attuazione dell'Agenda Digitale

Michele Melchionda

Corte dei Conti

La caccia al tesoro

La caccia al tesoro è un noto gioco di società i cui partecipanti si organizzano in squadre, oppure singolarmente, nel tentativo di scovare il “tesoro”. Tramite indovinelli, si dà inizio alla ricerca di alcuni determinati oggetti, preventivamente nascosti, abilitanti al successo finale. Ebbene, chi di noi non ha mai preso parte, almeno una volta nella vita, ad una caccia al tesoro? Molto probabilmente nessuno. Addirittura, c’è chi, da bambino, è rimasto talmente affascinato da questo gioco che, col trascorrere degli anni, ne ha fatto un mestiere; una sorta di moderno pirata alla perenne ricerca del proprio, agognato tesoro.

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Secondo attendibili fonti internazionali (FMI, Banca Mondiale, OCSE), parrebbe che nei paradisi fiscali sarebbe nascosto un tesoro da 30 mila miliardi di dollari. Sottolineiamo che tale cifra è pari ad un terzo dell’intera economia globale, a due volte il PIL statunitense, o europeo, venti volte quello italiano. Queste informazioni sono riportate da Nunzia Penelope nel libro “Caccia al tesoro” (Ponte alle Grazie, 2014). Secondo l’autrice, “i paradisi restano tutt’ora un buco nero: dentro c’è di tutto, dai profitti esentasse delle multinazionali, tra cui moltissime italiane, ai capitali degli evasori, dal business del crimine alle tangenti della corruzione. E dietro questa massa di denaro si muove una nuova élite globale, più potente di qualunque governo: è il lato oscuro del capitalismo, che dispone di risorse finanziarie illimitate, sufficienti a impedire qualunque serio provvedimento legislativo che metta realmente fine al fenomeno”.

Non facciamoci illusioni, l’Italia non è esente da vizi, tutt’altro. Per dirla tutta, da noi il tesoro non è solo di carattere economico, ma assume forme differenti e più subdole del semplice denaro. Di volta in volta, in base alle diverse situazioni ed in base ai vari contesti, il tanto ambito tesoro può essere, infatti, un posto di lavoro, una posizione sociale di prestigio, privilegi dei più svariati, una pensione d’oro, una poltrona da “inamovibile”, una copertura assicurativa, il rimborso di spese mediche, gadget vari, un abbonamento al circolo sportivo, la scuola privata per i propri figli, se non, addirittura, uno stupido selfie con il personaggio famoso dei propri sogni. Insomma, impossibile fare un elenco esaustivo di ciò che ciascuno di noi intenda per tesoro.

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Cosa ci spinga a comportarci in questo modo avido ed individualista è difficile da dire; forse un istinto atavico, fatto sta che, nel nostro Paese, quando si affronta una tematica importante, una qualsiasi delle tante emergenze in corso, sembra iniziare la raffica degli indovinelli e ci si ritrova proiettati, nostro malgrado, nell’ennesima caccia al tesoro. Il cittadino diviene l’inconsapevole partecipante del gioco di qualcun altro. Come d’incanto, la ricerca del suo tesoro viene accantonata e si comincia a cercarne un altro. Difatti, chiunque sia nelle condizioni di poterlo fare, organizza la propria caccia al tesoro, incurante degli interessi altrui, e del più semplice buonsenso, dettando le sue regole sulla base del più spietato opportunismo, piuttosto che su solide fondamenta etiche, morali e civili.

In un ambiente governato da regole d’ingaggio sane e genuine, nonché da stabili principi etico morali, si sarebbe indotti a pensare che la classe politica agisca per il solo bene del proprio Paese. Secondo voi, in Italia è sempre così? Analogamente, si potrebbe supporre che i dirigenti pubblici lavorino congiuntamente per perseguire obiettivi comuni e condivisi al fine di offrire i migliori servizi ai cittadini. Anche in questo caso, siamo certi che in Italia sia sempre così? Ovvero, che almeno qualche volta sia così?

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In tema di emergenza digitale, ad esempio, ci si aspetterebbe che, al di là delle solite dichiarazioni più o meno ostentate, tutti gli attori coinvolti (sfera politica, istituzioni, operatori del settore, aziende, stakeholder, ecc.) assumessero un atteggiamento solidale e responsabile. Incredibilmente, non sembra essere così. Provate a prender parte ad un convegno sul tema del gap digitale italiano; molto probabilmente notereste gli interventi di persone che ritengono di possedere, già da tempo, la soluzione giusta, ovvero la mappa del “giusto” tesoro. In un tale convegno, ognuno avrebbe la sua personale ricetta per sanare il disagio digitale che viviamo nel nostro Paese. Ognuno darebbe la sua interpretazione di quali sono le cause e, pertanto, dei rimedi da porre in atto, peccato che molti lo farebbero solo sulla base di presupposti sbagliati e poco leciti. Difatti, nel definire le equazioni caratterizzanti le loro risoluzioni, probabilmente, questi prenderebbero in considerazione variabili “impazzite”, quali: gli incarichi ricoperti, il numero di poltrone disponibili, il numero di amici da aiutare, i personaggi indesiderati e di cui liberarsi, gli interessi da favorire, le situazioni da proteggere, i benefit da raggiungere, le organizzazioni di appartenenza, le rendite di posizione. Anche in questo caso è impossibile stilare un elenco esaustivo, pertanto concludiamo con un generico: “e chi più ne ha, più ne metta”.

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In estrema sintesi, ognuno vuole raggiungere il proprio tesoro. A partire da questa asserzione, si generano di conseguenza le storture più evidenti, quelle che ricorrentemente ingessano il nostro Paese e bloccano l’iniziativa, relegando l’Italia, in tutte le statistiche dei maggiori Enti, nelle ultime posizioni dei ranking internazionali. Eh già, perché nel nostro Paese gli organismi preposti a prendere le decisioni, per evitare l’inevitabile, emanano ulteriori nuove leggi e generano soluzioni inapplicabili, farraginose, traboccanti cavilli burocratici. Tutto l’apparato diviene insostenibile, inattuabile dal punto di vista pratico, un vero insulto al buonsenso. Insomma, un deadlock, che va a ledere gli interessi dell’intera comunità e a bistrattare i principi stessi della nostra democrazia. In questi termini, il tesoro del cittadino si dissolve, divenendo una vera e propria chimera.

Gli interessi personali sono senz’altro una delle concause per le quali l’innovazione viene troppo spesso osteggiata, ci sono infatti soggetti che, forti della loro posizione di potere, si dimostrano riluttanti a qualsiasi capacità innovativa, o a qualsiasi intuizione venga dettata dal buonsenso, e, solitamente, non prestano alcuna attenzione ai sostenitori di tali idee. Nei casi più “oscuri” l’indifferenza, però, non si dimostra sufficiente e questi stessi soggetti passano alle contromisure. Una vera opposizione sistematica con mezzi strutturati: si sbeffeggia, ad esempio attraverso i più comuni social network, chi propone l’innovazione, oppure si mettono in ridicolo le sue idee.

L’Italia è ciò che vediamo tutti i giorni sotto i nostri occhi, la classe politica e la classe dirigente sembrano in parte inadeguate, in parte impegnate in una caccia al tesoro individuale. Ad onor del vero, anche quando guardiamo ad ognuno di noi, come semplici cittadini, non sembriamo avere un atteggiamento migliore; divisi in mille rivoli, sperperiamo parole ed energie alla ricerca di benefici immediati e miseri tesori, nella convinzione che il vero forziere sia quello più facile da agguantare e non quello che riguarda l’intera struttura sociale.

Seguendo questa logica, la politica si ritrova spesso assoggettata alla burocrazia e la struttura apicale di quest’ultima subordina sé stessa agli interessi forti, qualche volta illeciti, di oscure lobbies di potere. A copertura di tutto ciò vi è il rispetto rigoroso delle formalità, delle consuetudini, delle regole, delle norme e delle leggi; il “core business” di tutto l’apparato semplicemente scompare e perdiamo irrimediabilmente di vista l’obiettivo.

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A questo punto della dissertazione, se terminassimo così il discorso, avremmo anche noi preso parte al “Festival delle Cassandre” e verremmo probabilmente annoverati nella corporazione dei disfattisti, nonché di coloro i quali sono capaci solo ad elencare le cose che non funzionano, ovvero di coloro, in ultima analisi, che vedono sempre il bicchiere mezzo vuoto. Bisogna, altresì, sottolineare che il nostro Paese passa in maniera talmente repentina dalla visione “mezzo pieno” a quella “mezzo vuoto”, che abbiamo finito per non coglierne più neanche le differenze.

Allora abbiamo deciso di coniare una terza categoria: i “difensori del bicchiere”, indipendentemente dal fatto che possa essere mezzo pieno o vuoto. Ci siamo resi conto che ce ne sono tanti in giro, nascosti nei meandri più inattesi: politica, burocrazia, associazioni, aziende italiane ed internazionali, gruppi di interesse (alla anglosassone per intenderci), onlus, giovani, startup, ecc. Un vero esercito, diffuso, seppur privo di una strategia condivisa e di una guida riconosciuta ed autorevole.

Come si potrebbe non condividere gli obiettivi in merito a temi quali: il diritto dei cittadini ad una PA efficiente, ad una giustizia più celere, ad un sistema salute più accessibile, alla privacy, alla sicurezza. In breve, come si fa a non collaborare, tutti, per il miglioramento complessivo del nostro ambiente sociale?

Siamo dell’opinione che bisogna solo risvegliare quella parte sognatrice presente in ognuno di noi, quella che la grigia, ripetitiva quotidianità tende a sopraffare, convincendoci che quei sogni sono troppo difficili da raggiungere, troppo faticosi per giustificare lo sforzo richiesto e troppo lontani dai nostri interessi immediati.

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Ovviamente, noi non possiamo fare proposte che travalichino in maniera ingiustificata il nostro ambito professionale, ma possiamo provare a proporre un modello che non preveda il rimanere in perenne attesa di un qualche “Godot”, ma che, anzi, utilizzi al massimo le potenzialità e le opportunità disponibili.

L’individualismo sfrenato e la frantumazione delle risorse attualmente disponibili rappresentano una zavorra che rallenta la nostra crescita in modo significativo. Agiamo diversamente, condividiamo tutte le esperienze, positive e negative, non solo in ambito professionale, tutte quelle che hanno fatto della collaborazione e della condivisione la loro formula vincente, rendiamole disponibili ad un contesto sempre più ampio. Misuriamole con le altre soluzioni già adottate e dimostriamo che, noi per primi, siamo in grado di riconoscere quelle che hanno oggettivamente caratteristiche migliori di altre, quand’anche ciò vada a sfavore delle nostre stesse proposte. In questo modo, vedremmo crescere esponenzialmente il numero delle soluzioni disponibili, che non saranno più le stesse, che non saranno più le nostre, ma saranno sicuramente migliori e più utili ai cittadini.

Non esiste un digitale per la PA e un digitale per i cittadini, esiste una crescita complessiva del Paese in ottica digitale, che ha le piene potenzialità per migliorare la vita di tutti noi e soprattutto quella delle generazioni future. Abbiamo davanti la possibilità di recuperare tanto tempo perso, ma dobbiamo smetterla, prima possibile, di continuare a sprecarne.

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Meno un paese è digitalizzato più aumenta la possibilità che la corruzione dilaghi.

Ciò è qualcosa di cui siamo profondamente convinti e lo dimostra l’ormai famoso “fattore di correlazione lineare” applicato al Digital Economy and Society Index (DESI, fonte: UE) e alla classifica dei Paesi meno corrotti (fonte: Transparency International). In questo caso, tale fattore assume un valore pari a 0,90. Ci preme sottolineare che, in termini statistici, si grida al miracolo quando vengono riscontrati “fattori di correlazione lineare” i cui valori si attestano intorno al 70%. Nel nostro caso tale indice risulta assumere un valore superiore al 90%; risultato decisamente impressionante! Tale elevatissimo valore dovrebbe farci intendere che viviamo una vera e propria emergenza digitale, seppur in modo inconsapevole.

Tutto quanto sopra esposto non sembra quindi essere solo il frutto di una mera intuizione, dettata da logica e buon senso, quanto, piuttosto, il risultato di una vera e propria ricerca, attestante che i due ranking (digitalizzazione e corruzione) siano, indicativamente, lo stesso identico ranking. Pur non potendo parlare di causalità, né di un rigoroso studio scientifico, ciò ci porta, senza tema di smentita, ad affermare che, se l’Italia riuscisse a recuperare posizioni in ambito DESI, sviluppando una corretta politica di digitalizzazione, molto certamente la corruzione subirebbe un significativo ridimensionamento, tanto nella dimensione, quanto nell’incisività.

Volendo sintetizzare, possiamo asserire che in buona sostanza più i Paesi possiedono sistemi digitali efficaci ed efficienti, meno subiscono il peso deleterio della corruzione, e viceversa.

I dati sopra esposti dovrebbero essere oggetto di attenta riflessione da parte dei decisori politici, in tale ambito bisognerebbe agire con la medesima perizia con la quale, in campo medico, si affronta una grave malattia, perché tale deve essere considerata la corruzione. Analizzare ed affrontare i sintomi non è sufficiente, bisogna, ancor più, combatterne le cause e queste sono decisamente difficili da ricercare, perché sono nascoste e subdole. In campo medico le cause possono essere individuate grazie ad un sistema immunitario adeguato e ad una ricerca mirata e puntuale, ma sono altresì necessari altri fattori concomitanti: grande determinazione, costanza e capacità di lavorare in team. Ecco, forse questa potrebbe essere considerata una best practice da potersi utilizzare per rimuovere la corruzione alla stregua di un vero e proprio cancro.

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“Sembra sempre impossibile finché non viene fatto” (Nelson Mandela).

Non vogliamo in nessun modo minimizzare la vera portata del problema che stiamo trattando, ma non intendiamo neanche fare del qualunquismo, perché sarebbe riduttivo e non porterebbe a nulla di buono, se non ad alimentare inutili polemiche. Sopra si è diffusamente parlato di classe politica, nonché di classe dirigente, ma senza mai dimenticare che queste fasce sono composte, prima che da professionisti, da singoli individui. Cittadini come noi, come voi. Congiuntamente ed indissolubilmente, noi tutti componiamo il tessuto di questa Società. Se quest’ultima non fornisse risposte adeguate ai nostri bisogni, la responsabilità andrebbe condivisa in modo equo e ricercata prioritariamente nel nostro intimo. Ciò che intendiamo dire è che il principale problema del nostro Paese, non può essere identificato solo nell’incapacità e nell’incompetenza del top management, piuttosto nella totalità della Collettività, alla quale noi tutti apparteniamo; il problema primario dell’Italia è di tipo culturale ed andrebbe affrontato in maniera strutturale, unitaria e condivisa.

Riteniamo che ciascuno di noi, nel ristretto raggio d’azione offerto dal proprio ambito quotidiano, dovrebbe fare qualcosa di concreto per cercare di cambiare le cose, per il bene del nostro Paese. Pertanto, smettiamola una buona volta di lamentarci e di far polemiche, smettiamola con il malcostume diffuso e con tutti quei piccoli atteggiamenti, più o meno gravi, che affondano le radici in un humus culturale ormai obsoleto. Alcuni esempi? Parcheggiare l’autovettura in seconda fila, gettar cartacce in terra, non vidimare il biglietto sui mezzi pubblici, essere individualisti, evadere il fisco, ecc. Piuttosto, una volta e per sempre, pensiamo a noi stessi in termini di Comunità e modifichiamo conseguentemente il nostro modo di pensare e di agire. In breve, miglioriamo noi stessi ed il nostro retaggio culturale, andrà tutto a beneficio del nostro futuro e di quello dei nostri figli.

Ripetiamolo, noi vogliamo essere i “difensori del bicchiere”, quelli che intendono mantenerlo integro e pulito, ma non solo, molto di più, si perché noi siamo intimamente convinti che, con il contributo di tutti, si possa anche riuscire a vedere quello stesso bicchiere, né mezzo vuoto, né mezzo pieno, ma, addirittura, decisamente traboccante!

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claudiof
claudiof
9 anni fa

Sono totalmente d’accordo con quanto riportato nel rac-corti e da tempo, senza conoscerlo, ne condivido l’analisi e lo spirito.
Perfetta l’analisi sulla necessità di una nuova coscienza sociale e comportamentale, è roba che sento mia.
Va bene l’esempio delle carte gettate a terra e delle macchine in doppia fila però dovremmo anche affondare un po’ di più sui temi comportamentali, di ognuno di noi ma anche di chi governa la politica. Si parla tanto di contenimento della spesa pubblica, di abbattimento degli sprechi, di spending review e si delineano soluzioni che sono solo paliativi forse buoni per l’oggi ma nodi scorsoi al collo della nostra economia di domani.
Abbattimento del numero delle centrali di acquisto: concentrando gli acquisti, cioè aumentando i volumi, si ottengono maggiori sconti (???). forse per l’immediato potrebbe anche andare bene, ma cosa ne sarà di quel tessuto artigiani e di piccola e media industria che ha sempre sorretto le sorti economiche di intere aree del paese ? Non potranno partecipare alle gare, diverranno subcontractor e saranno prese per il collo dalle multinazionali (oramai tutte straniere) che imporranno loro condizioni da caporalato agricolo. L’industria italiana stà diventando straniera, la piccola e media industria la stiamo uccidendo, chi pagherà le tasse domani ?
Secondo la logica governativa ridurre le centrali di acquisto significa anche diminuire i centri di malaffare (???): ma nessuno si ricorda che gli scandali più grossi avvengono sempre là dove è concentrata maggiore massa ? (Expò, Mose, …).
Il problema non è concentrare i punti di acquisto, che fra l’altro non darebbe neanche risposte concrete alle necessità dei singoli enti (pensate a cosa succederebbe negli ospedali con tutte le loro criticità !), il problema è governare bene le gare di acquisto.
Oggi le gare più importanti se le aggiudicano quelle società che hanno investito per tempo sugli “scrittori”. Bisogna saper scrivere bei romanzi per convincere una commissione di gara (che fra l’altro spesso non viene scelta con criteri di competenza, ma questo sarebbe un altro tema) tanto poi chi va a controllare se veramente quanto scritto viene veramente erogato, i tecnici veri, quelli che stanno “sul pezzo”, scrivono da tecnici e spesso non vengono capiti. Poi le grosse aziende hanno investito su figure commerciali con spiccate capacità di lobbing, bisogna prepararle le gare e bisogna dare supporto all’ente pubblico. Vuoi che il funzionario che si trova a gestire un corposo capitolato non sia contento di trovare qualcuno che gli da una mano ?
Però io mi chiedo: ma chi è che può fare tutti questi investimenti in risorse che non sono certo a basso costo ?
Però c’è un aspetto fondamentale che mi lascia ogni volta stupito, perchè una gara sia gestita in modo corretto bisognerebbe almeno essere certi, in assoluto, che qualcuno non abbia la possibilità di accedere alle offerte dei concorrenti prima dei tempi dovuti. Questo aspetto è ancor più rilevante nelle gare telematiche che introducono anche un terzo attore che è il gestore della piattaforma di negoziazione. Hai voglia ad inserire password, crittografia, cifratura ed altro, hai voglia a certificarti ISO non so cosa per dimostrare che il tuo personale è irreprensibilmente allineato ai codici etici e che le tue procedure sono rigorose e controllate (ma i flies do log sono aperti e nelle loro disponibilità !). Per quanto alta possa essere la difficoltà di accedere ai dati non c’è mai la certezza che questo non possa avvenire. Poi si scopre che c’è una piccola azienda che ha brevettato un flusso che ti perette di avere l’assoluta certezza che i documenti presentati a gara sono intrinsecamente inviolabili !!! Sia per il personale del provider che per quello della Stazione Appaltante. E’ l’uovo di Colombo, perfetto. Peccato che se ne siano accorti solo i provveditori seri e che vogliono fare le cose per bene (ce ne sono parecchi anche in questa Italia !). Le grandi centrali di committenza non ne vogliono sapere. Chissà perchè. Ma coloro che oggi stanno redigendo il nuovo Codice degli Appalti ne sanno qualche cosa ? Si sono informati in merito ? Sanno quali siano i rischi che si corrono ?

Le gare di appalto però non sono il vero bubbone dell’economia pubblica, sono solo l’istante iniziale di un rapporto di collaborazione fra Enti Pubblici e società fronitrici, gli sprechi vengono fondamentalmente dalla gestione dei contratti che partono dalle gare (ti prometto di fare delle cose) e che proseguono, a volte per anni, in un rapporto che spesso diventa il vero elemento di spreco della PA. Però questo è un altro tema che merita lunghe riflessioni ed io ho già scritto fin troppo.
Ma ad Attias e Melchionda dico di continuare a spendere il loro tempo e le loro risorse per cercare di migliorare questo status quo perchè questa è la strada giusta.

PAOLO
PAOLO
10 anni fa

Ma quando è prevista l’uscita del prossimo articolo?

Amelia
Amelia
10 anni fa

Questi dirigenti sono integerrimi figli della repubblica italiana

Giacomo
Giacomo
10 anni fa

Un lavoro davvero grandioso!

Rudolph Morris
Rudolph Morris
10 anni fa

Excellent writing in giving importance to ethics. It’s not merely about getting the top rank matters in digital marketing. Other factors that should be given importance include creativity and collaboration which responsive public management has a lot to do with. This is worth sharing.

Antonietta
Antonietta
10 anni fa

Gli italiani sono pecore belanti al pascolo, mentre il ronzino di Firenze cosa fa in merito al digitale? Nulla. Almeno Berlusconi faceva sorridere con le sue barzellette. Spero che chi si approfitta dei pensionati e chi è corrotto cada dal letto e si sfasci le corna! Ma l’articolo è forte mi piace

R. Marini
R. Marini
10 anni fa

Finalmente qualcuno della Pubblica Amministrazione che parla di etica e che ne parla nel modo giusto. A nessun Ministro italiano ho mai sentito dire certe cosa.

Ennio
Ennio
10 anni fa

Questi rac-corti sono uno spasso garantito!

un lettore
un lettore
10 anni fa

Chi non ha compreso la portata del messaggio, né la bellezza di come è stato proposto, è un misero!

Alessio Manca (meno anonimo che mai)
Alessio Manca (meno anonimo che mai)
10 anni fa

Speriamo invece in una produzione costante e continuativa durante tutto il corso dell’anno!

Anonimo
Anonimo
10 anni fa

Speriamo che questo sia l’ultimo, non se ne può più!

Andrea Camilleri
Andrea Camilleri
10 anni fa

Nel commissariato di Vigata non c’è proprio niente da fare. Catarella s’impegna senza speranza nella soluzione di cruciverba e rebus e Montalbano leggicchia un romanzo di Simenon quando è inopinatamente costretto a recitare la parte alla Bruce Willis in un film americano. In un vecchio palazzo abitato da due anziani bigotti, i fratelli Gregorio e Caterina Palmisano, le cui manie religiose sono ormai arrivate al culmine della pazzia. Il vecchio allucinato si è messo a sparare dalla finestra e Montalbano, a sfida del suo sentirsi ormai vecchio, arrampicandosi pericolosamente su per una scala dei pompieri riesce a rendere inoffensivo il vecchio pazzo.

Nel palazzo fatiscente, in una foresta di crocefissi di ogni fattura illuminata da innumerevoli lumini, Montalbano crede di aver scoperto una giovane uccisa ma si accorge che si tratta di una consunta bambola gonfiabile ormai malridotta dal prolungato uso, senza un occhio e con un buco riparato alla meglio.

Ricoverati i due fratelli, l’inerzia sembra tornata nel commissariato di Vigata quando giunge la notizia di un cadavere ritrovato in un cassonetto. Non è il corpo di una vittima ma di un’altra bambola identica a quella rinvenuta nel palazzo dei fratelli Palmisano. In quegli stessi giorni il commissario riceve una strana lettera anonima dove lo si sfida con indovinelli in versi ad una caccia al tesoro che per curiosità e perché non aveva altro da fare accetta. Dopo due o tre indizi gli nasce il sospetto che il gioco nasconda qualcosa di pericoloso e di folle. Purtroppo il suo fiuto da “sbirro” non lo inganna.

Fabio&Massimo
Fabio&Massimo
10 anni fa

Progetto creativo e decisamente incisivo!

Adele Fanti
Adele Fanti
10 anni fa

Il gruppo di lavoro della Corte dei conti mi sembra stia effettuando un lavoro eccellente, e, tra l’altro, colgo l’occasione per complimentarmi con tutti loro, ma, fermo restando ciò, non credo proprio che il core business delle loro attività sia pubblicare articoli e non penso riescano a farlo in tempi tanto brevi… ma forse sbaglio e verrò smentita dai fatti!

Anonimo
Anonimo
10 anni fa

Il fatto che il vaso di terracotta non sia ancora stato pubblicato è descrittivo della serietà dei suoi autori…

GM
GM
10 anni fa

Io l’ho cercato ma non l’ho trovato, la redazione può dirci qualcosa?

Amerigo Tirillo
Amerigo Tirillo
10 anni fa

Oggi se non sbaglio dovrebbe uscire il vaso di terracotta. Vero?

Armandino
Armandino
10 anni fa

Altro che RAC-CORTI, questi sono RAC-LUNGHI… Scherzi a parte, mi sembra un lavoro egregio, che esprime da parte degli autori un netto schieramento a favore del serio impegno etico, civile e sociale. Un tentativo profondamente apprezzabile e condivisibile.

Anonimo
Anonimo
10 anni fa

Io del tuo post non ho capito nulla!

Antonia-M
Antonia-M
10 anni fa

Il degrado culturale del nostro paese può essere combattuto solo partendo dalla scuola, la quale, negli ultimi vent’anni, è degradata enormemente; nelle strutture e nell’organizzazione. Il corpo insegnante vive un profondo disagio e, in assenza di un programma di aggiornamento professionale, che sia serio, condiviso ed unitario, la qualità dell’insegnamento rimarrà per sempre ad un livello puramente nozionistico. Con il veloce evolversi della società, questo non possiamo proprio permettercelo!

Armando Bruni
Armando Bruni
10 anni fa

L’etica pubblica discute questioni di valore in un’epoca di secolarizzazione. Sue premesse ineliminabili sono pluralismo e individualismo. Il pluralismo viene inteso sia come un fatto che caratterizza la vita delle società democratiche, sia come un valore da tutelare e difendere. L’individualismo non va confuso con l’egoismo, e va interpretato come “individualismo normativo”, e cioè come possibilità di ordinare da un punto di vista morale scelte tra alternative, significative per la società. La possibilità stessa di un’etica pubblica razionale dipende dal fatto che i filosofi hanno, negli ultimi decenni, messo in crisi il dogma positivista di una separazione forte tra fatti e valori, prescrizioni e descrizioni, norme e versioni del mondo. Una conseguenza generale della fine di questo dogma è costituita dal tramonto della congiunzione tra secolarizzazione e trascendenza, scetticismo razionale e dogmatismo religioso, congiunzione che aveva una sua necessità se collegata all’impossibilità di discutere razionalmente questioni di valore.

Livia Leonardo
Livia Leonardo
10 anni fa

Fin troppe cose dovrebbero essere cambiate nel nostro disastrato paese, in primis il nostro arcaico retaggio culturale. Personalmente non vedo altra via percorribile, ad oggi, in Italia: alcune “cose” vanno irrimediabilmente smantellate a colpi di dinamite, perché ricostruire è più semplice che ristrutturare. Ficchiamocelo nella TESTA una buona volta e buona giornata a tutti.

Anonimo
Anonimo
10 anni fa

Luca Attias e la sua squadra hanno una levatura culturale estremamente elevata, forse troppo, per un paese sciamannato e meschino come il nostro!

Anonimo
Anonimo
10 anni fa

Come più volte evidenziato dai ragazzi della Corte dei conti, il problema dell’Italia è soprattutto e principalmente di tipo culturale. Il processo di modificazione del nostro retaggio, oggi, può solo essere avviato, per poterlo considerare concluso saranno necessari dei decenni, forse dei secoli, ma non per questo possiamo esimerci dal cominciarlo. Ritengo che non possiamo venir meno ai nostri doveri etici e morali, lo dobbiamo a noi stessi e ai nostri figli. Coraggio ragazzi: insieme SI PUO’ FARE!

Paolo
Paolo
10 anni fa

Non sono mai banali e hanno il coraggio di fare e soprattutto dire cose che nessun altro farebbe e direbbe. Il rammarico è che dopo tutti questi exploit restino ancora di nicchia mentre potrebbero veramente aiutare il Paese soprattutto influenzando le masse.

Sonia Ricciuti
Sonia Ricciuti
10 anni fa

Quando in Italia si leggerà queato articolo considerando normali le cose che ci sono scritte dentro allora vorrà dire che siamo veramente usciti dal tunnel. Complimenti sinceri ad Attias (che oggi ho visto in forma smagliante al digital summit) e a Melchionda.

Debora
Debora
10 anni fa

Articolo da mettere in cloud per tutte le testate!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Alessabdra L.
Alessabdra L.
10 anni fa

Spero che qualche giornalista di Agenda Digitale o del Corriere delle Comunicazioni fosse oggi presente al Digital Governament summit, perchè Attias è stato grandioso.
Spero ne parlino.

Andreina
Andreina
10 anni fa

Quest’articolo è una gran figata e, se è riuscito a tenere la mia attenzione appesa ad un filo fino alla fine, vuole dire che ha assolto egregiamente al suo compito ed il messaggio, che gli autori volevano diffondere, è passato. Lunghetto direi, ma decisamente gradevole.

Giuseppe D.
Giuseppe D.
10 anni fa

Spero che le partecipazioni di Luca e Michele consentano una più ampia diffusione di questi loro lavori.

Valdo
Valdo
10 anni fa

Oggi i ragazzi della Corte dei conti sono al Digital Governament Summit, non vi perdete questo evento http://www.theinnovationgroup.it/eventi/digital-government-summit-2015/?lang=it

Gab Massironi
Gab Massironi
10 anni fa

Molto interessante la correlazione tra il DESI e Transparency International mi stupisco che nessun quotidiano ne abbia mai parlato.

Un fan
Un fan
10 anni fa

Non perdetevi l’ultimo eccezionale video di Luca Attias e Michele Melchionda con quasi 700 milioni di visualizzazioni https://www.youtube.com/watch?v=astISOttCQ0

Ciro Poletti
Ciro Poletti
10 anni fa

Mentre Attias e i suoi cercano di riempire il bicchiere ci sono migliaia di delinquenti e inetti che continuano a svuotarlo. Dobbiamo aiuatare tutti i ragazzi della Corte dei conti anche diffondendo i loro lavori.

Riparte il futuro
Riparte il futuro
10 anni fa

http://www.riparteilfuturo.it/
Riparte il futuro, promossa da Libera e Gruppo Abele, è la più grande campagna digitale contro la corruzione mai organizzata in Italia. L’obiettivo della nostra battaglia, apartitica e trasversale, è combattere con mezzi nuovi uno dei più gravi problemi che affligge l’Italia e penalizza la vita quotidiana di tutti gli italiani.
Trovate all’interno anche una splendida intervista a Luca Attias.

Danilo
Danilo
10 anni fa

Avete rotto le palle, ovunque vado sento parlare di Luca Attias e della Corte dei conti. Al Forum PA, in tutte le riviste specializzate, in tutti i seminari e convegni, in tutti i blog sulla PA, ma è possibile che esistano solo loro?

Maria Rossi
Maria Rossi
10 anni fa

Sono diversi anni che seguo Luca Attias, più in generale tutto il suo Team di lavoro; molto sinceramente, devo ammettere che la semplicità con la quale riescono a mettere in campo azioni concrete, innovative e brillanti, è stupefacente. A dir poco, stupefacente. In un Paese come il nostro: asfittico, burocratico, superficiale, bello ma inutile, sapere che esistono personaggi che ancora credono nella Cosa comune e lavorano al meglio delle loro possibilità per il bene di tutta la Comunità alla quale appartengono, è commovente, è una certezza sulla quale poter contare. La mia non vuole essere una mera retorica, per anni ho scritto le mie opinioni sui blog ispirati da Luca Attias e chi mi conosce, digitalmente parlando, sa che questa è la mia reale opinione. In Italia è difficile passare all’azione, per tanti motivi diversi e concomitanti, ma, “stranamente”, alcuni riescono a farlo grazie alle loro capacità personali e professionali: semplicità, umiltà, passione, costanza, dedizione e preparazione. Luca Attias e la sua Squadra sono tra questi ed il successo che riscuotono tutte le loro iniziative è sintomatico del fatto che, noi tutti, quotidianamente, dovremmo semplicemente smetterla di “guardarci l’ombelico” e far qualcosa per imitarli. Semplicemente grazie, semplicemente bravi!

Gianluca K
Gianluca K
10 anni fa

Per coloro a cui è piaciuto questo articolo consiglio la visione del monologo di Attias all’ultimi Forum PA http://www.innovatv.it/video/3000439/luca-attias/forum-pa-tra-etica-digitale-e-follia-fare-squadra-linnovazione

Paolo
Paolo
10 anni fa

Devo ammettere che la scelta è molto coinvolgente, mi riferisco in particolar modo all’aver accostato ad una tematica di grande rilevanza per il futuro del nostro Paese un messaggio trasmesso mediante immagini/fumetti sagacemente realizzate. In effetti la prima cosa che ho fatto è stata quella di sfogliare le immagini ma dopo la terza ho deciso di alternare le immagini alla lettura dell’articolo. A dire il vero condivido pienamente : “…Ciò che intendiamo dire è che il principale problema del nostro Paese, non può essere identificato solo nell’incapacità e nell’incompetenza del top management, piuttosto nella totalità della Collettività, alla quale noi tutti apparteniamo; il problema primario dell’Italia è di tipo culturale ed andrebbe affrontato in maniera strutturale, unitaria e condivisa.” Bravi partiamo da noi stessi per cambiare il futuro di questa Italia.

UnFornitore
UnFornitore
10 anni fa

Dicono che l’ottimismo è un’arte di vivere che fa bene sia alla mente sia al corpo. Essere ottimista è un vantaggio anche quando ci si trova in situazioni difficili che vengono gestite in diversi modi per risolverle; e questo contrariamente a ciò che spesso si pensa, ossia che gli ottimisti fuggano la realtà.
Anche la famiglia e la società giocano un ruolo essenziale nello sviluppo dell’ottimismo. Ma nel nostro caso Attias e il suo gruppo si fanno promotori di un approccio costruttivo che permette di capire che le difficoltà possono essere passeggere e che con l’impegno si può migliorare nel gestirle. Anche i media esercitano un’influenza importante: risulta fondamentale innanzitutto informare e stimolare all’autonomia e alla resilienza.
Dunque non ottimismo a tutti i costi. La parola d’ordine è: flessibilità.

Fhendrixf
Fhendrixf
10 anni fa

L’ottimismo dell’azione di Attias e il suo gruppo dovrebbe trasformarsi in un virus da trasmettere immediatamente alla Corte dei conti e da qui a tutta la P.A..

AngeloC
AngeloC
10 anni fa

Questo secondo racconto è stato davvero ben realizzato e non poteva essere diversamente. Basta critiche, complimenti ragazzi per l’articolo ricco di suggerimenti preziosi non soltanto per il Governo ma per noi tutti. Siete due risorse molto preziose per il Paese intero. La conoscenza della materia e soprattutto le linee tracciate dovrebbero costituire per il Governo un strada da seguire ma competenze e professionalità non è detto che siano le chiavi per essere riconosciuti in questo paese come soggetti di valore, come risorse preziose. Magari valutassero i dirigenti per i risultati raggiunti. In bocca al lupo a noi tutti ne abbiamo bisogno.

Miriam F.
Miriam F.
10 anni fa

Un aspetto spesso trascurato di Mandela è stata una sua geniale intuizione: ricostruire il suo Paese dai valori dello sport. Al nostro Paese servirebbe qualche geniale intuizione come quella del leader sudafricano per cercare di uscire dalla palude.

Marcello
Marcello
10 anni fa

A me funziona tutto, prova a cambiare browser.

G. Ruffini
G. Ruffini
10 anni fa

A me il link del Forum PA non si apremi potete dare qualche consiglio.

Anonimo
Anonimo
10 anni fa

Il Mandela italiano potrebbe essere Matteo Salvini e non certo il signor attias.

G Bisoli
G Bisoli
10 anni fa

La scelta, fatta da Attias un pò di tempo fa, di scegliere Mandela coma icona del possibile cambiamento è perfettamente azzeccata. Mandela ha fatto qualcosa di incredibile in un Paese che era incredibilmente diverso dagli altri e lo ha fatto cambiando la cultura dei cittadini. Questa è anche l’unica possibilità che ha l’Italia.

Sasa
Sasa
10 anni fa

Comunico che l’articolo è stato appena pubblicato anche sul sito FPA all’indirizzo http://www.forumpa.it/pa-digitale/la-caccia-al-tesoro

Anonimo
Anonimo
10 anni fa

La prima volta che mi sono spogliato nudo davanti a una donna lei mi ha detto: “Cos’è una caccia al tesoro?”.
Dario Vergassola

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