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Ransomware, perché le aziende italiane pagano di più



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Le aziende italiane pagano riscatti medi più alti della media globale, con una mediana pari a 2,06 milioni di dollari contro un milione a livello globale. Si legge nel report Sophos State of Ransomware 2025. Vediamo i problemi

Pubblicato il 1 lug 2025

Marco D'Elia

Country Manager Sophos Italia



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Il nuovo report “State of Ransomware 2025” di Sophos traccia una fotografia inquietante, ma non sorprendente, dello stato della sicurezza informatica a livello globale. E in Italia in particolare.

Ransomware in Italia: lo stato del problema

Per chi opera ogni giorno al fianco di imprese e pubbliche amministrazioni nella difesa da attacchi informatici, i dati raccolti rappresentano una conferma della crescente sofisticazione delle minacce e dell’urgenza di rafforzare strategie, tecnologie e cultura della cyber resilienza. Ma è soprattutto la situazione italiana a meritare un’attenta riflessione.

Riscatti più alti della media globale: perché in Italia paghiamo di più

Il nostro report rivela un dato allarmante: le aziende italiane pagano riscatti medi più alti della media globale, con una mediana pari a 2,06 milioni di dollari contro un milione a livello globale. Non solo: il 41% dei riscatti richiesti in Italia supera i 5 milioni di dollari, il doppio rispetto alla media globale.

Perché? Le ragioni sono molteplici:

  • le aziende italiane ricevono richieste iniziali più alte,
  • pagano spesso più lentamente (il che porta a penalità),
  • e si affidano meno a terze parti specializzate per negoziare.

È anche significativo che nessuna organizzazione italiana abbia pagato meno di 10.000 dollari, a fronte del 23% globale che si è fermato sotto i 100.000.

Segnali incoraggianti, ma non basta: tempi di ripristino e backup

Nonostante l’impatto economico, emergono anche alcuni segnali positivi:

  • Il 46% delle aziende italiane colpite è riuscita a tornare operativa entro una settimana (era solo il 23% nel 2024).
  • Il numero di casi con doppio danno (cifratura e furto dati) è sceso all’11%, ben al di sotto del 45% dello scorso anno.

Tuttavia, preoccupa il calo del ricorso ai backup (58% nel 2025 vs 72% nel 2024) come principale metodo di ripristino: un campanello d’allarme sulla gestione della business continuity.

Il fattore umano e l’impatto sui team IT

L’attacco ransomware non lascia solo danni economici, ma anche ferite psicologiche nei team tecnici: il 35% degli intervistati italiani ha ammesso di sentirsi in colpa per non aver evitato l’attacco, e il 32% ha rilevato assenze dovute a stress o malessere psicologico. Questo ci ricorda che la cybersecurity è anche una questione di benessere organizzativo.

https://www.cybersecurity360.it/nuove-minacce/cybersecurity-2025-rapporto-clusit-dati-tendenze

Cosa fare? Una strategia a più livelli

Il report conferma quanto da tempo sosteniamo come operatori del settore: nessuna organizzazione può più permettersi di improvvisare. Ecco le direttrici strategiche fondamentali:

  1. Monitoraggio proattivo 24/7 – Affidarsi a un servizio MDR (Managed Detection and Response) consente di rilevare e neutralizzare minacce in tempo reale.
  2. Gestione del rischio strutturata – Strumenti come il vulnerability management e il threat modeling devono diventare parte integrante dei processi.
  3. Formazione continua – La sicurezza inizia dalle persone. È essenziale educare i dipendenti a riconoscere e prevenire minacce come phishing e ingegneria sociale.
  4. Disaster recovery e business continuity – Avere backup testati e piani di risposta agli incidenti è una garanzia per la sopravvivenza operativa.
  5. Cultura del rischio condivisa – La sicurezza deve diventare una responsabilità trasversale e non solo tecnica.

Un’Italia più resiliente è possibile

Il 2025 ci consegna un’Italia ancora vulnerabile, ma anche più consapevole. L’aumento degli investimenti in cybersecurity (+15%) e la diffusione della figura del CISO sono segnali incoraggianti. Tuttavia, serve un salto culturale: la sicurezza informatica non è un costo, è un asset strategico per il futuro del nostro Paese.

Occorre agire adesso, con decisione, per colmare il divario tra la velocità delle minacce e la lentezza della risposta. Solo così potremo costruire un ecosistema digitale realmente resiliente, dove l’innovazione tecnologica non vada di pari passo con l’aumento del rischio, ma con la crescita della fiducia.

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Metodologia e campione

Gli intervistati si trovavano in 17 Paesi di Americhe, EMEA e Asia-Pacifico. Le organizzazioni interpellate avevano tra i 100 e i 5.000 dipendenti con un fatturato compreso tra meno di 10 milioni e oltre 5 miliardi di dollari. I dati usati per il report State of Ransomware 2025 sono tratti da un sondaggio indipendente dai vendor che ha coinvolto 3.400 responsabili IT e della cybersicurezza a cui sono state poste domande relative alle esperienze avute nei 12 mesi precedenti.

Il campione italiano

Il campione italiano coinvolto nella ricerca è rappresentativo di un’ampia varietà di settori tra cui:

  • retail/gdo
  • immobiliare
  • pa
  • trasporti/logistica/distribuzione
  • istruzione
  • energia/utilities
  • settore finanziario
  • sanità
  • it/tlc/tech
  • manifatturiero
  • media/entertainment

100-250 dipendenti: 19 intervistati

251-500 dipendenti: 40 intervistati

501-1000 dipendenti: 60 intervistati

1001-3000 dipendenti: 91 intervistati

3001-5000 dipendenti: 44 intervistati

La versione integrale di THE STATE OF RANSOMWARE 2025 è disponibile qui:
https://www.sophos.com/ransomware2025

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