Per anni, l’intelligenza artificiale (IA) ha coinciso con strumenti analitici in grado di interpretare la realtà e fornire supporto decisionale. Ma cosa succede quando l’intelligenza artificiale smette di essere un sistema reattivo, e si trasforma in un soggetto capace di osservare, pianificare e agire autonomamente?
È attorno a questi quesiti che si sta sviluppando la transizione verso una nuova generazione di intelligenza artificiale: l’IA agentica, capace di superare i tradizionali chatbot e i grandi modelli linguistici (LLM) integrando dati e strumenti di analisi avanzata al fine di eseguire ragionamenti complessi e autonomi in diversi campi.
Una trasformazione che promette impatti dirompenti in settori come quelli assicurativo, pubblico e nell’industria dei servizi, ma che richiede una riflessione profonda sulle modalità di progettazione, sui modelli di governance e sulle implicazioni etiche.
Dove si traccia il confine tra il consentire a questi sistemi di funzionare in modo efficace e garantire che non vadano troppo oltre senza la supervisione umana? Per disegnarlo, è innanzitutto necessario comprendere la vera natura dell’IA agentica.
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Dal calcolo alla decisione: una nuova architettura dell’intelligenza artificiale
In primo luogo, è opportuno operare una distinzione. AI agent e agentic AI sono spesso usati come sinonimi, ma hanno significati distinti. Gli AI agent sono sistemi di intelligenza artificiale specifici e orientati a compiti precisi, progettati per svolgere attività ripetitive per conto di un utente. Questi agenti possono automatizzare processi, analizzare dati e prendere decisioni basate su regole e algoritmi predefiniti. Interagiscono con l’ambiente, sistemi, persone e processi per determinare le proprie decisioni e azioni.
L’agentic AI è il sistema che utilizza questi agenti per pensare, decidere e agire in autonomia all’interno di un determinato ambiente. L’agentic AI è dunque un quadro più ampio che utilizza molteplici AI agent per raggiungere obiettivi complessi in modo autonomo. Coinvolge una combinazione di intelligenza artificiale, automazione e supervisione umana per ridefinire il modo in cui le aziende operano, prendono decisioni e interagiscono con la tecnologia.
In particolare, nell’agentic AI si identificano sistemi che operano secondo un ciclo completo di ricezione, interpretazione, pianificazione, esecuzione e apprendimento, richiamando in parte le architetture multi-agente studiate in ambito accademico, ma ampliandone la portata, unendo capacità conversazionali, modularità cognitiva e responsabilità autonoma.
Le cinque fasi del ciclo di vita di un agente AI
Venendo ora al dettaglio del singolo agente IA, anche quest’ultimo non è un’entità monolitica, bensì una composizione di moduli che operano in sinergia. Secondo un modello ormai consolidato, il ciclo di vita di un agente si articola in cinque fasi fondamentali:
- Percezione – l’agente acquisisce informazioni strutturate ed eterogene per costruire una visione aggiornata e rilevante dell’ambiente in cui agisce.
- Comprensione – attraverso una combinazione di analytics, machine learning, regole linguistiche e LLM, l’agente identifica pattern, anomalie e segnali utili per comprendere la situazione e i dati raccolti.
- Pianificazione – sulla base della comprensione acquisita, l’agente valuta opzioni, stima rischi e benefici e stabilisce il piano d’azione più efficace e conforme agli obiettivi.
- Azione – l’agente esegue le attività previste, interagendo con sistemi o utenti, adattando in tempo reale il proprio comportamento in base alle reazioni del contesto.
- Apprendimento – analizzando gli esiti delle azioni intraprese, l’agente affina i propri modelli decisionali, imparando dai successi e dagli errori per ottimizzare le prestazioni future.
Un esempio concreto è rappresentato dai data mapper agents, progettati per automatizzare la mappatura semantica tra gli schemi dati tipici di un’organizzazione ed il set di variabili richieste in input da uno specifico modello analitico. Grazie all’impiego di large language models (LLM) e di tecniche di virtualizzazione dei dati in-place (cioè senza spostare fisicamente i dati), questi agenti sono in grado di interpretare e collegare automaticamente campi eterogenei provenienti da fonti diverse. Il risultato è una drastica riduzione dei tempi di integrazione, che passano da settimane a pochi minuti.
Questo approccio ha un impatto rilevante soprattutto in contesti regolamentati, dove la disponibilità immediata, sicura e coerente dei dati è fondamentale per l’operatività dell’AI.
In pratica, consente di bypassare le lunghe fasi di preparazione dati, accelerando la messa in produzione dei modelli e riducendo i costi e i rischi associati alla gestione manuale dei dati.
Costruire fiducia nell’autonomia attraverso una progettazione etica e trasparente
A questo punto, una domanda che sorge spontanea è: come si garantisce che un agente IA operi in modo conforme ai principi di equità, responsabilità e comprensibilità? Ed è proprio per rispondere a questo quesito che entrano in gioco l’etica computazionale e la progettazione spiegabile, due dimensioni imprescindibili per l’adozione sostenibile degli agenti intelligenti su larga scala.
A differenza dei modelli black-box, sempre meno tollerati da normative e utenti, gli agenti intelligenti devono essere in grado non solo di giustificare le proprie scelte, ma di farlo in modo proattivo e comprensibile.
Nasce così il paradigma dell’Explainable Agentic AI, in cui la trasparenza non è un’aggiunta post-hoc, ma un elemento strutturale che attraversa tutte le fasi del ciclo di vita dell’agente, in particolare quelle di pianificazione e azione.
La spiegabilità di questi sistemi significa, ad esempio, poter comprendere perché un agente abbia scelto una determinata azione, quali alternative abbia scartato, e sulla base di quali evidenze abbia preso le decisioni. Questo tipo di accountability è tanto più rilevante quanto più l’agente opera in autonomia in ambienti complessi, dinamici e ad alto impatto.
Parallelamente, cresce l’attenzione verso la modellazione delle minacce: ogni sistema agentico introduce nuovi rischi, dalle derive strategiche impreviste agli attacchi e la manipolazione dei dati. La progettazione di un agente, per poter essere affidabile, deve dunque integrare, fin dalle prime fasi, strategie di mitigazione del rischio e valutazione delle vulnerabilità.
Oltre l’autonomia, verso la responsabilità operativa
In definitiva, l’adozione dell’AI agentica segna un punto di svolta nella traiettoria evolutiva dei sistemi intelligenti. Non si tratta di un semplice passo avanti nella digitalizzazione dei processi, ma rappresenta l’emergere di un nuovo paradigma operativo, fondato sulla collaborazione tra agenti autonomi e attori umani. In questo scenario, le macchine non sostituiscono il lavoro umano, ma ne assorbono le componenti più ripetitive e computazionali, lasciando alle persone la possibilità di concentrarsi su attività strategiche, relazionali e ad alto valore aggiunto.
Si delinea così un modello ibrido, nel quale l’autonomia degli agenti si coniuga con il controllo e la supervisione umana per assicurare trasparenza decisionale, aderenza ai requisiti normativi ed evoluzione continua dei sistemi.
L’intelligenza agentica, pertanto, non è solo una tecnologia abilitante, ma è un catalizzatore di trasformazione organizzativa. In un ambiente competitivo e fortemente regolato, la sua adozione consapevole rappresenta un’opportunità per ripensare le architetture decisionali in chiave più resiliente e sostenibile.
L’importanza dello sviluppo etico dell’IA agentica
E proprio per questo, la sfida dell’AI agentica è appena cominciata. Come ogni vera innovazione, non è solo tecnologica, ma culturale. Man mano che l’agentic AI avanza, è più importante che mai che gli AI agent vengano costruiti su solidi principi valoriali. Non basta che gli agenti funzionino: devono essere sviluppati in modo etico e devono essere ritenuti responsabili quando non rispettano questi principi. Perché l’innovazione responsabile inizia da innovatori responsabili.











