Tra quest’anno e il 2027 il valore dei nuovi cavi sottomarini che verranno messi in servizio supererà i 13 miliardi di dollari. Era dai fasti della bolla dot-com all’inizio degli anni 2000 che non si registravano numeri del genere, a conferma dell’importanza che hanno assunto le arterie in fibra ottica.
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Crescita delle infrastrutture sottomarine a livello globale: i tre motori dell’espansione
Allargando l’orizzonte temporale, le stime indicano che entro il 2040 saranno posati 1,6 milioni di chilometri di nuove tratte, mentre circa 850 mila chilometri di cavi verranno dismessi per raggiunti limiti di servizio. Il saldo netto sfiorerà così 770 mila chilometri, determinando un aumento dell’estensione complessiva della rete globale del 48%, un dato senza precedenti nella storia del settore.
Tutte le aree del mondo saranno interessate da questa nuova corsa al potenziamento della spina dorsale delle connessioni. L’impennata maggiore è prevista nella zona Trans-Pacifico con un investimento complessivo di oltre 3 miliardi di dollari entro il 2027. Per comprendere la portata di questa cifra, basti pensare che il costo aggregato delle nuove costruzioni negli ultimi nove anni è stato in media di circa 2 miliardi di dollari all’anno in tutto il mondo.
A spingere sull’acceleratore di questa crescita, attestata dai dati di alcuni recenti report di Telegeography, sono almeno tre motori.
Necessità di larghezza di banda in continua espansione
Il primo è la necessità di larghezza di banda in continua espansione. Tra il 2019 e la fine del 2023 la capacità internazionale di Internet è quasi triplicata e continua a crescere a un tasso del 20% annuo. Gran parte di questa spinta proviene dal cloud, dall’AI, dallo streaming video e da altre tecnologie come la realtà immersiva.
Il ruolo degli hyperscaler nei progetti infrastrutturali
Oltre il 70% per cento della banda attuale è appannaggio di quattro soli operatori – Google, Meta, Microsoft e Amazon – che sono diventati gli artefici principali delle rotte sottomarine con massicci investimenti e progetti faraonici, quali ad esempio il sistema Waterworth annunciato da Meta nel febbraio di quest’anno per connettere tutti i continenti e destinato, con i suoi circa 50mila chilometri, a diventare il cavo più lungo del mondo.
La necessità di nuove rotte per mitigare il rischio di attacchi e danneggiamenti
Infine, oltre alla larghezza di banda in espansione e ai grandi progetti degli hypescaler, la terza ragione della crescita delle infrastrutture è la necessità di nuove rotte per mitigare il rischio di attacchi e danneggiamenti.
A febbraio del 2024 l’affondamento del cargo Rubymar da parte degli Houthi nel Mar Rosso ha messo offline per mesi tre cavi strategici dell’area, AAE-1, EIG e SEACOM, richiamando l’attenzione di tutti gli operatori sull’urgenza di prevedere nuove tratte. Diversificazione e ridondanza sono così diventate due parole chiave delle strategie del settore. I nuovi cavi non devono solo aggirare aree rischiose per potenziali attacchi, ma anche zone nelle quali per ragioni politiche è divenuto molto complicato ottenere i permessi necessari per posare le infrastrutture. È il caso del Mar Cinese Meridionale che attualmente viene evitato da tutte le rotte che collegano il Sud-Est asiatico alla costa occidentale degli Stati Uniti.
Debolezze strutturali nella manutenzione dei cavi
Il risultato dell’azione di queste tre dinamiche ha comportato un boom negli investimenti per infrastrutture in fibra ottica che poggia però su fondamenta molto fragili.
Telegeography evidenzia che entro il 2040 il 64% delle navi riparatrici supererà la soglia di 40 anni di servizio, limite oltre il quale i costi operativi crescono in modo esponenziale e la disponibilità effettiva dei vascelli cala drasticamente. Solo per rimpiazzare le 15 navi destinate al pensionamento nell’Asia-Pacifico, un’area che vedrà una crescita esponenziale di cavi, occorrerebbero almeno venti nuove unità specializzate, con un investimento stimato di circa 3 miliardi di dollari.
L’analisi di casi passati di lesioni a cavi che hanno comportato lunghi tempi di attesa ha dimostrato che ogni giorno di blackout può costare punti di PIL alle economie, senza contare l’impatto su servizi sanitari, pagamenti e comunicazioni di emergenza. In scenari di incidenti che vedessero coinvolte rotte transoceaniche ad alto traffico, le conseguenze sarebbero funeste.
Ritardi e squilibri nella risposta globale
La prospettiva è dunque quella di oceani solcati da un numero sempre più ampio di cavi, ma senza le navi e le risorse necessarie a mantenere in efficienza questa crescita infrastrutturale senza precedenti.
Un episodio recente ha acceso i riflettori su questo problema: a marzo 2025, a 1.450 km dalle coste egiziane, si è lesionato il cavo Peace, una delle infrastrutture più importanti che collega il Sud-Est asiatico con l’Europa. Gli operatori hanno stimato sin da subito settimane o addirittura mesi di disservizi perché nella regione non erano presenti navi con equipaggi con competenze certificate e assicurazioni valide contro il rischio bellico.
La consapevolezza di queste lacune è piuttosto recente. Basti pensare che la marina militare americana a oggi può contare solo su una nave per la posa e la riparazione di cavi, la USNS Zeus, attiva dal lontano 1984. L’amministrazione americana ha avviato nel 2024 un programma per costruirne nuove, ma al momento il budget approvato copre soltanto gli studi di progettazione e non c’è chiarezza su quante navi verranno effettivamente ordinate né sui tempi di consegna.
All’estremo opposto, la Cina può contare su almeno tre navi riparatrici di proprietà di S.B. Submarine Systems (SBSS) – Fu Hai, Fu Tai e Bold Maverick – alle quali si aggiungono alcuni vascelli di China Telecom Marine e di altri operatori che in caso di emergenza possono essere requisiti dallo Stato.
Verso una strategia europea per le infrastrutture sottomarine
A fronte di questo scenario, l’Unione Europea si sta muovendo per rafforzare la tutela delle proprie infrastrutture. A febbraio 2025 la Commissione e l’Alto Rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza hanno presentato un piano di azione che prevede la sorveglianza continua delle dorsali e la creazione di una vera e propria flotta europea per le riparazioni d’emergenza. L’iniziativa arriva dopo vari incidenti nel Mar Baltico, nel Mare del Nord e nel Mediterraneo che hanno evidenziato la vulnerabilità dei cavi sottomarini del Vecchio Continente.
A Bruxelles, così come anche in altre capitali, sta crescendo la consapevolezza che la posa di cavi deve essere accompagnata da una retro-infrastruttura all’altezza: navi moderne, equipaggi formati, catene logistiche sicure per i pezzi di ricambio e protocolli di intervento condivisi fra governi e operatori privati. Ogni investimento in nuova fibra nei fondali, senza un corrispettivo impegno sul fronte del controllo e della manutenzione, rischia altrimenti di diventare controproducente per la resilienza della Rete globale.












