Nel panorama della trasformazione digitale della Pubblica Amministrazione, le società IT in-house rivestono un ruolo strategico. Troppo spesso considerate come mero braccio operativo delle Amministrazioni socie, fornitrici di servizi strumentali, oggi sono chiamate a reinterpretare la propria identità, diventando protagoniste nella creazione di valore pubblico. Questa evoluzione non è solo auspicabile: è necessaria.
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Ripartire dal valore pubblico: il nuovo posizionamento delle in-house
Le in-house si trovano oggi al centro di una sfida ambiziosa, quella di accompagnare la transizione digitale delle amministrazioni pubbliche in una direzione sostenibile, equa e partecipativa. Ma per farlo, occorre un riposizionamento strategico orientato alla creazione di valore pubblico. Valore pubblico che va compreso, dalla conoscenza del contesto e capacità di interazione con gli stakeholder pubblici, e tradotto all’interno di soluzioni digitali.
Dalla governance alla delivery: la filiera che crea servizi
Le società in-house, infatti, non hanno solo un ruolo “esecutivo” di fornitura di servizi/soluzioni digitali o nella realizzazione e gestione di infrastrutture e piattaforme. Esse sono a tutti gli effetti parte integrante della delivery dei servizi pubblici, capaci di intervenire lungo tutta la filiera: dalla governance del sistema, alla progettazione e implementazione delle soluzioni, fino alla gestione e al miglioramento continuo. In altre parole, le in-house non sono semplicemente strumenti; sono soggetti attivi di politica pubblica.
Sostenibilità digitale come bussola: impatti oltre la tecnica
Il valore che producono va ben oltre la performance tecnica. Coinvolge la capacità di garantire equità di accesso ai servizi digitali, di costruire sistemi trasparenti e inclusivi, di assicurare la protezione dei dati e la continuità operativa. Non è un caso che si parli oggi di sostenibilità digitale come nuovo paradigma: un approccio che integra innovazione tecnologica, responsabilità ambientale, sviluppo delle competenze e partecipazione civica.
Il presidio dei territori: flessibilità, dialogo, buone pratiche
Le in-house, proprio per la loro natura ibrida – a cavallo tra logiche pubbliche e strumenti privatistici – sono nelle condizioni ideali per sostenere questa visione. Possono rispondere con flessibilità alle esigenze dei territori, facilitare il dialogo tra enti pubblici e stakeholder, favorire la condivisione di buone pratiche su scala sovra-locale. In molti casi, costituiscono l’unico presidio tecnologico stabile a disposizione di piccole e medie amministrazioni, che da sole non avrebbero né le competenze né le risorse per affrontare le sfide del digitale.
Governance aperta e interesse collettivo: l’antidoto al solo mercato
Ma c’è di più. Le in-house possono contribuire alla crescita della cultura digitale pubblica, non solo attraverso la formazione, ma anche promuovendo modelli di governance aperti e responsabili. In un contesto in cui l’innovazione rischia di essere trainata solo dal mercato, esse rappresentano una garanzia di orientamento verso l’interesse collettivo.
Progetti che generano fiducia: interoperabilità e coordinamento
Da questo punto di vista, le esperienze già in corso mostrano un potenziale enorme: progetti inclusivi, interoperabili, capaci di rafforzare la fiducia dei cittadini nella capacità delle istituzioni di rispondere ai bisogni reali. E quando le in-house assumono anche ruoli di coordinamento o supporto diretto alle amministrazioni diventano attori essenziali nel disegnare l’architettura digitale del Paese.
Misurare ciò che conta: outcome e nuove metriche di valore
Riconoscere il valore pubblico generato dalle in-house significa dunque adottare nuovi strumenti di lettura e nuove metriche: non basta misurare efficienza ed economicità, ma serve valutare gli outcome, gli impatti effettivi per la società. Si tratta di una sfida anche culturale, che riguarda tanto i decisori pubblici quanto le stesse in-house, chiamate a rafforzare la propria identità strategica.
In definitiva, se vogliamo una PA capace di guidare la trasformazione digitale in modo sostenibile, le IT in-house non possono restare ai margini. Devono essere considerate, a tutti gli effetti, fattori abilitanti del cambiamento.
Le competenze ibride che servono: tra politica, regole e servizio
In questo contesto è fondamentale lavorare a dotare le in-house IT di nuove competenze, che non siano solo tecniche o “semplicemente” gestionali, ma competenze di “ibride” che consentano al management di queste organizzazioni non solo di garantire l’eccellenza operativa nella gestione dei progetti, ma anche sapere:
- gestire una committenza frammentata, di tipo politico;
- assumersi responsabilità interne ed esterne, in un’ottica di trasparenza e accountability, conciliando risultato e formalizzazione;
- combinare sostenibilità economica, sensibilità politica e rigidità dei sistemi di regole per creare valore pubblico;
- orientare la gestione dei servizi pubblici in un’ottica di garanzia del servizio universale, ma anche di orientamento al cliente;
- gestire le persone anche in un contesto ad alta pressione regolativa e di interessi multipli.
Formare i manager per la svolta: il percorso SDA Bocconi–Assinter
Queste competenze costituiscono gli assi portanti di un percorso formativo che SDA Bocconi in collaborazione con Assinter Italia ha intrapreso per formare 27 manager provenienti da 11 realtà diverse con l’obiettivo di consolidare e far evolvere le loro competenze di gestione strategica e di leadership. L’investimento nelle persone, oltre che nelle infrastrutture e sistemi, è, infatti una chiave fondamentale per sostenere il cambiamento digitale e favorire la creazione di valore pubblico.











