La trasformazione digitale sta cambiando profondamente il modo in cui le imprese progettano le proprie strategie e gestiscono l’innovazione. La crescente centralità del cloud e lo sviluppo accelerato di intelligenza artificiale e infrastrutture data center rendono necessario ripensare i modelli organizzativi e le competenze digitali richieste ai manager.
In questo scenario, il Politecnico di Milano, attraverso l’Osservatorio Cloud Transformation, ha sviluppato un modello di riferimento per analizzare e mappare le competenze manageriali per il cloud, presentato dai ricercatori Luca Dozio e Camilla Sorrentino durante il convegno Il Cloud tra AI e sovranità: strategie e politiche industriali per un nuovo ecosistema digitale.
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Un ecosistema trainato da data center e intelligenza artificiale
Il cloud non può esistere senza solide basi infrastrutturali. L’Italia sta vivendo una fase di forte crescita nella filiera nazionale dei data center: in cinque anni le aziende attive nel settore sono salite da circa 55 a 65, mentre la capacità complessiva è passata dai 250 MW iniziali ai 513 MW del 2024. Solo nell’ultimo anno si è registrato un incremento del 17%.
L’espansione è accompagnata da investimenti ingenti. Nel biennio 2023-2024 sono stati destinati circa 5 miliardi di euro alla costruzione e potenziamento di data center; tra il 2025 e il 2026, la cifra prevista raddoppierà raggiungendo i 10 miliardi. Secondo Dozio, questa crescita non è dovuta soltanto alla spinta dell’intelligenza artificiale, ma anche all’utilizzo quotidiano di servizi digitali da parte dei cittadini: streaming video, social network, comunicazioni in tempo reale. Dietro a queste attività si cela infatti un’infrastruttura che deve essere progettata, gestita e resa sicura.
Il modello di competenze dell’Osservatorio
Per accompagnare la trasformazione, l’Osservatorio ha delineato un quadro che distingue tre livelli di manager: Project Manager, Middle Manager e C-Level. A ciascun livello corrispondono due insiemi di competenze, uno tecnico e uno trasversale.
Le competenze tecniche sul cloud riguardano la sicurezza e la compliance, il data management e analytics, la gestione del cloud stesso, lo sviluppo software e la conoscenza dell’offerta IT. Quelle trasversali includono invece la gestione finanziaria, il change management, la sostenibilità, la contrattualistica, la gestione delle risorse umane e la capacità di condurre progetti complessi.
Dozio ha sottolineato che le stesse competenze cambiano di intensità a seconda del ruolo. Un Project Manager, per esempio, si concentra sull’applicazione operativa e sul monitoraggio di singoli progetti, mentre il C-Level deve possedere una visione strategica dell’architettura IT e delle evoluzioni tecnologiche.
Middle Manager: forza nella gestione del capitale umano, debolezza nell’AI
La ricerca si è concentrata soprattutto sui Middle Manager e sui C-Level, figure ritenute più influenti nei processi di cambiamento organizzativo. Sorrentino ha illustrato i risultati di interviste qualitative e di un questionario quantitativo somministrato a 40 manager lombardi, un territorio scelto per la forte concentrazione di investimenti nei data center.
I Middle Manager mostrano un buon livello di competenze nella gestione del cloud e del capitale umano. Hanno inoltre sviluppato la capacità di interagire con interlocutori esterni, un aspetto cruciale per il loro ruolo di collegamento tra figure tecniche e vertici aziendali.
Tuttavia, emergono lacune in settori considerati strategici. La principale riguarda il data management e analytics, ambito che comprende anche l’intelligenza artificiale. «Il fatto che su queste figure questa sia un’area di competenza che ancora vacilla ci fa capire che è una direzione di investimento fondamentale», ha spiegato Sorrentino.
A queste criticità si aggiunge la gestione finanziaria, in particolare la capacità di monitorare i costi, che richiede logiche nuove rispetto ai sistemi tradizionali. Anche la sostenibilità del cloud, sebbene riconosciuta come tema rilevante, rimane poco sviluppata.
C-Level: competenze diffuse ma con criticità su sostenibilità e offerta IT
I C-Level, secondo l’analisi, presentano un profilo più completo. Le competenze risultano distribuite in modo omogeneo e comprendono la capacità di gestire i costi del cloud, aspetto che appare più consolidato rispetto ai livelli intermedi. Inoltre, i C-Level si distinguono per la forte propensione a collaborare con partner e stakeholder esterni, interpretando un ruolo di connessione tra l’organizzazione e l’ecosistema digitale.
Anche in questo caso, però, la sostenibilità si conferma un punto debole. A ciò si aggiunge una limitata conoscenza dell’offerta IT, nonostante l’importanza crescente di soluzioni erogate in modalità as a service.
Il percorso evolutivo dal middle manager al C-Level
L’Osservatorio ha analizzato anche le competenze che un Middle Manager deve sviluppare per accedere a posizioni di vertice. Tre sono le aree principali da rafforzare: la contrattualistica, per migliorare la gestione dei rapporti con i fornitori; la sicurezza e compliance, tema strategico nella definizione delle politiche aziendali; e la capacità di prendere decisioni sullo sviluppo software, inteso come scelte di make or buy funzionali agli obiettivi dell’impresa.
Questi elementi, ha osservato Sorrentino, rappresentano il passaggio da un ruolo di coordinamento operativo a una responsabilità direzionale capace di coniugare innovazione e governance.
I gap formativi condivisi
Nonostante le differenze tra i due profili, esistono criticità comuni. Sia i Middle Manager sia i C-Level dichiarano di non sentirsi ancora pienamente preparati nel data management e analytics, ambito che condiziona la possibilità di sfruttare al meglio le potenzialità dell’intelligenza artificiale.
A livello trasversale, la sostenibilità resta un’area carente, spesso messa in secondo piano da altre priorità come la sicurezza informatica e l’AI. Anche la gestione finanziaria e la contrattualistica richiedono attenzione, poiché l’adozione del modello cloud implica nuove forme di governance e responsabilità economiche differenti rispetto al passato.
Competenze trasversali come leva della trasformazione
Se i gap formativi riguardano soprattutto le aree tecniche, le competenze ritenute più importanti da entrambi i livelli manageriali sono quelle trasversali. Change management, gestione del capitale umano e capacità di interagire con l’esterno sono considerate priorità assolute.«I manager stanno iniziando a rileggersi come ponte tra le figure tecniche e i vertici aziendali, e tra l’azienda e il suo ecosistema esterno» ha affermato Sorrentino. La centralità di queste competenze suggerisce una trasformazione del ruolo del manager, sempre più orientato a integrare innovazione tecnologica e leadership organizzativa, con l’IT che diventa ambasciatore del cambiamento anche al di fuori dei confini aziendali.













