la guida

Legge DAC8, fine della finanza invisibile: cosa cambia per le cripto



Indirizzo copiato

Tutte le novità previste con lo schema di decreto legislativo di recepimento della Direttiva UE 2023/2226 (nota come DAC8) che porta a maggiore trasparenza nella finanza digitale

Pubblicato il 10 ott 2025

Daniele Tumietto

Dottore commercialista



protezione-dei-dati-personali-agenda-digitale; DAC8 Tecnologie civiche digitali Programmi coesione e PA digitale

L’attualità normativa delle cripto-attività è in fermento: l’8 ottobre 2025, il Consiglio dei ministri ha approvato (in esame preliminare) uno importante e atteso schema di decreto legislativo di recepimento della Direttiva UE 2023/2226 (nota come DAC8), che introduce obblighi di comunicazione, adeguata verifica e scambio automatico di informazioni sulle cripto‑attività.  

Questo provvedimento, che non è ancora stato pubblicato ufficialmente, non è soltanto un passo formale ma rappresenta (finalmente) un cambio di paradigma nella fiscalità digitale, con l’obiettivo di porre fine all’opacità normativo‑fiscale che ha caratterizzato finora molti segmenti delle operazioni in cripto.  

Ecco cosa prevede.

DAC8, cosa dice la legge

La direttiva DAC8 (UE 2023/2226) modifica la direttiva 2011/16/UE per estendere la cooperazione amministrativa fiscale alle cripto‑attività, imponendo obblighi di due diligence e reporting da parte dei fornitori di servizi di cripto‑attività (RCASP).

Gli Stati membri sono tenuti a adottare le norme interne entro il 31 dicembre 2025, con decorrenza delle disposizioni a partire da primo gennaio 2026. Alcune disposizioni potranno essere differite al primo gennaio 2030.  

La direttiva richiede che i dati raccolti dagli operatori cripto siano trasmessi alle autorità nazionali entro 9 mesi dalla chiusura dell’anno fiscale.

Gli Stati membri dovranno, inoltre, predisporre entro il 31 dicembre 2025 un modulo uniforme di segnalazione, modalità di registrazione degli operatori e un registro centrale delle cripto-attività.

Obblighi concreti per operatori cripto e dati da comunicare

Gli operatori cripto (RCASP) saranno tenuti a:

  • applicare misure di adeguata verifica (due diligence) sui clienti, analoghe a quelle dell’antiriciclaggio, per accertare residenza fiscale, identità e correttezza dei dati;  
  • registrarsi presso l’autorità nazionale competente o iscriversi a un registro specifico;  
  • raccogliere e comunicare dati sulle transazioni e sui saldi. 

Inoltre, i dati da segnalare includono:

  • identificazione del cliente (nome, residenza, indirizzo, numero identificativo fiscale NIF/TIN);  
  • dettagli operativi (scambi cripto–fiat, cripto–cripto, trasferimenti tra wallet, movimenti di stablecoin, attività con carte collegate alle cripto);  
  • giacenze e cash-out (saldo di fine anno, conversioni verso valuta fiat, flussi verso conti bancari); e 
  •  altri elementi utili per l’analisi fiscale. 

Tempistiche italiane e aspetti aggiuntivi del decreto 

Ad oggi lo schema italiano prevede l’obbligo per gli operatori, di rispettare gli standard di raccolta dati a partire dal 1° gennaio 2026 e più precisamente;

  • primo invio dei dati entro 30 giugno 2027, salvo diversa indicazione normativa; 
  • divieto di operare per chi non si registra nel registro previsto;  
  • sanzioni amministrative in caso di omissioni o dichiarazioni inesatte; e  
  • possibilità che le misure di due diligence si applichino anche ai rapporti esistenti entro una data concordata (ad esempio 1° gennaio 2027).  

È altresì prevista la disciplina del numero identificativo fiscale (NIF/TIN) nei flussi informativi, con un utilizzo progressivo ma fin da subito richiesto nei report primari.

DAC8, implicazioni per il contribuente e rischi 

Per gli investitori in cripto, è importante comprendere che gli adempimenti fiscali attuali (dichiarazione nel quadro RW, tassazione delle plusvalenze) non spariscono, ma saranno incrociati con dati DAC8, quindi la vita diventerà più complicata per chi vuole essere “furbo” per non pagare il dovuto.

Se un contribuente detenesse cripto e non le dichiarasse, la segnalazione degli operatori potrebbe evidenziare la mancata dichiarazione.  

Eventuali discordanze tra dati trasmessi da operatori e quanto dichiarato possono attivare una lettera di compliance o un accertamento.

È fondamentale che l’operatore cripto sia autorizzato e che l’asset sia conforme alla normativa MiCA, per evitare che l’operatore operi fuori legittimità.

L’obbligo di trasparenza si accompagna a rischi reputazionali, tecnici e di verifica dei dati da parte dell’Agenzia.

DAC8, una svolta da gestire con prudenza 

Lo schema di decreto legislativo per l’attuazione della DAC8 rappresenta un punto di svolta strutturale per la fiscalità europea e italiana nel settore delle cripto-attività, paragonabile, per la sua portata, all’introduzione dello scambio automatico di informazioni bancarie (CRS) nel 2017.

Non si tratta soltanto dell’estensione di un obbligo formale, ma di una profonda ridefinizione del rapporto tra innovazione tecnologica e certezza del diritto tributario, in un contesto in cui la ricchezza si muove sempre più in forma digitale e transnazionale. La DAC8, infatti, non mira a “colpire” il mondo cripto, ma a integrarlo nel sistema ordinario di trasparenza fiscale, riducendo la distanza tra il mercato tradizionale regolato e l’ecosistema decentralizzato. 

L’intento è duplice:

  • da un lato, garantire la tracciabilità delle operazioni e la corretta imposizione dei redditi derivanti da cripto-attività;  
  • dall’altro, offrire una cornice normativa uniforme a livello europeo che consenta agli operatori di pianificare la propria attività in modo stabile e conforme, riducendo le incertezze interpretative che finora hanno caratterizzato la materia.

Per gli operatori

Per gli operatori, quali exchange, wallet provider, piattaforme DeFi e intermediari che offrono servizi in cripto, la parola d’ordine sarà prevenzione. 

Prevenzione significa adeguare tempestivamente le procedure interne di compliance per soddisfare gli obblighi di due diligence e di segnalazione previsti dalla direttiva.

Vorrà dire identificare correttamente gli utenti, documentare la provenienza dei fondi, verificare la residenza fiscale e mantenere traccia digitale delle operazioni in modo che ogni dato comunicato all’Agenzia delle Entrate o scambiato a livello europeo sia coerente, verificabile e tempestivo.

In questa fase di transizione, la collaborazione con consulenti fiscali, legali e tecnologici sarà cruciale per definire procedure standard e ridurre il rischio di errori, omissioni o duplicazioni nei flussi informativi.

Per gli investitori

Per gli investitori, l’impatto sarà più indiretto ma altrettanto rilevante. La DAC8 comporterà la fine dell’anonimato fiscale nel mondo delle cripto-attività: ogni transazione rilevante, ogni saldo e ogni movimento potenzialmente imponibile diventerà visibile all’Amministrazione finanziaria.

Di conseguenza, la corretta dichiarazione delle cripto-attività, delle plusvalenze e delle giacenze estere nel quadro RW non sarà più una scelta di prudenza, ma un obbligo sostanziale e verificabile.

Gli strumenti di incrocio dati tra operatori e dichiarazioni dei contribuenti, già introdotti per i conti esteri e le rendite finanziarie, troveranno ora applicazione anche in ambito digitale, generando un nuovo modello di compliance preventiva.

Per il legislatore

Per il legislatore italiano, la sfida è ancora più complessa. Sarà necessario tradurre in norme chiare e coerenti gli standard europei, armonizzando il recepimento della DAC8 con il Regolamento MiCA e con la disciplina antiriciclaggio, senza creare sovrapposizioni o duplicazioni che rischierebbero di scoraggiare gli operatori onesti.

L’obiettivo deve essere duplice:

  • rafforzare la trasparenza e la cooperazione internazionale, ma al tempo stesso, 
  • preservare la competitività dell’ecosistema fintech italiano, favorendo lo sviluppo di imprese innovative e la creazione di nuovi servizi digitali regolamentati. 

I prossimi mesi saranno quindi decisivi, e dalla capacità del Governo e dell’Amministrazione finanziaria di emanare provvedimenti attuativi chiari, strumenti digitali efficienti e canali di dialogo trasparenti con gli operatori dipenderà il successo dell’intero impianto normativo. 

Solo se il sistema fiscale italiano saprà gestire la complessità del digitale senza sacrificare l’efficacia del controllo e l’equità dell’imposizione, sarà possibile affermare che la DAC8 non è solo una direttiva di compliance, ma un vero passo verso la maturità fiscale dell’economia digitale europea.

guest

0 Commenti
Più recenti
Più votati
Inline Feedback
Vedi tutti i commenti

Articoli correlati