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eCommerce 2025: verso un ecosistema AI-first e sostenibile



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L’ecommerce del 2025 evolve in un ecosistema integrato, guidato da intelligenza artificiale e sostenibilità. Le imprese italiane puntano su modelli collaborativi, governance dei dati e omnicanalità per costruire valore duraturo e competitività nel commercio digitale

Pubblicato il 29 ott 2025

Alessio Pecoraro

coordinatore PAsocial Emilia-Romagna, marketing & communication manager



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Nel 2025 l’e-commerce italiano non è più soltanto una vetrina, ma un’infrastruttura complessa che intreccia tecnologia, processi, relazioni e cultura d’impresa. È quanto emerge dal nuovo report di Casaleggio Associati “I partner delle aziende Ecommerce 2025”, presentato a Milano e frutto dell’analisi di oltre 1.670 partner attivi nel commercio online.
La fotografia che ne esce è quella di un mercato che va verso l’età matura, ma ancora in cerca di equilibrio tra innovazione e concretezza: un settore in cui la crescita non passa più per la corsa al fatturato, ma per la capacità di costruire un ecosistema digitale coerente, capace di evolvere nel tempo tra sviluppo tecnologico e ricerca di senso, soprattutto per quanto riguarda il marketing.

Dall’impresa al network: alleanze strategiche al posto delle soluzioni isolate

Il report sottolinea come questo sia un passaggio di “maturità”: la crescita non si misura più sul fatturato ma sulla capacità di costruire un ecosistema coerente. Ogni decisione — la piattaforma scelta, il CRM, la logistica, il gateway di pagamento — genera vincoli e opportunità che orientano le successive. In pratica, le aziende non comprano più soluzioni: scelgono alleanze.
E proprio la qualità di queste alleanze, nota il Presidente della Casaleggio Associati Davide Casaleggio, “fa la differenza tra due aziende dello stesso settore che fatturano uguale, ma con redditività completamente diversa”.

Architettura tecnologica e governance dei dati

È d’accordo Luca Pelati, CEO della digital agency Ventie30: “Conviene governare l’e-commerce come un ecosistema: architettura SaaS/API-first, pagamenti e logistica come leve di conversione, dati unificati in CRM/CDP e processi misurabili end-to-end. In pratica, parliamo di un sistema con PIM per la qualità del catalogo, OMS per stock e ordini unificati, payment orchestration (wallet/BNPL), tracking post-vendita ‘marketizzato’, marketplace/retail media integrati e compliance by design. L’obiettivo per le aziende non è mettere online il catalogo, ma progettare un sistema vivente che apprende dai dati, attiva automazioni (anche AI) e si adatta a canali, normative e stagionalità, riducendo TCO e aumentando velocità decisionale. Un case study molto interessante, su questo modello, è certamente l’e-commerce Lagostina dove abbiamo messo a sistema tutto questo”.

Un’offerta dal grande potenziale: soddisfazione e limiti del sistema ecommerce

Leggendo nel dettaglio i dati si nota come il grado di soddisfazione degli esercenti online italiani nei confronti dei servizi digitali non supera l’80% in nessuna delle aree analizzate. Un dato che lascia intendere come l’offerta non abbia ancora espresso tutto il suo potenziale. Le uniche eccezioni positive arrivano dai sistemi di pagamento, che registrano un livello di apprezzamento medio pari all’80%, in forte crescita rispetto al 71% dello scorso anno.

Seguono, seppur più distanziate, le piattaforme e-commerce, con il 69% di soddisfazione.

Le tecnologie innovative si fermano a un tasso di gradimento del 28%, un risultato che riflette la natura sperimentale di questo comparto.

I dati mettono in evidenza anche le aree più critiche come la gestione del catalogo e i marketplace, dove il livello di soddisfazione scende dal 19% al 15%, e i servizi di logistica e spedizione, fermi al 16%.

Omnicanalità e coerenza dell’esperienza cliente

In sintesi, se da un lato i pagamenti digitali confermano la loro maturità, dall’altro la filiera dell’e-commerce evidenzia carenze che rappresentano una sfida – e insieme un’opportunità – soprattutto per i marketer.

È qui che si gioca la partita della reputazione digitale. La fedeltà del cliente, oggi, non nasce da una promozione ma da un’esperienza coerente, continua e riconoscibile su tutti i canali. L’omnicanalità deve essere vissuta sempre più come la normalità e deve essere un processo armonico.

Ed è su questo punto che le aziende italiane mostrano ancora una cultura frammentata: marketing, assistenza e operations parlano spesso lingue diverse.

Il marketing cambia pelle e diventa sistema

Secondo il report, oltre metà delle imprese continuerà a investire in servizi di advertising e tecnologie innovative nel 2026 ma si guarderà sempre di più all’efficacia più che alla creatività. Il modo di comunicare però sta cambiando. Finisce l’era del marketing “onnicomprensivo”, sostituita da una strategia di specializzazione verticale: non più agenzie che fanno tutto, ma partner capaci di presidiare un singolo segmento con profondità.
È il riflesso di un mercato saturo, dove le piattaforme pubblicitarie sono ormai algoritmi complessi e dove la differenza la fanno i dati, la creatività e la capacità di leggere i segnali deboli dei clienti.

“In un contesto pervaso dall’AI, la differenza non la fa ‘fare tutto’, ma decidere meglio e orchestrare in modo verificabile. Per questo Ventie30 adotta un modello hub-and-spoke: un core team interno che governa strategia, creatività, UX/CRO, dati e project management, e un network di partner verticali attivati quando servono, così da unire profondità specialistica e velocità decisionale” spiega Pelati.

Le aziende che dichiarano un miglioramento del conversion rate, evidenzia il report, sono quelle che hanno combinato più interventi sinergici: automazione + customer care real time + ottimizzazione campagne. È la logica del “marketing as a system”, dove UX, analytics e contenuti dialogano in tempo reale.

Fiducia e comunicazione nell’era dell’intelligenza artificiale

La comunicazione diventa infrastruttura, non solo messaggio. L’AI generativa permette di produrre testi, immagini e video personalizzati su scala, ma impone anche nuove responsabilità etiche e narrative. “Cogliere le opportunità offerte dalle nuove tecnologie senza lasciarsene travolgere”, come ha ricordato Marianna Chillau, presidente 4eCom, è la sfida di una filiera che deve restare umana pur automatizzandosi.

Nel retail digitale la fiducia è il nuovo capitale: si costruisce nella trasparenza del processo, nella coerenza del tono di voce, nella capacità di risolvere un problema prima che diventi reclamo. L’AI, se usata con equilibrio, può diventare lo strumento per riconoscere i clienti non come dati ma come persone.

Cosa possono imparare le aziende

Dalla ricerca emerge una lezione chiara per le aziende e i loro brand: l’e-commerce non è più (solo) uno strumento, ma un ecosistema.

I quattro pilastri dell’ecosistema digitale

Le aziende devono imparare a pensarlo come un sistema vivente, in cui pesano quattro elementi chiave:

  • Soluzioni tecnologiche – L’era delle piattaforme monolitiche è finita. L’approccio “composable” e “headless” permette di integrare moduli diversi — CRM, analytics, AI, pagamenti, marketplace — e di aggiornarli senza ricostruire tutto da zero. È una logica da architettura aperta, che richiede visione e governance.
  • Processi e customer experience – La CX diventa un asset strategico. Le aziende che hanno migliorato i tassi di conversione lo hanno fatto investendo su processi di relazione: chatbot intelligenti, live shopping, programmi di loyalty basati su dati real time. L’esperienza non è più un costo, ma una leva di competitività.
  • Omnicanalità armonica – Il cliente non distingue più tra fisico e digitale. Serve una gestione coordinata dei canali di vendita — e-commerce, retail, che devono essere pensati come media, social, marketplace — con coerenza di messaggio e flessibilità operativa. È la nuova sfida per i brand italiani, ancora troppo spesso organizzati per silos.
  • Racconto e marketing dedicato – I prodotti non bastano, vanno narrati. I cataloghi devono essere interpretati anche semanticamente. Il marketing non deve limitarsi a generare traffico ma a creare senso: campagne che guardano ai dati ma che devono essere guidate dall’identità, performance e reputazione. In questo contesto, l’intelligenza artificiale non sostituisce la creatività umana, ma ne amplifica la portata.

Governance strategica della complessità

Per Luca Pelati: “la tecnologia è la base (performance, integrabilità, affidabilità, dati attivabili); la creatività è la leva differenziante (brand, contenuti, UX/CRO, community). L’AI potenzia entrambe, ma rende decisiva la capacità di decidere e orchestrare: scegliere cosa fare, in che ordine e come misurarlo”.

L’ecosistema, dunque, non è solo tecnologico: è culturale. Richiede che il management assuma una visione sistemica, capace di orchestrare partner e strumenti in modo integrato. Come si può notare leggendo il report, le decisioni tecnologiche prese oggi — piattaforma, gateway, CRM, agenzia — definiscono i vincoli di domani.
L’obiettivo non è ridurre la complessità, ma dargli una governance strategica (non solo organizzativa).

Chi gestisce un e-commerce deve quindi ragionare come un architetto, non come un manutentore: progettare soluzioni flessibili, testare, prototipare, valutare il lock-in prima che diventi vincolo.

Questa consapevolezza manca ancora a molte imprese italiane, che spesso delegano la strategia a fornitori esterni senza una regia interna. Il risultato è un mosaico di strumenti che non comunicano tra loro e che, nel lungo periodo, aumentano i costi invece di ridurli.

Prospettive future: AI-first e sostenibilità

Guardando al 2026, il report della Casaleggio Associati prevede un ecosistema AI-first, omnicanale e sostenibile. L’intelligenza artificiale sarà la spina dorsale della logistica, del marketing predittivo e della personalizzazione; l’omnicanalità integrerà social commerce, marketplace e retail fisico; la sostenibilità — packaging, trasporti, energia — diventerà parte del valore percepito dal consumatore.

Il quadro è chiaro: l’e-commerce italiano non deve più limitarsi alla vendita, ma dimostrare di saper collaborare, di essere, appunto, ecosistema. La competizione non è e non sarà più tra piattaforme, ma tra filiere. Chi saprà orchestrare partner, tecnologie e linguaggi in un racconto coerente conquisterà la fiducia dei clienti — e, con essa, il successo nel commercio digitale.

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