Terre rare e minerali strategici sono la spina dorsale di digitale ed energia pulita. La dipendenza europea dalla Cina per l’approvvigionamento di questi diciassette elementi chimici impone una riflessione urgente su alternative sostenibili: dal riciclo dei dispositivi elettronici alla valorizzazione dei residui minerari, passando per nuove tecnologie di trattamento meno impattanti. Uno scenario complesso che richiede visione strategica e innovazione.
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Le sfide strategiche dell’Europa tra tecnologia e dipendenza
Basti pensare, ad esempio, alle applicazioni dell’intelligenza artificiale dove l’Unione Europea non appare avere una strategia propria se non per la regolamentazione, spesso enfatizzando un divario con Cina e Stati Uniti che sempre più guidano i destini del mondo. In questo contesto, anche a causa della recente politica della Cina di limitare l’accesso e l’utilizzo da parte di altri paesi delle terre rare e di altri materiali strategici, che si trovano nel proprio territorio o comunque in territori dei quali si è assicurata il controllo attraverso forti legami economici, spinge non solo gli Stati Uniti ma anche gli stati europei a cercare possibili alternative.
Tra tali alternative uno spazio rilevante lo assume il riciclo, che spesso non è stato degnamente considerato, come invece la cultura contadina che ha impregnato molte delle economie europee sino a meno di un secolo fa, avrebbe dovuto insegnare. Riciclo, dunque, non solo per risolvere l’aspetto della gestione e dello smaltimento dei rifiuti, ma quale risorsa di materiali dei quali abbiamo un bisogno strategico.
Cosa sono le terre rare e perché sono strategiche
Secondo la definizione data dall’Unione internazionale di chimica pura e applicata (UICPA), le terre rare sono diciassette elementi chimici assimilati dal fatto che si trovano generalmente negli stessi depositi minerari. Sebbene siano presenti in molti giacimenti nel mondo con concentrazioni varie, l’aggettivo “rare” discende dal fatto che furono individuate per la prima volta in minerali non comuni.
Oltre le terre rare, vi sono altri minerali considerati strategici in funzione dello sviluppo che ogni stato vuole perseguire. Per avere un’idea, gli Stati Uniti d’America ne hanno individuati 50 (includendo le terre rare), mentre l’Unione Europea 34 (terre rare incluse). Il tema è che gli stati facenti parte dell’Unione Europea ne sono quasi del tutto sprovvisti e dipendono, per la loro fornitura, quasi interamente dalla Cina.
La differenza nel numero individuato non deve stupire dal momento che i minerali, di cui i singoli stati individuano il fabbisogno strategico, dipendono dalle priorità che intendono darsi sia in campo civile sia in campo militare (senza arrivare al paradosso dell’Italia mussoliniana che richiese alla Germania, tra i materiali da fornire per entrare in guerra a fianco dell’alleato, una quantità di molibdeno – usato per l’industria area e missilistica – superiore all’intera produzione mondiale dell’epoca).
Nazionalismi e restrizioni: la guerra dei materiali critici
Per i sostenitori del commercio globale, o meglio della globalizzazione, la concentrazione dei depositi in pochi stati non sarebbe un grande problema se non fosse che la globalizzazione stessa deve ormai fare i conti con i crescenti nazionalismi. Il contrasto crescente tra Stati Uniti a guida Trump e la Cina condotta da Xi Jinping ha portato quest’ultima, difatti, a restringere le esportazioni di tali materiali, dapprima nei confronti dei soli Stati Uniti e poi anche nei confronti di altri paesi. E sebbene le ragioni del contrasto siano spesso giustificate con la valenza strategica di microchip e terre rare in campo militare, a farne le spese è, in primo luogo, la transizione energetica in atto per rispondere alle esigenze di mitigazione climatica degli abitanti della terra: per ironia della sorte, infatti, occorre rilevare che, secondo le stime espresse dall’amministrazione americana, il fabbisogno militare di terre rare rappresenta solo lo 0,1% del fabbisogno per scopi civili.
Il riciclo come risorsa strategica: RAEE ed economia circolare
Mentre gli Stati Uniti valutano che il fabbisogno militare potrebbe essere facilmente soddisfatto attraverso il riciclo delle pale eoliche che assicurano quasi il 10% del fabbisogno energetico della federazione, pale che in molti casi sono arrivate a fine vita, l’ONU accende il riflettore sulla possibilità di soddisfare, almeno in parte, i bisogni dei vari paesi attraverso un’adeguata azione di riciclo dei materiali che contengono le terre rare e altri materiali strategici (i metalli nobili, per le loro caratteristiche, sono, ad esempio, uno dei componenti essenziali di computer, laptop all’interno della CPU – l’unità di elaborazione centrale, ma anche di vari elettrodomestici). Da qui si comprende l’importanza, a livello nazionale, di regolamentare e fare rispettare la raccolta e lo smaltimento dei materiali RAEE (Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche), non solo al fine di limitare l’impatto ambientale di tali rifiuti ma anche per creare nuova ricchezza in una piena logica di economia circolare.
Innovazioni tecnologiche per un riciclo sostenibile
Rimane però l’aspetto non trascurabile che le operazioni di riciclo sono rese difficoltose per ragioni legate agli alti consumi energetici e all’utilizzazione di prodotti chimici (in analogia con quanto avviene per il trattamento dei materiali dai quali sono estratte le terre rare anche nei giacimenti naturali).
In una tale ottica, la notizia diffusa dall’Agenzia Reuters a giugno di quest’anno di un nuovo metodo di trattamento meno impattante, scoperto da alcuni ricercatori di Zurigo, offre nuove prospettive di speranza sullo sviluppo della disponibilità di risorse da recupero; sebbene lo stato corrente dell’arte non sia al momento esaltante, considerato che attualmente si stima che appena l’1% delle terre rare sia oggetto di riciclo.
Dato tale contesto, forse può apparire fin troppo ottimistico l’obiettivo proposto dal Critical Raw Material Act adottato dall’Unione Europea (emanato solo lo scorso anno) di soddisfare, entro il 2030, il 25% del fabbisogno europeo attraverso il riciclo.
Residui minerari: una miniera nascosta di materiali critici
Un altro fronte che potrebbe migliorare la disponibilità di terre rare e altri materiali critici riguarda il migliore sfruttamento dei materiali estratti nei processi minerari. Un’analisi condotta dalla Colorado School of Mines a pubblicata dalla Rivista Science ha evidenziato, infatti, che negli stessi residui delle estrazioni minerarie condotte negli Stati Uniti abbondano materiali critici quali il cobalto, che appare tra i materiali di scarto delle miniere di nichel e di rame, e il germanio, che si ritrova nei materiali di scarto di zinco e molibdeno (sul punto si veda l’articolo di Luca Longo sul Riformista del 31 agosto 2025). Il tema di fondo che rimane comunque è la capacità di individuare tecnologie di trattamento che consentano alle estrazioni dai residui minerari di diventare economicamente sostenibili.
Verso un futuro di autonomia: sfide e opportunità
Allo stato le soluzioni possibili per rispondere all’esigenza di reperire materiali critici appaiono varie anche se non di facile perseguibilità: esse vanno dalla individuazione di nuovi depositi al recupero attraverso il trattamento dei rifiuti e all’implementazione delle tecniche di sfruttamento dei materiali estratti. Se da un lato la logica sottostante potrebbe essere ricondotta alla sapienza contadina di evitare gli sprechi ed estrarre al meglio ogni utilità dai prodotti della natura, la sfida che si pone è quella del miglioramento dei processi lavorativi, attraverso l’individuazione di processi efficaci, economici e maggiormente rispettosi dell’ambiente.












