La sovranità dei dati non è più un concetto astratto ma una questione concreta di capacità amministrativa e competitività economica. L’Italia, grazie alla sua posizione geografica strategica e alle infrastrutture tecnologiche avanzate, può interpretare questo principio come opportunità per diventare un riferimento europeo nel settore dei data center, a condizione di adottare una governance multilivello efficace e coordinata.
Indice degli argomenti
Dalla retorica alla governance concreta dei dati
Nel dibattito pubblico la sovranità dei dati è stata spesso presentata come un orientamento ideologico o come un obiettivo astratto. Negli anni più recenti, però, il tema ha assunto un significato radicalmente diverso, diventando una questione di capacità amministrativa, di continuità istituzionale e di competitività economica. L’intelligenza artificiale richiede enormi quantità di dati, potenza di calcolo e una governance solida dell’intero ciclo informativo. Nulla di tutto ciò può essere garantito attraverso dichiarazioni, principi o slogan. Occorre un’architettura concreta, verificabile, in grado di sostenere modelli predittivi, processi decisionali automatizzati e servizi digitali che impattano su cittadini, imprese e pubbliche amministrazioni.
L’obiettivo di questo articolo è chiarire, nel modo più netto possibile, perché l’Italia debba interpretare la sovranità dei dati come una forma di governo e non come un recinto. La tesi sostenuta è semplice, l’Italia potrà davvero diventare un riferimento europeo nel settore dei data center soltanto se adotterà una sovranità funzionale, fondata sulla qualità delle proprie infrastrutture, sulla coerenza delle regole e sulla capacità di coordinare livelli istituzionali diversi.
La sovranità non coincide più con il luogo in cui il dato è custodito, ma con la capacità di determinare come quel dato viene trattato, riutilizzato, trasferito, controllato e protetto. È una forma di giurisdizione estesa e non un atto di chiusura nazionale.
Il quadro normativo europeo e l’architettura federata
L’Unione Europea ha delineato negli ultimi anni un quadro normativo tra i più avanzati e severi al mondo. La European Data Strategy, il Data Act, l’AI Act, la Direttiva NIS2 e il Cyber Resilience Act costruiscono un ecosistema nel quale la responsabilità dei soggetti che trattano dati è un principio centrale, misurabile e non negoziabile.
L’impostazione europea si fonda su una scelta culturale precisa: l’Europa non vuole un modello chiuso, e non intende difendere una falsa idea di autosufficienza digitale. Punta invece a creare un’architettura federata, interoperabile e affidabile, nella quale ogni Paese membro contribuisce secondo le proprie capacità infrastrutturali e normative.
I Data Spaces, sanità, mobilità, industria, finanza, energia, sono un esempio evidente di questo approccio. Non sono archivi centralizzati ma sono ecosistemi regolati, nei quali attori pubblici e privati condividono dati secondo standard comuni e responsabilità verificabili. L’Unione attribuisce a ciascun Paese un ruolo attivo nella costruzione di questa architettura.
Da ciò deriva un punto fondamentale per l’Italia: un Paese che applica in modo serio, uniforme e controllabile le norme europee diventa un interlocutore affidabile. E l’affidabilità è oggi uno dei principali fattori che determinano dove gli operatori privati decidono di collocare data center e fare investimenti strategici.
Vantaggi geografici e tecnologici dell’Italia
Il nostro Paese viene spesso descritto come un “ponte naturale” nel Mediterraneo. Questa affermazione non è una formula retorica è oggettivamente un dato tecnico. La Sicilia è uno dei principali punti di approdo dei cavi sottomarini che collegano l’Europa all’Africa, al Medio Oriente e all’Asia. Le infrastrutture di Sparkle, fra cui BlueMed, hanno reso l’Italia uno snodo fondamentale dei flussi globali di dati, in una fase storica in cui le dorsali mediterranee stanno acquisendo un peso crescente rispetto ai tradizionali percorsi atlantici.
Accanto al vantaggio geografico esiste un vantaggio tecnologico. Milano è ormai riconosciuta come uno dei principali hub europei per data center e cloud. Torino e Bologna consolidano ecosistemi di ricerca avanzata e innovazione industriale. Roma mantiene la più alta concentrazione di infrastrutture pubbliche strategiche, con un ruolo naturale nella gestione dei dati istituzionali. E soprattutto, l’Italia ospita Leonardo, uno dei supercomputer più potenti al mondo, parte della rete EuroHPC, capace di sostenere applicazioni scientifiche, industriali e di sicurezza che richiedono potenze computazionali elevate.
Questi elementi, sommati, costituiscono già una base concreta. L’Italia possiede già una parte della struttura materiale per assumere un ruolo significativo nella geografia digitale europea. Il problema non è ciò che manca, ma ciò che deve essere ancora coordinato.
Il modello finlandese e la competitività europea
Un paragone utile per valutare concretamente la traiettoria italiana è costituito dalla Finlandia. Secondo l’associazione finlandese dei data centre, tra costruzione e operatività il settore genererà investimenti stimati in circa 12 miliardi di euro e oltre 45.000 “person-years” di lavoro entro il 2030, mentre la capacità installata è destinata a passare da 285 MW a 1,5 GW.
La Finlandia ha infatti predisposto politiche dedicate, tra le quali incentivi fiscali, connessioni di rete di elevata qualità e raffreddamento naturale, per attrarre infrastrutture digitali avanzate. Questo esempio dimostra come un Paese europeo possa trasformare la propria geografia digitale in un fattore di competitività globale, attraverso la combinazione di infrastruttura, regole e governance attiva.
Governance multilivello: europa, stato, regioni
La possibilità di trasformare l’Italia in un laboratorio europeo dei data center dipende da un concetto chiave, che è la governance multilivello.
Il livello europeo fornisce la cornice, proponendo norme chiare, obblighi di sicurezza e responsabilità algoritmica. Tutto questo non va interpretato come un vincolo, ma come una garanzia. Aderire a questo quadro significa collocarsi in un ambiente credibile e competitivo.
Il livello statale riguarda la gestione dei dati critici e l’organizzazione delle infrastrutture pubbliche. La Strategia Cloud Italia e il Polo Strategico Nazionale rappresentano un primo passo, ma la loro efficacia dipenderà dalla capacità di renderli interoperabili con il cloud qualificato, con gli hyperscaler e con le infrastrutture private. Il PSN, se isolato, rischia di diventare un segmento marginale, se integrato, può invece diventare il nucleo di un sistema pubblico affidabile. Un esempio evidente riguarda la Francia, che ha elaborato una strategia industriale per il cloud e la sovranità digitale che coinvolge sia l’ente nazionale per la cybersicurezza (ANSSI) sia l’industria dei microprocessori e delle infrastrutture cloud.
Il documento dedicato alla “digital sovereignty” definisce chiaramente che la sovranità dei dati dipende non solo dalla presenza fisica dell’infrastruttura, ma anche dalla capacità di controllare i livelli più profondi del cloud, sistema operativo, processore, modelli di utilizzo. L’esempio francese insegna che la governance nazionale deve agire su più dimensioni: infrastruttura, regolazione, competenze industriali e controllo tecnologico. Ed è proprio questo approccio multilivello che l’Italia è chiamata a emulare.
Il livello regionale è, paradossalmente, quello decisivo. La geografia dei data center dipende da energia, reti, condizioni climatiche, disponibilità di suolo e qualità delle filiere produttive. Le Regioni sono il luogo dove infrastrutture, università e imprese costruiscono la base empirica di un ecosistema digitale. Una strategia nazionale che non includa questo livello produrrà frammentazione, invece che sviluppo.
La mia tesi è che solo una governance in grado di unire Europa, Stato e Regioni potrà consentire all’Italia di diventare un hub europeo affidabile.
Data center come infrastrutture cognitive per l’AI
Un data center oggi va interpretato come un’infrastruttura cognitiva. E acquista significato solo se entra in relazione con la potenza di calcolo, con le architetture cloud e con i modelli di AI che generano valore, predizione e decisione.
Se pensiamo al supercomputer Leonardo oltre ad essere un eccellente risultato ingegneristico, è un’infrastruttura culturale, un luogo dove competenze scientifiche, industriali e istituzionali lavorano insieme per produrre conoscenza. Questo tipo di infrastrutture consente simulazioni avanzate, modelli predittivi e analisi complesse che nessuna organizzazione potrebbe sostenere autonomamente.
L’intersezione tra HPC, AI e data center rappresenta pertanto la base della competitività europea dei prossimi anni. Sanità, manifattura, logistica, energia, finanza e sicurezza pubblica dipenderanno dalla capacità di trattare il dato in modo affidabile, responsabile e conforme alle prescrizioni dell’AI Act. Per l’Italia, questa convergenza non può essere un orizzonte teorico, ma deve diventare un requisito operativo.
Costruire un ecosistema digitale affidabile
Per svolgere un ruolo credibile nel panorama europeo, l’Italia deve strutturare un ecosistema caratterizzato da coerenza normativa, affidabilità tecnologica e continuità amministrativa. Ciò significa adottare standard omogenei su sicurezza, tracciabilità e responsabilità; ma significa anche integrare infrastrutture pubbliche e private in un’unica architettura nazionale e valorizzare le specificità territoriali senza generare frammentazione. Obiettivo quello di costruire relazioni stabili fra istituzioni, operatori tecnologici e sistema della ricerca.
Un ecosistema “trusted” non nasce da una legge o da una piattaforma, ma da un metodo che preveda rigore, prevedibilità, interoperabilità e capacità di coordinamento. E utilizzare questo modello rende il Paese riconoscibile, affidabile e attrattivo per investitori, imprese e istituzioni europee.
Ed è qui il cuore della dimostrazione, la sovranità dei dati funzionale non chiude, ma ordina. Non limita, ma orienta. Non crea confini, ma costruisce condizioni di fiducia.
Il futuro digitale italiano tra potenzialità e responsabilità
L’analisi dimostra che l’Italia dispone delle condizioni materiali per svolgere un ruolo strategico nell’economia europea dei dati, ha posizione geografica, poli tecnologici maturi, infrastrutture pubbliche in sviluppo, un supercomputer fra i più avanzati al mondo. Ma nessuno di questi elementi, se considerato isolatamente, genera una leadership.
Il risultato centrale di questo ragionamento è che la competitività non dipende dalla quantità di potenza di calcolo né dal numero di data center, ma dalla capacità di governare in modo coerente un sistema complesso. Una governance multilivello, europea, statale e regionale può e potrà trasformare l’Italia in un laboratorio avanzato di innovazione digitale. In questa visione la sovranità dei dati assumerà significato e non solo come identità, ma soprattutto come responsabilità.
Un Paese che sa governare il dato è un Paese che sa governare il proprio futuro.
Bibliografia e Sitografia essenziale
Data Act – European Commission https://digital-strategy.ec.europa.eu/en/policies/data-act
AI Act (Reg. UE 2024/1689) – Testi e analisi https://artificialintelligenceact.eu/
Direttiva NIS2 – Materiali ufficiali https://digital-strategy.ec.europa.eu/en/policies/nis2-directive
Cyber Resilience Act – Documenti UE https://digital-strategy.ec.europa.eu/en/library/cyber-resilience-act
GAIA-X – Documentazione https://gaia-x.eu/
Osservatori Digital Innovation – Politecnico di Milano https://www.osservatori.net/













