Il Regolamento P2B è uno degli strumenti meno visibili del nuovo diritto europeo dei mercati digitali, ma incide direttamente sui rapporti di forza tra piattaforme e imprese intermedie. Proprio ora che la proposta comincia a uscire dall’ombra e dare i suoi frutti – come prova il recente provvedimento Agcom nei confronti della piattaforma “Refurbed” – il Digital Omnibus ne ipotizza l’abrogazione in nome della semplificazione normativa.
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Regolamento P2B: origini, obiettivi e soggetti interessati
Il Regolamento Piattaforme è rimasto a lungo sullo sfondo rispetto a sigle più celebri come DSA, DMA e AI Act, ma il suo peso pratico per marketplace e imprese è tutt’altro che secondario.
Il Regolamento tutela da comportamenti non trasparenti e scorretti delle piattaforme digitali, le imprese che le intermediano nei confronti dei consumatori: ad esempio gli alberghi nei confronti delle piattaforme di booking, gli e-commerce nei confronti delle piattaforme di comparazione, ecc.
Il Regolamento P2B era rimasto “sottotraccia” anche perché, sino ad ora, in Italia non vi erano stati atti accertativi verso operatori specifici, anche se AGCOM, in quanto autorità cui è stata attribuita la competenza per la vigilanza in Italia, aveva pubblicato linee guida e report sull’attuazione che facevano presagire che si sarebbe ben presto passati ad effettivi procedimenti di verifica e attuazione degli obblighi derivanti dal regolamento.
Regolamento P2B tra DSA, DMA e altri atti digitali
In sintesi, il Regolamento P2B prevede i seguenti tipi di obblighi a carico dei prestatori di servizi di intermediazione:
- Trasparenza contrattuale: i termini e condizioni devono essere redatti in modo chiaro e facilmente accessibile, specificando le ragioni per cui un account può essere sospeso, limitato o chiuso, nonché le regole relative al ranking dei prodotti e servizi offerti (Regolamento UE 2019/1150).
- Preavviso sulle modifiche: in caso di modifica delle condizioni contrattuali, il prestatore deve fornire un preavviso minimo agli utenti commerciali, consentendo loro di adattarsi alle nuove regole o di recedere dal contratto.
- Motivazione delle decisioni: ogni decisione di sospensione, limitazione o chiusura di un account deve essere motivata e comunicata all’utente interessato.
- Meccanismi di risoluzione delle controversie: il regolamento prevede l’obbligo di indicare nei termini contrattuali almeno due mediatori indipendenti ai quali gli utenti commerciali possono rivolgersi per la risoluzione extragiudiziale delle controversie.
- Accesso ai dati: il regolamento stabilisce regole sulla gestione e sull’accesso ai dati generati dagli utenti commerciali, garantendo trasparenza sulle modalità di utilizzo e condivisione.
- Ranking e posizionamento: i prestatori devono spiegare i principali parametri che determinano il posizionamento dei prodotti e servizi offerti dagli utenti commerciali sulle piattaforme.
Gli obblighi principali per le piattaforme di intermediazione online
Le sanzioni amministrative massime che AGCOM può applicare per la violazione del Regolamento (UE) 2019/1150 sono pari a 10 milioni di euro per ciascuna violazione, oppure al 4% del fatturato annuo per le infrazioni transfrontaliere.
Vi sono poi sanzioni accessorie, come la pubblicazione del provvedimento sanzionatorio, che può comportare un danno reputazionale per il soggetto sanzionato. La determinazione dell’importo della sanzione segue criteri di proporzionalità, effettività e dissuasività, come richiesto dal Regolamento UE 2019/1150 e dalla normativa nazionale di riferimento.
In sede di commisurazione si tiene conto anche dell’opera svolta dal soggetto per eliminare o attenuare le conseguenze della violazione e delle sue condizioni economiche, nonché della possibilità di ordinare il rimborso delle somme ingiustificatamente addebitate agli utenti.
Sanzioni AGCOM e ruolo nazionale del Regolamento P2B
Questo regolamento, assieme al Data Governance Act e al Regolamento sui dati non personali e alcuni altri, è tra quelli candidati all’abrogazione da parte della controversa proposta “Digital Omnibus”, tesa alla semplificazione del quadro regolamentare dei mercati digitali.
È dunque interessante fare alcune considerazioni sulla notizia recentissima dell’emanazione da parte di AGCOM, proprio lo scorso 3 dicembre, del primo provvedimento relativo a una violazione del Regolamento P2B, emanato nei confronti della piattaforma “Refurbed”, un marketplace dedicato alla vendita di dispositivi ricondizionati da parte di venditori professionali.
Digital Omnibus e rischio di abrogazione del Regolamento P2B
Nei confronti di tale piattaforma AGCOM aveva infatti avviato, nell’ottobre 2024, un articolato procedimento a seguito, appunto, della segnalazione da parte di uno dei venditori intermediati.
Le segnalazioni denunciavano presunte violazioni da parte di Refurbed Marketplace GmbH delle disposizioni del Regolamento P2B e l’Autorità ha avviato approfondimenti preistruttori, richiedendo informazioni a Refurbed, che ha risposto con note nel febbraio 2025. In particolare l’Autorità ha rilevato criticità nell’osservanza degli obblighi previsti dal Regolamento P2B da parte di Refurbed.
Veniva contestata la violazione:
- dell’obbligo di fornire informazioni chiare e accessibili sui principali parametri di classificazione dei beni e servizi usati dalla piattaforma;
- dell’obbligo di fornire una descrizione dettagliata sulle modalità di accesso ai dati generati tramite l’uso della piattaforma, inclusi i dati di audit;
- dell’obbligo di gestire i reclami in modo tempestivo e proporzionato, di includere nei T&C tutte le informazioni pertinenti sull’accesso e sul funzionamento del sistema interno di gestione dei reclami, e di pubblicare la reportistica sul funzionamento e sull’efficacia del sistema;
- dell’obbligo di indicare nei termini e condizioni i mediatori con cui il fornitore è disposto a collaborare per la risoluzione extragiudiziale delle controversie.
Il caso Refurbed come banco di prova del Regolamento P2B
Il 17 giugno 2025 è stata contestata formalmente la presunta violazione a Refurbed, che ha avuto la possibilità di presentare memorie difensive, trasmesse il 17 luglio 2025. Refurbed ha illustrato le modalità di conformità agli obblighi contestati e la disponibilità ad adottare misure correttive.
Nonostante la collaborazione della piattaforma, l’Autorità ha ritenuto di diffidare la medesima, con il provvedimento del 3 dicembre, a cessare le condotte in violazione degli obblighi di corretta gestione dei reclami e dal reiterare le rimanenti violazioni, sulle quali la società era invece intervenuta in corso di procedimento.
Se la società non rispetterà la diffida verrà avviato il procedimento sanzionatorio.
Nel caso in questione le violazioni sono di trasparenza contrattuale: è interessante notare come l’Autorità abbia puntualmente vigilato sull’effettivo adeguamento dei termini e condizioni alle disposizioni richieste.
Tanto che già oggi i nuovi termini e condizioni includono all’art. 10 dettagliate informazioni sulle logiche di funzionamento del sistema di classificazione della piattaforma, che decide quale offerta dei venditori mostrare prima e quale raccomandare, specificando che non viene effettuato alcun trattamento preferenziale per singoli venditori.
Si legge quali sono i fattori che influenzano la “popolarità” di un’offerta, come funziona il sistema dei badge, quali prodotti vengono definiti “bestseller” ed altro ancora.
La trasparenza su tali logiche e criteri, abbinata alla possibilità di effettuare reclami, consente ai venditori che usano piattaforme di intermediazione un’interlocuzione certamente meno asimmetrica e di poter effettuare contestazioni più puntuali e argomentare, se si ritengono discriminati.
Perché il Regolamento P2B è diverso da DSA e DMA
È inoltre interessante che la contestazione di tali violazioni avvenga direttamente tramite un’autorità nazionale, senza attendere i lunghi tempi della Commissione UE, che invece è competente per DSA e DMA.
Quello della contestazione sulla base del Regolamento P2B sarebbe quindi un percorso interessante per quelle imprese che ritengono di avere ragione di essere vittime di discriminazione algoritmica da parte dei principali intermediari.
Eppure, come si diceva, proprio il Regolamento P2B potrebbe cadere sotto la scure del frettoloso impeto di semplificare le regole dei mercati digitali imbracciato dal regolatore europeo, probabilmente per dare un contentino alle critiche subite dagli USA.
L’idea alla base della decisione di abrogare il Regolamento P2B è che lo stesso sarebbe un “duplicato” di tutele già presenti nel Digital Services Act e nel Digital Markets Act.
A chi scrive non sembra invece che vi sia sovrapposizione tra il P2B e i suddetti regolamenti, che hanno funzioni ben diverse e, nel caso del P2B, offrono tutela diretta da parte di un regolatore nazionale (nel nostro caso, appunto, AGCOM) che lavora e ragiona con logiche non sempre sovrapponibili a quelle della tutela centralizzata da parte della Commissione UE.
Infatti, il Regolamento DSA regola le piattaforme digitali nel senso di imporre trasparenza su contenuti moderati e pubblicità online, nonché sugli algoritmi di raccomandazione dei contenuti, concentrando i suoi obblighi soprattutto sulle grandi piattaforme classificate come VLOP e VLOSE.
Il Regolamento DMA riguarda solo un ristretto numero di piattaforme qualificate come “gatekeeper” in base a parametri dimensionali e di quota di mercato e contiene una serie di divieti che sono prevalentemente focalizzati sulla concorrenza: se un comportamento non ha valenza anticoncorrenziale non sarebbe probabilmente sanzionabile in un procedimento aperto sulla base del DMA.
P2B, relazione contrattuale e tutela degli operatori commerciali
Il Regolamento P2B, invece, riguarda un aspetto ben diverso: la relazione contrattuale tra un operatore commerciale e la piattaforma che lo intermedia.
Si tratta della relazione tra Tripadvisor e The Fork e il ristorante, tra Booking ed Expedia e l’albergo, tra il comparatore e il sito di e-commerce, tra il sito di ticketing e gli organizzatori degli spettacoli ed ha ad oggetto la correttezza e trasparenza della relazione contrattuale.
I contenuti tutelati dal Regolamento P2B sono le offerte commerciali dei piccoli siti, tutelati contro la discriminazione commerciale: questo tipo di tutele non sono presenti nei citati regolamenti (se non, tramite il DMA, nei confronti dei soli gatekeeper).
La tutela è su base nazionale e consente anche a chi non ha un mercato di dimensione “europea” di azionare il Regolamento: difficilmente la Commissione UE si interesserebbe di un caso tra un sito di e-commerce con sola base nazionale italiana e una piattaforma, perché il suo tempo e le sue risorse non sono infinite.
P2B, ranking e discriminazione algoritmica: scenari futuri
È dunque un clamoroso errore, ad avviso di chi scrive, quello di sacrificare proprio questo regolamento che – per vero – è stato sinora poco usato perché poco conosciuto, eliminando del tutto le sue tutele.
Non si comprende, peraltro, perché, mentre per il Data Governance Act e il Regolamento Dati Non Personali, il Digital Omnibus, pur abrogandoli, travasa le principali previsioni nel Data Act, che diventa quindi una sorta di testo unico, nel caso del Regolamento P2B le tutele vengono semplicemente eliminate, senza alcun correttivo di DSA e DMA per mantenere almeno le principali.
Non è ancora detta l’ultima parola, ma è auspicabile che ci sia un ripensamento e gli attori del mercato dovrebbero far sentire la loro voce sul punto a Bruxelles.
Sarà intanto interessante capire se il provvedimento Refurbed sarà un fuoco di paglia o se, nelle more della paventata abrogazione, AGCOM continuerà l’enforcement del Regolamento, (cosa che sarebbe utile a fondare l’argomento sulla sua utilità) aprendo ulteriori procedimenti, contestando violazioni sulla base anche delle disposizioni del Regolamento P2B che prevedono gli obblighi relativi all’accesso ai dati e al ranking, che non sono state specificamente contestate nel procedimento Refurbed.
Tale trasparenza deve infatti essere garantita non solo a livello contrattuale ma anche, compatibilmente con le norme relative alla proprietà intellettuale, attraverso l’accesso ai codici sorgente e alle regole operative dell’algoritmo di ranking ed è richiesto di spiegare perché determinati prodotti e servizi ottengano una posizione di rilievo rispetto ad altri.
In mancanza, le uniche tutele per i casi relativi a contestazioni circa il ranking e la discriminazione degli operatori commerciali sarebbero quelle sulla base della concorrenza (antitrust o DMA se sono coinvolti i gatekeeper), mancando così una tutela nazionale e – con tutta probabilità – più immediata.








