Curare le vittime di un terremoto, se la burocrazia ostacola i medici

La difficoltà, dopo una catastrofe, è assistere la popolazione colpita avendo dati puntuali sulla storia clinica di ciascuno. La tecnologia cloud c’è già, ma in un caso recente i medici non hanno potuto usarla per meri problemi procedurali e di privacy. Ecco la storia

Pubblicato il 02 Mag 2017

Paolo Misericordia

responsabile dell’Area ICT della FIMMG

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L’informatica è in grado di fornire supporto ed aiuto nella assistenza sanitaria in caso di catastrofi? Può, in particolare, sostenere gli interventi di assistenza primaria nei confronti delle popolazioni colpite?

A queste domande abbiamo dovuto, purtroppo, rispondere in occasione dei terremoti che, recentemente, in più momenti, hanno sconvolto il centro Italia, con vittime, danni ed un numero rilevante di sfollati ospitati, per lo più, nei centri della costa adriatica. Molti paesi si sono svuotati; i crolli, le case inagibili e la paura hanno fatto sì che, nel giro di poche ore circa 30mila persone si siano trovate fuori dalle loro abitazioni, con pochi oggetti personali a disposizione, rapidamente trasportate a decine di chilometri di distanza dalle loro residenze. È stata coinvolta una popolazione mista, soprattutto anziana per l’elevata età media che prevale nelle zone colpite. Molti assumevano terapie continuative, quasi sempre composte da più farmaci, avevano storie mediche complesse, si trovavano, soprattutto, nelle condizioni di non avere con sé documenti sanitari e di non ricordare neanche il nome delle loro abituali medicine.

La difficoltà, in questi casi, non è stata solo quella dei pazienti, ma anche dei medici che si sono trovati a decidere senza essere informati e senza avere la possibilità di procedere a verifiche di tipo clinico in realtà organizzative emergenziali o comunque molto precarie. Gli sfollati sono stati infatti assistiti, dal punto di vista medico, nelle località ospitanti, dalla rete dei medici di medicina generale che si sono messi a disposizione volontaristicamente; nei punti di maggiore accoglienza sono state allestite strutture ambulatoriali con medici in turni di disponibilità diurna e notturna.

Uno degli aspetti sicuramente carenti in tutto questo, come accennato, è stato quello della continuità informativa: nessun medico chiamato ad assistere queste persone, sapeva niente della loro storia clinica, né i pazienti ed i loro familiari avevano molti elementi per aiutare il medico a conoscere. Spesso i pazienti, come detto, non ricordavano neanche il nome dei farmaci assunti. Si trattava di informazioni, peraltro, presenti nei database ambulatoriali dei MMG: disporre di questi dati per poterli mettere a disposizione dei medici chiamati ad assistere in emergenza questi pazienti sarebbe stato, in questa occasione, di grande aiuto.

In realtà, la Medicina Generale ha a disposizione, da qualche anno, risorse tecnologiche (vedi NETMEDICA ITALIA) in grado di riprendere i dati dai database ambulatoriali dei medici (prescindendo dalle differenze dei software gestionali utilizzati) e di trasferirli, dopo averli standardizzati, su una piattaforma in cloud, per renderli disponibili online alla consultazione di medici adeguatamente autorizzati. Si tratta di piattaforme realizzate in prospettiva della strutturazione delle Aggregazioni Funzionali Territoriali della Medicina Generale (“legge Balduzzi”), ma che sarebbero state in condizione di risolvere le difficoltà di assistere popolazioni in situazioni di emergenza. Il medico, utilizzando questo sistema, può, inoltre, prescrivere e inserire nuovi dati clinico-assistenziali nel database, informazioni che vengono archiviate nel sistema e notificate in tempo reale, via email, al medico titolare della scelta del paziente.

Così nella fase immediatamente successive al terremoto sono state acquisite le disponibilità a collaborare da parte di molti medici residenti nei luoghi del sisma: erano pronti a far confluire sul cloud i dati dei loro database di studio (solo in pochissimi casi i crolli degli ambulatori rendevano indisponibili sia i DB che i loro backup). I medici sulla costa, d’altronde, avevano più volte sollecitato la possibilità di avere a disposizione i dati sanitari degli sfollati con soluzioni informatizzate che agevolassero l’attività professionale, compresa quella prescrittiva. Per i pazienti, avere un medico informato sulla propria storia sanitaria, avrebbe costituito un elemento di sicurezza ed un segnale di un sistema organizzato e affidabile, rassicurandolo in un momento in cui tante certezze erano crollate insieme con la propria abitazione.

Nonostante queste premesse favorevoli, non è stato possibile attivare questo processo per le difficoltà procedurali che sono insorte. L’esperienza e la consapevolezza che ne è derivata devono servire a pianificare le soluzioni migliori per essere pronti in occasione di analoghi eventi calamitosi.

C’è stata innanzitutto la “questione Privacy”.  Nonostante la piattaforma proposta avrebbe tracciato qualsiasi accesso e qualsiasi attività riconducendola con esattezza al protagonista, nonostante il paziente avrebbe dovuto sottoscrivere un consenso prima che il medico fosse potuto entrare nella sua scheda, nonostante il medico avrebbe dovuto registrare anche informaticamente il consenso ottenuto, nonostante il medico titolare della scelta sarebbe stato informato, in tempo reale via email, dell’identità dell’altro medico quando anche solo avesse fatto accesso alla scheda di un suo assistito, nonostante il medico titolare della scelta avrebbe potuto escludere un qualsiasi medico al quale precedentemente era stato consentito di accedere al database, nonostante ci stesse un’emergenza che stava coinvolgendo improvvisamente tre regioni ed un insieme di circa 50mila persone, ebbene, nonostante tutto questo, la prudenza e la difficoltà nello stabilire chi avrebbe potuto responsabilmente “attivare il sistema”, hanno impedito di procedere.

Quali sono le situazioni, quindi, da affrontare e da risolvere, per riuscire a rispondere efficacemente a queste problematiche?

Le tutele sopra descritte dovrebbero essere adeguate per attivare con sicurezza questi processi: rispondono, in particolare, alle necessità di disporre di un consenso informato da parte del paziente rispetto all’accesso ai suoi dati assistenziali, senza il quale l’accesso allo stesso dato configurerebbe un atto irregolare e sanzionabile. La possibilità, in questa direzione, di tracciare completamente, sui file log della piattaforma, ogni attività in essa svolta, costituisce elemento di garanzia.

D’altronde il consenso dell’assistito normalmente acquisito dal MMG titolare della scelta (e registrato sul proprio DB di studio) informa rispetto ai meccanismi di condivisione dei dati che sono in uso in Assistenza Primaria: viene richiesto un consenso alla condivisione del dato clinico con i medici sostituti e con quelli che fanno parte della aggregazione a cui il medico appartiene. Il paziente in genere non viene informato sull’ipotesi che, in caso di emergenza, il suo dato possa essere reso disponibile a gruppi di medici più “allargati”, che non sono coinvolti normalmente nel consueto processo assistenziale. Questo aspetto, però, non può costituire un impedimento insuperabile in caso, appunto, di emergenza.

I livelli istituzionali che gestiscono e coordinano queste crisi dovrebbero, inoltre, assumere la responsabilità di attivare questi percorsi, quando sono informati e consapevoli dei sistemi di tutela presenti su queste piattaforme.

È fondamentale, evidentemente, la disponibilità dei MMG a collaborare. In attesa che si realizzino efficacemente i sistemi di FSE e che la massa critica della popolazione autorizzi la costituzione del proprio, dovrebbe diventare un obiettivo condiviso, soprattutto nelle aree del Paese maggiormente a rischio, promuovere presso i MMG l’accesso alle piattaforme cloud che offrono queste risorse e queste garanzie: un sistema pronto per essere utilizzato costituisce, in quei momenti, la risposta migliore per limitare pericoli, difficoltà, e ulteriori sofferenze.

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