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PA life-centric: eventi di vita al centro dei servizi pubblici



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La PA life-centric riduce attriti per cittadini e uffici. Dati interoperabili, metodi di co-progettazione e una governance consapevole permettono di anticipare bisogni, distribuire risorse per impatto e creare servizi più accessibili, misurando risultati con indicatori chiari

Pubblicato il 20 ott 2025

Andrea Carraro

Gruppo Tecnologia e Transizione digitale di Halley Veneto

Thomas Fabbian

Gruppo Tecnologia e Transizione digitale di Halley Veneto

Davide Simionato

Gruppo Tecnologia e Transizione digitale di Halley Veneto

Andrea Tironi

Project Manager – Digital Transformation



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Quando nasce un figlio, quando si cambia città, quando si apre un’impresa, nessuno pensa ai “servizi pubblici” come a una lista di procedimenti da avviare. Si pensa a un momento di vita, complesso, unico, che richiede risposte semplici e coordinate.

Per troppo tempo la pubblica amministrazione ha risposto con logiche interne, organizzate per uffici e competenze. Oggi, invece, si fa strada una rivoluzione silenziosa: mettere al centro gli eventi di vita e orchestrare intorno a essi servizi, dati, competenze e tecnologie. È il paradigma life-centric: un cambio radicale di prospettiva, capace di trasformare la burocrazia in valore pubblico tangibile.

Eventi di vita come fulcro della PA

Un cittadino non ragiona per capitoli di bilancio o per codici interni: ragiona per momenti di vita. Una nascita, un trasloco, un lutto, l’avvio di un’impresa, una disabilità improvvisa. Ognuno di questi passaggi è oggi un labirinto di adempimenti, richieste e ridondanze.

La PA del futuro e del presente più innovativo deve invece partire da qui: ricomporre la frammentazione, offrendo percorsi unici, fluidi, interoperabili. L’informazione si muove tra enti, non il cittadino tra sportelli.

L‘interoperabilità reale e il principio once-only

Per ottenere questo cambio serve una interoperabilità reale. Non bastano API o protocolli; serve una regia che garantisca che i dati possano essere scambiati, aggiornati, riutilizzati in sicurezza, rispettando privacy e contesto.

Il principio once-only ne è la sintesi più intuitiva: un’informazione viene fornita una sola volta, poi la macchina amministrativa la usa ovunque serva. Così il cittadino smette di fare da corriere tra silos, e la PA diventa un organismo coordinato, non un arcipelago burocratico.

Un nuovo modello concettuale: il Design Thinking

Ripensare la PA in chiave life-centric non si può fare con i vecchi schemi. Serve un metodo capace di partire dai bisogni, non dai procedimenti; di testare, correggere, iterare.

Qui entra in gioco il Design Thinking: osservare i comportamenti, capire i punti di frizione, co-progettare soluzioni con cittadini e operatori. Non più disegnare un servizio in base a “cosa deve fare l’ente”, ma in base a “cosa serve davvero in quel momento di vita”.

Questa logica rompe barriere culturali: trasforma i progetti IT in esperienze pubbliche, restituisce senso all’innovazione digitale e ne riduce l’attrito interno.

Il ruolo del “coach civico”

Ogni trasformazione ha bisogno di figure che facciano da ponte tra tecnica, organizzazione e cittadinanza. È qui che entra in scena il coach civico: non un tecnico puro, non un funzionario tradizionale, ma una figura di facilitazione che:

  • guida l’applicazione del Design Thinking;
  • mette insieme i dati e li traduce in insight per le decisioni;
  • aiuta a priorizzare interventi ad alto impatto;
  • forma e accompagna chi gestisce i processi.

Non sostituisce la governance, ma la rende consapevole e agile, capace di apprendere dai dati e restituire valore in tempi più rapidi. Il coach civico agisce in linea con i principi di progettazione dei servizi pubblici digitali promossi da Designer Italia, mettendo al centro i bisogni reali delle persone e aiutando le amministrazioni a creare soluzioni più semplici, accessibili ed efficaci.

Decisioni basate sui dati: la leva invisibile

Ogni evento di vita produce segnali, numeri, comportamenti. Ogni servizio genera flussi, tempi, richieste. In una PA tradizionale, queste informazioni restano spesso invisibili o poco integrate. In una PA data-driven, invece, diventano bussola.

Analizzare i dati significa:

  • capire dove i percorsi si bloccano;
  • valutare la qualità percepita dai cittadini;
  • prevedere i bisogni emergenti;
  • distribuire risorse in base all’impatto reale, non all’abitudine.

Così si passa da un’amministrazione che reagisce a una che anticipa. I dati non sono un archivio: sono la materia prima per politiche più intelligenti e servizi più giusti.

Quando i dati diventano materia prima, aprono la strada a servizi radicalmente nuovi. Immaginiamo una “dashboard personale di vita”: uno spazio digitale unico dove ogni cittadino non trova solo le proprie pratiche amministrative, ma anche indicatori aggiornati sulla sostenibilità delle proprie scelte (ad esempio CO₂ risparmiata grazie all’uso del trasporto pubblico o dei servizi digitali), opportunità di lavoro e formazione sul territorio, eventi comunitari rilevanti per la sua fascia d’età o interessi.

Oppure un portale conversazionale, dove il cittadino descrive il problema in linguaggio naturale e riceve la soluzione, senza dover conoscere la struttura interna di un sito o di un portale di servizi. Non è più il cittadino a doversi adattare ai percorsi amministrativi: è il sistema che si adatta ai suoi bisogni, guidandolo in modo semplice, diretto e personalizzato.

Misurare l’impatto della trasformazione digitale: dal dato al valore pubblico

Ogni innovazione deve essere valutata non per quanto “nuova” appare, ma per quanto migliora la vita delle persone. Il Piano Triennale per l’Informatica nella PA indica chiaramente la direzione: strategie digitali orientate all’impatto, monitoraggio continuo, indicatori di performance.

Misurare significa legare ogni investimento a un valore pubblico: meno tempo perso, meno richieste ridondanti, più inclusione, più accessibilità. È il modo per dare credibilità alla trasformazione digitale e trasformarla da progetto tecnico a patrimonio di fiducia.

PA life-centric: verso una PA davvero centrata sulla vita delle persone

La PA life-centric non è un sogno: è un progetto concreto, già in corso nei territori più coraggiosi. Non nasce da una piattaforma, ma da un cambio di prospettiva: persone al centro, interoperabilità reale, decisioni basate sui dati, metodi di co-progettazione e misurazione dell’impatto.

Serviranno coraggio, competenze e visione. Ma la direzione è tracciata: un’amministrazione che non costringe i cittadini a capire come funziona, ma che si adatta, quasi in modo naturale, a come funziona la vita.

È la direzione naturale del government as a platform: un sistema operativo pubblico che abilita, coordina e semplifica, rendendo possibile una PA davvero centrata sulla vita delle persone.

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