La competizione tra Stati Uniti e Cina non si combatte solo sui mercati o negli equilibri militari, ma nelle fondamenta culturali delle due superpotenze.
Nel suo libro Breakneck. China’s Quest to Engineer the Future, l’economista e analista Dan Wang propone una delle metafore più efficaci per comprendere la competizione tra Stati Uniti e Cina: l’America è una società di avvocati, la Cina uno Stato di ingegneri.
Una formula che va ben oltre la provocazione: è un tentativo di spiegare perché un Paese che ha inventato Internet e guidato la rivoluzione digitale non riesce più a costruire ferrovie, centrali o alloggi, mentre il suo principale rivale autoritario realizza infrastrutture colossali in tempi record, ma fatica a produrre creatività, fiducia e libertà.
Indice degli argomenti
La società degli avvocati: quando il diritto blocca il progresso
Per Wang, la cultura americana è stata forgiata dal diritto. I suoi padri fondatori erano avvocati, la Costituzione è una dichiarazione giuridica prima ancora che politica, ancora oggi quasi tutti i leader democratici provengono da facoltà di legge. Questa eredità ha fatto degli Stati Uniti il Paese del procedimento, dove ogni decisione passa attraverso il filtro della legittimità formale e del contenzioso potenziale.
Ma una civiltà costruita sul diritto tende a definire il progresso non come capacità di costruire, bensì come capacità di limitare. In America, il diritto non è più solo una difesa dai poteri, ma la forma stessa del potere: una struttura di veto diffuso, dove ogni comunità, ogni categoria, ogni interesse organizzato può bloccare ciò che non gli conviene. Il risultato è un Paese che eccelle nei tribunali e nei laboratori di software, ma che non sa più erigere dighe, ponti o linee ferroviarie. L’America di oggi, suggerisce Wang, ha sostituito l’etica dell’opera con quella dell’argomento.
Lo Stato degli ingegneri: la Cina come sistema da ottimizzare
All’estremo opposto si colloca la Cina, “stato di ingegneri” in senso letterale. Il Politburo cinese è popolato da tecnocrati formati in discipline come idraulica, geologia, elettronica. La governance si fonda sull’idea che la società sia un sistema da ottimizzare, non da negoziare. Il Partito Comunista progetta la realtà come un’opera d’ingegneria: strade, centrali, data center, ma anche comportamenti sociali e demografia.
La politica del figlio unico, lo “zero Covid” e la censura culturale non sono deviazioni autoritarie: sono, nella lettura di Wang, estensioni del paradigma ingegneristico. Quando si crede che ogni problema sia risolvibile con calcolo, anche l’anima diventa una variabile del progetto. Il risultato è impressionante e inquietante al tempo stesso.
La Cina ha costruito in vent’anni infrastrutture pari a quelle che gli Stati Uniti hanno realizzato in un secolo. Ha 15 aeroporti in una singola provincia povera (Guizhou), 45 dei ponti più alti del mondo e la rete ferroviaria ad alta velocità più estesa del pianeta. Produce un terzo della manifattura globale e sta colmando il ritardo nei semiconduttori. Eppure, dietro questa potenza materiale, si cela una povertà simbolica: la Cina costruisce il mondo fisico, ma non quello immaginario. Manca di soft power, non esporta modelli culturali, non produce desiderio. “Gli ingegneri, osserva Wang, non capiscono le battute e censurano ciò che non comprendono”. In questo, la Cina resta un impero solido ma muto.
Intelligenza artificiale: due visioni della stessa rivoluzione
L’intelligenza artificiale rappresenta il campo in cui la metafora di Wang si fa più concreta. Negli Stati Uniti, l’AI nasce dal linguaggio, dall’interpretazione, dalla tradizione umanistica del discorso e del diritto: ChatGPT, Claude, Gemini sono strumenti di conversazione, persuasione e ragionamento. In Cina, l’AI è fisica: applicazioni industriali, robotica, controllo, manifattura.
Due forme della stessa rivoluzione: una cognitiva, l’altra produttiva. Una che modella la parola, l’altra che plasma la materia. Se la prima rischia di restare imprigionata nell’astrazione, la seconda rischia di degenerare in sorveglianza e standardizzazione. In questo senso, Wang non propone solo un confronto geopolitico, ma una diagnosi culturale: la tecnologia riflette le civiltà che la generano.
L’Europa tra avvocati e ingegneri: l’arte della stagnazione
Nel suo viaggio tra le due modernità, Wang riserva all’Europa il giudizio più severo. Non è né società di avvocati né stato di ingegneri: è una società di amministratori. Una civiltà della regolazione, in cui la forma prevale sulla funzione, l’equilibrio sulla direzione. Il risultato è una stagnazione elegante ma letale.
L’industria europea, schiacciata dal costo dell’energia e dalla lentezza delle riforme, è vulnerabile alla concorrenza cinese e priva dell’aggressività americana. La capitalizzazione di Nvidia, nota Wang, supera l’intero mercato azionario tedesco. Il simbolo di una decadenza che non ha ancora il coraggio di chiamarsi tale. L’Europa, scrive, “vede il futuro come il presente, solo un po’ peggiore”. Ogni crisi, guerra, pandemia, dazi, è “un campanello d’allarme” che non sveglia nessuno.
Il ritorno della capacità statale negli Stati Uniti
L’idea più ambiziosa di Breakneck è che il futuro della potenza americana dipenda da un ritorno della capacità di costruire: infrastrutture, filiere, fiducia. Non si tratta di imitare la Cina, ma di reimparare il linguaggio dell’opera, dell’esecuzione, del fare. Wang sostiene che la sinistra americana debba spostarsi dal sussidio (lato domanda) alla produzione (lato offerta) e che l’élite giuridica debba accettare l’idea che costruire potere politico non sia un male, ma una necessità. Solo così l’America potrà restare competitiva senza scivolare nell’autoritarismo imitativo di Donald Trump.
Due modernità tragiche: libertà contro capacità
La tesi di Wang non è un elogio della Cina né un rimpianto per l’America del New Deal: è una diagnosi tragica. Gli Stati Uniti hanno libertà ma poca capacità; la Cina ha capacità ma poca libertà. Entrambe le potenze rischiano di perdere il contatto con la propria anima:
- gli americani, prigionieri dell’abbondanza e del contenzioso;
- i cinesi, schiavi della produttività e dell’ingegneria dell’anima.
Tra questi due estremi, l’Europa si dissolve nel grigiore della regolazione senza visione, incapace di proporre un proprio equilibrio tra libertà e costruzione, tra pluralismo e potenza.
Una riflessione per l’Italia: tra burocrazia e pianificazione
L’Italia vive entrambi i mali: la giuridificazione americana e la tecnocrazia cinese, senza possederne i vantaggi. Abbiamo la burocrazia di una società di avvocati e la pianificazione senza esecuzione di uno Stato ingegneristico imperfetto. Eppure, proprio per questo, la lettura di Dan Wang è utile: ricorda che la competizione tra potenze non è solo economica, ma antropologica. Riguarda la nostra capacità di scegliere se essere una società che discute o una società che costruisce. La sfida dell’AI e della transizione industriale non si gioca solo nei laboratori o nei data center, ma nella cultura del potere: chi decide, chi progetta, chi realizza. Forse il destino dell’Occidente si deciderà non tra avvocati e ingegneri, ma nella possibilità di una terza via: quella di una civiltà che pensa, costruisce e discute allo stesso tempo.











