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Big data e valigie di cartone: l’emigrazione trentina riletta col digitale



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L’emigrazione trentina tra Ottocento e Novecento viene riletta attraverso le Digital Humanities, che permettono di raccogliere, analizzare e visualizzare grandi quantità di dati storici. Mapping Mobilities è un esempio di collaborazione interdisciplinare in epoca digitale

Pubblicato il 11 set 2025

Anna Grillini

assegnista di ricerca presso l'Università degli studi di Trento



Digital Humanities e migrazioni storiche

La storia dell’emigrazione si configura senza dubbio come uno dei macro-temi storiografici più rilevanti nel contesto sia italiano che internazionale. Oltre agli aspetti culturali e sociali del fenomeno, la ricerca scientifica deve necessariamente confrontarsi con la sua ampiezza in termini numerici e in questo contesto gli strumenti digitali ricoprono un ruolo di primo piano, utili sia per la raccolta che per l’analisi dei dati, oltre che per la loro condivisione a scopo scientifico e/o divulgativo.

L’emigrazione come tema storiografico e il ruolo del digitale

Il progetto Mapping Mobilities. Un’analisi storica e digitale della mobilità trentina, realizzato tra il 2020 e il 2022, è stato promosso dall’Istituto Storico Italo-Germanico della Fondazione Bruno Kessler di Trento, grazie a un cofinanziamento della Fondazione Caritro e alla collaborazione con la Fondazione Museo storico del Trentino, l’Archivio provinciale di Trento e l’Archivio di Stato di Trento. La ricerca ha inteso riscoprire e valorizzare il prezioso patrimonio storico-archivistico rappresentato dai quasi 60.000 documenti di viaggio emessi tra il 1868 e il 1915, contenuti nel fondo “Commissariato di polizia” conservato presso l’Archivio di Stato di Trento.

Attraverso l’uso di metodologie proprie delle Digital Humanities è stata effettuata la digitalizzazione dei dati contenuti nei passaporti, creando successivamente un database open access e dando accesso completo ai dati tramite Github, servizio di hosting per la condivisione e lo sviluppo soprattutto di software. Il progetto ha rappresentato l’occasione di utilizzare i mezzi disponibili in quest’epoca di rivoluzione digitale per rendere non solo fruibile ma anche immediatamente accessibile l’importante quantità di informazioni contenuta in questo fondo archivistico. L’organizzazione del data entry, la gestione del patrimonio informativo e la data visualization è stata a cura del Digital Common Lab di Fbk (Fondazione Bruno Kessler) mentre il sito è stato realizzato esternamente da un web designer indipendente.

Questo contributo ha come scopo di esporre in modo pratico in che modo l’utilizzo delle Digital Humanities contribuisca a rendere disponibile una grande mole di dati e quali sono le sfide metodologiche che storici, programmatori e grafici devono affrontare per rendere queste informazioni traducibili in conoscenza e fruibili in maniera semplice ma flessibile, adatta alle esigenze di un pubblico con background diversi.

Nell’epoca digitale, infatti, la vera sfida è governare immense quantità di dati sviluppando una metodologia adeguata. L’idea che un’imponente raccolta dati corrisponda necessariamente a una ricerca epocale si è rivelata fallace molto in fretta e ha, anzi, evidenziato le difficoltà interpretative che derivano dai big data e la corrispondente fatica nel renderli accessibili a un vasto pubblico senza abbandonarli sulle piattaforme di condivisione privi di indicazioni che ne favoriscano la decodificazione.

La risposta a questa sfida sembra sempre più risiedere nell’interdisciplinarietà propria delle Digital Humanities che si caratterizzano per l’alto livello di collaborazione tra umanisti e tecnici, in uno sforzo comune per padroneggiare i dati ed estrapolare da essi linee interpretative in grado di aiutarci a comprendere diversi aspetti del passato.

In questo contesto si inserisce Mapping Mobilities che unisce due importanti trend scientifici, quello dell’analisi dei big data e quello della ricerca storica sul tema della mobilità, divenuto centrale nella storiografia internazionale degli ultimi decenni. Partendo dalla microstoria di una località specifica come il Trentino, l’implementazione dei dati ha consentito di esaltarne le ramificazioni internazionali e di costruire un contenuto ma solido database a disposizione di ricercatori e interessati.

Gli studi precedenti e la necessità di un approccio digitale

Nel contesto trentino l’interesse per la mobilità della popolazione è cominciato già negli anni ’80 con gli studi di Casimira Grandi e Renzo Maria Grosselli (Grandi 1998; Grosselli 1986). Pur essendo caratterizzati da uno spiccato carattere locale questi studi sono stati essenziali per la ricostruzione dal basso dell’esperienza migratoria, negli anni ’90 proprio Grandi è stata responsabile di un’imponente ricerca sul fondo “Commissariato di polizia”.

Questa vasta ricerca ha condotto alla compilazione di schede riassuntive dei dati anagrafici contenuti nei registri elencanti le richieste di documenti di viaggio effettuate tra il 1868 e il 1915. Le quasi 60.000 domande riguardano documenti come i passaporti ma anche libretti di lavoro o servizio attestanti la professione, certificati di immatricolazione universitaria o di assunzione.

Le varie tipologie dimostrano come la mobilità non sia ristretta al solo concetto di emigrazione ma inclusiva di spostamenti stagionali e lavori itineranti, un panorama variegato accompagnato da un apparato burocratico imponente. La compilazione delle schede contenenti i dati anagrafici è stata senza dubbio imponente ma non ha avuto seguito, i dati non sono stati sintetizzati o interpretati in maniera approfondita e da qui è sorta quindi la necessità di riprendere le fila del lavoro, valorizzandolo e rendendolo fruibile grazie alle Digital Humanities.

La pandemia ha purtroppo impedito la digitalizzazione completa dei dati, col perdurare delle chiusure degli archivi è risultata, infatti, evidente la necessità di restringere il progetto a un campione su cui sviluppare una prima analisi digitale. La metodologia applicata per la selezione degli anni da analizzare è stata puramente storica, basata sull’individuazione di anni particolarmente significativi per l’emigrazione dal territorio trentino (Grillini, 2022, p.8).

Il contesto storico ed economico tra 1878 e 1893

Il periodo scelto per l’analisi è quello tra il 1878 e il 1893, anni in cui si susseguirono importanti sconvolgimenti socioeconomici (il cambiamento dei confini politici con Lombardia e Veneto e il crollo della borsa di Vienna, solo per nominare i più impattanti) che influirono enormemente sulla mobilità della popolazione; in generale, inoltre, l’ultimo quarto del XIX secolo è considerato come il picco della diaspora migratoria europea che a partire dal 1850 coinvolse milioni di persone e le condusse verso mete come gli Stati Uniti, l’Argentina e il Brasile[1].

In aggiunta agli sconvolgimenti menzionati, negli anni considerati la situazione economica locale fu pesantemente aggravata da tre inondazioni, quella del 1882 venne registrata come la più grave di tutto il secolo e devastò colture e abitazioni di innumerevoli centri. Per comprendere come questi fenomeni influiscano sulla mobilità è utile evidenziare che nel 1880 furono presentate solo 500 richieste di documenti di viaggio mentre nel 1889 si arriva a 6500, ovvero oltre la metà dei 12.000 documenti prodotti tra il 1878 e il 1893.

Mapping Mobilities: data entry e organizzazione della raccolta digitale

Il data entry è stato effettuato con la collaborazione di alcuni studenti dell’alternanza scuola-lavoro del liceo G. Prati di Trento e grazie alle modalità di gestione dati individuate dal gruppo di FBK-Digital Common Lab. Per la raccolta dati è stata utilizzata la piattaforma gratuita e open source Epicollect5[2] che supporta dati di diversa tipologia (GPS, audio, video…) ma che, soprattutto, consente di creare progetti specifici e personalizzati per la raccolta dati, definendo obiettivi, modalità e fasi di attuazione. Creando il proprio progetto è quindi possibile collezionare tipologie diverse di dati, raccolti grazie alla collaborazione di diversi utenti con accesso diretto al materiale di lavoro, nel nostro caso documenti di viaggio.

Per Mapping Mobilities, è stato sviluppato un questionario di facile compilazione che raccoglie tutti i dati su cui si focalizza la ricerca, tra questi: collocazione archivistica del documento, generalità, professione, stato civile, numero di figli, paese di origine ed espatrio, eventuali motivazioni per il trasferimento, anno di partenza, validità del documento di viaggio, rinnovi, eventuali note dell’autorità militare (renitenza alla leva).

I dati raccolti sono accessibili tramite un’interfaccia web, da cui possono essere visualizzati ed esportati. Utilizzando le API fornite da EpiColletct5 i dati sono importabili in un file GoogleSheet con la funzione “importdata”. Qui il progetto è diviso in due sezioni, una per i passaporti e una per i rinnovi. Questi ultimi hanno complicato l’analisi in quanto è stato necessario collegarli alla richiesta originaria e tenere conto che il numero di documenti emessi non corrisponde al numero di richiedenti: una singola persona poteva avere collegati svariati rinnovi del documento di viaggio, a volte anche quattro o cinque.

La ricerca non si è limitata al data entry e alla condivisione per addetti ai lavori, la sintesi, l’interpretazione e la costruzione di un sito dedicato al progetto hanno rappresentato una parte altrettanto più rilevante del lavoro.

Difficoltà nell’analisi dei dati

Prima di procedere descrivendo questo processo di sviluppo occorre evidenziare alcune difficoltà incorse nell’analisi dei dati, complicazioni molto comuni nel contesto della ricerca storica, ove la completezza assoluta delle fonti è più unica che rara.

Il campione considerato ha permesso la digitalizzazione di oltre 12.000 documenti: grazie a questo lavoro è possibile conoscere i nomi, le provenienze e le destinazioni di migliaia di trentini che nel secondo Ottocento hanno deciso di muoversi oltre i confini della regione.

Tuttavia, la completezza delle generalità riportate nei documenti dipende dall’accuratezza con cui erano trascritte dal pubblico ufficiale in servizio al momento della richiesta, la diretta conseguenza è che in molti casi uno o più dati sono mancanti oppure non abbastanza precisi.

In casi simili il criterio adottato è quello di considerare comunque il passaporto nel conteggio totale dei migranti mentre le statistiche dei diversi campi (ad esempio età, genere, professione, ecc..) sono composte solo coi dati disponibili, questo al fine di valorizzare tutte le informazioni possibili in un contesto comunque parziale.

Le carenze nella compilazione non si manifestano solo attraverso l’assenza di dati ma anche nella loro genericità: non sempre risultano essere sufficientemente precise. Ad esempio, la destinazione di viaggio indicata è spesso estremamente generica, invece che il paese esatto sono indicati continenti (Sud America) o imperi interi (Austria-Ungheria).

La vaghezza delle indicazioni sui paesi di espatrio costringe all’applicazione di una metodologia meno stringente e a piani di analisi più generali; la tipologia di migrazione (interna o esterna all’Impero asburgico) e le destinazioni (europee o extra continentali) sono diventate i principali criteri per lo studio dei movimenti della popolazione. La stessa vaghezza di informazioni influisce anche sull’analisi delle professioni, oltre il 74% dei migranti dichiara di essere un lavoratore “giornaliero” ma ciò non indica una professione quanto, piuttosto, la situazione lavorativa contrattuale. L’imponenza del numero di giornalieri ha condotto alla scelta di rappresentare questa categoria come un dato separato, riconoscendo in tal modo l’importanza che l’instabilità lavorativa ricopre, oggi come allora, nella scelta migratoria.

La fruizione pubblica e la visualizzazione dei dati

I risultati della ricerca sono pubblici tramite il sito di Mapping Mobilities, ospitato sul server della Fondazione Bruno Kessler che ne garantisce la fruibilità sul lungo periodo[3]. Sul portale è possibile consultare i dati in maniera guidata grazie a brevi testi elaborati per presentare gli aspetti più rilevanti della ricerca e i grafici per la visualizzazione dei dati che rappresentano un corredo essenziale per la comprensione, oltre a permettere all’utente una consultazione personalizzata in base ai propri interessi grazie alla loro interattività.

Per introdurre il contesto entro cui si è sviluppata la ricerca e le problematiche metodologiche affrontate è stata, inoltre, creata una “nota metodologica” che chiarisce questi aspetti e permette una consultazione consapevole. L’incompletezza o genericità dei dati ha influito notevolmente anche sulle scelte di data visualization, volendo conservare la complessità dell’analisi ma restituirne comunque una visione accessibile, la rappresentazione grafica dei dati ha richiesto una particolare attenzione. In particolare, il Digital Common Lab di Fbk ha costruito grafici interattivi che permettono all’utente di esplorare vari aspetti dello stesso gruppo di dati, ad esempio per la provenienza è possibile selezionare le valli del Trentino e scoprire dove si spostavano i migranti provenienti da queste località, così da esaltare le scelte peculiari di ogni comunità, oppure è possibile compiere l’azione contraria ovvero selezionare la destinazione e vedere da dove provenivano i migranti che sceglievano, ad esempio, il Sud America.

Allo stesso modo, anche la periodizzazione degli spostamenti è stata rappresentata consentendo all’utente di conoscere, per ogni anno considerato, quante persone sono partite e dove erano dirette, esaltando visivamente le “ondate” migratorie. Un altro aspetto che si è deciso di valorizzare attraverso la data visualization è quello di genere, le donne rappresentavano una netta minoranza tra i richiedenti documenti di viaggio ma la loro esperienza aveva caratteristiche più definite rispetto a quella maschile (il ricongiungimento famigliare o l’assunzione a servizio in case nobiliari).

La rappresentanza femminile è stata illustrata in rapporto con la componente maschile ma anche con l’età dei richiedenti, per ogni età rappresentata è infatti possibile vedere quanti uomini e quante donne hanno lasciato il proprio paese. Infine, si è deciso di lasciare spazio a una consultazione “libera” mettendo a diposizione l’elenco di tutti i nominativi coi rispettivi dati e la possibilità di filtrare la ricerca attraverso la funzione “cerca”. I dati sono rilasciati dal sito in open data, con licenza CC-BY 4.0 che consente di condividere e modificare i dati stessi, riconoscendone la paternità. Il duplice scopo del portale è di proporre una navigazione guidata attraverso le fonti e i dati ma, allo stesso tempo, presentare una data visualization flessibile, che incontri esigenze differenti e consentire all’utente un accesso completo ai dati così da non litare le sue possibilità di ricerca. Infine, per portare la condivisione su un ulteriore livello per gli utenti maggiormente competenti nella programmazione e nella gestione di big data, i dati sono stati resi disponibili anche su Github, dove il lavoro è archiviato in due repositories: “web” col contenuto del sito e “data_curation” con tutto il necessario per la gestione dei dati raccolti[4].

Bibliografia

Barfuss K., 1995, “Foreign Workers in and around Bremen, 1884-1918, in People in Transit. German Migrations in Comparative Perspective, 1820-1930”, a cura di D. Hoeder, J. Nagler, German Historical Institute, New York, pp. 201-224

Bevilacqua P., De Clementi A., Franzina E. (a cura di), 2009, “Storia dell’emigrazione italiana”, Donzelli, Roma.

Bolognani B., 1988, “Il pane della miniera. Speranze, sacrifici e morte di emigrati trentini in terra d’America – Bread from Underground. Hope, suffering and death of Trentino people on American soil”, ed. Bernardo Clesio, Trento, 1988.

Cau M., Grillini A., 2022, “La mobilità dei trentini tra Otto e Novecento. La mostra Al Lavoro! E il progetto Mapping Mobilities”, in “Storia e regione/Geshichte und Region”, n. 31, pp. 152-158.

Colucci M., Sanfilippo M. 2015, “Le migrazioni. Un’introduzione storica”, Roma, Carocci.

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Grillini A., 2023, “L’emigrazione trentina nei passaporti del Commissariato di Polizia di Trento, 1878-1891”, in “Annali del Museo Storico della Guerra”, pp. 7-20.

Grosselli R.M., 1986, “Vincere o morire. Contadini trentini (veneti e lombardi) nelle foreste brasiliane. Parte 1°: Santa Caterina, 1875–1900”, Provincia Autonoma di Trento, Trento.

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[1] Nonostante non sia possibile avere numeri certi, si calcola che tra il 1815 e il 1930-40 furono 50 o 60 milioni gli europei che lasciarono il continente e attraversarono l’oceano verso destinazioni extraeuropee. Cfr. Colucci M., Sanfilippo M. 2015, “Le migrazioni. Un’introduzione storica”, Roma, Carocci, pp. 51-53.

[2] App sviluppata dal CGPS Team del Oxford University Big Data Institute: https://five.epicollect.net

[3] https://mappingmobilities.fbk.eu

[4] https://github.com/mappingmobilities

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