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Cinema sintetico: quando la finzione supera la realtà



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L’intelligenza artificiale trasforma il cinema creando video realistici senza attori veri. I Dor Brothers raggiungono milioni di visualizzazioni con contenuti completamente generati, aprendo nuovi orizzonti creativi nell’industria cinematografica

Pubblicato il 1 ott 2025

Marco Ongaro

Cantautore, librettista, saggista



ai e cinema (1); biometria comportamentale

L’Intelligenza Artificiale sta ridefinendo il mondo del cinema, introducendo nuove forme di espressione visiva e narrativa. Con la capacità di generare immagini e scenari surreali ma altamente realistici, l’IA offre ai cineasti un nuovo strumento per raccontare storie impossibili, mentre cambia radicalmente il processo creativo dietro le quinte.

I pionieri del video generato artificialmente

Come si diceva in un precedente articolo su Intelligenza Artificiale e cinema, in futuro il regista sarà un romanziere. Per adesso è ancora solo un autore di racconti, se non di epigrammi. Tali sono i video, magnificamente realistici e a elevatissima definizione, ma non ancora di lungo metraggio, pubblicati da vari creatori di immagini in movimento tra i quali spiccano per fama i Dor Brothers.

«L’unica cosa che conterà saranno le idee creative, le idee uniche, i creatori unici. Tutto il resto sarà irrilevante», ha dichiarato il ventottenne Yonatan Dor, titolare dell’omonima affratellante casa di produzione celebre per aver raggiunto sedici milioni di visualizzazioni solo su YouTube con un video interamente generato da I.A. Un clip lungo due minuti e venticinque secondi in cui alcuni grandi della Terra, Trump e Putin in testa, ma pure Kamala Harris, Hillary Clinton e Elon Musk, sbevazzano e sparacchiano abbrutiti a suon di rap.

L’avvento di strumenti in grado di generare immagini video altamente professionali, con potenzialità illimitate di effetti speciali, un assoluto potere di imitazione del vero in favore di un risultato surreale, con attori e voci intercambiabili, inesistenti eppure simil reali, ha creato effettivamente uno spiazzamento di notevole entità nell’industria del settore.

La democratizzazione della produzione cinematografica

Per artisti dell’I.A. come Dor, che aveva iniziato a realizzare video nel modo tradizionale, con troupe cinematografiche e budget rilevanti, questi strumenti rappresentano una forma di espressione pura, offrendo il collegamento più diretto possibile tra la mente dell’artista e il risultato finale, senza i compromessi imposti dalle grandi produzioni o i vincoli delle riprese complesse. Quando sono arrivati i dispositivi di nuova generazione, quelli in grado di trasformare testi e immagini in video completi, la Dor Brothers, composta da alcuni collaboratori fissi e vari freelance, non si è lasciata sfuggire l’opportunità. Le sue produzioni, all’insegna di un’ironia corrosiva, utilizzano il realismo dell’impossibile per attuare satira ad ampio raggio.

In Influenders, video pubblicato lo scorso maggio, vari influencer dei social media generati artificialmente commentano con entusiasmo diversi episodi di una guerra che sta devastando gli U.S.A. Il contrasto tra la vacuità della comunicazione e la gravità degli eventi è reso con inquietante eccitazione, in una sorta di quintessenza pop a metà tra la diretta Instagram e la serie TV. In The Fountain, una nave viene assaltata da un branco di sirenette voraci come vampiri dello spazio. In Vorex il trailer annuncia il futuro della cinematografia tra totalitarismi alla 1984 e arti marziali virtualmente sviluppate sui modelli degli FX visti al cinema da Matrix in giù.

Il parallelo con la rivoluzione musicale digitale

L’Intelligenza Artificiale permette e permetterà sempre più tutto questo, come è vero che negli anni ottanta del Novecento un tizio qualunque dotato di un sistema elettronico MIDI si è scoperto in grado di riprodurre i suoni di un’intera orchestra dallo sgabuzzino di casa sua.

La musica si è fermata per questo? No, è solo cambiata. Le orchestre esistono ancora, anzi sono più attraenti in virtù del fattore verità che ora le distingue, soprattutto dal vivo, dal tizio nello sgabuzzino.

Il fascino irreplicabile del cinema autentico

Se il futuro della musica riproducibile elettronicamente, ora potenziata con l’ausilio iper-performante dell’IA, è destinato a dissolversi in un piatto sottofondo di fronte alla magia di un solo individuo in carne e ossa che esegue la sua canzone in presenza, è probabile che di meraviglia in meraviglia pure gli effetti special-fake dei video realizzati con l’IA evaporino di fronte all’ipnotica malia di un superotto ben guidato da una persona vera che ritrae vere persone mentre fanno cose vere.

La camera fissa in campo largo con cui Abbas Kiarostami inquadra un innamorato che insegue una donna e, laggiù in lontananza dopo aver passato un boschetto, ne viene respinto risolvendosi a tornare più fiaccamente indietro lungo tutto lo stesso tragitto, tiene lo spettatore appiccicato alla semplicità di un dramma narrato in un unico, estenuante sguardo. Una poesia così densa e lineare può difficilmente essere concepita in seno a una pletora di espedienti artificialmente realizzati. È la realtà, nella sua perfettibile imperfezione, a suggerire il lirismo e l’epica che le sono propri.

L’animazione come dichiarazione di artificialità

È vero, un capolavoro come Flow – Un mondo da salvare di Gints Zilbalodis, premio Oscar 2025 al miglior film di animazione, è intriso di una poetica struggente grazie alla riproduzione fantastica di un mondo che nella realtà filmica non sarebbe stato realizzabile se non grazie alla crescente coscienza dei programmi di scrittura a immagini dell’Intelligenza Artificiale. Per questo l’animazione è nel mondo del cinema dai suoi albori, per sopperire visionariamente alla mancanza di immagini reali prendendo però simultaneamente la distanza dal realismo di quanto viene rappresentato sullo schermo. Il gatto agisce e si muove sorprendentemente come un gatto, ma è l’animazione stessa a garantire che quel gatto non esiste. Potrebbe esistere in un mondo plausibile, sotto un diluvio non impensabile, in mezzo a rovine umane complessivamente riconoscibili, ma essendo frutto di animazione si dichiara di fatto inesistente, una creazione del pensiero e della tecnica.

Lo stesso vale per Anomalisa, film d’animazione del 2015 scritto e diretto dal genio di Charlie Kaufman, con la co-direzione di Duke Johnson e interamente girato a passo uno. La perplessità suscitata lì per lì dalla scoperta che l’autore di Essere John Malkovich, Se mi lasci ti cancello, Synecdoche, New York e The human nature sia passato a cimentarsi con l’animazione di pupazzi scompare quando ci si rende conto che proprio quella serve al regista/sceneggiatore per sottolineare quanto noi esseri umani non siamo che marionette inserite in circuiti programmati di cui presumiamo di avere il controllo.

Niente quanto dei pupazzi simili a noi, che conducono vite simili alle nostre, con la stessa monotonia e il sogno di incontri speciali che alla fine speciali non sono mai, può rivelarci la nostra natura di burattini, burattini apertamente montati a interpretare le nostre banali vicende di viaggiatori in hotel fatti in serie alla ricerca di avventure profondamente serializzate. Per denunciare la nostra irrealtà, Kaufman ha avuto bisogno di uno strumento specializzato nel riportare ciò che reale non è.

Realismo impossibile versus verità cinematografica

Altra cosa è la magia messa in campo dall’Intelligenza Artificiale adottata da Dor Brothers e compagni come strumento di creazione dell’impossibile con immagini però totalmente credibili. Trump non è un cartone animato di Trump, né lo è Kamala Harris. Si tratta della combinazione di immagini esistenti nell’internet in risposta a prompt, comandi inseriti in un programma testo-immagine, allo scopo di rendere visivamente attendibili eventualità previste in una sceneggiatura. Una cosa impossibile da realizzare chiedendo alle persone coinvolte di farsene attori, di fatto una piccola sorpresa per lo spettatore, non lontana dal concetto di barzelletta. Il programma utilizzato sostituisce ed esonera non solo gli attori e le cineprese, ma pure i disegnatori di animazione, puntando a un realismo espressamente impossibile.

Incrociando la definizione di cinema data da François Truffaut, “fotografare donne in movimento”, e quella da lui ugualmente resa in altra sede, “il cinema è risolvere problemi”, non c’è dubbio che la missione di Dor favorisca molto la seconda ignorando totalmente la prima. Tutto apparentemente vero, niente di fotografato, ma un sacco di problemi produttivi risolti in un istante.

Futuro e sostenibilità: IA come risorsa o minaccia?

Non è tanto la lotta tra le buone idee, uniche (ma quando mai?) dei creatori unici (ma chi?), e il cattivo gusto delle idee stantie di mefitici creatori a fare la differenza, quanto la concorrenza messa da sempre in campo in letteratura tra il realismo e la fiction, la voglia di fantasia e il desiderio impossibile di verità.

Chi adora il fantasy si troverà a suo agio con creature costruite su misura per narrare storie di mondi inesistenti con le solite vicissitudini dell’Eroe dai mille volti, e meglio se gli attori non esistono, proprio come nei film di animazione. Chi invece sulla scia di Cervantes insegue da secoli un’espressione del reale che non sia realistica ma vera, non avrà pace al pensiero che la minestra servita non contenga nulla di plausibilmente esistente, ma solo legumi taroccati e sintetici al 100%.

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