Gli algoritmi oggi riconoscono immagini, traducono testi in tempo reale, scrivono poesie e persino guidano auto. Ma c’è una nuova frontiera che sembra uscita da un film di fantascienza, e che invece è già realtà: computer alimentati da neuroni veri, vivi, coltivati in laboratorio. L’artefice di questa rivoluzione è Cortical Labs, una giovane e ambiziosa startup australiana che sta riscrivendo il concetto stesso di “intelligenza artificiale”.
Immagina un cervello in miniatura, fatto di cellule neuronali umane o di topo, che cresce sopra un chip di silicio e inizia a imparare. Non stiamo parlando di una simulazione, ma di intelligenza biologica vera, capace di rispondere agli stimoli, adattarsi, ricordare. È ciò che Cortical Labs definisce “intelligenza sintetica”, ed è qualcosa di mai visto prima.
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Dentro il laboratorio dove i neuroni giocano a Pong
Fondata nel 2019 a Melbourne, Cortical Labs è nata dal sogno di un gruppo di neuroscienziati e ingegneri: fondere biologia e tecnologia per costruire computer che non solo calcolano, ma apprendono come un cervello.
Al centro del progetto c’è DishBrain, un sistema composto da circa 800.000 neuroni coltivati su un chip elettronico. Sembra qualcosa di minuscolo e silenzioso, ma il potenziale è enorme: questi neuroni non solo sopravvivono, ma interagiscono, imparano, si adattano. Proprio come fanno nel nostro cervello.
Nel 2022, il mondo ha iniziato a parlare di loro quando DishBrain ha fatto qualcosa di incredibile: ha imparato a giocare a Pong, il mitico videogioco anni ’70, e lo ha fatto in meno di cinque minuti. Non attraverso righe di codice, ma grazie a stimoli elettrici e un meccanismo simile al “rinforzo” del nostro sistema nervoso. In pratica, ha capito cosa stava succedendo e ha iniziato a reagire per vincere. Non male, per una rete neurale… biologica.
Oltre i circuiti: neuroni che apprendono da soli
A differenza delle IA tradizionali, che imitano il cervello umano attraverso formule matematiche e modelli statistici, DishBrain è un cervello. Anche se primitivo e in scala ridotta, è fatto della stessa materia che ci permette di pensare, sentire e decidere.
E questo cambia tutto. Perché un sistema del genere non ha bisogno di essere riprogrammato: impara da solo, migliora con l’esperienza, sviluppa persino una memoria a breve termine.
Non è solo più efficiente: è più umano.
CL1: il computer che pensa come un cervello
Dopo DishBrain, Cortical Labs ha fatto un passo avanti con lo sviluppo di CL1, un prototipo che non è solo una curiosità da laboratorio, ma un vero e proprio computer biologico funzionante. CL1 è un ibrido tra silicio e cellule, dove la potenza computazionale dei neuroni viene sfruttata per risolvere compiti complessi, in modo naturale e adattivo. Ma cosa lo rende così speciale rispetto a qualsiasi altro computer oggi in circolazione?
CL1, un’architettura mai vista
In un normale computer, i dati vengono elaborati da processori elettronici (CPU o GPU), e la memoria è un’entità separata: i dati vanno avanti e indietro tra questi due mondi. È un po’ come scrivere una frase e dover andare ogni volta in un altro ufficio per prendere ogni parola. CL1, invece, funziona come un cervello: ogni neurone è al tempo stesso memoria e processore. L’informazione non viene solo “calcolata”, ma vissuta dal sistema, che la integra nei suoi schemi di risposta.
CL1 non si programma: si allena
Un altro tratto distintivo di CL1 è che non va programmato nel senso classico. Non esistono istruzioni rigide da seguire, né righe di codice da eseguire meccanicamente. CL1 impara, come fa un bambino: attraverso l’interazione, l’esperienza e la ripetizione. Un sistema così può adattarsi in tempo reale, apprendere nuovi compiti senza bisogno di essere “formattato” o riprogettato. È plasticità, la stessa che ci permette di imparare una nuova lingua o ricordare una scorciatoia nel traffico.
Silenzioso, potente… e incredibilmente efficiente.
Oltre alla flessibilità, CL1 è sorprendentemente efficiente dal punto di vista energetico. Oggi, l’addestramento dei modelli IA richiede enormi quantità di energia e infrastrutture complesse: data center grandi come hangar, con server che bruciano kilowatt su kilowatt. CL1, grazie alla natura biologica dei neuroni, consuma molto meno, pur offrendo prestazioni che in alcuni ambiti possono superare quelle dei tradizionali sistemi di machine learning. È un passo importante verso una tecnologia più sostenibile, e questo lo rende ancora più attraente in un’epoca in cui il digitale è anche responsabile di una fetta crescente dell’impronta ecologica globale.
CL1 e l’evoluzione autonoma: verso l’intelligenza “viva”.
Forse la differenza più affascinante è questa: CL1 non è statico. Non ha un punto di arrivo predefinito. È progettato per evolvere, per cambiare nel tempo in base a ciò che “vive”.
Immaginiamo un sistema che si modifica giorno dopo giorno, imparando a risolvere nuovi problemi, adattandosi a nuovi contesti, sviluppando risposte più sofisticate. Un computer che cresce. È qualcosa di mai visto prima.
E se i computer iniziassero davvero a “pensare”?
Quando si parla di intelligenza artificiale, siamo abituati a ragionare in termini di algoritmi, numeri, modelli statistici. Ma con CL1 e i suoi neuroni viventi, il gioco cambia. Non siamo più nel territorio del “come se” – come se pensasse, come se imparasse – ma entriamo in un terreno nuovo, dove l’intelligenza non è più simulata, è biologica, seppur artificiale.
Le implicazioni? Molto più che meramente teoriche.
Medicina e neuroscienze: una finestra sul cervello
Per i ricercatori nel campo delle neuroscienze, DishBrain e CL1 sono microscopi viventi. Studiare come si comportano reti neurali vere, in un ambiente controllato, permette di osservare fenomeni come la plasticità sinaptica, la formazione della memoria o la risposta agli stimoli in tempo reale.
Ma c’è di più: questi sistemi possono essere usati per simulare patologie neurologiche, come Alzheimer, epilessia o Parkinson, e testare potenziali terapie senza dover passare per lunghi e costosi studi preclinici su animali o esseri umani.
Immagina di poter studiare il comportamento di neuroni affetti da una mutazione genetica direttamente in vitro, e capire subito se una molecola ha effetti benefici: potrebbe rivoluzionare la medicina personalizzata.
Robotica e automazione: cervelli pronti all’azione
Un robot che si muove in un ambiente nuovo non è più obbligato a seguire un copione rigido. Grazie a sistemi come CL1, i robot del futuro potrebbero imparare dai propri errori, adattarsi in tempo reale e gestire situazioni impreviste come un essere umano.
Pensiamo ai robot soccorritori in ambienti di disastro, o ai dispositivi per l’assistenza a persone anziane o disabili: la capacità di imparare dall’ambiente potrebbe fare la differenza tra una macchina utile e un compagno veramente intelligente.
Una nuova etica del pensiero sintetico
E qui arriva il punto critico: se queste tecnologie si avvicinano al modo in cui funziona la mente umana, dove tracciamo il confine?
I neuroni coltivati in laboratorio, seppur privi di coscienza, stanno dimostrando capacità di apprendimento e risposta complesse. Fino a che punto possiamo spingerci? Potremmo un giorno trovarci a dibattere se un’intelligenza biologica artificiale meriti una qualche forma di diritto, o almeno di protezione etica?
Il dibattito è appena iniziato, ma non possiamo più permetterci di ignorarlo.
Energia, sicurezza e sostenibilità: il lato pratico
Sul piano pratico, i computer biologici potrebbero rispondere a una delle sfide più urgenti della nostra era digitale: l’efficienza energetica. Gli attuali modelli di IA richiedono risorse energetiche enormi: basti pensare che l’addestramento di un singolo modello linguistico avanzato può emettere quanto un volo transoceanico.
Un sistema come CL1, con il suo consumo minimo e le prestazioni elevate, rappresenta un’alternativa concreta: non solo più intelligente, ma anche più sostenibile.
C’è anche la questione della cybersicurezza. I sistemi tradizionali sono vulnerabili a pattern prevedibili. Ma una rete neurale vivente è, per sua natura, non deterministica: cambia comportamento in base all’esperienza. Potrebbe rappresentare la nuova frontiera della difesa informatica, capace di rispondere in tempo reale a minacce impreviste.
Verso un futuro dove l’intelligenza ha un volto nuovo
C’è stato un tempo in cui i computer erano solo calcolatrici superpotenti. Poi sono diventati intelligenti… Oggi, con progetti come quelli di Cortical Labs, stiamo entrando in una nuova era: quella in cui i computer sono vivi… o qualcosa che ci si avvicina pericolosamente.
Non è un futuro lontano. È qui, ora, in una capsula di Petri collegata a un chip, in un laboratorio di Melbourne dove cellule neuronali imparano a giocare e memorizzare, proprio come noi. La linea che separava il biologico dall’artificiale si sta dissolvendo. E con essa, cambiano le domande: non più “possiamo costruire una macchina intelligente?”, ma “che tipo di intelligenza vogliamo davvero?”. Non più “come funziona un cervello?”, ma “quanto siamo disposti a replicarlo?”
La tecnologia di Cortical Labs, con il suo DishBrain e l’esperimento CL1, ci porta vicinissimi a una frontiera inedita. È un territorio inesplorato, dove le opportunità brillano quanto i dilemmi etici. Dove la ricerca può salvare vite, ma anche ridefinire cosa significhi essere vivi.
Oggi celebriamo il fatto che un piccolo “ammasso” di neuroni ha imparato a giocare a Pong. Domani, potremmo dover affrontare la domanda più difficile: che posto avranno questi nuovi cervelli nel nostro mondo?
Saremo pronti a riconoscere l’intelligenza in forme che non ci somigliano?
Una cosa è certa: il futuro non sarà fatto solo di chip e codici. Sarà fatto anche di cellule. E forse, di qualcosa che va ben oltre la nostra attuale definizione di macchina.