Credo ci siano le condizioni migliori per definire e attuare una strategia digitale che porti crescita e sviluppo dal punto di vista sociale ed economico.
Per farlo, è però necessario agire con decisione su due fronti principali.
Il primo, e più importante, è quello della cultura digitale. L’arretratezza italiana è profonda e diffusa e buona parte del tessuto delle nostre imprese non è preparato al cambiamento. Da questo punto di vista è fondamentale ripartire con il programma nazionale per le competenze digitali.
Il secondo è quello dei servizi della Pubblica Amministrazione, per i quali dobbiamo prevedere degli switch-off digitali, andando anche oltre la logica “digital by default” (il digitale è così conveniente che tutti attuano il passaggio, ma chi non segue non viene escluso) per arrivare a quella del “digital first” (il canale digitale è il canale primario per i servizi e per le attività di government).
Naturalmente è necessaria una forte volontà politica, che in questo governo c’è, e la consapevolezza che digitalizzazione totale della PA significa una formalizzazione dei processi, la loro misurazione, condizioni essenziali per una vera trasparenza, e quindi un efficace controllo di gestione e un’accurata analisi di qualità.
Così la digitalizzazione diventa realmente strumento di lotta ad un sistema di potere che ostacola il cambiamento.











Avevamo capito che Coppola doveva guidare l’innovazione, non esprimere ottime (ma solo personali) opinioni.