Buon ultimo o penultimo, la correlazione tra Futurismo e Trump e innovazione tecnologica/oligarchi della Silicon Valley – rilanciata da qualche settimana – è stata colta anche dal New scientist[i]. Perché sì – e allargando lo sguardo – siamo in un neo-futurismo ipertecnologico, ma è vero anche che il Futurismo è più antico di Marinetti che lo fondò nel 1909 e di un fascismo (oggi: tecno-fascismo) più antico di Mussolini,che lo fondò dieci anni dopo, nel 1919.
E così come quel Futurismo, anche quello odierno si propone un rovesciamento dei valori attraverso un rovesciamento del linguaggio; e critica la società di massa in nome di un libertarismo ego(t)istico ed elitario che insieme produce però (esaltandoli) i mezzi tecnici (il digitale) per una digitalizzazione delle masse sempre più individualizzate, illudendole di una libertà individuale in realtà impossibile quanto più si viene digitalmente integrati e sussunti nel sistema, in quella che abbiamo chiamato la società-fabbrica.
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Ora e sempre di più, Futurismo: digitalizzazione, innovazione e culto della macchina
Il processo che ci porta a oggi è dunque antico perché – al di là delle apparenti differenze – futurista è tutta la modernità, futurista è il positivismo della prima metà dell’Ottocento, futurista è la rivoluzione industriale, futurista è la religione delle forze produttive di cui scriveva Simone Weil[ii].
E futurista è appunto la rivoluzione digitale con la Silicon Valley, come scrivevamo già nel 2008[iii], poi riprendendo il legame tra tecnica/capitalismo/modernità e Futurismo anche in libri successivi, scrivendo che soprattutto il Novecento è stato un secolo interamente, strutturalmente e nichilisticamente futurista; come lo è ancora di più questo inizio del XXI secolo.
Perché il Futurismo era composto da specifici elementi che ritroviamo ancora oggi, come:
- il culto della macchina (il culto della rete e della Silicon Valley, poi dell’intelligenza artificiale, unitamente e funzionalmente al culto delle merci);
- della velocità (il tempo reale, l’accelerazione dei ritmi di vita e di lavoro per l’accrescimento della produttività del lavoro e del consumo e quindi del profitto del capitale);
- il culto del prodotto industriale (oggi anche il prodotto/merce-conoscenza, il prodotto-innovazione e il prodotto industriale/capitalistico della i.a., con annesso feticismo e determinismo – cioè: l’innovazione non si può e non si deve fermare mai!);
- e poi ancora: il mito dell’azione (il fare incessante, senza pensare a ciò che si sta facendo e alle conseguenze di questo fare, compresa la crisi climatica– con la mobilitazione totale di tutti e di ciascuno alla distruzione creatrice di ieri e con l’adattamento di tutti e di ciascuno alla disruption, oggi);
- la guerra come igiene del mondo(la guerra della globalizzazione è una guerra economica di tutti contro tutti, affiancata alle guerre militari vere, globali anche se per frammenti);
- le parole in libertà (la società dello spettacolo, i blog e i social, perché importante è dire anche qui senza pensare e soprattutto importante è mostrarsi, es-porsi in vetrina, che è un altro modo per dire di se stessi in assoluta libertà; parole in libertà le sole capaci di rispecchiare e legittimare la frenesia e i meccanismi psichici della vita moderna, oggi digitale), con tutta la violenza necessaria allo scopo[iv]. E “questa incessante distruzione creatrice/disruption[…] sempre rinasce e sempredeverinascere – essendo essenza del tecno-capitalismo – ri-creandociò che la ri-legittima e la fa ri-nascere dalle sue crisi”.
Rendendo virtuoso, normale e produttivo ilproprio nichilismo, compreso l’ecocidio, compresa la guerra. Il proprio Futurismo oggi digitale ma da sempre strutturale alla modernità diventata ipermodernità (e certo, non postmodernità), implicito in quella (ir)razionalità strumentale/calcolante-industriale che è la sua essenza, la sua episteme.
Perché Futurista era di fatto il positivismo ottocentesco di Saint-Simon e di Auguste Comte (e poi quello novecentesco). E infatti Saint-Simon (1760-1825) “divideva il mondo e la società in industriali e oziosi, opponendo la società virtuosa del fare e dell’industria alle classi sociali tradizionali e improduttive (l’aristocrazia, in primo luogo, ma anche i nobili e i militari).
E per industria intendeva non solo le attività manifatturiere, ma anche quelle agricole e artigianali, il commercio, i trasporti, il credito nonché i lavori intellettuali – tutte le attività che producevano qualcosa di utile per la società. La sua idea era quella di costruire una società positiva e scientifica governata da scienziati e da industriali, dove scienza & tecnica fossero intese come i motori e insieme gli organizzatori della società: una società, nel suo complesso, intesa come unita industriale. […] e sosteneva che il progresso del sistema industriale presupponesse la fine della lotta tra le classi e che questa si trasformasse poi in lotta di tutte le classi contro la natura [e infatti eccoci oggi con la crisi climatica e ambientale]. E la società nel suo insieme è basata sull’industria. E quindi l’industria costituisce la sola garanzia del sussistere della società e l’unica fonte di ricchezza e prosperità. Lo stato di cose più favorevole all’industria è pertanto anche il più favorevole alla società. L’industria costituisce il punto di partenza così come la meta di tutti i nostri sforzi”. Industria dove – ancora Saint-Simon – gli uomini non sono che strumenti del sistema e non possono mutarne il corso[v].
A sua volta la filosofa Simone Weil (1909-1943) scriveva di una religione delle forze produttive (che accomunava capitalismo e comunismo) “in nome della quale generazioni di imprenditori hanno schiacciato le masse lavoratrici senza il minimo rimorso”[vi], grazie a un metodo(noi diciamo: la (ir)razionalità strumentale/calcolante-industriale) che “ha trasferito la sua sede dallo spirito alla materia. Di questo le macchine automatiche offrono l’immagine più eloquente”[vii].
Futurismo, dunque, come costante, come essenza della modernità, anche se poi il termine viene inventato appunto da Marinetti. E Futurismo è quindi oggi Trump, ma soprattutto Musk e tutta la Silicon Valley, per quella (ir)razionalità strumentale/calcolante-industriale che predetermina sia il capitalismo che il sistema tecnico che la vita degli umani e che ha appunto trasformato l’intera società in una società-fabbrica; una razionalità che è ontologica (determina il dover essere forza-lavoro di tutti e di ciascuno, la nostra way of life per cui non ci sono alternative al neoliberismo e al sistema tecnico, e quindi è più facile immaginare la fine della Terra che la fine del capitalismo); teleologica (il proprio accrescimento – l’accrescimento del profitto capitalistico e del sistema tecnico sempre più totalizzante – è il fine di se stessa e di tutti noi); teologica, perché riporta tutto e tutti a sé come Uno, come Tutto, integrando tutto e tutti e rimuovendo ogni pensiero critico/eretico rispetto alla sua verità.
Il manifesto del Futurismo e la sua attualità
Il Manifesto del Futurismo fupubblicato dal Figaro di Parigi il 20 febbraio 1909 e si concludeva con queste parole: “Noi vogliamo cantare l’amore del pericolo, l’abitudine all’energia e alla temerità. Il coraggio, l’audacia, la ribellione saranno elementi essenziali della nostra poesia. La letteratura esaltò, fino a oggi, l’immobilità pensosa, l’estasi e il sonno; noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l’insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno. Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova: la bellezza della velocità. Un’automobile ruggente è più bella della Vittoria di Samotracia. Noi vogliamo inneggiare all’uomo che tiene il volante, la cui asta ideale attraversa la Terra. Bisogna che il Poeta si prodighi con ardore, sfarzo e munificenza. Non v’è più bellezza se non nella lotta. Nessuna opera che non abbia un carattere aggressivo può essere un capolavoro. Noi vogliamo glorificare la guerra – sola igiene del mondo – il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertari, le belle idee per cui si muore”[viii]. E sembrano (sono) le parole degli imprenditori della Silicon Valley e dei suoi intellettuali organici e propagandisti.
E quindi:
- è Futurismo l’aggressività sui social e lo schiaffo e il pugno tirato contro gli altri in rete;
- è futurismo l’insonnia febbrile passata sullo smartphone e con i videogiochi;
- è Futurismo il passo di corsa imposto ieri dal taylorismo e dalla catena di montaggio e oggi dalle piattaforme (la nuova catena di montaggio e il nuovo taylorismo) per accrescere la nostra produttività e il nostro dover essere imprenditori di noi stessi nella logica del sempre di più;
- è Futurismo la bellezza della velocità del tempo reale e dell’arrivo rapidissimo degli acquisti su Amazon;
- è Futurismo la bellezza della lotta secondo il vecchio principio homo homimi lupus nella concorrenza neoliberale, nella guerra dei dazi di Trump, nell’attacco di Hamas del 7 ottobre e poi e peggio nel genocidio israeliano a Gaza – o nelle guerre americane/occidentali post-1945 e nell’invasione russa dell’Ucraina (e giova ricordare ciò che scriveva sempre Simone Weil: “come il potere militare moltiplica le guerre, così il capitale commerciale moltiplica gli scambi”[ix]); è Futurismo il militarismo del ReArm Europe, il patriottismo del sovranismo, il gesto distruttore degli anarco-capitalisti della Silicon Valley – appunto, la disruption.
Ed è Futurismo, perché la modernità occidentale è da sempre intrinsecamente futurista.
L’evoluzione semantica del futurismo
E sono anche di oggi le parole e gli slogan espressi sempre dal Futurismo e dai molti Manifesti successivi al 1909: “Arte-Vita esplosiva. Italianità parossista. Antimuseo. Anticultura. Antiaccademia. Antilogica. Antigrazioso. Antisentimentale. Contro città morte. Modernolatria. Religione della novità originalità velocità. Inegualismo. Intuizione e incoscienza creative. Splendore geometrico. Estetica della macchina. Eroismo e pagliaccismo nell’arte e nella vita. Caffè-concerto, fisicofollia e serate futuriste. Distruzione della sintassi. Immaginazione senza fili. Sensibilità geometrica e numerica. Parole in libertà rumoriste. Tavole parolibere sinottiche colorate. Declamazione sinottica marciante. Solidificazione dell’impressionismo. Sintesi di forma-colore. Lo spettatore nel centro del quadro. Dinamismo plastico. Stati d’animo. Linee-forza. Trascendentalismo fisico. Pittura astratta di suoni, rumori, odori, pesi e forze misteriose. Compenetrazione e simultaneità di tempo-spazio, lontano-vicino, esterno-interno, vissuto-sognato. Architettura pura (ferro-cemento). Imitazione della macchina. Luce elettrica decoratrice. Sintesi teatrali a sorpresa senza tecnica e senza psicologia. Simultaneità sceniche di gaio-triste, realtà-sogno. Dramma di oggetti. Scenodinamica. Danza parolibera meccanica del corpo moltiplicato. Danza aerea e teatro aereo. Arte dei rumori. Intonarumori. Rumorarmonî. Archi enarmonici. Pesi misure prezzi del genio creatore. Tattilismo e tavole tattili. Alla ricerca dei nuovi sensi. Parole in libertà e sintesi teatrali olfattive. Flora artificiale. Complesso plastico motorumorista. Vita simultanea. Protezione delle macchine. Declamazione politimbrica. Aeropittura. Aeropoesia. Cucina futurista. Fotografia futurista. Arte sacra futurista”[x].
Parole chiave della modernità e declinazioni contemporanee
E basta oggi aggiungere qua e là digitale, intelligenza artificiale, efficientare, semplificazione, realtà aumentata, Big Data, selfie…; e integrare con negazionismo climatico, transizione digitale, transumanesimo, anarco-capitalismo (una autentica contraddizione in termini, posto che il capitalismo non è mai anarchico ma è un potere archico/oligarchico all’ennesima potenza/volontà di potenza, pianificatore come mai è stato il comunismo), tescrealismo… e altro ancora.
E così come il Futurismo ha contribuito ad aprire allora la strada al fascismo, così oggi la sta aprendo al tecno-fascismo.
Bibliografia
[i] https://www.newscientist.com/article/mg26535290-100-how-futurism-took-an-abrupt-right-turn-in-the-20th-century/#:~:text=This%20latter%20feeling%2C%20he%20wrote,path%20towards%20a%20better%20future.%C2%A0
[ii] S. Weil, “Riflessioni sulle cause della libertà e dell’oppressione sociale”, Adelphi, Milano 1984, pag. 19; Id.,
[iii] L. Demichelis, “Bio-Tecnica. La società nella sua forma tecnica”, Liguori, Napoli 2008, pag. 5
[iv] L. Demichelis, “La grande alienazione. Narciso, Pigmalione, Prometeo e il tecno-capitalismo”, Jaca Book, Milano 2018, pag. 34
[v] L. Demichelis, “La società-fabbrica. Digitalizzazione delle masse e human engineering”, Luiss University Press, Roma 2023, pag. 92 e segg.
[vi] S. Weil, Cit., pag. 21
[vii] Ivi, pag. 86
[viii] https://www.treccani.it/enciclopedia/futurismo_(Enciclopedia-Italiana)/
[ix] S. Weil, Cit., pag. 61
[x] https://www.treccani.it/enciclopedia/futurismo_(Enciclopedia-Italiana)/