l’analisi

Digital divide: sfide etiche e prospettive di inclusione



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Per un’inclusione digitale sostenibile, occorre investire in infrastrutture e alfabetizzazione digitale. Educazione critica e accesso a tecnologie sono fondamentali per evitare l’emarginazione e promuovere una partecipazione sociale completa

Pubblicato il 14 gen 2025

Laura Palazzani

ordinario di filosofia del diritto LUMSA



Cells,Under,Human,System,Illustration
Cells under Human system illustration

Con l’avvento delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione e i progressi dell’intelligenza artificiale, il processo di digitalizzazione sta accelerando, anche nell’ambito della pubblica amministrazione e della sanità, oltre ad altri contesti.

Si pensi alla velocizzazione dei processi e della trasmissione delle informazioni, alla maggiore precisione, semplificazione ed efficienza dei servizi, alla potenziale globalizzazione della diffusione di informazioni. Ma emergono anche rischi: il rischio di una invasività della tecnologia nelle vite dei cittadini, a volte impreparati o anche infastiditi, oltre che una opacità di alcuni processi, sfide alla privacy e possibili esclusioni o marginalizzazioni.

Il divario digitale: un rischio etico

Uno dei rischi etici più evidenti a fronte di una ondata tecnologica defnita dirompente è il divario digitale, che nasce dalla disparità di accesso alle tecnologie. Per avere accesso a tecnologie digitali sono necessari due fattori: un fattore tecnologico, ossia la presenza di infrastrutture (i repositories o luoghi di conservazione e gestione dei dati digitali e la connettività) e il possesso di strumenti telematici che consentano la connessione (personal computers) e un fattore educativo, ossia l’acquisizione di conoscenze informatiche minime da parte dell’utente per svolgere le più semplici attività virtuali.

Categorie vulnerabili nell’era digitale

Il fenomeno del divario digitale può riguardare tutti gli individui a prescindere dall’appartenenza a specifiche categorie o gruppi, a prescindere dal luogo (può essere locale, nazionale, globale).

Sono state identificate alcune aree specifiche di ‘vulnerabilità digitali’: le donne nell’ambito del divario ‘di genere’, a causa delle diverse competenze acquisite e la scarsità o comunque inferiorità di accesso alle competenze STEM del sesso femminile; gli anziani o divario digitale ‘intergenerazionale’, a causa dell’appartenenza ad una ‘generazione analogica’; le persone con un basso livello di scolarizzazione e di istruzione o scarse condizioni socio-culturali che non possiedono o non sono in grado di utilizzare propriamente gli strumenti informatici, detto divario economico-sociale; le persone con disabilità cognitive, che non hanno la possibilità di acquisire le competenze necessarie, pur avendo gli strumenti; gli immigrati, a causa della difficoltà di comprensione linguistica, dei timori di non adeguatezza, del non sufficiente livello di strumenti e competenze.

Insomma, il divario tra  gli “inclusi digitali”, che sono in grado di sfruttare i vantaggi della digitalizzazione, a discapito degli “esclusi digitali”: un divario che configura un fattore di possibile ‘discriminazione digitale’. E’ uno dei temi centrali della riflessione etica, che, pur sottolineando gli importanti risultati e obiettivi della digitalizzazione, evidenzia come nella ‘transizione digitale’, essendo un momento di passaggio da uno stato ad un altro, bisognerebbe anche impegnarsi al fine di consentire a tutti di acquisire strumenti, capacità e motivazione all’uso del digitale per partecipare pienamente alla società e non essere emarginati evitando l’ineguaglianza digitale, che spesso è l’amplificazione di ineguaglianze già esistenti.

Strategie per l’inclusione digitale

Come realizzare l’uguaglianza digitale e l’inclusività digitale, affinché la digitalizzazione sia socialmente sostenibile? Investendo non solo per la predisposizione di infrastrutture e la promozione della ricerca per sviluppare tecnologie più avanzate nei diversi ambiti con alta velocità e accesso a tutti (pubblica amministrazione, sanità, ecc.), ma anche investendo su due elementi.

Garantire a tutti gli strumenti per la partecipazione digitale

In primo luogo la possibilità per ogni individuo di acquisto o di possesso di strumenti necessari per una ‘partecipazione digitale’: nessuno può interfacciarsi con la pubblica amministrazione o gestire il suo fascicolo sanitario elettronico senza le tecnologie necessarie, almeno  uno smartphone o un personal computer.

Un’adeguata educazione alle abilità digitali

In secondo luogo un’adeguata educazione alle ‘abilità digitali’ o ‘alfabetizzazione digitale’ per tutti i cittadini (digital skills o digital literacy), almeno le conoscenze di base per potere gestire lo spid o il recentemente introdotto e innovativo portafoglio dell’identità (IT Wallet), prenotare un appuntamento in rete o comunque gestire i processi per interfacciarsi con pubblica amministrazione e sanità, ma non solo.

Più precisamente, una educazione che riguarda non solo gli elementi tecnici di base digitali ma anche la comprensione critica dell’uso delle tecnologie che sappia offrire le categorie per valutare benefici e rischi, vantaggi e svantaggi, oltre che la motivazione ad usare le tecnologie per chi è restio ad usarle, infastidito o non vuole utilizzarle.

L’alfabetizzazione digitale deve anche fornire all’utente gli strumenti per riconoscere in modo autonomo le informazioni affidabili e sicure, comprendere e valutare la qualità e l’attendibilità  delle informazioni. Una educazione che dovrebbe partire dalle scuole (anche i nativi digitali hanno bisogno di un approccio critico alle tecnologie); nelle Università, non solo nell’ambito scientifico ma anche umanistico, per una preparazione digitale per ogni settore (anche giurisprudenza, economia, pedagogia, ecc.); una educazione permanente per ogni utente digitale, in particolare rivolta a chi non ha potuto usufruire di una educazione nelle scuole o università; ma anche una educazione che deve consentire a chi lavora di non perdere il lavoro ma di acquisire le capacità adeguandosi alle esigenze delle nuove tecnologie (cd. re-skilling, upskilling).

Transizione digitale e sfide etiche

Il divario digitale e la polarizzazione digitale sono fenomeni noti da tempo ed esplosi in modo rapido dappertutto con il lockdown in pandemia, un confinamento improvviso per ragioni di salute individuale e collettiva che ha reso necessario il passaggio da offline a online: si pensi alla possibilità in alcune regioni di prenotare il vaccino per persone sopra gli 80 anni solo online e la “didattica a distanza” o il “lavoro da remoto” con difficoltà per alcuni a causa dell’analfabetismo informatico degli utenti o della scarsa preparazione o avversione al digitale, oltre alle difficoltà causate da condizioni oggettive anche sociali di vulnerabilità (non possesso di tecnologie, mancanza di infrastrutture adeguate, ecc.).

Garantire alternative analogiche

In un fase di ‘transizione’ verso una completa digitalizzazione, certamente auspicabile, mentre si programmano interventi necessari tecnologici ed educativi nell’ambito della società, la riflessione etica sottolinea anche che va garantito un accesso alternativo ai servizi (in particolare, ai servizi sanitari) per chi non è in grado o comunque preferisce non entrare nella sfera digitale, senza subire discriminazioni per tale scelta. Una alternativa ‘analogica’, almeno nella frase di transizione (ad esempio la possibilità di prenotare una visita o un appuntamento telefonicamente o in presenza, ecc.) per i non ancora digitalizzati. E lo sviluppo di tecnologie ‘user-friendly’, ossia comprensibili e accessibili anche per ha una scarsa formazione digitale di base.

Riconoscimento giuridico dell’uguaglianza digitale

I temi etici della transizione digitale sono stati affrontati dall’European Group in Ethics in Science and New Technologies, organo di consulenza della Commissione europea, in diversi documenti (Ethics of Information and Communication Technologies, 2012; New Health Technologies and Citizen Participation, 2015; Future of work, future of society, 2018). Emerge in questi documenti un forte richiamo alla non discriminazione e alla inclusione digitale nell’era delle ICT, all’importanza di una adeguata considerazione della ‘vulnerabilità tecnologica’. Di particolare interesse il documento Diritti umani, partecipazione e benessere degli anziani nell’era della digitalizzazione  del Consiglio d’Europa (9 ottobre 2020) che declina gli aspetti specifici della transizione digitale rispetto alle persone anziane soffermandosi sulle sfide e sui percorsi di mitigazione dei problemi e superamento. Va anche vista la European Declaration on Digital Rights and Principles for the Digital Decade (2022) che esplicita i nuovi ‘diritti digitali’ di cittadini e lavoratori, al fine di rinforzare la democrazia anche nell’era digitale, democrazia intesa come coinvolgimento e partecipazione attiva di tutti, che non ‘lasci nessuno indietro’, garantendo i diritti all’educazione digitale, al lavoro online, all’accesso digitale volontario di qualità, affidabile, sicuro, trasparente. Una forte ambizione, quella dell’Europa, che prevede una forte responsabilità sociale, sia nel pubblico che nel privato. Una linea che si sta perseguendo anche a livello globale (OECD, UNESCO e Organizzazione mondiale della sanità, stanno intervenendo su questi temi anche a livello globale).

Il contesto giuridico italiano

Sul piano giuridico emerge l’importanza e l’urgenza del riconoscimento dell’uguaglianza digitale nella società attuale, evidenziandosi l’importanza di una positivizzazione del riconoscimento del diritto di accesso digitale che si sta già esplicitando nell’ambito di documenti internazionali. In Italia è implicito nella Costituzione nell’art. 3 co. 2, il quale prevede che la Repubblica garantisca l’uguaglianza sostanziale e rimuova gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese. Il diritto all’alfabetizzazione digitale può essere inteso come completamento del diritto all’istruzione (ex art. 34 co. 1 e 2 della Costituzione) in linea con all’art. 8 del Codice dell’amministrazione digitale, “Alfabetizzazione informatica dei cittadini”. Va ricordato quanto affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 307 del 2004, dove è stato considerato “corrispondente a finalità di interesse generale, quale è lo sviluppo della cultura, nella specie attraverso l’uso dello strumento informatico”. In considerazione delle rilevanti implicazioni del divario digitale, nella più recente giurisprudenza di merito è stato riconosciuto il “danno da digital divide”, provocato dalla violazione del diritto di accesso, che impedisce all’individuo il regolare esercizio  dei propri diritti online, come danno alla persona per la perdita di chances di “inclusione”.

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