i dati

Digital News Report 2025: l’Italia si informa ma non ci crede più



Indirizzo copiato

L’Italia è il Paese europeo dove più si leggono notizie, nonostante un forte calo dell’interesse e una fiducia ridotta nei media

Pubblicato il 5 ago 2025

Marco Gambaro

professore di Economia dei Media all’Università degli Studi di Milano



fake news (1) (1) Digital News Report 2025

In un Paese dove l’interesse dichiarato per le notizie scende al 39%, ma il 59% degli italiani consulta news più volte al giorno, emerge un “paradosso informativo” che parla di abitudini frammentate, sfiducia e modelli di business in crisi, ma anche di opportunità per editori locali e testate capaci di innovare.

Abitudini informative e il paradosso dell’attenzione in Italia

Il Digital News Report Italia 2025, curato dal Master “Giorgio Bocca” dell’Università di Torino e dal Reuters Institute di Oxford, fotografa un’industria editoriale che fatica a trattenere l’attenzione del pubblico, mentre il mercato degli abbonamenti online resta fermo al 9% (livello più basso tra i paesi comparabili) e la fiducia nelle notizie risale solo lievemente al 36%.

Il rapporto offre un quadro strutturato con molti indicatori collegati tra loro e anche un collegamento con l’orientamento politico degli intervistati. Naturalmente i dati sono da considerare con cautela perché si riferiscono a fenomeni come le fonti informative o l’’interesse per l’informazione, che vengono rilevati tramite autodichiarazioni e che quindi possono soffrire di numerosi bias. Ma va detto che tutte le rilevazioni del genere soffrono dello stesso problema.

Disinteresse dichiarato e consultazione compulsiva

Dopo un decennio in cui l’interesse dichiarato per le notizie è crollato di 35 punti percentuali, l’Italia resta però un Paese che si informa in modo compulsivo e frammentato, un fenomeno che interroga le strategie editoriali, i modelli di business e il ruolo stesso del giornalismo nell’economia dell’attenzione.

Il report evidenzia un crollo dell’interesse per le notizie: dal 74% di molto o estremamente interessati nel 2016 al 39% attuale. Un calo più marcato rispetto a Francia e Regno Unito, dove le percentuali si sono mantenute più stabili. In un contesto di iperconnessione e iperinformazione, il calo di interesse si scontra con la frequenza di consultazione: il 59% degli italiani consulta notizie più volte al giorno, un dato che pone il nostro Paese al secondo posto tra i paesi benchmark, dietro la sola Finlandia. Questa frequenza sembra caratterizzare soprattutto le fonti digitali che avendo grande facilità di accesso inducono questa frequenza di consulatzione.

Ecosistemi informativi tra digitale e televisione

In altre parole, “non ci interessano le notizie”, ma non riusciamo a smettere di controllarle. Una contraddizione che riflette il consumo veloce, spesso superficiale, e la ricerca costante di aggiornamenti su piattaforme digitali e social network, che generano engagement ma non fidelizzazione.

Nonostante l’ecosistema digitale abbia eroso l’attenzione verso i media tradizionali, in Italia la televisione si conferma leader informativa, con il 66% degli italiani che la utilizza settimanalmente e il 51% che la indica come fonte principale. L’online stenta: i social media si fermano al 17%, le testate native digitali al 9%, i siti di quotidiani e di testate radiotelevisive rispettivamente all’8% e al 5%, mentre la carta stampata è fonte principale solo per il 2% degli italiani.

La resilienza della tv e il ritardo digitale

L’Italia si distingue così come l’unico tra i sei paesi benchmark in cui la TV mantiene il primato come fonte principale, riflettendo una radicata abitudine culturale e una lentezza nell’adozione di modelli digitali che riescano a convertire il consumo gratuito in sottoscrizioni paganti.

Fiducia nei media e ruolo delle testate locali

La televisione è la principale fonte di notizie per le generazioni più anziane e per le persone di centro-destra, mentre i social media e le testate giornalistiche online hanno un profilo demografico più giovane e prevalgono tra quelli con un orientamento di centro sinistra.

Il report mette in evidenza una criticità economica strutturale: solo il 9% degli italiani paga per accedere alle notizie online, con un calo di un punto rispetto al 2024. Il dato peggiore tra i paesi monitorati, con un 69% che dichiara che nessuna offerta lo convincerebbe a sottoscrivere un abbonamento, indicando una barriera culturale profonda legata a disinteresse, sfiducia e abitudine al consumo gratuito.

La fiducia verso le notizie risale lievemente al 36%, ma resta su livelli bassi e frammentati.  Tra le istituzioni i mass media presentano un livello di fiducia relativamente basso, ma abbastanza stabile negli ultimi dieci anni, mentre in altri paesi si è assistito a una discesa. Il dato è più alto tra le donne (38%) che tra gli uomini (33%) e premia le testate percepite come meno schierate politicamente, oltre che i brand locali e regionali che mantengono un rapporto diretto con le comunità.

Crisi del modello a pagamento e valore delle news locali

Pagamenti per news online (Italia, 2025)%
Paga per accedere alle news online9%
Non pagherebbe in nessun caso69%
Interessati al “bundle” multi-testata14%
Fiducia nelle notizie36%

In un contesto frammentato e di calo dell’interesse generale, le notizie locali si rivelano un potenziale driver di engagement e di ricostruzione del rapporto tra lettori ed editori. L’81% degli italiani si interessa alle notizie di prossimità, con la cronaca nera al primo posto (58%), ma con un interesse trasversale per la cronaca locale e le storie concrete. Qui, le testate locali possono offrire valore aggiunto rispetto agli aggregatori, grazie al rapporto con le fonti e alla capacità di raccontare storie che rispondono a bisogni di comunità. Non a caso nel pesante calo che ha interessato i quotidiani negli ultimi quindici anni, quando hanno perso circa i tre quarti delle copie vendute, i quotidiani locali sono le testate che hanno minimizzato le perdite.

Personalizzazione dell’informazione e rischio delle bolle

Sul fronte dell’innovazione, il report rileva che il 50% degli italiani si dichiara a proprio agio con siti e app di notizie altamente personalizzati, confermando una crescente apertura verso la personalizzazione spinta, pur mantenendo uno scetticismo verso notizie interamente prodotte dall’intelligenza artificiale. I lettori riconoscono all’AI velocità, convenienza e semplicità, ma la giudicano meno trasparente e affidabile del giornalismo tradizionale. Naturalmente la personalizzazione presenta la grande opportunità di riuscire a seguire domande differenti, ma allo stesso tempo erode quello strato informativo comune a tutta la società e favorisce la formazione di bolle informative dove si ritrovano consumatori con gusti e orientamenti simili.

Uso dell’AI nel giornalismo% favorevoli
Personalizzazione spinta delle news50%
Traduzione automatica articoli26%
Riepiloghi rapidi con AI20%
Chatbot AI per spiegazioni su notizie17%
Scetticismo su news create solo da AIElevato

Modelli editoriali flessibili per la sostenibilità futura

La stabilità dell’interesse per le notizie locali, l’apertura verso la personalizzazione, la crisi degli abbonamenti e la tenuta della TV indicano che non è più solo una questione di “cosa raccontare”, ma di “come e dove” raccontarlo. Per le testate, significa ripensare il modello editoriale non come erogazione lineare di contenuti, ma come costruzione di community, offerte flessibili, pacchetti multi-testata e strumenti di fidelizzazione capaci di trasformare l’abitudine di consumo in relazione. In un contesto in cui i ricavi editoriali tendono a contrarsi si tratta di un compito difficile anche perché si tratta di trasformare il profilo tipico del giornalismo.

Se l’Italia vuole evitare di restare fanalino di coda negli abbonamenti e nella sostenibilità editoriale, occorrerà affrontare con urgenza i nodi dell’alfabetizzazione mediatica, della news literacy e della fiducia. Un percorso che richiede investimenti mirati, qualità editoriale e il coraggio di sperimentare formati innovativi, podcast, video brevi e modelli di membership capaci di trasformare l’informazione da commodity gratuita a servizio riconosciuto di valore.

guest

0 Commenti
Più recenti
Più votati
Inline Feedback
Vedi tutti i commenti

Articoli correlati