Per i frequentatori dei social network è molto difficile ipotizzare un mondo senza TikTok. Talvolta sembra addirittura che il social cinese esista da sempre. Tuttavia, una riflessione sul punto è d’obbligo per gli utenti statunitensi, per i quali l’esistenza di TikTok è messa in discussione.
L’evoluzione di TikTok: da app di nicchia a trendsetter globale
A partire dal 2017, quando l’app cinese di social video si è fusa con il suo concorrente Musical.ly, TikTok è cresciuta da un’app di nicchia per adolescenti a un trendsetter globale.
In pochissimo tempo è divenuta una delle app più popolari del web, accompagnata dai dubbi sulla tutela dei dati personali e i giudizi su alcuni dei contenuti pubblicati, considerati nocivi per i più giovani. Al contempo, però è stata anche fonte di guadagno per moltissimi nuovi volti della rete, che grazie alla piattaforma hanno sostanzialmente fatto ciò che altri predecessori fecero negli anni passati con il boom di YouTube, e successivamente di Twitch. Insomma, una storia già letta e nota, ma che in questo caso porta con sé temi ben più ampi, che toccano i vertici della politica americana e non solo.
Mentre TikTok cresceva nei numeri, emergeva anche come una potenziale minaccia alla sicurezza nazionale, secondo i funzionari statunitensi, tanto da metterne in discussione la sua stessa esistenza nel Paese.
Come tutto ebbe inizio: breve cronistoria degli eventi
Per registrare il primo cambio di rotta nei confronti del social network cinese, occorre tornare indietro di ben sei anni, al dicembre 2019, quando l’esercito e la marina degli Stati Uniti decidono di vietare TikTok sui dispositivi governativi dopo che il Dipartimento della Difesa lo aveva etichettato come un rischio per la sicurezza. Prima del cambio di politica, i reclutatori dell’esercito utilizzavano la piattaforma per attrarre i giovani.
Il primo ordine esecutivo per vietare TikTok
Dopo nemmeno un anno, il 6 agosto 2020, la prima amministrazione Trump emette un ordine esecutivo per vietare TikTok (così come altre app cinesi) con l’argomentazione che la piattaforma fosse una minaccia per la sicurezza nazionale. L’ordine citava il rischio che i dati degli utenti venissero trasferiti a entità politiche cinesi, così come campagne di disinformazione straniere sulle origini del COVID-19.
In risposta, TikTok intenta una causa contro l’ordine dell’amministrazione Trump il 24 agosto 2020, sostenendo che l’ordine era motivato dagli sforzi di Trump per aumentare il sostegno alla rielezione attraverso politiche commerciali protezionistiche rivolte alla Cina.
Una causa separata intentata lo stesso giorno dal responsabile del programma tecnico statunitense di TikTok, Patrick Ryan, contro Trump e il Segretario al Commercio Wilbur Ross, aveva chiesto un’ordinanza restrittiva temporanea, sostenendo altresì anche che l’azione di Trump fosse probabilmente anche una ritorsione per dei video di TikTok che organizzavano scherzi contro un recente comizio della campagna elettorale del tycoon. Insomma, una vicenda politica e giudiziaria al confine tra il pubblico ed il personale.
A seguito della elezione di Joe Biden a Presidente Usa, l’amministrazione Trump estende le scadenze che aveva imposto a ByteDance e TikTok e alla fine lascia tutto in sospeso.
L’ordine esecutivo di Joe Biden
Il 9 giugno 2021, l’amministrazione Biden emana l’Ordine Esecutivo 14034, Protecting Americans’ Sensitive Data from Foreign Adversaries (EO 14034), annullando tre Ordini Esecutivi firmati da Donald Trump. Ciononostante, l’EO 14034 dell’amministrazione Biden invitava le agenzie federali a continuare un’ampia revisione delle applicazioni di proprietà straniera, con l’obiettivo di informare costantemente il Presidente del rischio che le stesse rappresentavano per i dati personali e la sicurezza nazionale.
Il 30 dicembre 2022, il presidente Joe Biden firma il No TikTok on Government Devices Act, che proibisce l’uso dell’app sui dispositivi di proprietà del governo federale, con alcune eccezioni.
Il 17 marzo 2023, il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti (DOJ) e il Federal Bureau of Investigation (FBI) avviano ufficialmente un’indagine su TikTok, accusato anche di aver spiato giornalisti americani.
Il 13 marzo 2024, la Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti approva il Protecting Americans from Foreign Adversary Controlled Applications Act (H.R. 7521) con un ampio sostegno bipartisan. L’atto intendeva vietare, a partire dal 19 gennaio 2025, qualsiasi attività relativa all’app all’interno del Paese, a meno che ByteDance non accettasse di effettuare una cessione qualificata come determinata dal Presidente degli Stati Uniti. Dopo le modifiche, l’atto è stato nuovamente approvato dalla Camera e dal Senato degli Stati Uniti, prima di essere firmato da Joe Biden il 24 aprile 2024.
La causa dinanzi alla Corte Suprema e la decisione del 17 gennaio
A seguito dell’approvazione e della firma del Protecting Americans from Foreign Adversary Controlled Applications Act (PAFACA), ByteDance Ltd. e TikTok promuove un ricorso avente ad oggetto la costituzionalità dello stesso in base alla clausola sulla libertà di parola di cui al Primo Emendamento, al Bill of Attainder di cui all’art. 1, sez. 9, alla clausola del giusto processo e al Quinto Emendamento.
Come anticipato, il PAFACA nasceva da forti preoccupazioni per la sicurezza nazionale, che secondo il Congresso degli Stati Uniti giustificavano la proibizione dell’hosting e della distribuzione di TikTok ed altre app determinate dal Presidente come una minaccia significativa per la sicurezza nazionale se sono realizzate da società di social media di proprietà di cittadini stranieri o società madri di paesi designati come avversari stranieri degli Stati Uniti, a meno che tali società non vengano disinvestite dalle entità straniere stesse.
La legge ha specificamente nominato la società cinese ByteDance Ltd. e TikTok come “controllate da avversari stranieri“, fissando la scadenza per il loro disinvestimento era il 19 gennaio 2025.
Nel dicembre 2024, un collegio di giudici della Corte d’appello del Distretto di Columbia respinge all’unanimità le affermazioni della società sulla costituzionalità della legge rifiutando altresì di concedere un’ingiunzione temporanea, cosicché ByteDance decide di proporre appello alla Corte Suprema.
A seguito della vittoria all’Election Day, il neopresidente eletto Donald Trump chiede alla Corte Suprema di sospendere l’entrata in vigore del divieto di TikTok finché la sua amministrazione non sarà in grado di perseguire una “risoluzione politica” alla questione.
Ciononostante, la Corte Suprema, riconosciuta l’ammissibilità dell’appello di TikTok e con un iter accelerato, ha ascoltato le argomentazioni orali il 10 gennaio 2025, nove giorni prima della scadenza prevista dalla legge per il ban della piattaforma.
Sette giorni dopo, il 17 gennaio 2025, la Corte Suprema ha confermato all’unanimità la legge federale che vieta TikTok a partire dal 19 gennaio 2025 a meno che non venga venduto dalla sua società madre con sede in Cina, sostenendo che il rischio per la sicurezza nazionale rappresentato dai suoi legami con la Cina supera le preoccupazioni sulla limitazione della libertà di parola da parte dell’app.
La prevalenza della tutela della sicurezza nazionale
In altri termini, l’aspetto che dev’essere evidenziato in quanto spesso frainteso, la Corte non dispone di per sé il ban di TikTok, bensì conferma la costituzionalità del Protecting Americans from Foreign Adversary Controlled Applications Act ed effettua un bilanciamento di interessi affermando la prevalenza della tutela della sicurezza nazionale, alla base del PAFACA, rispetto alla tutela della libertà d’espressione rivendicata dalla casa madre dell’app in sede di ricorso.
Nel difendere la legge dinanzi alla Corte Suprema, infatti, il Dipartimento di Giustizia ha indicato due principali giustificazioni di sicurezza nazionale: contrastare la raccolta dei dati degli oltre 170 milioni di utenti statunitensi di TikTok ad opera della Cina, e la presunta capacità di manipolare i contenuti dell’app per promuovere i propri interessi geopolitici.
La sentenza unanime della Corte si è basata essenzialmente sulla prima giustificazione: che la Cina, tramite l’app e la sua società madre ByteDance, con sede a Pechino, può accumulare enormi quantità di informazioni dagli utenti americani. I giudici hanno ritenuto che il Congresso non abbia violato il Primo Emendamento prendendo provvedimenti per affrontare tale minaccia. Il Congresso, ha affermato la Corte, “aveva buone ragioni per riservare a TikTok un trattamento speciale”.
Il week end agrodolce di TikTok e gli sviluppi futuri nella seconda era Trump
Nella tarda serata di sabato 18 gennaio i feed di TikTok hanno smesso di funzionare negli Stati Uniti. Invece dei consueti video, l’app mostrava agli utenti un messaggio pop-up che diceva che negli Stati Uniti era stata promulgata una legge che vietava TikTok e che “il presidente Trump ha indicato che lavorerà con noi per trovare una soluzione per ripristinare TikTok una volta entrato in carica”, incoraggiando gli iscritti con un chiaro e fiducioso “Please stay tuned!” Poi, verso mezzogiorno di domenica, l’app ha ripreso a funzionare.
In una dichiarazione, l’azienda ha annunciato che “in accordo con i nostri fornitori di servizi, TikTok sta ripristinando il servizio”, ringraziando il Presidente Trump “per aver fornito la necessaria chiarezza e garanzia ai nostri fornitori di servizi che non subiranno alcuna sanzione per aver fornito TikTok”.
In pratica, in quest’ultimo punto, si sta parlando anche di aziende come Apple e Google, nonché di altre società Internet, come Oracle, deputate alla distribuzione o all’aggiornamento di qualsiasi contenuto di TikTok.
Se ci fossero stati dubbi sull’intenzione di Trump di ribaltare le politiche del suo predecessore, già alla vigilia del giuramento, il tycoon aveva annunciato che proprio lunedì 20 gennaio avrebbe firmato un nuovo Ordine Esecutivo per ritardare il divieto di TikTok chiedendo chiesto che la piattaforma venisse rilevata da una joint venture con gli Stati Uniti e gli attuali proprietari, esortando inoltre le aziende a impedire che TikTok “scompaia” e promettendo “nessuna responsabilità” per le aziende tecnologiche che agiranno prima di lunedì.
L’ordine esecutivo del 20 gennaio
Detto fatto, proprio lunedì 20 gennaio Trump ha firmato un Ordine Esecutivo – retroattivo a domenica 19 gennaio – che sospende il divieto di TikTok per 75 giorni per dare alla sua amministrazione l’opportunità di determinare il corso di azioni appropriato.
L’Ordine ordina altresì al procuratore generale di non intraprendere alcuna azione per far rispettare la legge.
Durante la firma, Trump ha dichiarato ai giornalisti che gli Stati Uniti dovrebbero avere il diritto di ottenere il 50% di TikTok, mettendo in guardia la Cina dal tentare di bloccare qualsiasi accordo da lui stipulato, e affermando che avrebbe considerato ciò un atto di “ostilità”. Insomma, c’è l’intenzione di risolvere questa fase di stallo, ma certamente non quella di fare regali alla Big Tech cinese.
Fatto sta che l’Ordine potrebbe immediatamente affrontare sfide legali, tra cui la domanda fondamentale se un Presidente abbia il potere di fermare l’applicazione di una legge federale che, nel caso di specie, consente solo un’estensione di 90 giorni una tantum se si trova un probabile acquirente. Anche in questo caso, non è chiaro se questa opzione sia fattibile, dato che la legge è già in vigore.
Gli scenari adesso
Insomma, la vicenda sta aprendo dibattiti che vanno ben oltre la mera permanenza di un social network in un Paese. L’Ordine Esecutivo di Trump rischia di apparire come un atto volto ad ignorare una legge federale, peraltro approvata con un’ampia maggioranza bipartisan, sollevando seri dubbi sui limiti del potere presidenziale e sullo stato di diritto negli Stati Uniti. Alcuni legislatori ed esperti giuristi hanno espresso preoccupazioni sulla legalità di un provvedimento del genere, in particolare sulla scia di una sentenza della Corte Suprema che ha confermato la legge appena due giorni prima e delle preoccupazioni per la sicurezza nazionale che hanno spinto i legislatori a redigerla in primo luogo.
Nel suo Ordine Esecutivo, Trump ha affermato che le sue responsabilità costituzionali includono anche la sicurezza nazionale, e che la sua intenzione è interfacciarsi con i consulenti per esaminare le preoccupazioni sollevate da TikTok e le misure di mitigazione che l’azienda ha già adottato, al fine di arrivare a una risoluzione che protegga la sicurezza nazionale salvando una piattaforma utilizzata da 170 milioni di americani.
Nel frattempo, il procuratore generale, come previsto dall’Ordine Esecutivo, invierà comunicazioni alle aziende coperte dalla legge per dire loro che non saranno ritenute responsabili per la fornitura di servizi a TikTok durante i prossimi 75 giorni.
Tutte soluzioni che di soluzione hanno ben poco, che attualmente hanno la funzione di guadagnare tempo in una vicenda che è e sarà tra le protagoniste di questo 2025. Una vicenda in divenire e non di poco conto, che tocca le due più grandi economie mondiali e oltre 170 milioni di cittadini americani.